Guantanamo. E' importante rifletterci su.

E che dire delle condizioni di vita? Dopo le rivelazioni su Abu Ghraib dell'anno scorso e in misura minore su Guantanamo, c'è un qualche motivo di ritenere che la gente lì venga trattata con umanità ora (nel vero senso di umanità, non quello esposto da Donald Rumsfeld, che prevedeva isolamento, pestaggi e umiliazioni)? “Non penso che le condizioni siano peggiorate. Semmai, sospetto che siano un po' migliorate. Fu Colin Powell a dire, subito dopo la pubblicazione delle fotografie da Abu Ghraib, 'State solo a veder quel che farà l'America'. Quel che l'America ha fatto fondamentalmente è stato coprire la catena di comando, come dice Seymour Hersch, che porta dalla Casa Bianca e il Pentagono giù fino a quei posti. D'altro canto, se la leadership dell'esercito americano non è stata chiamata in causa, e per il momento è effettivamente immune a qualsiasi responsabilità o sanzione per quel che è successo, penso però che la pubblicità e l'esposizione continua di quei fatti abbiano probabilmente reso più difficile compiere abusi e passarla liscia. Penso che ora stiano più attenti che in passato. Non ho molte prove a carico di ciò, in effetti, se non che quel che si sente raccontare dai detenuti o piuttosto dai loro avvocati fa pensare che i casi peggiori siano accaduti prima che le condizioni venissero svelate al mondo nel 2004. Penso che l'uso spropositato di brutalità e abusi sia diminuito. L'Amministrazione è stata costretta a condannare la tortura. Quel che continua, d'altro canto, è la detenzione a tempo indeterminato senza alcuna forma di processo, senza alcuna idea di quali siano i motivi della detenzione stessa. Tutto ciò prende avvio con la sospensione della Convenzione di Ginevra. Con il ritiro unilaterale dalle disposizioni della convenzione, il governo statunitense sembra poter decidere a chi applicare la Convenzione di Ginevra apparentemente come gli gira. Sembrerebbe che valga per Saddam Hussein, quindi ci si agita e indigna quando escono le foto di Saddam nella sua cella, però per la gente a Guantanamo e Bagram la Convenzione di Givevra non vale. Un fatto che non ricevette molta attenzione avvenne l'autunno scorso, quando si ritenne di dover applicare la Convenzione di Ginevra per gli insorti della resistenza irachena, e poi di colpo cambiarono idea e ritirarono lo status. Ovviamente li volevano trattare più duramente e interrogarli. Corre voce che alcuni insorti iracheni siano stati portati a Guantanamo, anche se non c'è nessuna conferma.”

Le cose veramente importanti. Dalle mutande di Saddam al Corano, la scelta dei media

“Le foto hanno infuriato l'esercito statunitense spingendolo immediatamente ad avviare un'indagine e la Croce Rossa a dichiarare che le foto potrebbero violare la Convenzione di Ginevra. […] Non solo le foto hanno fatto infuriare l'esercito americano, che ha espresso un atto d'accusa raro nella sua immediatezza, ma ci si aspetta anche che alimentino ulteriormente i sentimenti anti-americani in un paese che si avvia verso un aperto conflitto etnico aperto.” Al Jazeera commentando la pubblicazione delle foto che mostrano Saddam Hussein prigioniero in mutande.

“Mercoledì il portavoce del Pentagono, Lawrence Di Rita, ha detto che non sono attendibili le accuse secondo le quali dei militari a Guantanamo Bay avrebbero gettato una copia del Corano nel water.” Fox News [26 maggio 2005]

La scrittrice di origine sudafricana Gillian Slovo, parlando del rilascio dei cittadini britannici da Guantanamo, ha suggerito che ci sia del cinismo in una mossa dell'amministrazione americana tesa a far attenuare l'interesse nel Regno Unito, suo principale alleato. Secondo Rose, c'è del vero in questo ragionamento: “Gli organi di informazione britannici, quelli che portavano avanti le storie da Guantanamo, facevano più rumore del resto dei media mondiali e mettevano pressione sia sul governo britannico che su quello americano. Poiché il governo britannico è ovviamente un importante alleato degli americani, l'attenzione dei media in questo paese rendeva le cose scomode per l'amministrazione Bush. Era una seccatura che potevano risparmiarsi. Posso dirlo per esperienza personale: è molto più difficile oggi interessare i direttori di media di altre storie su Guantanamo rispetto a quanto non lo fosse quando figuravano dei cittadini britannici. Ci sono ancora cinque prigionieri a Guantanamo che sono residenti nel Regno Unito, ma non sono cittadini britannici, e questa è l'ultima questione che alcuni si aspettano venga risolta abbastanza in fretta. La verità è che oggi in Gran Bretagna c'è molta meno contestazione su Guantanamo di quanta ce ne fosse prima del rilascio dei cittadini britannici, quindi in un certo senso le luci si sono spente.”

