Bisogni e piaceri primordiali – Ciò che a me è proibito, potrebbe essere il tuo piatto preferito!

Torniamo al discorso delle restrizioni in campo 'carnivoro': l'induismo non concede ai propri fedeli il piacere di mangiare carne bovina, in quanto le mucche sono considerate sacre e meritevoli di rispetto fino al punto che molti indiani preferirebbero morir di fame piuttosto che uccidere una delle loro muggenti divinità. La maggiorparte degli induisti, e di conseguenza dei buddisti, sono in effetti completamente vegetariani, pur se i rispettivi libri sacri non contengono alcun indizio specifico al riguardo. Antropologicamente parlando, suppongo abbia senso ricondurre questo comandamento al fatto che tutti i prodotti che derivano dalla mucca, dal suo latte alle sue feci, vengono utilizzati per scopi nobilissimi, da quello alimentare al combustibile, fino alla sfera religiosa stessa: il burro chiarificato, il ghee, è alla base di tantissimi riti di purificazione. Gli induisti considerano la mucca come una figura materna che si prende cura dei propri figli [i credenti], per cui sarebbe peccaminoso il soltanto pensare di ucciderla.

All'altro capo dell'universo ci stanno gli argentini: provate a chieder loro di rinunciare alle proprie grigliate domenicali, e vi beccherete quantomeno un'occhiataccia di traverso! Gli asados argentini sono dei veri e propri banchetti per i carnivori: uno dei miei ristoranti preferiti a Buenos Aires si chiama 'Siga la vaca' [Segui la mucca], e qui, per un prezzo prefissato, ci si può mettere in coda tante volte quanto i propri stomaco, arterie e reni lo permettono per rimpizzarsi di bocconcini di carne bovina alla griglia: bistecche, ma anche sanguinaccio, budellini di vitello, rognoni, mammelle, testicoli, animelle, pezzetti di trippa… I vegetariani non hanno certo vita facile a Buenos Aires, o, se è per questo, nemmeno in Italia, dove persino il concetto di “niente carne, per favore” è tuttora motivo di fraintendimenti.

Qui nel 'Bel Paese', come in tante altre nazioni povere o ex-povere, esistono piatti antichissimi che si tramandano di generazione in generazione. E capita che in qualche occasione queste ricette tornino di moda, magari come raffinate preparazioni di nouvelle cuisine. Qualche anno fa, sono andata a cena da 'Checchino dal 1887' al Testaccio, uno dei quartieri romani più trendy (scordatevi di Trastevere, oggigiorno un palcoscenico da lasciare a studenti americani, turisti giapponesi e pub pseudo-irlandesi). Alla mia amica francese, da anni residente in Gran Bretagna, il menu è parso quantomeno disgustoso: frattaglie, trippa, animelle, lingua, cervello, pajata, zampi, coda alla vaccinara. Il ristorante si trova proprio dirimpetto all'antico mattatoio e la leggenda racconta come gli animali venissero portati qui al macello per conto dei r
icchi, dei nobili e dei prelati di Roma; ciò che rimaneva dopo la macellazione – il cosiddetto 'quinto quarto' dell'animale: budella, coda, organi sessuali, ecc. – andava ad integrare il misero stipendio di macellai, scortichini e degli altri sfortunati lavoratori che erano ogni giorno a contatto con tutta quella carne e un tipo di alimentazione che neanche potevano sognarsi! Attraversavano allora la strada e andavano a farsi cuocere il proprio quinto quarto da Checchino.

Un'ultima annotazione a proposito delle limitazioni dietetiche imposte dalla religione deve essere dedicata al cristianesimo. In verità, la maggiorparte dei cattolici comuni non seguono alcuna delle strette regolamentazioni descritte precedentemente: secondo una delle interpretazioni del Vangelo di Marco infatti, Gesù avrebbe affermato che la rovina degli uomini è rappresentata da ciò che fuoriesce da loro, e non da ciò che è da loro ingerito [Marco 7:18-23]; inoltre Dio stesso avrebbe specificato a Pietro che “ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo più profano” [Atti degli Apostoli 10:15]. Entrambe le dichiarazioni parrebbero atte a soverchiare le indicazioni del Vecchio Testamento, attestando che tutti i cibi sono puliti e permessi ai credenti. Viene data un'enfasi particolare alla necessità di poter contare su di un corpo sano e forte, da usarsi per servire ed onorare la divinità: “sia dunque che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio” [1 Corinzi 10:31]. Viene poi invocata la moderazione, in diversi passaggi della Bibbia, tanto che l'ingordigia finisce tra i peccati capitali – insieme a lussuria, ira, accidia e così via – e gli ubriaconi si beccano una condanna esplicita [Proverbi 23: 19-21].

Altrettanto vero è che ai cristiani viene ordinato il digiuno nella Bibbia, per purificare e fortificare lo spirito. Il digiuno di tre giornate sembra essere quello preferibilmente raccomandato; sebbene pare che Mosè si sia astenuto da cibo e acqua per i quaranta giorni che ha passato sulla montagna del Sinai durante il dettato dei comandamenti, questo sembra essere interpretato più come un'eccezione che come esempio da seguire… Ciò detto, i cristiani orientali ortodossi devono rispettare una serie di limitazioni dietetiche lungo il corso dell'anno, dovendo regolarmente evitare olio d'oliva, carne, pesce, latte e latticini ogni mercoledì (il tradimento di Cristo) e venerdì (la sua crucifissione) oltre a sottoporre sé stessi a tre periodi di 'digiuno parziale' (nei quaranta giorni prima di Natale, quarantotto prima di Pasqua, e quindici in coincidenza con la festa dell'Assunzione, il quindici di agosto), durante i quali carne, latticini e uova non sono permessi. Durante questi periodi di digiuno, sono concessi frutta, verdura, legumi, carboidrati, olio d'oliva e frutti di mare: al giorno d'oggi quindi, la cosiddetta 'dieta mediterranea' equivale alla normalità solo per una limitata schiera di devoti abitanti del bacino mediterraneo!

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