Gli organizzatori dei concerti Live 8 sperano di riuscire a mobilitare più di 5.5 miliardi di persone il 2 luglio, per chiedere ai leader del G8 di implementare un pacchetto di iniziative al fine di, secondo loro, raddoppiare gli aiuti ai paesi bisognosi, cancellare il debito e rendere eque le leggi del mercato. I concerti, che possono contare sul supporto della coalizione Make Poverty History nonché di diversi uomini politici, da Tony Blair a Nelson Mandela, vengono rappresentati come un'opportunità, unica e relativamente semplice, di cambiamento per il mondo in via di sviluppo.
L'iniziativa del Live 8 non è però priva di controversie. Three Monkeys Online ha invitato per discuterne George Monbiot, autore di importanti saggi tipo The Age of Consent: a manifesto for a new world order [ L'era del consenso: manifesto per un nuovo ordine mondiale, Longanesi editore] e Captive State: the corporate takeover of Britain [Uno stato prigioniero: le corporation alla conquista della Gran Bretagna], e apertamente critico nei confronti di Live 8.
Live 8, contrariamente a Live Aid di vent'anni fa, si rivolge alle persone chiedendo loro un tipo di supporto politico ad una determinate iniziativa incvece che uno finanziario. Per fare ciò, mette in agenda argomenti quail il debito dei paesi del terzo mondo, gli aiuti economici e le leggi di mercato. Sicuramente questo deve essere una cosa positiva, no?
Bene, è una cosa positiva nel senso che sta mobilitando un numero enorme di persone ed ha spinto il problema africano, e quelli di povertà, debito, aiuti, commercio in cima alla lista di priorità della politica. Tutto questo è certo positivo, non lo metto in dubbio.
Ciò che non va bene è il modo in cui questa campagna è stata impostata. Sentiamo dire che Bob Geldof ha chiesto agli artisti di non criticare apertamente George Bush dal palcoscenico. Avrei pensato che ciò limita in qualche modo il loro scopo ultimo. Lui e bono sono andati in giro per il mondo adulando e lusingando Blair e Bush e gli altri potenti che sperano di influenzare, che va benissimo, ma quel che hanno ottenuto è la creazione di una specie di mito secondo cui il G8 esiste per aiutare [gli altri, i paesi poveri]. Se solo potessimo persuaderli ad essere leggermente più gentili nei confronti delle nazioni povere, potremmo così risolvere il problema. Quello che non sentiamo è quanto male provoca il G8. L'impressione che si crea è che il G8 sia stato costituito per risolvere la povertà nel mondo, e non per consolidare il potere delle otto nazioni più ricche o ancora più sepcificatamente quello dei capi di queste nazioni. Il loro scopo è agli antipodi di quello della risoluzione della povertà, e se si prendono in considerazione i i veri obbiettivi delle singole nazioni, ci si accorge che questi sono anche le principali ragioni per cui la povertà persiste in Africa e in qualsiasi altro posto.
Il problema è che [le nazioni del G8] vengono presentate come potenzialmente donatrici di aiuti, invece di essere indicate come la causa principale del problema.
L'iniziativa si è concentrata principalmente sui temi della cancellazione del debito e dell'aumento delle donazioni. Sebbene includano anche quello delle riforme commerciali, secondo lei l'enfasi è nel posto sbagliato? Ci si dovrebbe concentrare maggiormente su queste riforme?
Sono stati chiamati in causa tutti e tre i temi, debito, commercio e aiuti, e ne sono contento. C'è stata sicuramente però un'enfasi particolare sul tema della cancellazione del debito. Il che non è necessariamente una cosa negativa. Abbiamo bisogno di questa cancellazione. Ciò che mi è dispiaciuto veramente è stata la reazione in particolare di Geldof e Bono al pacchetto di cancellazione del debito annunciato dai ministri delle finanze del G7 un paio di settimane or sono. Ne sono stati entusiasti, considerandolo nel caso di Geldof una vittoria sostanziale dei sostenitori della campagna e in quello di Bono un tassello che farà storia. Eppure ciò che esso conteneva sono queste cose chiamate 'condizionali', ovvero le cose che i paesi poveri devono prendersi come impegno per qualificarsi al fine di ottenere lo sgravio del debito, che sono altrettanto onerose, pesanti quanto il debito stesso. Le condizionali consistono nel dover aprire le proprie economie al commercio, all'entrata dei capitali, nel dover privatizzare i loro servizi pubblici, tutte cose che hanno già creato tanti dei problemi dell'Africa. Devono fare anche più di questo per qualificarsi meritevoli dello sgravio del debito. Mi hanno profondamente deluso quelle affermazioni entusiastiche di sostegno da parte di Geldof e Bono, quando invece avremmo dovuto sentire un richiamo preciso alla cancellazione incondizionata dei debiti. Non ci sono giustificazioni di sorta al porre condizioni sulla cancellazione dei debiti.
