Il Circolo Dante – Matthew Pearl in intervista daThree Monkeys Online

Secondo lei, cosa rende un romanzo bello?

Immagino che non ci sia una formula o una definizione per un buon romanzo. Mi piace pensare che [NdT: un buon romanzo] sia quello che ti fa venire voglia di prendere su un altro libro non appena lo hai finito.

Lei è un esperto di Dante, cosa l'ha attirata verso le sue opere?

Qualche volta mi sembra che stabilire una connessione con un pezzo letterario sia non tanto una decisione di tipo conscio, quanto piuttosto un po' come innamorarsi. Non si è sicuri del perché, dell'esatto perché. In effetti con Dante sono molti i motivi per pensare che la sua opera non possegga ai nostri giorni e nella nostra epoca un fascino particolare! Certamente le sue idee politiche e teologiche (anche se sei cattolico, e io non lo sono) sono non solo obsolete, ma considerate anche bizzarre, persino ai suoi tempi. In antitesi a questo, credo che parte di ciò che mi ha attratto è stata la condizione di vulnerabilità in cui Dante comincia il suo poema. È perduto nel bosco, forse ferito, confuso, spiritualmente a pezzi. Parte di ciò che blocca il nostro immergerci nella letteratura è il fattore intimidatorio. Il fatto che Dante sia il protagonista, e che si trovi in un periodaccio, fa sì che tutti possiamo riconoscerci nel poema e nel personaggio.

“Al contrario, la nostra debole (NdT: anemica nel testo) percezione dell'America, da un punto di vista artistico, è oggi preoccupante. Proviamo invidia per la cultura europea senza al tempo stesso cercare di rafforzare la nostra. Ci resta una visione dell'America come un'ombra di altri Paesi, per lo più accettabile solo quando inquadrata in un agglomerato culturale. All'inizio del XXI secolo, ci siamo scavati attorno un vuoto non così differente rispetto a quello che Longfellow ha dovuto superare verso la metà del XIX secolo, quando l'America era considerata come un derivato di altre nazioni. Riuscendo ad individuare un potere culturale distinto persino dalla importantissima situazione politica del momento, Henry Wadsworth Longfellow creò un'energia di auto-definizione di cui, oggi più che mai, ci troviamo ad aver bisogno. Esattamente perché la nostra politica ci turbina attorno così vorticosamente, questa dovrebbe essere una sfida pressante per i nostri artisti. Fino a che essi non si solleveranno a raggiungere i suoi standard, è ora per tutti quanti di spolverare il nostro Longfellow.” (Matthew Pearl)Non è quindi ironico che, mentre il suo libro ha a che fare primariamente con l'America, ruoti attorno alla visione del mondo di un uomo medievale italiano?

Ciò che conta, in parte, quando si definisce una letteratura o una cultura nazionale è una profonda consapevolezza delle altr
e culture. Credo che, a dispetto della moderna tendenza americana di invidiare la cultura europea, come ricordavo nel mio articolo, noi non esploriamo abbastanza attentamente le altre culture. Ci vantiamo di essere parte di una 'cultura internazionale' senza soffermarci a definirla e a definire il ruolo della cultura internazionale all'interno della nostra. Insostanza, ben pochi film vengono importati da altri Paesi, e anche meno libri vengono tradotti (quando si considera quanti ne sono pubblicati). Quello che Longfellow ha fatto, e che vale la pena di tenere a mente, è stato coltivare soggetti di origine prettamente 'locale', tipo la cultura dei primi pellegrini, e il mondo delle popolazioni indigene, ma anche il suo impegno ad introdurre in America la letteratura e la cultura straniere, di cui la sua traduzione di Dante, col suo ruolo di 'rompighiaccio', è il primo esempio. Alla luce di ciò, spero che il mio romanzo trasmetta una simile energia. Esso esplora l'America del XIX secolo, ma esplora anche il modo in cui trattiamo la cultura straniera, sia in senso positivo che negativo, e il modo in cui tendiamo ad identificare un filo di paura e di speranza, quando introduciamo una cultura straniera nella nostra.

Nel romanzo, c'è una certa resistenza da parte WASP [NdT: White Anglo-Saxon Protestant = protestante anglosassone di razza bianca] nei confronti di Dante, un timore della sua influenza forestiera. Pensa che questa sia ancora una tendenza in America? Ad esempio, qual è secondo lei il motivo per cui così pochi libri/film stranieri vengono tradotti e distributi in America?

Effettivamente, non credo che ci sia più una paura di questo tipo. Piuttosto, penso sia determinato dal tipo di mercato e dalla realtà geografica. L'America è così estesa e produce così tanti libri, film, ecc che si crea una saturazione fisiologica della produzione interna da lasciare uno spazio limitato a quella che viene dall'esterno.

Che cosa l'ha attirata di quel periodo (il dopo guerra civile)? Ha deciso di scrivere basandosi sulla sua tesi [NdT: universitaria], o …

Ho un interesse costante nei momenti storici di transizione, e il periodo successivo alla guerra civile americana ha introdotto delle tensioni nuove nella società e persino nella letteratura. Effettivamente, per quanto possa essere una coincidenza, penso che l'America non fosse pronta per Dante fino a dopo l'esperienza della guerra civile. Naturalmente, gran parte della visione dantesca dell'Inferno deriva dalla sua prospettiva sulla continua guerra civile in Toscana.

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