LA MEMORIA DELLA SHOAH: PARLARE O TACERE?

Anche il neonato stato di Israele (fondato nel maggio 1948) tutto rivolto al futuro, sostenitore di un “ebreo nuovo”, non ha orecchie disposte ad ascoltare.

Che non cominciassero a raccontarci quello che gli avevano fatto, perché quello che gli avevano fatto non faceva onore né a noi né a loro.

La Shoah e il suo racconto sono fonte di imbarazzo per la giovane società israeliana. Gli ebrei europei sono l'emblema di un popolo rassegnato che accetta di essere condotto come pecore al macello, inadatto a combattere per un ideale, succube della mentalità dell'esilio, nel quale Israele non vuole riconoscersi. Mentre per i profughi arrivati in massa dall'Europa (nel 1950 1 israeliano su 3 è un sopravvissuto) raccontare è un obbligo morale e storico, un debito verso “i sommersi”, un modo per condividere un fardello insostenibile, Israele non ha voglia di ascoltarli. A dimostrazione di ciò basti pensare che lo Yad Vashem, il mausoleo in onore delle vittime del genocidio, progettato già nel 1942 viene realizzato solo nel 1953.

Il processo ad Adolf Eichmann, celebrato a Gerusalemme nell'aprile 1961, segna un punto di svolta e una tappa importante per l'emergere della memoria della Shoah. Con questo processo, che si prefigge il compito primario di impartire una lezione di storia, la memoria del genocidio diventa elemento costitutivo dell'identità ebraica e rivendica un'attenzione troppo a lungo negata. Israele stesso volta pagina e fa della Shoah uno dei miti fondanti della nazione.

Hauser, rappresentante dell'accusa, basa tutto il processo sulle testimonianze, contrariamente a quanto era avvenuto a Norimberga dove lo scritto trionfò sull'orale. Per la prima volta i sopravvissuti hanno la sensazione di essere realmente ascoltati. Come evidenzia Annette Wievirka , il processo Eichmann inaugura quella che viene identificata come “l'era del testimone”. Questo processo ha liberato la parola dei testimoni creando una domanda sociale di testimonianza. Il sopravvissuto acquista ora un'identità sociale in quanto tale, che vale al di fuori di un ristretto ambito associativo fra persone che hanno vissuto la stessa esperienza, e che gli
viene riconosciuta dall'intera società.

Banalmente il passare del tempo e il cambiamento del contesto politico e sociale generale, portano ad una sempre maggiore sensibilizzazione e ad un più spiccato interesse verso il mondo ebraico e la sua tragedia. Alla fine degli anni Settanta la scia di emozioni e le accese polemiche suscitate nell'opinione pubblica mondiale dalla trasmissione del serial televisivo Holocaust (seguito nella sola America da 120 milioni di persone), fungono da nuovo impulso: la sua messa in onda genera infatti, così come era già accaduto con il processo Eichmann, un ardente desiderio di raccontare. Il sopravvissuto ora è una figura rispettabile e rispettata proprio in quanto tale e il racconto della sua esperienza è considerato un lascito di cui beneficiare.

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