Un Amore Veneziano – A colloquio con Andrea Di Robilant.

Questo vivido ritratto di Venezia ha suscitato in me un grande interesse . È pur vero che all'inizio mi sono avvicinato al libro con trepidazione e una vaga indifferenza, presumendo che una storia d'amore del 18º secolo non avesse molto da dire. Tuttavia sono rimasto ben presto rapito dal quadro offerto della società veneziana, a volte lungi dall'essere lusinghiero. Di Robilant descrive il fiorire di un amore proibito tra Andrea e Giustiniana e il complotto ordito dagli amanti per continuare la loro relazione. La consuetudine voleva che, in quanto nubile, Giustiniana avesse tutti gli occhi puntati su di lei (in fattispecie quelli sempre vigili di sua madre), il che rendeva impossibile una tresca amorosa. La migliore soluzione al dilemma, tramata dagli amanti, è quella di far accasare Giustiniana con un un anziano vedovo in modo da conquistare quell'indipendenza necessaria a mantenere una relazione amorosa. Azioni queste quantomeno di dubbia moralità. Di Robilant conserva uno stile imparziale nel contesto del racconto, preferisce non giudicare, ma a livello colloquiale assume la difesa dei suoi protagonisti: “Sento una grande simpatia per loro. Stavano cercando di fare del loro meglio in considerazione delle circostanze. In qualsiasi maniera abbiano agito e tutto ciò che a noi possa apparire moralmente discutibile, lo hanno fatto per amore. Per questo certamente non ho voluto giudicarli. Chiunque, nei panni di Andrea, doveva essere realista per trovare una soluzione pratica al problema. Lui era il figlio di una delle più prestigiose famiglie di Venezia e se si fosse sposato di nascosto o intrapreso una fuga d'amore sarebbero stati guai per entrambi. Gustiniana questo l'ha capito, ed ecco perchè alla fine è divenuta sua complice nel complotto. È vero che la seduzione di un vecchio come il Console Smith, e più tardi quella del vedovo francese, La Pouplinière, può sembrare un mezzo estremamente rozzo e cinico per affrontare il problema, ma io lo considero piuttosto come il tentativo di due persone profondamente radicate nel loro secolo di venire a patti con i costumi vigenti dell'epoca. Peraltro vorrei sottolineare che avendo fallito nel conseguimento dei loro propositi, hanno di fatto tentato come meglio potevano di arrivare al matrimonio”.

La dinamica delle forze in gioco nel libro e all'interno del connubio amoroso è alquanto singolare. All'inizio è Andrea ad apparire come l'amante di maggior esperienza, che suggerisce a Giustiniana come deve comportarsi, ed è sempre lui l'artefice del complotto atto a combinare il matrimonio di convenienza di Giustiniana . Al fallire di questi propositi, Andrea si impegna come può per portare a compimento il suo matrimonio, che è destinato a fallire a cagione dell'intrasigente struttura della società. “Andrea dedica un incredibile quantità di tempo ed ingenuità nel tentare di convincere la sua famiglia e le autorità a concedere agli amanti il permesso di sposarsi. Nel fare ciò è stato straordinariamente audace e coraggioso, e merita il mio plauso. Occorre tenere a mente che un uomo come Andrea era figlio del suo tempo. Non si può pretendere che si comportasse in modo da mettere a proprio agio il lettore. Era al contempo molto diverso dai suoi contemporanei; provo molta simpatia e rispetto per lui”.

Ma è Giustiniana che grazie alle descrizioni del Nostro assurge a vera protagonista del romanzo. Pur difendendo il comportamento di Andrea, è facile capire che è lei il personaggio di cui l'autore si è invaghito durante la sua ricerca. ”Provo una grande ammirazione per Giustiniana: era una ragazza straordinaria, intelligente, creativa, dotata di una prodigiosa forza d'animo che trapela dalla sua corrispondenza. Sarebbe stato davvero bello conoscerla! La sua per
sona prende il sopravvento nella narrazione in quanto è lei a colmare il divario tra i secoli. A metà tra passato e futuro, è una creatura dell'Illuminismo ma è anche una pre-romantica; per questo giudica Venezia angusta e soffocante e alla fine decide di tornare in Inghilterra. Una lettera scritta da Giustiniana al suo ritorno a Padova dall'Inghilterra, contiene una frase densa di significati in cui rivolgendosi ad Andrea gli spiega “Sei tu che devi vivere a Venezia, non io ”. Questo è il nocciolo della questione. Andrea era profondamente calato nella tradizione di Venezia, la sua vita era per riflesso quella della sua famiglia, che a sua volta si identificava con quella di Venezia . Sapeva che non sarebbe stato in grado di svincolarsi da questi legami, che il suo destino era identico a quello della città in cui viveva e che per Giustiniana invece non era la stessa cosa. Erano entrambi ben consapevoli di ciò. Hanno compreso in definitiva che le loro differenze avrebbero costituito un ostacolo troppo difficile da superare. Lei non voleva rimanere soffocata. Il destino di Venezia non era il suo. Voleva costruirsi una vita propria e liberarsi dalle catene della storia e della tradizione di Venezia.

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