Il Natale rinato. La creazione di un natale consumistico. Intervista con il professor Steven Nissenbaum.

Quando il Natale è alle porte le decorazioni raccolte nel corso degli anni escono dal solaio per trasformare la nostra casa in un altare natalizio. Vecchi cantori di Natale dividono la mensola del caminetto con nuove corone di agrifoglio. La tavola diventa un paese delle meraviglie invernale colma di Babbi Natali di ogni nazionalità, dimensione e forma. Mescolate a creature dal cappello rosso, anche pecore, renne e abeti in miniatura. Un anno mio figlio decise di mettere il nostro piccolo presepe al centro di questo quadro, con un bel Babbo Natale, tutto velluto rosso e barba bianca, strategicamente posizionato accanto alla culla del Bambino Gesù. Ho avuto qualche difficoltà a spiegargli il motivo per cui andavano separati.

Il mese di Dicembre ha sempre avuto un significato speciale per chi vive inverni lunghi e bui. Considerata ancora la festa più importante dell’anno, nei paesi nordici, il Natale ha molteplici significati, anche nascosti, e l’uomo si circonda di artefatti e tradizioni che confondono spesso leggenda e realtà, riti antichi e mito moderno.

Stephen Nissenbaum, professore di storia all’università del Massachussets, è il maggior conoscitore di questi miti. Ha scritto un libro affascinante sulla nascita del Natale moderno. A suo parere, la tradizione è solo un sogno dei giorni nostri.

“Il mio studio riguarda il modo in cui questa festività è stata reinventata. Cose di cui le persone si lamentano, i presunti mali del Natale moderno come gli eccessi nel mangiare e nel bere, costituiscono in realtà le sue più genuine tradizioni. Il Natale dedicato ai bambini e alla famiglia è un uno sviluppo recente”.

Per migliaia di anni, baldorie ed eccessi sono stati l’espressione popolare del festeggiamento, osteggiata prima dalla Chiesa e poi dall’emergente classe media.

“La storia del Natale è anche la storia dei conflitti religiosi e di classe. Gli interessi e il profitto hanno sempre tentato di cooptare i bisogni dell’uomo e le lotte per controllare questa festività ne sono una prova. La Chiesa ha tentato di cristianizzarlo, l’epoca vittoriana di renderlo rispettabile, e un gruppo di newyorchesi ha inventato l’idillio domestico e Babbo Natale. E da quest’ultimo ha preso il via la moderna società del consumismo”.

Il libro di Nissenbaum si intitola, giustamente, The Battle for Christmas [N.d.T: La Battaglia del Natale] e la prima delle tante battaglie è quella in cui la Chiesa tenta e, a parere di Nissenbaum fallisce, di appropriarsi del Natale.

Sin dalla sua fondazione, la Chiesa si attenne al principio cardine dell’opera missionaria, ossia quello di mantenere le tradizioni e le credenze locali, dando loro un nuovo significato. Di conseguenza, le festività religiose vennero fissate nello stesso periodo di quelle pagane. Dicembre era un periodo di festività importanti, legate sia al solstizio d’inverno che alla fine del raccolto. I Romani celebravano i Saturnalia, una festa lunga una settimana e dedicata a Saturno, dio dell’agricoltura e dei raccolti. Era un periodo di grandi festeggiamenti, in cui tutti bevevano e mangiavano a profusione. Anche agli schiavi veniva concesso un periodo di riposo. Ribaltando la gerarchia sociale, i padroni dividevano le loro ricchezze con gli schiavi e li servivano. Questa generosità, caratteristica dei Saturnalia, prevedeva anche elargire doni ai bambini, perché, si credeva, ciò avrebbe comportato una ricompensa da parte degli dei nel nuovo anno.

Nei paesi nordeuropei il lungo periodo di buio rendeva il ritorno del sole un evento centrale nell’anno e non solo per il culto del sole. Nissenbaum sottolinea come questa stagione fosse un periodo speciale anche per l’agricoltura.

“Oggi si dà per scontato che il cibo sia disponibile tutto l’anno, ma ciò è vero solo per gli ultimi due secoli. Prima che fossero inventati i frigoriferi, Dicembre era l’unico mese in cui in Europa si mangiava carne fresca e birra e vino, prodotti del raccolto, erano disponibili in gran quantità. Inoltre i giorni invernali, quando il lavoro nei campi si interrompeva, erano gli unici giorni di svago nell’anno. In questo periodo emerge una prima forma di carnevale: i giorni dell’abbondanza vengono celebrati lasciandosi andare. I risultati degli eccessi nel bere e nel mangiare erano il venir meno dei freni inibitori e la messa in atto di comportamenti al limite della tollerabilità. Per un breve periodo dominò un sistema di caos controllato. I limiti vennero messi alla prova e, ribaltando le gerarchie sociali, i poveri comandavano ai ricchi. I Wren boys, il Wassail [gozzoviglie], i canti natalizi sono antiche tradizioni che prevedevano un elevato consumo di alcol, trasgressioni sessuali e una forma piuttosto aggressiva di elemosina: non erano solo i ricchi che donavano ai poveri ma i poveri che esigevano doni. In cambio il povero offriva qualcosa di prezioso per una società basata sul paternalismo: la loro benevolenza. Tradizionalmente tutto ciò non sembrò costituire una minaccia per le autorità, era anzi tollerato dall’elite, forse perché considerato una valvola di sicurezza per contenere l’odio di classe.

Le celebrazioni tradizionali possono essere ricondotte al Master of Misrule [Maestro del Caos], un personaggio importante dello sfrenato Natale medioevale. I contadini si aggiudicavano il titolo tirando a sorte e, per la durata del suo mandato, il Master of Misrule sovvertiva le regole vigenti. Aveva il permesso di fare ciò che voleva e trascinava con sé gli altri in un periodo di baldoria, amoreggiamenti e piaceri. Tutto ciò che era in forma di liquido era particolarmente ben accetto. Questa tradizione risaliva a tempi antichi ed era una caratteristica dei Saturnalia romani. Secondo alcuni documenti risalenti al terzo secolo d.c. il regno del Master andava incontro ad un inglorioso destino, in quanto veniva sacrificato sull’altare dedicato a Saturno. Sacrificio a parte, la tradizione sopravvisse fino al Medioevo e anche oltre.

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