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Berit Haugen Keyes – Three Monkeys Online Italiano https://www.threemonkeysonline.com/it La Rivista Gratuita di Attualità & Cultura Thu, 08 Dec 2016 08:16:06 +0000 en-US hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.0.21 110413507 Il Natale rinato. La creazione di un natale consumistico. Intervista con il professor Steven Nissenbaum. https://www.threemonkeysonline.com/it/il-natale-rinato-la-creazione-di-un-natale-consumistico-intervista-con-il-professor-steven-nissenbaum/ https://www.threemonkeysonline.com/it/il-natale-rinato-la-creazione-di-un-natale-consumistico-intervista-con-il-professor-steven-nissenbaum/#respond Sun, 01 May 2005 09:00:39 +0000 https://www.threemonkeysonline.com/it/bwp/il-natale-rinato-la-creazione-di-un-natale-consumistico-intervista-con-il-professor-steven-nissenbaum/ Quando il Natale è alle porte le decorazioni raccolte nel corso degli anni escono dal solaio per trasformare la nostra casa in un altare natalizio. Vecchi cantori di Natale dividono la mensola del caminetto con nuove corone di agrifoglio. La tavola diventa un paese delle meraviglie invernale colma di Babbi Natali di ogni nazionalità, dimensione […]

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Quando il Natale è alle porte le decorazioni raccolte nel corso degli anni escono dal solaio per trasformare la nostra casa in un altare natalizio. Vecchi cantori di Natale dividono la mensola del caminetto con nuove corone di agrifoglio. La tavola diventa un paese delle meraviglie invernale colma di Babbi Natali di ogni nazionalità, dimensione e forma. Mescolate a creature dal cappello rosso, anche pecore, renne e abeti in miniatura. Un anno mio figlio decise di mettere il nostro piccolo presepe al centro di questo quadro, con un bel Babbo Natale, tutto velluto rosso e barba bianca, strategicamente posizionato accanto alla culla del Bambino Gesù. Ho avuto qualche difficoltà a spiegargli il motivo per cui andavano separati.

Il mese di Dicembre ha sempre avuto un significato speciale per chi vive inverni lunghi e bui. Considerata ancora la festa più importante dell’anno, nei paesi nordici, il Natale ha molteplici significati, anche nascosti, e l’uomo si circonda di artefatti e tradizioni che confondono spesso leggenda e realtà, riti antichi e mito moderno.

Stephen Nissenbaum, professore di storia all’università del Massachussets, è il maggior conoscitore di questi miti. Ha scritto un libro affascinante sulla nascita del Natale moderno. A suo parere, la tradizione è solo un sogno dei giorni nostri.

“Il mio studio riguarda il modo in cui questa festività è stata reinventata. Cose di cui le persone si lamentano, i presunti mali del Natale moderno come gli eccessi nel mangiare e nel bere, costituiscono in realtà le sue più genuine tradizioni. Il Natale dedicato ai bambini e alla famiglia è un uno sviluppo recente”.

Per migliaia di anni, baldorie ed eccessi sono stati l’espressione popolare del festeggiamento, osteggiata prima dalla Chiesa e poi dall’emergente classe media.

“La storia del Natale è anche la storia dei conflitti religiosi e di classe. Gli interessi e il profitto hanno sempre tentato di cooptare i bisogni dell’uomo e le lotte per controllare questa festività ne sono una prova. La Chiesa ha tentato di cristianizzarlo, l’epoca vittoriana di renderlo rispettabile, e un gruppo di newyorchesi ha inventato l’idillio domestico e Babbo Natale. E da quest’ultimo ha preso il via la moderna società del consumismo”.

Il libro di Nissenbaum si intitola, giustamente, The Battle for Christmas [N.d.T: La Battaglia del Natale] e la prima delle tante battaglie è quella in cui la Chiesa tenta e, a parere di Nissenbaum fallisce, di appropriarsi del Natale.

Sin dalla sua fondazione, la Chiesa si attenne al principio cardine dell’opera missionaria, ossia quello di mantenere le tradizioni e le credenze locali, dando loro un nuovo significato. Di conseguenza, le festività religiose vennero fissate nello stesso periodo di quelle pagane. Dicembre era un periodo di festività importanti, legate sia al solstizio d’inverno che alla fine del raccolto. I Romani celebravano i Saturnalia, una festa lunga una settimana e dedicata a Saturno, dio dell’agricoltura e dei raccolti. Era un periodo di grandi festeggiamenti, in cui tutti bevevano e mangiavano a profusione. Anche agli schiavi veniva concesso un periodo di riposo. Ribaltando la gerarchia sociale, i padroni dividevano le loro ricchezze con gli schiavi e li servivano. Questa generosità, caratteristica dei Saturnalia, prevedeva anche elargire doni ai bambini, perché, si credeva, ciò avrebbe comportato una ricompensa da parte degli dei nel nuovo anno.

Nei paesi nordeuropei il lungo periodo di buio rendeva il ritorno del sole un evento centrale nell’anno e non solo per il culto del sole. Nissenbaum sottolinea come questa stagione fosse un periodo speciale anche per l’agricoltura.

