La Repubblica Svelata. La Francia e l’hijab.

In quale situazione si è sviluppata la recente legislazione francese sul divieto di portare l’ hijab, il velo musulmano? Quale ne è la base culturale?

Nelle scuole francesi, sin dalla rivoluzione del 1789 e dall'istituzione della Repubblica francese, si sono succeduti dibattiti sul secolarismo di Stato, il cosiddetto ‘laociti‘. Durante la Terza Repubblica, alla fine del diciannovesimo secolo, fu istituito un sistema educativo pubblico, libero e obbligatorio e, con la legge del 1905 che separava la Chiesa francese dallo Stato, fu dichiarata la neutralità religiosa di questo sistema. Tale neutralità fu rinforzata da una circolare del 1937 da parte del ministero dell'istruzione che mise fuori legge qualunque propaganda (fascista) nelle classi.

Mentre il contesto legale rimase stabile, il contesto sociale della Francia cambiò dopo la guerra d'Algeria (1957-62) e dopo la crescita di vaste e stabili comunità musulmane (costituite per lo più da immigrati dall'Africa settentrionale). Entro gli anni '80 l'Islam divenne la seconda religione in Francia dopo il Cattolicesimo, arrivando a contare non meno di 5 milioni di seguaci (o, approssimativamente, l'8% della popolazione), benché queste statistiche siano fonte di diverse discussioni, così come la stessa definizione di “musulmano” (qualcuno nato da genitori musulmani ovvero un praticante della fede ovvero una categoria di dichiarata identità). Nel 1989, la questione sul luogo dove poter esprimere pubblicamente la fede islamica in Francia si manifestò in occasione dell'espulsione di tre giovani studentesse marocchine da un istituto secondario di Creil (un sobborgo di Parigi) a causa del rifiuto di togliersi il velo in classe. Il susseguente dibattito monopolizzò la Francia, compresa la popolazione immigrante, fornendo come risultato un approccio pragmatico che cercò di affrontare la disputa caso per caso, piuttosto che promulgando leggi. In effetti, l'alta corte francese (il conseil d’itat) decise di proibire solamente gli abiti che fossero una ‘ostentazione’ o ‘provocazione’ nel senso del proselitismo o del disturbo del programma educativo (in altre parole che interferissero direttamente con le lezioni di scienze o d'educazione fisica). Come risultato, ogni anno sale alla ribalta un certo numero di casi molto mediatizzati di ragazze col velo, con tribunali che a volte appoggiano le espulsioni, e a volte le annullano.

Fin dalla metà degli anni '90, la questione del velo è divenuta via via sempre più politicizzata a causa della crescita dei movimenti politici islamici i quali si sono resi particolarmente attivi nei progetti d'edilizia pubblica riguardanti aree abitate da molti musulmani. La ‘guerra al terrore’ del dopo 11 settembre (con l'arresto di Zacarias Moussaoui e la detenzione di svariati maghrebini francesi nella baia di Guantanamo) ha innalzato il livello d'apprensione pubblica per il risorgere del fondamentalismo islamico, se non proprio della Jihad, nel cuore della Francia. Inoltre tale immagine fu rinforzata da altre riguardanti il presunto riaccendersi dell'antisemitismo e della violenza contro le donne (in particolare contro ragazze giovani) da parte di giovani musulmani della stessa area. Organizzazioni mondiali ebraiche accusarono il presidente Chirac di mal gestire la questione e di mantenere una politica pro-musulmana e contro lo stato d'Israele. Tutti questi fattori hanno contribuito a far sì che Chirac istituisse le due commissioni d'inchiesta (una guidata dal presidente del parlamento Jean-Louis Debri, l'altra dell'ex ministro Bernard Stasi) che proposero la legge contro ogni simbolo di riconoscimento religioso, il 17 dicembre 2003.

Qual è la legislazione corrente, è essa specificatamente contro il velo? Per esempio, vieta di portare il crocifisso nelle scuole statali?

La legge che alla fine è stata approvata dal parlamento francese, vieta ogni simbolo o capo di vestiario che ‘ostentatamente manifesta’ l'appartenenza religiosa degli studenti nelle scuole pubbliche primarie e secondarie. Il Ministero per l'istruzione ha specificato, nei suoi decreti esplicativi della legge, che tale divieto includerebbe non solo il velo ma anche le kippah e i crocifissi di dimensioni ‘eccessivamente massicce’. In seguito, il Ministro per l'istruzione Luc Ferry ha rilevato la flessibilità della legge, affermando che anche le bandane e le barbe potessero essere oggetto di divieto nel caso siano interpretate chiaramente come di natura religiosa. Teoricamente il divieto dovrebbe includere anche i turbanti Sikh (una comunità forte di diverse migliaia di persone della cui esistenza la commissione non era nemmeno a conoscenza) anche se è ancora in discussione il fatto che un tale divieto potrebbe essere davvero applicato. In fondo, la legislazione è chiaramente e implicitamente contro l’hijab. La stampa francese ne ha fatto riferimento come la ‘legge contro il velo’, mentre gli altri indumenti che sono stati esplicitamente menzionati (kippah e grandi crocifissi) quasi non esistono nelle scuole pubbliche. In tutta la Francia gli ebrei ortodossi hanno un'estesa rete di scuole private, mentre solo alcune di tali scuole islamiche sono autorizzate.

Qual è l'effetto più probabile di questo divieto?

Come il divieto sarà fatto rispettare è ancora campato in aria, perché la legge non avrà effetto fino all'inizio del nuovo anno scolastico nel settembre 2004. È probabile che l'effetto immediato della legge sarà di un gran numero di casi contro ragazze che portano il velo in testa. Questi casi, secondo la legge, passeranno attraverso un lungo processo di mediazione (durante il quale mediatori designati dallo Stato essenzialmente cercheranno di convincere le ragazze a togliersi il velo in classe) prima che qualsiasi procedura di espulsione sia intrapresa. Ciò nonostante, il risultato probabile sarà che un certo numero di studentesse musulmane sarà costretto a seguire classi per corrispondenza da casa oppure, se i loro genitori possono permetterselo, di iscriversi in scuole cattoliche parrocchiali non affette dalla legge. Tali casi riceveranno un'enorme attenzione da parte dei media e porteranno ad un numero di proteste pubbliche e denunce da parte di tutto il mondo islamico, come si è visto sin da dicembre. Se lo Stato fallisce nel gestire attentamente questi problemi, teorie di cospirazione su una ‘guerra all'Islam’ francese conquisteranno nuovi aderenti, la qual cosa può potenzialmente portare un certo numero di giovani immigrati a prendere forti posizioni politiche a favore dell'Islam, proprio la situazione che lo Stato cercava esplicitamente di prevenire con questa legge.

Pages: 1 2 3