Bisogni e piaceri primordiali – Ciò che a me è proibito, potrebbe essere il tuo piatto preferito!

Simili limitazioni dietetiche si trovano nel Corano, il libro sacro dei mussulmani:

“Vi sono vietati gli animali morti, il sangue, la carne di porco e su cui sia stato invocato altro nome che quello di Allah, l’animale soffocato, quello ucciso a bastonate, quello morto per una caduta, incornato o quello che sia stato sbranato da una belva feroce, a meno che non l’abbiate sgozzato [prima della morte] e quello che sia stato immolato su altari e anche [vi è stato vietato] tirare a sorte con le freccette.” [005:3]

o anche:

“E’ Lui che ha creato giardini [di vigne] con pergolati e senza pergolati, palme e piante dai diversi frutti, l’olivo e il melograno, simili ma dissimili; mangiatene i frutti e versatene quanto dovuto nel giorno stesso della raccolta , senza eccessi, perché Allah non ama chi eccede.” [006:141]

A Bologna, Palestinesi mussulmani e Israeliani praticanti si troverebbero a condividere – ancora una volta – lo stesso destino: entrambi dovrebbero rinunciare alla gran parte delle specialità locali, incluso crescentine, tortellini, cotechino, zampone, prosciutto e la fantastica sfilata dei salumi locali: salame, mortadella, pancetta, … Per lo meno gli ebrei potrebbero annaffiare il proprio pasto con un bel bicchiere di Lambrusco frizzante – a patto che fosse prodotto e maneggiato esclusivamente da mani ebraiche – mentre i mussulmani dovrebbero rigorosamente limitarsi a bevande analcoliche.

Da dove vengono queste limitazioni? Qual è la spiegazione che sta a monte di queste proibizioni? Lungo il corso dei secoli, ci sono stati numerosi e svariati tentativi di fornire una giustificazione plausibile alle regole dietetiche nella Bibbia, da quella antropologica a quella economica, dalla simbolica all'animalistica, dalla salutista all'ecologica. La pratica del kashrut potrebbe essere considerata come un esercizio di rafforzamento della propria volontà, attraverso l'obbedienza ad un regolamento molto rigido, simbolico (e incomprensibile), oppure come un modo che gli ebrei usano per distinguersi dal resto del mondo (ecco ancora il simbolismo attorno al 'popolo eletto'). Altrimenti si può abbracciare la teoria secondo cui la scelta dei cibi concessi e gli attenti controlli di tipo sanitario sulla carne derivassero da e
sigenze igieniche, onde evitare che eventuali malattie di cui gli animali sono portatori si trasmettessero all'uomo, specialmente in un ambiente, quello desertico, in cui le condizioni di conservazione possono non essere del tutto ottimali. Ma allora perché permettere bovini ed ovini escludendo i suini? Questi ultimi avevano anche lo svantaggio aggiuntivo di contribuire alla desertificazione del territorio, visto che, a causa della loro dieta comprensiva di ghiande, impedivano la crescita di nuove piante. La Bibbia – non scordiamocene – è essenzialmente la storia di una popolazione e della sua lotta per il possesso della terra.

C'è infine la giustificazione dei credenti per quanto descritto nei testi sacri: perché lo dice Dio.

Agli Ebrei sono anche proibiti i frutti di mare. Io li adoro, ma devo ammettere che, con tutta la mia apertura mentale, mi disgusta l'immagine degli insetti fritti in vendita sulle strade di Bangkok. Eppure, non sono entrambi orribili ed aggraziati animaletti che si trascinano sulle loro 4-6-8 zampette? Stesse considerazioni vanno fatte per il cuy (una sorta di porcellino d'India che viene arrostito e servito intero – corredato di denti ed orecchie – in Colombia, Ecuador, Peru e Bolivia) e il piccione arrosto che mia nonna ha cucinato per anni il giorno del mio compleanno: hanno entrambi un aspetto disgustoso quando li vedi nel piatto, ma mentre non ho alcuna remora a spiluccare e rosicchiare il secondo, ho a malapena assaggiato il topone andino imprudentemente ordinato a Cuzco!

Ad inglesi ed irlandesi viene la pella d'oca quando glielo diciamo, ma noi italiani mangiamo coniglio (“Bugs Bunny?!” mi ha chiesto – inorridita – una mia collega straniera cui stavo traducendo un menu italiano qualche anno fa) e cavallo. A Catania ho vissuto un'esperienza fantastica: sulle strade della città vecchia, di notte, i macellai accendono dei barbecue artigianali davanti ai propri negozi e la gente 'si mette in fila' (come solo gli italiani sanno fare …) per gustarsi deliziose polpette di carne di cavallo aromatizzate con origano, succo di limone e olio di oliva! La carne di cavallo, dopotutto, ha la reputazione di essere una buona fonte di ferro e molti talassemici [la talassemia è una malattia ereditaria caratterizzata da un difetto nella sintesi ed un alto tasso di distruzione dell'emoglobina. La forma beta è particolarmente diffusa nelle popolazioni di origine mediterranea] ovviamente approfittano di questi 'fast food' salutari al limite della legalità!

Altro esempio di contorsione gastronomica è la torta salata a base di gatto affumicato, che lo scrittore James Hamilton-Paterson descrive nel suo divertentissimo romanzo Cooking with Fernet Branca [Cucinando con il Fernet Branca]. Più che di un libro di cucina, si tratta di una satira piacevole ed intelligente alle spese di quei cittadini britannici che si sono trasferiti a vivere in Toscana, e la ricetta non è genuina, solo un pretesto, ma Hamilton-Paterson non ha alcun problema ad ammettere, parlando con Andrew Lawless, di aver assaggiato in diverse occasioni, nelle Filippine, carne felina. In una vasta area dell'Asia orientale, è effettivamente alquanto diffusa la pratica di mangiare cani e/o gatti. Attenzione però, perché quando la definisco una pratica 'alquanto diffusa' intendo piuttosto 'tradizionalmente accettabile': in realtà, gli alimenti base della dieta della maggiorparte della popolazione sono invece riso e verdura. Pur se personalmente sarei abbastanza riluttante a mangiare i sosia di Lassie o Rin Tin Tin, rispetto chiunque lo faccia. Mentre ricercavo informazioni per questo articolo, mi sono imbattuta in spiacevolissime dichiarazioni in alcuni forum di discussione in rete su argomenti animalisti, velati di un certo grado di razzismo nei confronti di alcune popolazioni asiatiche che notoriamente mangiano quelli che in Occidente sono viceversa conosciuti come 'animali di compagnia'. Sebbene chiunque maltratti gli animali o li uccida brutalmente è sicuramente condannabile, mangiare cani o gatti è forse peggio che mangiare qualsiasi altro tipo di animali non altrettanto accettabili in società (maiali? mucche? galline?), mentre allo stesso tempo si tengono i propri pets chiusi a doppia mandata in un appartamento per tutto il giorno o – peggio ancora – si indossano capi di pelliccia o di cuoio solo perché di moda? Oltretutto, secondo Hamilton-Paterson, i gatti, per esempio, vengono uccisi, affumicati, e cucinati anche in qualche zona del Nord Italia e della Svizzera, rendendo quindi l'abitudine non un mero esoticismo orientalizzante, ma un'usanza legata alla disponibilità del cibo e agli scarsi mezzi delle popolazioni locali.

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