Una Strage da non dimenticare – La Strage di Bologna, 25 anni dopo.

Come ammesso nella relazione della cosiddetta Commissione Parlamentare sul Terrorismo, “i NAR continuarono […] a costituire una sigla cui poteva far riferimento un’area più vasta, ed i singoli fatti delittuosi di volta in volta videro coinvolti anche militanti di altre formazioni. E’ nuovamente la labilità dei confini che spiega la necessità di prendere, a volte, in considerazione gli stessi episodi criminosi con riferimento a strutture associative diverse, ovvero spiega il perché della parziale sovrapposizione delle contestazioni associative in vicende processuali diverse”. Questo lascia intendere quanto complessa deve essere stata l'opera di chi era responsabile di scoprire la verità e arrivare ai colpevoli. Per dare un quadro più completo dell'atmosfera di quel periodo, si dovrebbe partire dal 1969, che viene all'unanimità indicato come l'anno di inizio della strategia della tensione. Da quell'anno infatti si susseguirono in Italia attentati, rivendicazioni, omicidi, esecuzioni spietate, a mano di gruppi eversivi, più o meno organizzati, che si ispiravano a ideologie di estrema destra o di estrema sinistra.

Ma cosa si intende per depistaggi, e a chi giovarono e, purtroppo, come vedremo, chi ci guadagna tuttora? I depistaggi sono tentativi, spesso riuscitissimi, di volutamente confondere le acque, di deviare le indagini, di sviare sospetti, dirottare accuse, distrarre l'attenzione di chi è vicino alla verità. Un primo tentativo, forse inizialmente involontario, di depistaggio fu l'insistenza con cui ci si riferì in quei primi momenti all'ipotesi accidentale, quella di una bombola malfunzionante. Poi si volle instillare il sospetto che la bomba scoppiò accidentalmente, ovvero che il materiale esplosivo contenuto nella valigia fosse destinato ad altri usi e si trovasse a Bologna solo 'di passaggio'. Nel corso degli anni vennero tirate in ballo le piste francese, palestinese, tedesca, libica, spagnola in un balletto di geografia internazionale, menzogne e false accusazioni da far girar la testa e provocare brividi di terrore e rabbia.

Di reato (perché di questo si tratta, quando le accuse e i falsi sospetti sono volontariamente offerti nel tentativo di coprire i veri colpevoli) di depistaggio sono stati ritenuti colpevoli e condannati (il reato si chiama nelle sentenze ufficiali 'calunnia pluriaggravata') Licio Gelli, Francesco Pazienza, il generale Musumeci e il colonnello Belmonte. Nel 2000 a questi si aggiungono Massimo Carminati (estemista di destra), Federigo Mannucci Benincasa (ex-direttore del SISMI fiorentino) e Ivano Bongiovanni (criminale comune). I primi quattro in particolare sono ritenuti membri della P2 (Propaganda 2, una loggia massonica segreta, di cui facevano parte esponenti del mondo politico, militare, economico, giornalistico, e dei servizi segreti), di cui Licio Gelli era il capo, e a cui Musumeci e Belmonte, alti funzionari del SISMI, erano sicuramente affiliati. Pazienza merita un paragrafo a parte, essendo un personaggio oltremodo misterioso, in stretta collaborazione coi servizi segreti italiani e stranieri, con contatti in ambienti diversissimi, compreso il Vaticano, tanto da meritarsi il 'titolo' di 'faccendiere'. Sarà lui a suggerire la pista dei neonazisti italiani, francesi e tedeschi e ad archittetare, insieme ai funzionari del SISMI, uno dei depistaggi smascherati dai giudici indaganti, quello della valigia piena di armi, esplosivo e documenti fatta ritrovare su di un treno in sosta, sempre alla stazione di Bologna il 13 gennaio 1981. Tre anni più tardi verrà fuori che la valigia era stata sistemata su quel treno da un sottoufficiale dei Carabinieri, con il chiaro scopo di confondere le piste e sviare le indagini.

Il segreto (e i segreti) di Stato: i mandanti e il significato di tutta questa morte e distruzione.

Ciò che ha contribuito a bloccare le inchieste è stato anche il cosiddetto segreto di Stato: una legge che obbliga i pub
blici ufficiali, i pubblici impiegati e gli incaricati del servizio pubblico (quindi per esempio: i servizi segreti, le alte cariche dello Stato, i comandanti delle forze armate, i funzionari dei vari ministeri), a mantenere confidenziali decisioni, ordini, direttive che hanno a che fare per esempio con la sicurezza della nazione. Quindi si può a ragione affermare che per la strage del 2 agosto 1980 ci siano state delle sentenze e che gli esecutori materiali (almeno quelli che sono stati individuati come tali) e alcune delle persone coinvolte nei depistaggi siano stati condannati. Rimane invece un mistero il significato politico della bomba: 'semplicemente' una bomba di destra contro una città di sinistra? Un attentato che fa parte di questa strategia della tensione che aveva lo scopo di giustificare un irrigidimento dello Stato? Una strage fascista quindi o una strage di Stato? O era veramente parte di un piano internazionale?