Le luci infatti sembrano puntarsi sul meno probabile dei palcoscenici – ultimamente un certo Saddam Hussein, per esempio. Ma le storie come le foto di Saddam Hussein che si sta vestendo, fino a che punto costituiscono una distrazione calcolata? “Penso
sia una distrazione – dice Rose. – Tranne poche importanti eccezioni (Guardian, Observer, New York Times, Washington Post, ecc.) molti dei media, su entrambe le coste dell'Atlantico, sono profondamente restii ad un impegno serio su quel che avviene a Guantanamo Bay, e ancor oggi, quattro anni dopo l'Undici Settembre, permane la mancanza di rispetto per le normali regole di combattimento e il trattamento dei sospetti. Il governo racconta belle storie alla stampa 'amica' come i giornali e l'impero televisivo di Murdoch in America e all'estero snobba le rivelazioni senza problemi,e nel frattempo la grande massa dell'opinione pubblica, soprattutto in America, rimane imperturbata. Le parole 'Guantanamo Bay' non sono uscite una singola volta dalle labbra di John Kerry durante la sua campagna elettorale, ed è chiaro che molte aree d'America sono completamente indifferenti a quel che sta accadendo lì o altrove. Sono diventate delle prigioni segrete a tutti gli effetti.”

Queste righe aprono problematiche difficili sulla copertura e responsabilità dei media. E' corretto dire che, in un certo senso, i media e il pubblico sono sazi della 'storia' di Guantanamo? “Beh, il carrozzone passa oltre. Si alza la posta in gioco quando si rivelano torture, quando si svela la profonda illegalità dei trattamenti subiti, quando se ne mostrano le conseguenze sulle vittime (come fa molto bene lo spettacolo di Gillian Slovo e Victoria Brittain), e poi dove altro puoi andare? Dopo aver passato la tempesta, è abbastanza facile per l'amministrazione Bush continuare a farla franca. Penso che l'unico modo in cui il sistema cambierà ora è con la pressione dall'interno, dall'opinione pubblica americana e il Congresso, e non ci sono segnali che questo accada. Un paio di settimane fa mi trovavo a Washington e parlando con un collaboratore senior di Arlen Specter, capo del Senate Judiciary Committee, mi raccontava che la commissione stava pensando di tenere la sua prima riunione dall'Undici Settembre sul problema della detenzione dei prigionieri della guerra al terrore. Non è segno che in America la pressione per affrontare l'argomento sia montata moltissimo. E' un percorso in salita.” Una battaglia non certo facilitata dal dietrofront di Newsweek su di una storia che insinuava che a Guantanamo avessero gettato un Corano giù per il water. E' interessante che Rose abbia riportato una storia simile, che un Corano era stato gettato dentro un secchio per escrementi (in maniera cruciale a Kandahar, in Afghanistan, ma nondimeno da truppe statunitensi). “E' una cosa stranissima. All'inizio, sull'Observer del marzo del 2004, quando intervistai i 'Tre di Tipton', mi descrissero come una copia del Corano venne gettata dentro un secchio a Kandahar. Pubblicammo la cosa e nessuno la negò. Nessuno batté ciglio. Simili accuse apparvero su altri giornali, da parte di altri detenuti. Perfino Erik Saar, in passato un interrogatore a Guantanamo, di cui è uscito il libro circa un mese fa, riferì che si usavano copie del Corano in Afghanistan e anche, parzialmente, a Guantanamo. Poi Newsweek se ne esce con le rivelazioni di un ufficiale anonimo, che se ci si pensa risultano un po' sospette. Non penso che sarebbe possibile gettare nello scarico del water un Corano, soprattutto non in un WC di Guantanamo, che è solo un piccolo buco sul pavimento. Penso ti ci vorrebbero parecchie ore, lo si dovrebbe fare pagina per pagina. Penso che la storia fosse probabilmente sbagliata nei particolari, ma è strano che quando ci sono state prove consistenti di diversi abusi di carattere religioso (Erik Saar per esempio descrive come i detenuti venivano imbrattati dalle donne con finto sangue mestruale, cosa che è già spiacevole per chiunque, ma per i musulmani che hanno tabù molto forti al riguardo acquista un'altra connotazione), allora questa storia particolare diventa una cause célèbre. Naturalmente l'Amministrazione ne beneficia al massimo. Oggi in America si cerca di impedire ai giornalisti di scrivere storie da fonti anonime, o di renderglielo difficile. Beh, quando le talpe vengono penalizzate così pesantemente come in America, bisogna, a volte, usare le fonti anonime. Ci vuole un coraggio immenso per mettere il proprio nome accanto ad alcune delle cose che sono state raccontate. Sono stato molto fortunato ad aver trovato per il mio libro Tony Christino, che si è assunto la responsabilità di dire “il mio Ministro della Difesa ha mentito”, ma è raro trovare una fonte con tale coraggio e tali qualità disposta a testimoniare. Perciò questa storia, per la Casa Bianca, si rivela una fantastica tattica diversiva.”

