America: Da colonia a superpotenza. Parte II: 1876-1929

Il Senato respinse il patto della Lega delle Nazioni la quale morì ancor prima di nascere. Fu sì fondata e molti paesi si unirono ad essa ma senza il sostegno dell’America non aveva spina dorsale. La Lega servì a mantenere lo status quo ma quando i paesi si rifiutarono di sottostare alle sue sanzioni poté fare ben poco. Durante l’ultimo anno della sua presidenza Wilson fu colpito da un infarto che lo lasciò paralizzato e in seguito al quale ebbe difficoltà ad espletare i propri compiti.

La situazione politica sembrava di nuovo favorevole ai Repubblicani. Gli agricoltori del Midwest, infastiditi dai controlli in tempi di guerra, erano preoccupati della caduta dei prezzi. Quella che una volta era la stata la classe media progressista iniziò a risentirsi per l’aumento delle tasse, l’inflazione e la lotta di classe. Nel 1920 il senatore Wiliam G. Harding dell’Ohio fu scelto come candidato presidenziale repubblicano. Fu eletto in quanto poteva essere facilmente controllato dai membri più potenti del partito. Harding promise tasse più basse, dazi doganali più elevati sui beni di importazione, restrizioni all’immigrazione, e, con opportunistica generosità, aiuti agli agricoltori. Si dichiarò contrario alla Lega delle Nazioni ma auspicò un vago “accordo tra le nazioni per tutelare la pace”. I capi democratici, quasi altrettanto potenti di quelli repubblicani, non volevano un candidato legato all’amministrazione Wilson. Preferirono il governatore James M. Cox dell’Ohio abile ad accaparrarsi voti e contrario al Proibizionismo (che era stato approvato nel gennaio del 1919). A parte il suo sostegno alla Lega delle Nazioni l’amministrazione di Cox non fu degna di menzione e Harding non ebbe difficoltà a vincere le elezioni. Ottenne il 61% di voti popolari (che ora includevano anche quelle delle donne) e conquistò tutti gli stati eccetto quelli del Sud, compreso il Tennessee. Vinse il collegio elettorale 404 contro 127. I repubblicani ottennero il controllo di entrambe le case del Congresso.

Il Presidente Harding dichiarò come prima cosa che gli Stati Uniti non avrebbero avuto nulla a che fare con la Lega delle Nazioni. Al posto del Trattato di Versailles furono negoziati differenti trattati di pace con le potenze centrali sconfitte. Nel 1921 Harding negoziò un trattato (Nine Powers) sul disarmo navale e per la prima volta nella storia le maggiori potenze acconsentirono al disarmo. Ma il trattato non era di certo perfetto e ciò permise al Giappone di fortificare la sua flotta nel Pacifico. Nel 1922 il Congresso approvò il Fordney-McCumber Act che ripristinò tariffe proibitive sui beni di importazione. La Tariff del 1922 e la sua amministrazione colpirono il commercio estero. I prestiti concessi alle nazioni europee durante la guerra avevano reso gli Stati Uniti un paese creditore ma dazi doganali costituivano una barriera per gli stati stranieri che volevano esportare in America. Gli europei non potevano vendere la loro merce in America e quindi non potevano permettersi di acquistare beni americani senza indebitarsi ulteriormente con gli Stati Uniti. Questa situazione non era economicamente favorevole a nessuno dei paesi coinvolti.

Harding cercò di capovolgerne le sorti. L’amministrazione permise che si continuassero ad attaccare i sindacati dei lavoratori e la relativa legislazione. Nel 1922 la Corte Suprema, nel caso Bailey vs. Drexel Furniture Company, dichiarò incostituzionale uno statuto federale che imponeva una tassa proibitiva sui prodotti manufatti da minori. In Hammer vs Dagenhart (1918) la Corte aveva in precedenza stabilito che le leggi federali che controllavano il lavoro minorile costituivano un’intrusione nelle competenze della polizia. Nel 1923 con il caso Adkins vs. Children’s Hospital la Corte Suprema dichiarò anticostituzionale uno statuto del District Columbia che stabiliva un salario minimo per le donne.

Benché non fosse corrotto, Harding era debole e totalmente controllato da altre persone, molte delle quali disoneste. Interessi personali e giri di affari remunerativi avevano dominato il governo federale come mai prima del 1890. Quando gli scandali pubblici travolsero la sua amministrazione Harding non resse alla pressione. Il 2 agosto 1932 morì di trombosi cerebrale.

L’epoca dell’imprenditoria americana

L’affare più importante del paese….poggia su basi solide.

[Il Presidente Herbert Hoover qualche giorno prima del crollo di Wall Street del 1929]12

Il successore di Harding fu il Vice Presidente Calvin Coolidge. Coolidge si rivelò un conservatore estremo, interessato esclusivamente alla direzione economica del paese. La straordinaria prosperità che aveva dominato il paese negli anni ’20 ammantava di credibilità le dottrine dell’imprenditoria e il presidente che le rappresentava. Nel campo degli affari si impose la gestione scientifica. La produzione crebbe enormemente, così come l’efficienza nel lavoro. Nell’era di Coolidge l’impulso verso la riforma si affievolì. Lo spirito dei tempi non vedeva alcun conflitto tra profitti e produttività.

