America: Da colonia a superpotenza. Parte II: 1876-1929

Nel 1896 i repubblicani candidarono alla presidenza William McKinley dell’Ohio. McKinley era un deciso sostenitore del protezionismo. Il partito democratico si era diviso a causa del silver issue e gli stati dell’Ovest e del Sud avevano vinto sui membri del Nord Est. Essi decisero alla fine di nominare William Jennings Bryan del Nebraska. Benché avesse solo 36 anni e fosse poco conosciuto negli stati dell’est, Bryan era già noto come impareggiabile oratore nell’Ovest e nel Sud dove per tre anni aveva condotto una campagna per organizzare la rivolta delle 'silver forces (movimento che si batteva per il libero conio dell’argento a un tasso fisso con l’oro di 16 a 1). I leader dell'argento dei democratici 'in rivolta' tentarono di persuadere anche il partito populista a nominare Bryan come loro candidato. Questa proposta divise profondamente il partito dei Populisti i quali non volevano ne’ dividere le forze riformiste con un programma elettorale separato ne’ rinunciare all’identità del loro partito. Alla fine si dichiararono d’accordo.

La grande adesione popolare a questa campagna suscitò grandi speranze di vittoria, oltre ad ondate di isteria tra i conservatori, i quali finanziarono generosamente la campagna di McKinley. Bryan ottenne 6.492.559 voti, più di quanto avessero mai ottenuto prima i vari candidati vincitori, quasi un milione di voti in più di quelli ottenuti da Cleveland nel 1892, ma non era abbastanza. McKinley vinse con 7.102.246 voti, una maggioranza relativa di 609.687 e un voto elettorale di 271 a 176. Bryan non conquistò nessuno stato a nord del Potomac o a est del Mississippi oltre la congiuntura con l’Ohio, e nemmeno uno stato industrializzato o urbanizzato. Nonostante la diffusa agitazione tra i lavoratori, Bryan non ne ottenne quell’appoggio che avrebbe potuto assicurargli la vittoria. Fu il primo democratico a perdere New York nel 1848. I suoi maggiori sostenitori furono gli stati del Sud e dell’Est. La vittoria di McKinley alle elezioni significò un ritorno del conservartorismo.

L’elezione fu seguita da una breve ripresa dell’economia e tre anni dopo il lungo periodo di depressione ebbe fine. Il cambiamento ebbe poco o nulla a che vedere con il mantenimento dei tassi dell’oro o con la vittoria di McKinley ma risentì piuttosto della situazione dell’economia mondiale.

La svolta nella politica estera americana: dall’isolazionismo all’imperialismo.

La guerra degli Stati Uniti contro la Spagna fu molto breve. Gli esiti furono molteplici, sorprendenti ed ebbero portata mondiale.

[Henry Cabot Lodge]2

Dovrebbe, credo, essere per noi un piacere e un dovere rendere queste persone libere e lasciare che gestiscano le loro questioni interne a modo loro. Sono anti imperialista. Sono contrario a che l’aquila posi i suoi artigli su una qualsiasi altra terra.

[Mark Twain, critico nei confronti del crescente imperialismo americano nel Pacifico]3

Alla fine dell’Età d’Oro gli Stati Uniti si apprestavano a diventare una potenza internazionale. Durante il 19° secolo nel paese aveva prevalso la tendenza all’isolazionismo. Nel 1867 l’America aveva acquistato l’Alaska, ponendo così fine all’espansione territoriale per una generazione. Il decennio che va dal 1870 al 1880 vide l’America concentrarsi esclusivamente su propri affari interni.

Ma l’isolamento era destinato a finire. Vi era ora una nuova generazione, assai lontana dagli orrori della guerra civile. Le missioni protestanti all’estero la incoraggiavano a costruire un impero per la patria. Le grandi potenze europee si spartivano tra di loro l’Africa e l’Asia. L’interesse pubblico cominciò ad incoraggiare una più audace politica estera. James G. Blaine, il segretario di stato del presidente Harris, riportò in auge la vecchia tradizione repubblicana dell’espansionismo. Il Naval Act del 1890 diede il via alla modernizzazione delle flotte. Prima della fine del secolo, gli Stati Uniti avevano la più grande flotta del mondo. La vera svolta nella politica estera americana cominciò nel 1898 con la guerra ispano-americana. Il crescente sciovinismo americano trovò la propria valvola di sfogo a Cuba, dove gli spagnoli avevano represso una rivolta con estrema durezza. Alcuni americani reclamavano giustizia per Cuba, altri volevano assicurarsi terre per gli Stati Uniti. La tensione salì quando nel 1898 una nave da guerra americana, la Maine, fu fatta esplodere nel porto de La Havana, causando la morte di 260 americani. Benché fosse improbabile che gli spagnoli ne fossero i responsabili, la pressione per un intervento a Cuba crebbe. Il presidente McKinley tentò una negoziazione pacifica con la Spagna ma i partiti si divisero sulla questione dell’indipendenza cubana. Scoppiò quindi la guerra ispano-americana che durò solo dieci settimane e si concluse con la vittoria dell’America. Secondo gli accordi, la Spagna rinunciò al controllo di Cuba e cedette Guam, Porto Rico e le Filippine agli Stati Uniti. Una volta sedata dagli americani la rivolta filippina, divenne chiaro che l’espansione territoriale e l’imperialismo erano tornati di prepotenza all’ordine del giorno.

Nonostante una certa resistenza iniziale nei confronti delle imprese oltremare, col tempo esse furono accettate dalla maggioranza degli americani. Il candidato democratico Bryan fece l’errore di basare la campagna elettorale del 1900 sull’opposizione all’imperialismo cosa che non fece la minima presa sull’immaginario collettivo. Finita le depressione, il paese stava lentamente tornando alla prosperità e McKinley fu rieletto.

L’era di Theodore Roosevelt

Parla a bassa voce e porta con te un grosso bastone

[Il presidente Roosevelt riferendosi alla politica estera degli Stati Uniti]4

Esigiamo che il mondo degli affari/della finanza agisca lealmente nei confronti delle persone; in cambio insistiamo sul fatto che se il mondo della finanza si impegna ad agire onestamente gli verrà riservato il medesimo trattamento.

[Roosevelt a difesa delle sue ragioni a favore della regolamentazione del mercato]5

Nel settembre del 1901 McKinley fu il terzo presidente in meno di quaranta anni ad essere assassinato. Gli succedette il suo vice Theodore Roosevelt che, a quarantadue anni, divenne il presidente più giovane della storia americana. Era stato uno degli eroi della guerra ispano-americana, alla quale aveva preso parte con il grado di luogotenente colonnello. Roosevelt era un uomo ambizioso, convinto sostenitore del ruolo del presidente e abile politico che garantiva posizioni ai suoi seguaci per assicurarsi il controllo del partito repubblicano.

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