America: Da colonia a superpotenza. Parte II: 1876-1929

L’età d’Oro

Il prezzo che la società paga per le leggi della competizione, come quello che paga per le comodità e il lusso, è alto ma i vantaggi di queste leggi sono ancora maggiori, perché è ad esse che noi dobbiamo il nostro incredibile sviluppo materiale, il quale porta con se’ una più elevata qualità della vita. Ma che queste leggi siano una buona cosa o meno, di esse dobbiamo parlare….Esse esistono, non possiamo ignorarle; non è ancora stato trovato nulla che le sostituisca; e anche se queste leggi sono, a volte, dure per il singolo individuo sono la cosa migliore per la razza umana perché assicurano la sopravvivenza del migliore in qualsiasi situazione.

[Wealth, Andrew Carnegie, 1889]1

L’Età d’Oro è il nome che fu dato da Mark Twain e da Charles Dudley Warner a quell’epoca della storia americana che va dalla Ricostruzione alla vigilia del XX° secolo. La definizione diede una pessima fama a questo periodo che fu caratterizzato da una sfrenata corruzione ma allo stesso segnò una tappa fondamentale nella nascita dell’America moderna. Fu un periodo di enormi cambiamenti in varie aree, inclusa la politica, gli affari, l’organizzazione dei sindacati, le questioni razziali, la cultura, il ruolo della donna, la tecnologia e la politica estera. Le grandi multinazionali cominciarono a dominare la scena economica. Le nuove tecnologie rivoluzionarono il mercato. Gli Stati Uniti crearono un mercato nazionale collegato dalle ferrovie, grazie alle quali furono potenziate la commercializzazione di massa e le linee per la produzione nazionale. Le severe direttive locali che per lungo tempo avevano dominato la cultura e lo stile di vita cominciarono a dare segni di cedimento.

Durante questo periodo, i Presidenti non avevano grande potere e il mondo della finanza strinse un’alleanza, reciproca e clientelare, con il mondo della politica, dando così vita alla cosidetta 'machine politics'. I capi dei partiti politici locali quali Tweed a New York imbrogliavano senza ritegno e compravano le elezioni, riuscendo anche a trarne profitto. In questo periodo la politica americana si giocava tra due partiti quasi alla pari, i repubblicani e i democratici. La percentuale dei votanti alle elezioni era più alta che mai. Il partito repubblicano contava su un’alleanza tra gli stati del Nord Est e quelli del Midwest, alleanza che era stata consolidata nel 1860 e che aveva combattuto e vinto la guerra civile. Il partito democratico era ancora più legato alla realtà locale di quanto lo fosse quello repubblicano. Le sue roccaforti erano il Sud e gli stati del Nord Est. Il presidente repubblicano Rutheford B. Hayes, cercò di aumentare il potere presidenziale di fronte al Congresso, costringendolo ad accettare le sue nomine per il Gabinetto. Licenziò due senatori di New York coinvolti nel sistema di patrocinio del sistema doganale e, nonostante l’opposizione del Congresso, mise al loro posto due suoi protetti. La determinazione di Hyes ad aumentare il potere e il prestigio dell’incarico presidenziale gli aveva procurato molti nemici ed era impossibile che il partito repubblicano lo sostenesse proponendolo per la rielezione nel 1880.

Alla fine i repubblicani decisero di eleggere il senatore dell’Ohio James A. Garfield, affiancandogli come vice Chester A. Arthur. Garfield condusse personalmente la campagna elettorale, sottolineando la necessità di tariffe e protezionismo. Furono spese enormi somme di denaro [per la propaganda elettorale] nei cosiddetti “swing states” [N.d.T.: letteralmente gli stati in bilico o stati indecisi], mentre l’Indiana era in testa con solo 7.000 voti e New York con 20.000. Prima che Garfield riuscisse ad espletare le sue funzioni di presidente, fu ferito da Charles J. Gireau, un fanatico rimasto deluso perché non aveva ottenuto l’incarico desiderato. Garfield morì undici settimane dopo, il 19 settembre 1880. Gli successe il vice presidente Chester A. Arthur.