Che fosse per reazione a una guerra mondiale o alla nuova tecnologia, negli anni ’20 la società americana sperimentò uno stato estremo di inquietudine. Le minoranze erano vittime del pregiudizio basato sulla presunta superiorità etnica dei protestanti bianchi della vecchia generazione. Questa credenza si rifletteva nel Ku Klux Klan, un’organizzazione fondata in Georgia nel 1915 sul modello di quella dell’era della Ricostruzione. Il Klan reclutava solo “americani genuini, di razza bianca e gentile” e dava loro un senso di importanza accogliendoli in un gruppo il cui scopo era quello di perseguitare un presunto nemico del paese. La paura del comunismo diffusa in tutto il paese, il Terrore Rosso, spinse il Procuratore A. Mitchell Palmer a perseguire penalmente migliaia di persone, spesso anche in mancanza di prove. Il tristemente famoso processo per omicidio che si tenne in Massachussetts contro Sacco e Vanzetti processati più a causa della loro ideologia anarchica che per altri motivi, minò le fondamenta del sistema giudiziario americano.

La legge sul Proibizionismo del 1919 (che il Cong
resso aveva passato nonostante il veto di Wilson) proibì la vendita di alcolici negli Stati Uniti incrementando così il fenomeno del contrabbando che offrì una nuova e remunerativa fonte di reddito al crimine organizzato. Nelle grandi città gangster come Al Capone accumularono enormi fortune grazie al contrabbando organizzato. Sui loro libri paga vi erano alte cariche della polizia e trasformarono le amministrazioni locali in veicoli della criminalità.

Il partito democratico ebbe difficoltà ad eleggere un candidato per le elezioni del 1924. Il fondamentalismo aveva messo agricoltori e operai gli uni contro gli altri. La religione e il colore della pelle, non più la classe sociale, erano divenuti i fattori discriminanti. Il partito non sapeva chi candidare per guadagnarsi un appoggio. Alla fine il DNC nominò presidente John W. Davis e gli affiancò il fratello minore di Charles Bryan. Uomo colto e famoso avvocato, Davis non era certo un promotore di riforme.

Fu fondato un nuovo partito Progressista, che nominò quale candidato alla presidenza Robert La Follette, ormai settantenne. La candidatura di La Follette attirò frotte di instancabili riformisti. La Follette era appoggiato dalla Federazione Americana del Lavoro e, strano a dirsi, dai socialisti. I repubblicani ignorarono Davis e si lamentarono del presunto radicalismo di La Follette. Non avrebbero comunque dovuto preoccuparsi tanto né spendere tutto il denaro che spesero nella campagna elettorale, in quanto la nazione votò compatta per Coolidge. Il suo programma politico auspicava un’economia rigida, un’ulteriore riduzione delle tasse, il pagamento dei debiti di guerra e un alta tariffa protettiva. Il presidente conquistò 35 stati contro i 12 di Davis e l’unico (il Wisconsin) di La Follette. Coolidge conquistò 382 voti elettorali contro i 149 del suo avversario. I sui voti popolari superavano quelli totalizzati da Davis e da La Follette. Prosperità e 'Silent Call' avevano riportato un vero e proprio trionfo. Durante i quattro anni seguenti, mentre il mondo arrancava, l’America avrebbe goduto di uno sfrenato benessere economico.

Quando il presidente Coolidge annunciò che non si sarebbe ricandidato nel 1928 i repubblicani nominarono Herbert Hoover. Benché non godesse del credito dei politici, Hoover era molto stimato dagli industriali. La sua amministrazione lodava l’operato repubblicano e la tariffa protettiva, sosteneva il Proibizionismo, non diede contributi rilevanti nell’ambito del lavoro e mise in guardia gli agricoltori dai pericoli del “mettere il governo in affari”. Nei suoi discorsi Hoover enfatizzava le virtù dell’individualismo e del “sistema americano” della libera impresa, ove risiedeva la fonte del benessere.

I democratici nominarono Al Smith, il cui operato come governatore di New York si era rivelato altrettanto efficiente di quello di Hoover. Per gestire la sua campagna elettorale egli scelse John J. Raskob, un industriale repubblicano, legato alla DuPont e alla General Motors. La campagna elettorale democratica convinse i conservatori, senza riuscire però a convertirli, e deluse i liberali. Smith, un cattolico, dovette anche affrontare la sfiducia dell’America rurale nei confronti della sua religione, ritenuta causa di possibili interferenze nel suo operato politico. Smith ottenne solo 87 voti elettorali contro i 444 di Hoover e il 41% di voti popolari contro il 58% di Hoover. Cinque stati del sud e tutti gli stati al confine votarono repubblicano. Il Vecchio Partito aveva di nuovo stravinto.