Il fardello dell'America

Se le basi ideologiche per questo sistema sono state gettate da Bush, Rumsfeld, Cheney & Co., la responsabilità della gestione dei centri di detenzione ricade sulle forze armate statunitensi. Il libro di Rose non è una critica non controllata delle forze armate statunitensi, ma piuttosto del sistema che rinforzano. Rose anzi ribalta una falsa credenza sostenuta da molti sulle forze militari. “L'esercito americano è un microcosmo rappresentativo della società americana. Nelle forze armate ci sono sia conservatori che gente incredibilmente fortemente liberal. I membri dell'esercito che trovo d'ispirazione sono gli avvocati difensori, i procuratori militari, quelli che difendono le persone condotte di fronte alle commissioni militari, che mettono la loro carriera completamente in gioco perché credono che il processo sia sbagliato e faranno qualsiasi cosa in loro potere per difendere il loro cliente. Prendono il loro lavoro con la massima serietà, e non importa se ciò significhi sacrificare la carriera. C'è gente, ne sono certo, che guarda con notevole entusiasmo al compito di vigilanza dei detenuti di Guantanamo, e agli interrogatori tramite la tortura e violenza. Ma ci sono dei membri delle forze armate che osservano l'intero esperimento con notevole preoccupazione.”

In termini pragmatici Guantanamo rimane un problema americano, creato dall'amministrazione americana, e sono gli americani che devono cambiarlo. Rose non ha dubbi che, secondo lui, per affrontare la questione ci vuole una mobilitazione politica generale, assieme ad un cambiamento culturale: “Bisogna cercare di farla diventare una causa politica di massa. Uno degli aspetti deludenti della situazione nel Regno Unito è stato che, ad eccezione dei Liberal Democrats, e di alcuni parlamentati laburisti di sinistra, c'è stata una minima reazione politica in Gran Bretagna. In America è anche peggio. In quegli stati americani rossi vige l'indifferenza assoluta, quando va bene, e quando va male un'ostilità violenta verso quelli che sollevano il problema Guantanamo. Tutto questo viene anche rinforzato dai messaggi culturali. Penso a cose come il 'country patriottico', un genere musicale che dopo l'11 Settembre era di gran moda e in parte lo rimane ancora oggi. In particolare sto pensando ad una canzone di Toby Keith, chiamata The red, white and blue, che ha venduto 20 milioni di copie. Dopo varie descrizioni di quel che è successo durante l'Undici Settembre, termina con “Questo cagnone si infurierà quando scuoti la gabbia, ti metteremo uno stivale nel culo, è l'American Way”. Un sentire molto permeante, difficilissimo da modificare.”

La canzone di Keith è stata scritta subito dopo l'Undici settembre, e in quel contesto questi sentimenti si possono inquadrare e capire. Possiamo considerare Guantanamo una cosa del genere? Una reazione
, cioè, deprecabile ma comprensibile, piuttosto che l'introduzione di un nuovo sistema? “E' una domanda interessante, una domanda che mi fanno spesso. Se tutto questo sistema, Guantanamo e le altre prigioni della rete, non sia una reazione estemporanea, un fuoco di paglia. Se in futuro la gente guarderà indietro a questo momento e rabbrividirà come si fa oggi col Maccartismo? Oppure non sarebbe uno spostamento più permanente del modo di fare affari in America? Temo davvero che potrebbe essere quest'ultima ipotesi. E' ancora troppo presto per poterlo dire, ma la differenza tra l'atmosfera che caratterizzava il Maccartismo e quella che si respira oggi con Guantanamo è che il Maccartismo diresse quel veleno contro dei cittadini americani, quindi le critiche non tardarono ad esplodere. Qui si tratta di qualcosa rivolto contro degli stranieri e penso che sia molto più difficile da vedere per gli Americani, che anche gli stranieri hanno dei diritti.”

Per concludere, quanti prigionieri sono ancora detenuti a Guantanamo? “Al momento sono circa 500, dopo aver toccato un picco di 650. Si diceva che nel corso dell'anno avrebbero liberato un altro gruppo di prigionieri, forse persino 200, ma finora non è avvenuto. Una delle cose di Guantanamo è che è sempre stato un esperimento. Penso che abbiano sempre saputo che stavano tirando la corda della legalità al massimo limite. Penso che avessero il sospetto che non l'avrebbero fatta franca con tutto quel che volevano, ma le carte girano dalla loro parte, alla fin fine, e quando tutto sarà sistemato, dal punto di vista legale, Guantanamo continuerà ad essere usata per molti prigionieri.”

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