Lo shock e lo sdegno provocati dall’assassinio del presidente Garfield spianarono la via ad un clima politico maturo per la riforma. Fu varato il Civil Service Act che incaricò una commissione bipartitica composta da tre membri di vigilare sull’assegnazione delle cariche pubbliche, selezionando i candidati in base al merito e ripartendoli tra gli stati in base alla popolazione. In seguito, il controllo centralizzato esercitato dal presidente avrebbe invertito la tendenza alla decentralizzazione tipica dello 'spoil system' [N.d.T.: per spoil system si intende la pratica di favorire i fautori del partito al potere attribuendo loro cariche politiche e uffici) e del Congresso.

Arthur non ebbe mai l’appoggio del partito necessario ad essere nominato candidato presidenziale repubblicano nel 1884 e l’appoggio si indebolì ulteriormente quando egli perse il controllo del proprio stato nel 1882. I repubblicani nominarono allora James G. Blaine del Maine, il che provocò la defezione di una sezione del partito conosciuta col nome di Yankee Mugwumps (un gruppo di riformisti). Essi accettarono di andarsene se i democratici avessero nominato Grover Cleveland, governatore di New York, cosa che fecero. Cleveland vinse per un pelo e la lunga supremazia repubblicana sulla presidenza ebbe fine. Per la prima volta da ventiquattro anni i democratici erano di nuovo al potere.

L’atteggiamento del presidente Cleveland nei confronti di parecchie questioni spiazzò i suoi elettori, nonostante questi ultimi sapessero che era un conservatore. Nel suo discorso augurale Cleveland aveva promesso di aderire ai “business principles“. Era convinto che il ruolo di presidente dovesse essere sostanzialmente limitato all’applicazione della legge. Ma Cleveland portò avanti la politica di Hayes di rafforzare l’integrità del presidente e di limitare il potere del Congresso su di esso. Ma, nella sua lotta per la riforma tariffaria, Cleveland assunse una posizione ancora più estrema che avrebbe contribuito alla sua mancata rielezione.

La campagna elettorale del 1888 per la rielezione di Cleveland fu boicottata da una leadership inefficace e senza alcuna convinzione. Al contrario, la campagna dei repubblicani poté contare su un leader entusiasta, il senatore Matt Quay, capo di una spietata machine in Pennsylvania [N.d.T.: la machine era un'organizzazione locale, spesso capeggiata da un boss, che suppliva alle carenze dell’amministrazione locale, soddisfacendo le esigenze della comunità la quale, in cambio, garantiva fedeltà e voti]. Quay raccolse e investì enormi fondi nella campagna elettorale. Il candidato presidenziale repubblicano era Benjamin Harrison dell’Indiana, il nipote dell’ex presidente William Henry Harrison. Gli strateghi repubblicani fecero un uso efficace di quei fondi, che utilizzarono per comprare voti e truccare le elezioni in Indiana e a New York. Il partito vincente dimostrò di poter contare su una campagna più valida. Dopo uno scontro serrato, Cleveland ottenne una maggioranza relativa di quasi 100.000 voti popolari, ma Harrison si aggiudicò il voto elettorale 233 a 168.

Nel 1892 i democratici scelsero ancora una volta Cleveland e lo candidarono alla presidenza, contro il repubblicano presidente Harrison. Un terzo partito, i populisti (il cui scopo era unire gli agricoltori e i lavoratori per assicurarsi le riforme), nominarono il Generale James B. Weaver dell’Iowa. Cleveland vinse con 277 voti elettorali contro 145, e con oltre 400.000 voti popolari. Pur non avendo alcuna probabilità di successo, Weaver ottenne ugualmente oltre un milione di voti. Cleveland non ottenne certo una valanga di voti ma la sua fu la vittoria più signifiativa che entrambi i partiti avessero mai ottenuto in v
enti anni. Due mesi dopo l’elezione di Cleveland il mercato crollò, causando la peggior depressione che la nazione avesse mai attraversato. Le cause della depressione erano complesse ma Cleveland si ostinò a dare tutta la colpa allo Sherman Silver Purchase Act (legge che obbligava il governo ad acquistare quasi l’intera produzione mensile delle miniere secondo i tassi imposti dal mercato e non secondo il rapporto predeterminato preferito da agricoltori e minatori), la quale venne revocata. Il rimedio, a parere di Cleveland, era quello di mantenere alti i tassi dell’oro. Questa politica divise il paese come mai era accaduto dai tempi della schiavitù e causò una rivoluzione all’interno del partito democratico che sovvertì il controllo dei conservatori.

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