Quo vadis, Salvatores?

“Io ero veramente stufo dopo 12 film” confida il vincitore del Premio Oscar Gabriele Salvatores, “che alla fine dei dibattiti si alzasse puntualmente una ragazza che dicesse 'Scusi, ho una domanda: perché non fà un film con una donna?'.” Il suo commento è sia scherzoso che serio al tempo stesso. Meglio conosciuto all'estero per il suo film Mediterraneo, i suoi film finora hanno mostrato soprattutto personaggi maschili. Dall'allegra compagnia di Mediterraneo, ai bambini attori protagonisti del suo ultimo film Io non ho paura, le donne sono state, in un certo senso, lasciate al di fuori.

Il fatto che avesse, fino al suo nono film, evitato di porre storie di donne al centro delle sue regie, aveva a che fare più con una certa consapevolezza delle proprie limitazioni che con una dose di sciovinismo strisciante. Per qualcuno che ha esplorato attraverso i suoi film i legami di amicizia e i cliché degli uomini, Salvatores era ben consapevole delle difficoltà per un uomo di raccontare una storia femminile: “Siccome il cinema per molti versi è ancora maschile – se vedete il numero delle registe e sceneggiatrici rispetto ai registi e sceneggiatori è decisamente inferiore – certe volte gli uomini, anche in buona fede, assolutamente, è capitato ovviamente anche a me, tentano di riprodurre un modello che hanno in testa, anche il più aperto possibile, il più democratico, ma alla fine sono le donne che devono parlare delle donne.”

Quo Vadis, Baby?, un romanzo noir della bolognese Grazia Verasani, si materializzò sulla scrivania di Salvatores quando lui e il produttore Maurizio Totti stavano lanciando una nuova casa editrice, la Colorado Noir. “Quando ho trovato questo libro, tra i primi letti per scegliere quale pubblicare, io ho capito che forse avrei trovato la storia per poter fare il primo film con una protagonista femminile”, spiega, “E l'ho potuto fare grazie proprio al fatto che fosse stata una donna [la Verasani, appunto] a creare questo personaggio”.

Il prodotto finito (evidentemente, accettò la sfida) è un thriller meditativo ambientato a Bologna, una città di portici oscuri che hanno ispirato migliaia di romanzi noir, tanto che scrittori tipo Carlo Lucarelli, autore di almost blue, hanno fatto coniato il termine 'scuola bolognese' di noir.

Racconta la storia di Giorgia, una donna sui quarant'anni, che ancora cerca di venire a patti con il suicidio della sorella, avvenuto 15 anni prima. All'inizio del film [Giorgia] riceve delle videocassette, che si rivelano essere una specie di video-diario registrato da Ada, la sorella defunta.

Allora, che tipo di personaggio è Giorgia, la prima protagonista femminile di Salvatores? Non sorprenderà il fatto che non sia una eroina cinematografica di tipo convenzionale. “Giorgia è una donna, diciamo, molto atipica nel panorama cinematografico. E' una donna che esce dagli stereotipi maschili”, dice il regista. “Vive sola, senza figli, politicamente molto scorretta, beve, va in giro da sola, sceglie lei i suoi uomini. La Verasani dice non cinica, ma a volte scostante, non cinica, ma a volte arrabbiata, e poi all'improvviso tenerissima”. Fà una pausa, poi continua: “C'è nella mitologia indiana una delle donne principali è Parvati, la moglie di Shiva. E' la moglie perfetta, tira su dei figli, canta, balla, cucina, fà bene l'amore – vorrei conoscerla,” scherza, “ma Parvati non è solamente questo. Quando si arrabbia si trasforma in un altro dio femmina, che si chiama Kali, che è esattamente l'opposto, è una distruttrice, tutta nera, con la lingua lunga che lecca il sangue delle sue vittime, una collana di teschi al collo, cioè proprio l'aspetto completamente contrario. Io credo che nel femminile convivano queste due cose, e che il maschile probabilmente dovrebbe smetterla di controllarle e invece imparare da uomo di proteggere la fantasia, libertà di queste donne”.

Per interpretare Giorgia, Salvatores ha scelto Angela Baraldi, cantante bolognese, al posto di un'attrice di professione. Una scelta un po' controversa, specialmente fra le attrici italiane, un po' una mancanza di riguardo verso le loro capacità. Ma è una scelta che Salvatores difende, pur restando sensibile alle critiche delle attrici snobbate: “spero proprio che le attrici italiane non si arrabbino, perché cercavo una donna e non un'attrice per interpretare questo ruolo. Ci sono,” continua, “in Italia degli attori e delle attrici molto bravi, credo soprattuto in una nuova generazione di attori tra i venti e i trent'anni molto interessanti. La protagonista qui ha quarant'anni, e quindi dovevo cercare in quella fasci lì e il problema era che si doveva pensare di trovare una persona che non avesse troppa tecnica recitativa, e che quindi sarebbe stata costretta a mettere in gioco sé stessa in qualche modo, la propria maniera di muoversi, … Chiedere ad un'attrice di fare un personaggio significa chiederle di entrare in un personaggio e quindi in qualche modo di fingere delle cose. Invece mi trovavo a conoscere Angela [Baraldi], la conosco dal '88 […] è stata la prima persona 'reale' che mi è venuta in mente quando ho letto il romanzo di Grazia [Verasani] e mi sono detto 'mi ricorda un pochino di lei, e allora perché non farlo fare a lei?'”

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