Sfatare il mito: cosa si cela dietro il traffico d'organi. Intervista con la professoressa Nancy Scheper-Hughes

Per quanto possa essere sconcertante e complicato rimuovere organi e tessuti da cadaveri, senza previo consenso, Organs Watch ha anche scoperto una rete di compravendita di organi dove le persone vendono da vive i propri reni, parti di fegato e occhi: “A Manila c’erano uomini che mi chiedevano se volevo comprare un occhio, una gamba, qualsiasi cosa possedessero a coppia! Uno degli annunci che mi hanno colpito di più”, continua Scheper-Hughes con il tono di chi ha le ha viste tutte, “lo vidi a Recife, in Brasile. Era di uomo di 37 anni, disoccupato, sposato e padre di due figli: 'Vendo qualsiasi organo che possiedo a coppia e la cui asportazione non causi il mio immediato decesso'”. La povertà ha spesso spinto ad adottare misure estreme ma i progressi della medicina aprono nuovi scenari e anche il tipo di rischio cambia. “Il concetto secondo cui il corpo di un individuo è qualcosa di indivisibile sta cedendo il passo a quello per cui il corpo è invece visto come qualcosa di divisibile, da cui si può staccare un pezzo alla volta. Le persone vendono da sempre parti del loro corpo (capelli, denti), si può quindi dire che non c’è nulla di nuovo, anche se naturalmente oggi la tecnologia è più avanzata. All’interno del corpo come fosse un taglio di capelli”. È una forma di sfruttamento molto diffusa e può colpire intere comunità: “Nelle Filippine ci sono bassifondi d
ove gli abitanti, intere famiglie si sono specializzati nel vendere parti del loro corpo”, dice con tristezza. “Puoi iniziare col padre, poi col figlio maggiore per finire con la moglie e, in un batter d’occhio, l’intera famiglia ha venduto un rene. Ma la cosa tragica di tutto questo è che, venduto il rene, vogliono vendere qualcos’altro perché i soldi guadagnati (a Manila chiedono al massimo circa 2000 dollari) spariscono in fretta”.

Naturalmente questo sistema non si limita a coinvolgere compratore e venditore. Recentemente si è affermata la figura del 'broker', una sorta di uomo d’affari internazionale, spesso legato al crimine organizzato, che lavora a stretto contatto con i 'cacciatori di reni' locali. Essi sono, ci spiega Scheper-Hughes, “persone molto povere, che di solito hanno già venduto un loro rene. Vanno nelle favelas, nei bassifondi del centro e sollevando la maglietta dicono: “Guarda, io sono sopravvissuto e ho anche guadagnato 10.000 dollari. Puoi farlo anche tu”. Naturalmente mentono ai potenziali 'pazienti' dicendo loro che possono guadagnare più soldi di quanto possano immaginare, senza informarli sui rischi dell’operazione”. In molti casi la tentazione del denaro non è abbastanza per convincere una persona a separarsi da una parte del suo corpo. Spesso si ricorre all’inganno e alla violenza. “A volte, come accade in certi villaggi della Moldavia, a queste persone viene promesso un lavoro come imbianchino, autista o operaio edile in Turchia e una volta là finiscono nelle mani di un 'broker' che li informa che il loro lavoro consiste nel vendere un rene, se vogliono tornare a casa vivi, in Moldavia. In questi casi”, sottolinea Scheper-Hughes, “esiste una vera a propria mafia che, con coltelli e pistole, costringe queste persone a sdraiarsi sulla tavola operatoria. Ciò viene fatto in vari modi, che vanno dalla seduzione al vero e proprio traffico di esseri umani.”

La realtà è che nel mondo c’è carenza di organi e questo implica l’esistenza di un universo torbido dove la legge della domanda e dell’offerta si mescola a concetti equivoci di integrità fisica, alla criminalità e allo sfruttamento. È tutt’altro che semplice, ci spiega Scheper-Hughes: “Non si può fare di tutta un’erba un fascio e definirlo traffico di organi. In certi casi avviene consensualmente, anche se è contro la legge di praticamente tutti i Paesi; gli esseri viventi non possono vendersi un rene o un pezzo di fegato”. Ironicamente, le leggi del mercato vanno a braccetto coi pregiudizi della gente, ossia reni diversi hanno costi diversi. Un broker israeliano aveva offerto a una sua cliente la scelta tra reni di provenienza brasiliana e israeliana. Il venditore brasiliano riceveva 2.000 dollari, quello israeliano 20.000. Più paghi, più scelta hai …E chi compra? Come si giustifica l’acquisto di un rene? “Ho parlato più con chi vende gli organi, perché sono loro quelli che soffrono, ma i pochi acquirenti con cui ho avuto contatti sono stati alquanto franchi. Con loro, tutto si riduce al fatto che tu non sei malato. 'Non puoi giudicare quello che faccio. Non sei malato, quindi non puoi giudicare le mie azioni'”. Questo è vero, ma dal punto di vista legale è giusto pretendere delle risposte a certe domande. Soprattutto quando si sa che in molti casi il trapianto non è questione di vita o di morte per chi compra. “Molti di questi pazienti”, ci spiega la professoressa Scheper-Hughes, “sono abbastanza ricchi da permettersi di aspettare in lista d’attesa, o da permettersi una dialisi, che non è né estetico né piacevole, non è certo qualcosa che uno farebbe se avesse altra scelta, ma è pur sempre un palliativo in attesa che si renda disponibile un organo. Oppure potrebbero chiedere ad un parente. Molte persone però preferiscono comprare un organo da un estraneo piuttosto che chiedere ad un loro caro di sottoporsi ad un trapianto”. Questo pone questioni etiche rilevanti: “Temo per le bio politiche, per il fatto che le persone non accettino l’idea di aspettare in lista di attesa che arrivi un organo, che non accettano l’idea di chiederlo a parenti o amici, mentre non si fanno scrupoli a comprarlo da un estraneo. È molto più facile e non sei costretto a rivederlo dopo il trapianto”. Ma la professoressa Scheper-Hughes non giudica, come ci si potrebbe aspettare da un punto di vista antropologico, e ha incontrato e parlato con tutte le persone coinvolte in questo giro illegale. “Chi è malato è disposto a fare qualsiasi cosa per ottenere quella vita a cui pensa di avere diritto e io posso capirlo. Ma ciò che mi preoccupa è l’etica che sta dietro a tutto questo. Chi compra rifiuta categoricamente l’idea di un organo proveniente da un morto, pensa che non sia sano e che vivrebbe meglio con l’organo di una persona viva”. Spesso l’inganno è perpetrato non solo nei confronti di chi vende ma anche di chi compra: “viene loro detto che chi vende è in buona salute”, mentre i più non hanno i requisiti che lo renderebbero idoneo, in ambito legale, alla donazione di organi. Spesso finiscono per soffrire di patologie renali che sopravvengono al trapianto. Chi compra viene ingannato anche riguardo alle somme di denaro che passano di mano in mano, viene fatto loro credere che chi vende il rene riceve 10.000 dollari mentre in realtà ne riceve a malapena 2.000. Quando il broker contatta potenziali acquirenti, significa che i più deboli sono destinati a rimetterci: “I pazienti in dialisi vengono contattati dai broker. Essi sono per così dire la controparte dei 'cacciatori di reni', alla costante ricerca di pazienti interessati all’acquisto. 'Lascia perdere la dialisi, non aspettare l’organo di un morto, vieni con noi e ti procureremo un organo fresco'”.

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