Mancano anche altri tasselli importanti per una visione completa e priva di dubbi: perché l'accanimento così preciso e puntuale dei vari depistaggi? Il SISMI, la P2 volevano proteggere solo se stessi, o anche chi stava sopra di loro? Chi è stato il vero regista di questo massacro? Segreto di Stato o omertà di Stato?

Non sono certo la prima a porsi queste domande. Prima di me ci sono i feriti e i parenti delle vittime di Bologna e di tutte le altre stragi precedenti: Piazza Fontana, Peteano, la Questura di Milano, il treno dell'Italicus e di quelle successive che arrivano fino ai primi anni '90. Poi tutti quegli esponenti dei servizi investigativi e della magistratura che fanno onestamente il loro mestiere. Tutti i cittadini italiani hanno il diritto di sapere la verità e il dovere di non lasciar perdere. Anche Fioravanti e la Mambro, se è vero, come continuano così tenacemente a ripetere, che non sono colpevoli, hanno il diritto di sapere la verità (anche se qui non è chiaro perché non abbiano richiesto una revisione del processo). Nel loro caso specifico, forse aiuterebbe se cominciassero a raccontare loro gli intrighi che c'erano dietro i Nar e le varie associazioni di destra negli anni settanta… O è forse un caso di 'non svegliare il can che dorme'?

In ogni caso, in Italia ci deve essere qualcuno che sa – molto – e che non parla.

Il senatore a vita Francesco Cossiga ha annunciato in occasione del suo settantasettesimo compleanno che il 1 gennaio 2006 smetterà di parlare, sparlare e picconare in nome della politica. Augurandogli lunga vita e tanta fortuna in qualsiasi attività con cui egli scelga di impiegare tempo ed energie (giardinaggio, filatelia, volontariato di varia natura, poker, lavoro all'uncinetto), ci auguriamo che prima di onorare la sua promessa, in questi cinque mesi che lo separano da questa scadenza autoimposta, si decida a rivelare quel di cui, come Presidente del Consiglio dei Ministri nei suoi due governi a cavallo del '79-'80 e Presidente della Repubblica dal 1985 al 1992, deve necessariamente essere a conoscenza. Per sua ammissione, Fioravanti e Mambro non sono i veri colpevoli, lasciandoci supporre di sapere chi lo fu. E così come lui, c'è tutta una classe politica che ha governato nel bene e nel male l'Italia per decenni che deve indubbiamente avere tante e fondate informazioni sul perché e per come di queste strategie, di queste morti, di questa continua ingiustizia.

Oggi: non basta la retorica, nè le accuse ai politici e politicanti.

“Più della metà degli studenti bolognesi non sa chi furono gli autori della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980. Secondo una ricerca condotta dall’Associazione familiari delle vittime di Bologna, dal Cedost, dal Censis e dal Landis, nel capoluogo emiliano solo il 22% degli studenti delle superiori indica nei terroristi neri gli autori della strage. Il 34% non sa rispondere e il 21,7% indica addirittura le Brigate Rosse. Per il 72% degli intervistati la famiglia è la prima fonte di informazione” [Corriere della Sera, 08 luglio 2005]. Agghiacciante.

Martedì andremo in piazza, sotto il sole impietoso di Bologna, a ricordare le 85 vittime e i tanti feriti di quel giorno di venticinque anni fà. I discorsi del Presidente dell'Associazione fra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, Torquato Secci prima, Paolo Bolognesi oggi, si sono fatti negli anni sempre più lunghi, da quel lontano 1981 quando Secci inaugurò questa triste ricorrenza, ma il contenuto rimane costante: per non dimenticare, perché non è giusto che le vittime e i feriti ricevano in cambio delle loro sofferenze solo il silenzio, perché cerchiamo la verità, vogliamo la giustizia.

Dove porterà tutto il lavoro, l'energia e la dignità instancabili che Secci, Bolognesi e gli altri membri dell'Associazione hanno impiegato per arrivare almeno alle sentenze emesse finora? Non è ora, dice qualcuno, di metterci una bella pietra sopra e di lasciare andare i fantasmi una volta per tutte? “Una società che non fa i conti fino in fondo col proprio passato è condannata a riviverlo”, dice Paolo Bolognesi nel discorso del 2002. Suona quasi profetico nell'atmosfera di questi giorni, dopo gli attentati di Londra e in Egitto, e le reiterate minacce all'Italia. La gente comune si chiede, alcuni sì retoricamente, 'ma io cosa posso fare? Queste sono cose più grandi di me, io non ho il potere di cambiarle'. Forse un modo c'è. I politici, chi fa le leggi, chi governa il Paese, devono render conto di quello che fanno o non fanno per i cittadini. E solo i cittadini possono far rispettare questo dovere. “Si continuano ad utilizzare, in punti nevralgici dello Stato, uomini compromessi. Uomini che hanno un doppio giuramento allo Stato e alla massoneria, come possono essere fedeli servitori dello Stato?”, si chiedeva Paolo Bolognesi nel discorso del 1998. Sono queste le domande pratiche che tutti noi dobbiamo farci.

Three Monkeys Online in occasione delle iniziative per la ricorrenza del 2 agosto ha intervistato Paolo Bolognesi, intervista che vi proponiamo, in forma integrale, su questa stessa edizione.


Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980

Cedost

Antologia per una strage

Processi

Strage di Bologna, di Gianluca Semprini

Segreto di Stato

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