Un Set di immagini in movimento – Making The Bridge of San Luis Rey intervista con la regista Mary McGuckian.

The bridge of San Luis Rey

Dieci anni fa la regista irlandese Mary McGuckian cominciò ad interessarsi all’adattamento cinematografico del romanzo di Thornton Wilder, Il ponte di San Luis Rey. “E’ strano, mi trovo più a mio agio con il genere cinematografico letterario, ma questi non sono film tanto semplici da lanciare. [The Bridge of San Luis Rey] mi fu proposto 10 anni fa”, ci spiega, “da Brian Friel, il drammaturgo irlandese, e da sua figlia Judy, in seguito ad una conversazione riguardo ad alcune battute di una delle sue prime opere. La discussione verteva su cosa fosse adattabile allo schermo e cosa no. Brian Friel era convinto che ciò che rendeva adattabile allo schermo un’opera era il fatto che essa fosse poeticamente visiva e la drammaticità dei suoi personaggi. The Bridge of San Luis Rey soddisfaceva entrambi questi requisiti; ma a parte questo, io non l’avevo mai letto. All’epoca avevo circa 30 anni e non lo conoscevo per nulla. Era un eccellente prodotto della letteratura americana. Lo lessi e me ne innamorai. Mi sembrava una bella storia, molto ben narrata. La trama è complicata dalla presenza di molti personaggi, è molto complessa. Ne ero presa, feci di tutto per ottenerne i diritti – questa è tutta un’altra storia – e mi ci vollero 10 anni per riuscirci”.

“Lo adattai allo schermo”, prosegue, “Vi dedicai molto tempo. Lo scrissi prima di Best , lo misi da parte per un paio d’anni, poi lo ripresi in mano. Dopo Best tentammo di svilupparlo ma un’opera ambientata nel 18° secolo in Sud America e basata su un romanzo di Thornton Wilder non suscitava un grande interesse”.

Ma l’interesse per il libro si accese, in modo tragico e improvviso, dopo l’11 Settembre 2001. “Fu una conseguenza del fatto che Tony Blair citò l’ultimo paragrafo del libro il giorno della commemorazione tenutasi a New York dopo l’11 Settembre. La gente ricominciò a leggere il libro e Oprah Winfrey lo reintegrò tra le pietre miliari della letteratura americana. Allora pensammo che il film avrebbe dovuto necessariamente essere un film molto classico, un film americano alla vecchia maniera. Mi sembrava l’unico modo giusto di farlo, ma non pensavo che sarebbe stato fatto così, se mai sarebbe stato fatto. Stabilimmo di fare un tentativo, e decisi che gli avrei concesso 6 mesi di prova, lo portammo a Cannes e il pubblico ne rimase entusiasta. Alla fine il film trovò la sua strada.”

In breve, The Bridge of San Luis Rey parla di un disastro, del crollo di un ponte costruito su una gola nella mitica città di San Luis Rey, in cui morirono cinque persone. Affronta temi quali la tragedia, il fato e il dolore. È interessante notare l’enorme impatto culturale dell’11 Settembre, e la riscoperta de The Bridge of San Luis Rey da parte del mondo del cinema è indicativa. “Sembra che sia avvenuto un cambiamento di rotta riguardo ai gusti, riguardo a ciò che la gente vuole vedere e provare. Il desiderio di provare paura, allegria o orrore e tutti i film del genere sembrano suscitare meno interesse da parte del pubblico, e sia le commedie leggere e romantiche, a un livello più superficiale, sia le opere più introspettive e filosofiche sembrano essere …. in questo decennio tutto ciò che ha a che fare con il se’ o con la spiritualità, a qualsiasi livello, sembra attirare le persone molto di più rispetto al passato. Questa è solo una mia opinione. Non so se corrisponde alla realtà. Di sicuro mi sembra che dieci anni fa, quando cominciai ad interessarmi alla trasposizione cinematografica di The Bridge of San Luis, non ci sarebbe stato nessuno disposto a lavorarci, [enfaticamente] assolutamente nessuno”.

La risonanza provocata dai fatti dell’11 Settembre è stata associata al libro e ora sono due cose inscindibili. Era consapevole di questo quando girò il film? “Assolutamente sì. C’è una cosa assai strana nel libro, uno dei discorsi iniziali, tenuto dal personaggio interpretato da Robert De Niro, l’arcivescovo al servizio funebre dei cinque che muoiono nel crollo del ponte. Nel fare il copione, gran parte del materiale del libro è stato inevitabilmente tagliato. Il discorso nel libro durava due o tre pagine e dovetti ridurlo a dodici righe circa, affinché avesse un senso. Lo trasformai in una breve orazione. In una prima stesura del copione c’era tutto, poi lo rilessi, spostai un po’ di cose e ne tagliai altre. Una delle battute tagliate diceva: “Torri gemelle crollano continuamente su uomini e donne virtuosi”. Nel 1997 questa frase non significava nulla per me, se non forse la torre di Babele, e non aveva alcuna risonanza, così la tagliai e me ne scordai, fino a poco prima delle riprese. Stavamo provando, De Niro leggeva contemporaneamente il libro e il copione e ne stavamo discutendo – e saltò fuori. Ovvero è proprio una frase del libro, mentre [il personaggio] sta parlando di calamità, peste e punizioni divine. Sono sicura che la gente che vedrà il film penserà che quella frase l’abbiamo messa lì noi, ma era nel libro, scritta nel 1927! Allora decidemmo di reinserire la battuta”.

Il film prevede un cast di stelle, tra cui Robert De Niro, Harvey Keitel, Kathy Bates, Gabriel Byrne, F. Murray Abraham e John Lynch. “Assemblare tutto era un progetto pazzesco, un grande progetto per una piccola compagnia” dice Mary McGuckian, e prosegue ridendo “e per una piccola regista irlandese!” Nota per il suo film precedente, Best, biografia del leggendario calciatore nordirlandese George Best, Mary McGuckian ha in passato lavorato a film che hanno un legame specifico o culturale con l’Irlanda. Il suo primo film, Words on the Windowpane, è l’adattamento cinematografico di un’opera di Yeats che porta lo stesso titolo, mentre la sua seconda opera, This is the sea, si svolge nel Nord dell’Irlanda durante il periodo di pace. Lavorare a The Bridge of San Luis Rey, che apparentemente non a nulla a che vedere con l’Irlanda, è stato un grosso cambiamento? “E’ stato un cambiamento enorme. Quello è un mondo che non conosco. E’ stato un buon punto di partenza, un film completamente di fiction; il mondo del romanzo è un mondo a parte. Wilder ha creato un mondo il cui contesto non è né reale né storico, è un’opera di fantasia dall’inizio alla fine. Il modo tradizionale di fare un adattamento, e sono stata molto all’antica in questo, è entrare nel mondo dell’opera e rimanervi. I riferimenti culturali, l’intero riferimento al film si rifà al libro. Era tutto ciò su cui potevo basarmi. Ho girato in Spagna e poi in Francia e ho lavorato con attori americani, quindi ero fuori dal mio contesto abituale in termini di riferimenti culturali, di stile, di approccio e così via. Il trucco era attenersi al materiale originario”.

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