Ma è anche vero che le 'condizionali' sono importanti. Possiamo discutere dell'eticità delle condizionali, per esempio l'imposizione di politiche neo-liberiste puù considerarsi non etica, ma la richiesta perentoria di libertà di stampa, di difensori civici, eccetera, possono essere di beneficio e importanti per una sociatà che emerge da una condizione di povertà. Non le pare che certe 'condizionali' possano avere una loro giustificazione?
Riconosco che alcune condizioni possano essere opportune quando si offrono aiuti [economici] e che queste condizioni debbano garantire che il denaro non venga speso in maniera sbagliata, non sia utilizzato per comprare una flotta di aerei privati per il presidente o non finisca in qualche conto privato in una banca svizzera. Lo capisco benissimo, ma quando si parla di cancellazione del debito, porre delle condizioni equivale a dire 'smetteremo di prendervi a schiaffi se ci consegnate i gioielli della corona'. E' un'estorsione. All'unisono si riconosce l'ingiustizia del debito, dei livelli di debito delel nazioni più povere. Il debito è già stato restituito più volte in termini di tassi di interesse altissimi. Il denaro che i poveri devono ai ricchi diventa trascurabile nei confronti di quello che i ricchi dovrebbero restituire ai poveri in termini di risorse devastate, manodopera rubata, danni provocati in tali nazioni a causa per esempio dei cambiamenti climatici. Per cui è chiaro come il sole che dovremmo offirci di cancellare il debito senza condizioni. La giustificazione morale di porre delle condizioni alla cancelalzione del debito è la stessa che sta alla base del racket dell'estorsione: continuiamo a prendervi a calci se non ci consegnate le vostre risorse nazionali.
Che differenza può fare per l'Africa la cancellazione totale del debito?
Dipende tutto da cosa si intende per 100%, se è il 100% di tutto il debito o solo di quello verso il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale. Se fosse 100% del debito totale, assisteremmo ad un enorme balzo in avanti nello sviluppo africano. Con il 100% del debito verso la Banca Mondiale e il FMI ad un significativo balzo in avanti. In entrambi i casi potremmo vedere che miliardi di sterline correntemente usati per ripagare debiti illegittimi possono invece essere spesi per sanità e istruzione. La sola idea di mettere degli ostacoli su questo percorso è assolutamente oltraggiosa.
Però, senza 'condizionali', non è corretto affermare che in alcune nazioni i soldi recuperati tramite la cancellazione del debito non saranno spesi per istruzione e sanità, ma al contrario verranno dirottate all'interno del sistema là dove esiste corruzione?
Certamente il denaro destinato alla ripagamento del debito potrebbe essere utilizzato in altri modi, ma si tratta di Stati sovrani, molti dei quali sono oggigiorno delle democrazie. L'idea che siamo noi a decidere in merito al loro bilancio statale è fuori di testa. Pensi a come si sentirebbe la gente se saltasse fuori il Senegal e dicesse alla Gran Bretagna 'non potete spendere il vostro danaro pubblico in questo modo, dovete falro in quest'altro'. E' una massiccia ingerenza nella sovranità dei governi il pretendere che soldi che dovrebbero essere parte del bilancio interno in ogni caso e che non ci sono dovuti siano spesi in questo o quel modo. Deve solo capovolgere l'equazione e immaginare che siano loro a dire a noi come spendere i nostri soldi per rendersi conto di quanto questo sia profondamente ingiusto e non democratico.
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