Il risultato non fu però così devastante per i democratici. Erano riusciti a fare breccia nell’ovest del paese, per tradizione agricolo e repubblicano. La questione etnica li aveva favoriti nelle grandi città (Smith ottenne una maggioranza del ballottaggio totale in dodici grandi città del paese) ma li aveva ostacolati al sud. Il risultato delle elezioni sottolineò la necessità che i democratici si affermassero definitivamente come il partito della riforma sociale e allo stesso tempo sostenessero l’impresa. Gli Stati Uniti dell’epoca erano troppo ricchi e troppo potenti per prendere in considerazione cambiamenti e riforme sociali radicali. Da un’intera generazione la depressione non colpiva il paese.

Ma i bei tempi volgevano al termine. Gli americani erano ossessionati dal mercato azionario e spendevano enormi quantità di denaro giocando d’azzardo. Nel 1928 i giornali cominciarono ad interrogarsi con preoccupazione sulla questione. In ottobre l’associazione dei banchieri americani mise in guardia contro i pericolo di questa situazione13. Ma il governo insisteva nel dire che le imprese erano solide e prova ne era il prolungato benessere del paese. Un altro grosso problema era causato dalla crescente tasso di criminalità del paese. Omicidi e rapine a mano armata dilagavano e il crimine organizzato ricorreva a svariati tipi di armi, incluse le mitragliatrici.

Da tempo gli economisti preannunciavano un ritorno della depressione. Già nel 1926 i portavoce dell’industria dell’acciaio e dell’automobile sottolineavano la necessità di potenziare il mercato estero. La ricchezza non era distribuita in modo equo. Solo il 2,3% delle famiglie americane aveva un reddito superiore ai 10.000 dollari mentre il 60% ne riceveva solo 2.000 , la cifra necessaria a “soddisfare le necessità basilari”14. Divenne sempre più difficile trovare il capitale necessario agli investimenti e l’iniqua distribuzione della ricchezza significava un potere di acquisto insufficiente da parte dei consumatori che non riuscivano più a stare al passo con la produttività.

Il 24 ottobre 1929 il presidente Hoover annunciò che le principali imprese degli Stati Uniti erano solide. Ma non era vero. La notte successiva il mercato crollò. Martedì 29 ottobre, il 'Martedì Nero', vide il valore delle azioni americane crollare del 10%. In meno di un mese i titoli ammessi alla quotazione ufficiale alla borsa di New York persero 26 milioni di dollari, più del 40% del loro valore nominale15. Il crollo di Wall Street del 1929 segnò la fine di quel periodo di forsennata speculazione che aveva mantenuto in vita artificialmente un’economia sempre più debole. L’America avrebbe affrontato la depressione più grave di tutta la sua storia.

Note:

1Pg. 173 of A Documentary History of the United States by Richard D. Heffner (New York, 1991)
2Quoted from http://www.loc.gov/rr/hispanic/1898/
3Quoted from http://www.loc.gov/rr/hispanic/1898/twain.html
4Quoted from http://www.whitehouse.gov/history/presidents/tr26.html
5Quoted from http://www.theodoreroosevelt.org/life/quotes.htm
6Quoted from http://www.whitehouse.gov/history/presidents/wt27.html
7Pg. 338 of A History of the American People: From Civil War to World Power by James Adams (London, 1933)
8Pg. 629 of The National Experience: A History of the United States by Blum, McFeely, Morgan, Schlesinger, Stampp and Woodward (Fort Worth, 1993)
9Pg. 337 of A History of the American People: From Civil War to World Power by James Adams (London, 1933)
10Quoted from http://www.lib.byu.edu/~rdh/wwi/1918/14points.html
11 Pg. 251 of A Documentary History of the United States by Richard D. Heffner (New York, 1991)
12Pg. 674 of The National Experience: A History of the United States by Blum, McFeely, Morgan, Schlesinger, Stampp and Woodward (Fort Worth, 1993)
13Pg. 397 of A History of the American People: From Civil War to World Power by James Adams (London, 1933)
14 Pg. 436 of The Contours of American History, by William Appleman Williams (London, 1961)
15Pg. 675 of The National Experience: A History of the United States by Blum, McFeely, Morgan, Schlesinger, Stampp and Woodward (Fort Worth, 1993
)

Bibliography:

A History of the American People: From Civil War to World Power by James Adams (London, 1933)
The Contours of American History by William Appleman Williams (London, 1961)
The National Experience: A History of the United States by Blum, McFeely, Morgan, Schlesinger, Stampp and Woodward (Fort Worth, 1993)

Websites:

White House Website
American Presidents Website
The Spanish-American War Home Page
Theodore Roosevelt Website
Georgetown University


America: Da Colonia a Superpotenza. Parte 1: 1776-1876

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