Uno sguardo dall’esterno – la Norvegia e l’unione Europea

I cambiamenti istituzionali hanno ulteriormente indebolito l’influenza e la partecipazione in Europa degli stati non membri. Gli accordi della EEA garantiscono una partecipazione limitata alla Commissione, negli stadi iniziali. Ma le modifiche apportate ai trattati comunitari, in modo particolare a quello di Maastricht e a quello di Amsterdam, hanno rafforzato il ruolo del Parlamento e quello del Consiglio dei Ministri, a spese della Commissione. I trattati di Maastricht, di Amsterdam e di Nizza hanno realizzato lo scopo di facilitare una maggior collaborazione in tema di determinate politiche, oltre a quello di allargare l’Unione Europea. Completata l’espansione, un maggior numero di stati membri significherà anche meno tempo e meno interesse per le opinioni dei paesi dalla EEA.

E’ difficile trovare un esempio di come la Norvegia abbia influito su una decisione comunitaria. Il governo norvegese ha mandato esperti affinché esprimessero il loro parere su argomenti quali la sicurezza marittima, anche se il loro ruolo è stato quello di meri osservatori. Non sembra che il governo norvegese abbia reali strategie per esercitare una qualche influenza. E’ anche vero che può essere difficile rintracciare le origini delle decisioni comunitarie, in quanto esse sono spesso il risultato di compromessi nei casi in cui è necessario sentire il parere di tutti. Un altro problema è (stabilire) chi in Norvegia ha una qualche influenza. Alcuni gruppi potrebbero essere nella posizione di esercitare un’influenza grazie all’appartenenza ad organizzazioni ombrello europee, organizzazioni che hanno avuto un certo successo nel portare casi di fronte all’autorità di sorveglianza EFTA (Associazione Europea di Libero Scambio ). Su tale esempio, in aprile fu intrapreso un procedimento contro la Norvegia, colpevole di aver stabilito un monopolio sulle macchine da gioco. Il parlamento norvegese ha un ruolo molto limitato e che si differenzia notevolmente da quello esercitato dai parlamenti degli stati membri confinanti.

La fazione del No non è in disaccordo ma insiste sulla generale assenza di dialogo e sulla natura centralizzante della comunità europea. E’ del parere che la gente comune non venga consultata riguardo alle decisioni comunitarie. Ritiene che solamente con la “completa sovranità” la Norvegia potrà proteggere i propri interessi da un super stato elitario e centralizzato. Dag Seierstad dell’organizzazione “No alla Comunità Europea” si esprime così: “Quando si decentrano centinaia di decisioni fondamentali dal parlamento e dal governo nazionali a Bruxelles, una super struttura politica, un’immensa macchina politica completamente impenetrabile e incomprensibile per il cittadino medio, il risultato è una grave minaccia alla democrazia”.

Gli indicatori economici relativi alla Norvegia sono eccellenti, allora per quale ragione considerare un qualsiasi cambiamento che li riguardi una minaccia? In aree quali l’occupazione, le riforme sociali e l’ambiente il paese è decisamente in testa alle classifiche delle Nazioni Unite. Benché lo siano anche i loro vicini nordici Svezia e Danimarca, entrambi membri della comunità europea a pieno titolo.

Ancora una volta le fazioni del Sì e del No hanno un’opinione riguardo questa ragione. Le risorse e le ricchezze naturali della Norvegia sono tali da non
necessitare la presenza della Comunità Europea. Qualcuno direbbe che i norvegesi non hanno intenzione di condividere tutto questo con chi è meno fortunato di loro. La Norvegia appartiene al novero dei paesi più ricchi del mondo secondo le stime universali del prodotto interno lordo. La maggior parte delle sue ricchezze deriva dal petrolio e dal gas: l’estrazione e le operazioni ad essa collegate costituiscono il 46% del PIL.

La Norvegia è la terza esportatrice mondiale di petrolio dopo l’Arabia Saudita e la Russia. Ha protetto le sue risorse naturali dallo sfruttamento e dall’esportazione con mezzi legali e ha usato questa ricchezza per sostenere la decentralizzazione della popolazione e un solido stato sociale. La preoccupazione della fazione del No è quella di proteggere queste conquiste. La fazione del Sì sottolinea l’interdipendenza che emerge all’interno della nuova economia globale e ritiene che nessun paese possa isolarsi e fingere di essere indipendente in una economia globale sempre più interconnessa. Benché l’economia norvegese sia forte, non è scevra da qualsiasi problema. La ricchezza proveniente dal petrolio complica le riforme e ha influenzato fortemente la competitività industriale. Il 70% delle esportazioni norvegesi è diretta verso la comunità europea. La fazione del Sì ritiene che solo tramite una partecipazione attiva la Norvegia potrà proteggere pienamente i propri interessi. Jens Stoltenberg, leader del partito laburista, e con buone probabilità prossimo primo ministro, è convinto che l’accordo EEA non sia la migliore soluzione per la Norvegia. Egli ritiene che sia costoso per il paese, senza il tipo di influenza che l’appartenere alla comunità europea garantirebbe.

Riguardo a una cosa sembra esservi un parere unanime: la Norvegia ha tanto da offrire ai suoi vicini della Comunità. Alcuni ritengono che, stando all’interno, la Norvegia può avere una parte nello spingere l’Europa verso un’unione sociale e democratica più inclusiva ed egualitaria. La fazione del No sembra temere che quelle fondamenta andranno perdute se il paese si unirà alla comunità e sostengono che la Norvegia, in quanto democrazia florida ed indipendente, costituisca un esempio da seguire. Che siano dentro o che siano fuori, l’orgoglio dei norvegesi per la loro patria non è scemato: tutti sembrano profondamente convinti che c’è bisogno di un Europa che assomigli di più alla Norvegia.

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