L'economia del terrorismo, ovvero quel che non vi insegnano alla Harvard Business School. Intervista a Loretta Napoleoni.

Fahrenheit 9/11 di Michael Moore ha messo sul tavolo la questione saudita – fino a che punto i politici in Occidente, soprattutto in America, hanno chiuso un occhio sui finanziamenti dei ribelli islamici a causa di relazioni commerciali con il ricco regno del petrolio? La questione è stata toccata dalla Napoleoni, che deve ancora vedere il film, sia nel libro che con diversi articoli. “L'Arabia Saudita è veramente il nocciolo della questione. Fino all'11 settembre l'Arabia Saudita era senza dubbio il posto da dove proveniva la maggior parte dei fondi e i sostenitori di Al-Qaeda si trovavano principalmente in Arabia Saudita. Stiamo parlando qui di banchieri, uomini d'affari e mercanti. Se leggiamo gli scritti di Bin Laden degli anni Novanta, spesso fa riferimento ai mercanti e a come i mercanti soffrivano a causa della famiglia reale saudita e degli Stati Uniti. Dopo l'Undici settembre questo fenomeno si è esteso e ora raccolgono denaro in tutto il mondo. Ecco dove gli Stati Uniti hanno delle responsabilità, per il fatto di non aver previsto l'evoluzione di questa organizzazione. Se avessero veramente contrastato i finanzieri dell'Arabia Saudita negli anni Ottanta, e sapevano chi erano, oggi non saremmo in questa situazione”.

E mentre Fahrenheit 9/11 ha evidenziato i legami personali che potranno pure influire sull'atteggiamento di George Bush verso l'Arabia Saudita, la Napoleoni è ben lontana dalla convinzione che John Kerry, privo di legami diretti, sia disposto a condurre inchieste dove necessario. I suoi precedenti di certo non inducono a pensarla così: “Tutto quel che so su Kerry per esempio è che era Presidente della Commissione che investigava la BCCI [Nde: Bank of Credit and Commerce International, banca con legami apparenti col terrorismo e i cartelli di droga], anzi il rapporto venne chiamato 'Rapporto Kerry', e chiuse l'inchiesta quando raggiunsero un certo livello. Quello BCCI è stato lo scandalo più grande nel mondo occidentale, e in quello dell'est. Quindi perché bloccò l'inchiesta? Non so, ma penso sia interessante”.

Nel settembre 2001, prima dell'Undici settembre, Colin Powell era atteso a Bogotà, in Colombia, per definire i piani di lancio del 'Piano Colombia' e dello slogan della politica estera statunitense in epoca post guerra fredda, la 'guerra alla droga'. Tutto ciò è passato in qualche modo in secondo piano con gli attacchi terroristici su suolo americano, ma la realtà è, purtroppo, che il commercio di stupefacenti è un elemento chiave in questa economia del terrore su scala mondiale. “Le droghe sono di gran lunga il settore commerciale più esteso, che genera l'importo più consistente di denaro. Per esempio l'11 marzo è stato finanziato dalla vendita di hashish del Marocco. Esiste un modello lì, che ovviamente stanno mettendo in pratica, il quale prevede che se si riesce a mettere le mani sul commercio di droga si può avere rifornimento immediato di denaro contante. E' decisamente più importante del commercio di armi”. Ma così come c'è una certa riluttanza a concentrarsi completamente su banche e località offshore in finanza, per paura di danneggiare il motore che spinge l'economia capitalista, allo stesso modo una svolta nelle politiche antidroga è fuori questione, anche se Napoleoni, da parte sua, non ha dubbi su chi trarrebbe vantaggio economico da una politica di legalizzazione: “Da un punto di vista economico costituirebbe un enorme miglioramento. Chi ci rimetterebbe? I terroristi e le organizzazioni criminali che guadagnano dal commercio di droga. Perché non fermiamo il commercio di droga e legalizziamo tutte le droghe? Non è possibile, perché questo è uno dei maggiori taboo della destra. Riesce ad immaginare George W. Bush che va a dire «ok, abbiamo deciso di legalizzare la cocaina!» alla destra cristiana, che costituisce un terzo dei suoi elettori?”.

Le bombe di Madrid hanno svegliato in Europa la consapevolezza di essere anche noi sotto tiro, ma mentre continuiamo a guardare all'Iraq, quello non è l'unico caso di creazione di uno stato-guscio, dove il terrorismo prospera. Di esempi ce ne sono altri, inquietantemente a ridosso dei confini europei. “Ci sono 'stati-guscio' in Bosnia e Albania. Ci sono gruppi in Afghanistan che sono ancora attivi. L'Afghanistan ci viene fatto vedere, soprattutto dopo le elezioni, come una specie di democrazia ma la realtà è che Hamid Kharzai non può nemmeno lasciare il suo palazzo perché lì non hanno il controllo del territorio. Ci sono signori della guerra nel nord del paese e i talebani nel sud, perciò nessuno di questi esperimenti per la costruzione della nazione ha effettivamente funzionato. Le conseguenze sono immense. Alla fine scoppieranno altre guerre, come è avvenuto in Yugoslavia. Nel frattempo, quel che succede è che non ci dicono la verità dei fatti. La Bosnia non è una novità. So che in Bosnia la situazione è tale che si combatte ancora e ci sono dei posti dove non si può andare perché sono di fatto controllati da gruppi armati, 'stati-guscio'. Abbiamo Ratko Mladic, il leader della destra serba, ancora in fuga, cosa incredibile; eppure di queste cose non se ne parla mai nei giornali. Per lo meno finché non accade un altro avvenimento forte, o scoppia una guerra, ma a quel punto è troppo tardi”.

George W. Bush è stato criticato, a ragione, secondo me, per aver usato un vocabol
ario da 'Crociate' nella sua reazione agli atti dell'11 Settembre. Tale uso potrebbe essere dettato dalla superficialità più che costituire un modello di comportamento, Napoleoni però vede delle similitudini tra la nostra situazione e quella della Prima Crociata lanciata da Urbano II nel 1095, ma definisce le Crociate all'interno di una cornice economica, con la cristianità occidentale che occupava allora una posizione più vicina a quella di Bin Laden che a Bush. “Questo è ciò di cui scrivo ora. E' la risposta alla teoria dello 'scontro di civiltà' di Huntingdon, in qualche modo. Penso che lo scontro fra le civiltà sia di massima una sorta di alibi per l'occidente: ha a che fare con la religione e la cultura, quindi noi non ne siamo responsabili. Presentare le Crociate come una guerra di religione vuol dire soprattutto giustificare il fatto che l'Islam aveva schiavizzato l'Europa ed era la potenza dominante, ma che poi andava bene combatterli su base religiosa. In un certo senso oggi assistiamo all'opposto delle Crociate, con lo scontro di due sistemi economici, com'era allora, ma oggi è l'Occidente ad essere la potenza dominante. Le Crociate furono una guerra di liberazione economica contro l'unica potenza egemonica del tempo, cioè l'Islam. Lo stesso avviene oggi. Questa gente sta combattendo per il controllo delle proprie risorse. Di nuovo, rileggendo Bin Laden, molte delle cose che dice sono tagliate su misura per l'economia, e Bin Laden parla con la gente, la gente che deve sbrigarsela con la disoccupazione e l'inflazione, combattendo costantemente contro i super privilegi di quest'élite, quindi lui cerca di insegnar loro i diritti economici. La religione è una copertura. E' la legittimazione ideologica; ci dà quel di cui abbiamo bisogno per giustificare le nostre richieste, perché dopotutto Dio non è un capitalista”.


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