Non ci resta che sperare nella cicogna. Riflessioni sulla legge che regola la PMA in Italia.

Legge sulla PMA

La legge n. 40/2004 è entrata in vigore il 10 marzo 2004.L'iter della legge era iniziato nel maggio 2001, quando un deputato della Lega Nord, presentò alla Camera una proposta di legge per regolamentare la PMA. A questa si aggiunsero altre proposte e il tutto venne esaminato dalla Commissione Affari Sociali della Camera, che approvò nel marzo 2002 un Testo Unico su cui iniziò il dibattito politico.Il Testo Unificato approvato dalla Camera passò all'esame del Senato, in particolare della XII Commissione Igiene e Sanità, la quale, dopo circa un anno di esami, postponimenti, audizioni di esperti, riesami, approvò il testo originario senza alcuna modifica.Nel dicembre 2003 il Senato, a sua volta, approva il testo originario, fatta salva una modifica da molti ritenuta formale, che deve ripassare alla Camera per approvazione.

La legge viene finalmente approvata il 10 febbraio 2004 e, come dicevo, entrerà in vigore il mese successivo.

Nell'arco dell'iter approvativo della proposta iniziale, ci sono state innumerevoli proteste contro le bozze di legge via via approvate dai vari organismi preposti dal Parlamento, proteste sia dentro che fuori dalle Aule, organizzate e sostenute, tra gli altri, da formazioni politiche, gruppi parlamentari trasversali, nonché da esperti in riproduzione assistita e bioetica e da diverse associazioni non-profit di settore, prima fra tutte il CECOS Italia (Centro Studi e Conservazione Ovociti e Sperma Umani).

Il Codice di Autoregolamentazione del CECOS, per inciso, è stato sottoscritto da diverse Associazioni e Società scientifiche e, fino all'approvazione della 40/2004, rappresentava l'insieme delle norme etiche e scientifiche cui questi operatori del settore si ispiravano nella pratica delle tecniche di riproduzione assistita.

Sul suo sito, il Professor Flamigni sostiene che la 40/2004 è inattuabile per una serie di ragioni. Una di queste è addirittura il campo di applicazione della legge stessa: secondo la legge infatti (articolo 4) il ricorso alla PMA “è circoscritto ai casi di sterilità e di infertilità inspiegate documentate da atto medico nonché ai casi di sterilità e infertilità da cause accertate e certificate da atto medico”. In altri termini, solo coppie con una sterilità accertata possono accedere alle tecniche di riproduzione assisitita, mentre le coppie affette da sterilità idiopatica (ovvero quel 10% i cui esami sono tutti normali ma che comunque non riesce a concepire) ne potrebbero venire apparentemente escluse. La questione riguarda anche quelle coppie portatrici di malattie genetiche, quindi trasmissibili al feto: queste persone non possono più accedere, come in passato, alla PMA per usufruire della diagnosi genetica pre-impianto. Ha fatto scalpore a questo proposito la recente sentenza del giudice catanese Felice Lima, che ha di fatto impedito la diagnosi pre-impianto ad una coppia di portatori sani di talassemia. Il giudice non ha fatto altro che applicare la legge quando ha sentenziato che “gli ovuli fecondati vanno inmpiantati, anche se c'è il rischio che possano essere portatori di malattie genetiche”, mettendo in evidenza uno degli aspetti più crudeli della 40/2004.

Lo stesso articolo 4 della legge fà riferimento alla gradualità delle tecniche considerate 'invasive', come ad esempio la FIVET, e raccomanda di tentare prima altre tecniche, come quella dell'induzione dell'ovulazione e del 'rapporto mirato'. Questa procedura però, mentre può avere un senso per le donne giovani, può rappresentare per donne più avanti con gli anni un pericoloso 'contrattempo' nel caso di insuccesso, in quanto la fertilità femminile diminuisce, dopo una certa età, di mese in mese, pregiudicando quindi l'esito di una eventuale FIVET.

Limitazioni inserite solo ed unicamente su base moralistica (e definitivamente cattolicheggiante) parrebbero quelle esposte nell'articolo 5 (Requisiti soggettivi), che in pratica vietano l'accesso alla PMA a quelle coppie in cui uno dei partners è irrimediabilmente sterile, le coppie omosessuali, quelle in cui la donna è entrata in menopausa precoce, i singles di varia natura (per esempio i vedovi): la legge vieta infatti la PMA eterologa. E non è chiaro se le coppie di fatto, di sesso opposto, che però non convinvono sotto lo stesso tetto abbiano diritto di accesso alla PMA.

Lo Stato evidentemente ha raccolto le raccomandazioni della Chiesa Cattolica, e non ritiene queste categorie degne o capaci di amare e crescere un figlio. Allo stesso tempo però permette a quei genitori che, per i casi della vita, si trasformano in divorziati, vedovi, bisessuali, di allevare figli nati secondo natura all'interno di
un matrimonio o comunque di una coppia stabile. Ci si augura che il governo non abbia l'intenzione né la possibilità di varare altri provvedimenti limitativi nei confronti della libertà e dei diritti di queste categorie …

Uno dei punti che ha creato, e continua a creare, vivaci polemiche, per dirla con un eufemismo, è il divieto di congelamento e di soppressione degli embrioni, specificato nell'articolo 14 della 40/2004. Lo stesso articolo specifica che il numero massimo di embrioni che possono essere creati è tre, e, a causa dell'impossibilità di crioconservarli, tutti gli embrioni prodotti devono essere trasferiti nell'utero. Alla luce della summenzionata impossibilità di calcolare a tavolino il numero dei follicoli fecondabili e degli embrioni impiantabili, questo articolo in sostanza obbliga medico e paziente a volontariamente pregiudicare l'esito della PMA (solo un massimo di tre ovociti possono essere fecondati e nel peggior caso si potrebbero ottenere zero embrioni per l'impianto), la salute della donna (poiché è ancora dubbia l'efficacia di crioconservare i gameti femminili, in caso di insuccesso del ciclo di PMA la donna dovrebbe sottoporsi a chissà quanti cicli si stimolazione, con rischi psicologici ed somatici non indifferenti) e la nascita di bambini sani (perché, non bastasse il notevole rischio di gravidanze plurigemellari, con tutte le complicanze e le possibili malformazioni del caso, la legge ti obbliga a trasferire TUTTI gli embrioni, compresi quelli malformati).

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