Supersize. Il potere senza responsabilità dei fast food.

Tutto ciò, naturalmente, non sorprende più di tanto, dato il tenore di un discorso supplichevole rivolto in marzo [2004] dal ministro della Cultura Tessa Jowell all'industria britannica della pubblicità. Con l'assicurazione di “star lavorando al problema”, il ministro ha rifiutato un bando sulla pubblicità di , propugnando invece una direttiva autoregolatoria sulla moderazione. Tirando fuori ancora una volta lo slogan ormai onnipresente del partito, cioè “buon senso e responsabilità personale” (che sta diventanto il mantra di politici e difensori del fast food su entrambe le sponde dell'Oceano), la Jowell ha invitato i pubblicitari a “mantenere in buona salute il vostro settore e i consumatori. Usate ogni arma del vostro arsenale, ogni muscolo creativo. Tutto con moderazione – questo è il messaggio. Buona fortuna e fatene uno slogan.” Buona fortuna e fatene lo slogan, come no. E' difficile sapere fino a che punto una multinazionale come la McDonald's, che incoraggia i bambini a mangiare per beneficienza nella Giornata Mondiale del Bambino, arrivi a capire un concetto come la moderazione. O forse alludeva al tipo di moderazione promozionale che vede gente come Cadbury's abbinare gli acquisti della cioccolata alla fornitura di equipaggiamento sportivo alle scuole (Ragazzi, imitate i vostri eroi dello sport riempiendovi di cibo che vi renderà grassi e scontenti!)

Sempre meno necessaria appare quella strategia di “dark marketing” della McDonald's che prevede di diversificare la produzione con l'introduzione di libri, giocattoli e una linea di abbigliamento “McKids” come un modo di aggirare eventuali future restrizioni sulla pubblicità. A parte le proteste preoccupate dei politici, sembra più che altro una questione, la solita, di business. Il fatto che l'assenza di un sistema classificatorio per il cibo, come sostenuto dalla Ofcom, renda impraticabile il bando, va contro le conclusioni di un rapporto (“La pubblicità del cibo influenza i bambini?”), pubblicato l'anno scorso dalla britannica FSA (Food Standards Agency), secondo il quale la pubblicità ne condiziona effettivamente le preferenze, abitudini di acquisto e consumo alimentare. Inoltre, “questi effetti sono evidenti non soltanto per marchi diversi ma anche per diversi tipi di cibo”, afferma il professore Gerard Hastings, autore del rapporto. Commentando la mancanza di coraggio della FSA nel proporre l'esplorazione di accordi volontari con l'industria della pubblicità alimentare prima di proporre nuove leggi, il professor Philip James del Coronary Prevention Group e a capo del IOTF ha affermato che “abbiamo bisogno di azioni ancora più decise verso il marketing per i bambini e non opzioni morbide come quelle appena proposte dalla FSA. I politici devono capire che una regolamentazione sarebbe necessaria, e che questa mossa sarebbe popolare. E' una delle massime priorità per la maggioranza dei genitori in tutti i paesi in cui lavoriamo. La questione allora è se i governi, le autorità locali e le scuole debbano lavorare per il pubblico o per interessi commerciali.”

“La questione non riguarda dei ristoranti o cibi specifici, ma ha a che vedere con la responsabilità personale e le decisioni individuali” ha affermato un portavoce della McDonald's commentando il via libera della Camera dei Rappresentanti al Cheeseburger Bill. Ma dov'è la scelta personale per bambini come i giovani lettori del National Geographic Kids's Magazine che ha messo le sue pagine a disposizione di cornflakes ipercalorici, M&Ms, dolcetti e pasticcini? Dov'è la scelta per i bambini che nella medesima rivista leggono che “alcuni ristoranti McDonald's offrono gli Happy Meal con frutta invece che con patatine. La frutta sarà più salutare per i bambini, ma li farà felici?” Dov'è la scelta per i bimbi che hanno letto il numero di maggio [2004], in vendita avvolto attorno ad una pubblicità di “Arby's Adventure Meals” che assomigliava alla copertina della rivista. “Ogni pasto è ricco di sapere e le mamme si fidano” diceva lo slogan – pasti come bastoncini di pollo e patatine fritte. Secondo il Publishers Information Bureau, le pagine pubblicitarie sul National Geographic Kids sono cresciute del 7,5% nel periodo gennaio-giugno [2004] (con tariffe che vanno dai 31.825 a quasi 169mila dollari).

In risposta alle critiche del Center for Science in the Public Interest, il direttore del National Geographic Kids, Rainer Jenss, ha sottolineato che la rivista dipende dagli introiti della pubblicità per poter svolgere la sua missione educativa. “Se ci aiuta a soddisfare la nostra missione di portare l'informazione ai più giovani in maniera rispettosa e in linea con le indicazioni pubblicitarie ed editoriali, noi continueremo a farlo” ha detto, senza spiegare come sia possibile mettere nella stessa frase gli Arby's Adventure Meals e la parola 'missione'. Recentemente nel Regno Unito la rinomata agenzia pubblicitaria Abbott Mead Vickers-BBDO è stata costretta ad un'imbarazzante pubblica ammenda dall'Health Select Commitee in merito ad una nota privata per Walkers Crisps che incoraggiava i bambini a credere che “i Wotsits [N.d.T.: patatine in sacchetto] sono fatti per me. Romperò le scatole alla mamma la prossima volta che va a far la spesa.”

I giganti del fast food staranno pure perdendo la battaglia grazie alla pubblicità generata dagli Schlosser e Spurlock di questo mondo, ma la complicità dei governi continua ad aiutarli a vincere la guerra. “Chi tira fuori i soldi ha diritto di scegliere,” dicono. Bella scelta.

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