“Oggi si dà per scontato che il cibo sia disponibile tutto l’anno, ma ciò è vero solo per gli ultimi due secoli. Prima che fossero inventati i frigoriferi, Dicembre era l’unico mese in cui in Europa si mangiava carne fresca e birra e vino, prodotti del raccolto, erano disponibili in gran quantità. Inoltre i giorni invernali, quando il lavoro nei campi si interrompeva, erano gli unici giorni di svago nell’anno. In questo periodo emerge una prima forma di carnevale: i giorni dell’abbondanza vengono celebrati lasciandosi andare. I risultati degli eccessi nel bere e nel mangiare erano il venir meno dei freni inibitori e la messa in atto di comportamenti al limite della tollerabilità. Per un breve periodo dominò un sistema di caos controllato. I limiti vennero messi alla prova e, ribaltando le gerarchie sociali, i poveri comandavano ai ricchi. I Wren boys, il Wassail [gozzoviglie], i canti natalizi sono antiche tradizioni che prevedevano un elevato consumo di alcol, trasgressioni sessuali e una forma piuttosto aggressiva di elemosina: non erano solo i ricchi che donavano ai poveri ma i poveri che esigevano doni. In cambio il povero offriva qualcosa di prezioso per una società basata sul paternalismo: la loro benevolenza. Tradizionalmente tutto ciò non sembrò costituire una minaccia per le autorità, era anzi tollerato dall’elite, forse perché considerato una valvola di sicurezza per contenere l’odio di classe.

Le celebrazioni tradizionali possono essere ricondotte al Master of Misrule [Maestro del Caos], un personaggio importante dello sfrenato Natale medioevale. I contadini si aggiudicavano il titolo tirando a sorte e, per la durata del suo mandato, il Master of Misrule sovvertiva le regole vigenti. Aveva il permesso di fare ciò che voleva e trascinava con sé gli altri in un periodo di baldoria, amoreggiamenti e piaceri. Tutto ciò che era in forma di liquido era particolarmente ben accetto. Questa tradizione risaliva a tempi antichi ed era una caratteristica dei Saturnalia romani. Secondo alcuni documenti risalenti al terzo secolo d.c. il regno del Master andava incontro ad un inglorioso destino, in quanto veniva sacrificato sull’altare dedicato a Saturno. Sacrificio a parte, la tradizione sopravvisse fino al Medioevo e anche oltre.

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Ogni cosa è illuminata? Intervista a Jonathan Safran Foer https://www.threemonkeysonline.com/it/ogni-cosa-illuminata-intervista-a-jonathan-safran-foer/ https://www.threemonkeysonline.com/it/ogni-cosa-illuminata-intervista-a-jonathan-safran-foer/#respond Tue, 01 Feb 2005 09:00:39 +0000 https://www.threemonkeysonline.com/it/bwp/ogni-cosa-illuminata-intervista-a-jonathan-safran-foer/ Jonathan Safran Foer dice di non essere mai stato particolarmente interessato alla storia di famiglia e non aver mai dato peso alle sue origini ebree. Poi andò in Ucraina con un vecchio fotografo e si ritrovò a scrivere un libro sprofondato nella cultura ebrea. “Uno dei maggiori vantaggi della scrittura è che ti da la […]

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Jonathan Safran Foer dice di non essere mai stato particolarmente interessato alla storia di famiglia e non aver mai dato peso alle sue origini ebree. Poi andò in Ucraina con un vecchio fotografo e si ritrovò a scrivere un libro sprofondato nella cultura ebrea.

“Uno dei maggiori vantaggi della scrittura è che ti da la possibilità di vedere chi sei. Ho scritto di molte cose in cui non sapevo di essere interessato prima di scrivere il libro, come l’essere ebreo, come la storia di famiglia; quindi vedi l’evidenza ed è come se io non fossi quello che pensavo di essere. Penso che spesso ci sbagliamo circa quel che siamo. Una delle cose belle della scrittura è che sei spinto a dare uno sguardo al tuo io indifeso.”

Ogni cosa è illuminata (2002 Ugo Guanda editore) è la prima opera di Safran Foer. E’ un debutto spettacolare, esilarante, linguisticamente brillante, ambiziosamenete costruito e commovente.

Diviso nettamente in due storie che si intersecano, il libro racconta la storia fittizia del villaggio di Trachimbrod, dove il nonno di Foer è cresciuto e che fu più tardi distrutto dai nazisti. Il tutto è raccontato nello stile del realismo magico. Parallelamente si svolge la versione fittizia del viaggio di Foer in Ucraina durante il college. L’ultima parte è raccontata non da Foer ma da Alex, un personaggio (fittizio) ucraino il cui inglese ingarbugliato apporta gran effetto al racconto.

Il libro prende spunto dalla storia di famiglia dell’autore. I nonni di Foer scamparono dall'Olocausto in Ucraina. Rimane una vecchia fotografia, che secondo la tradizione di famiglia ritrae suo nonno e la donna che l’ha salvato dai nazisti. Foer, all’età di 22 anni si recò in Ucraina con la fotografia. Egli dice che non vi è similitudine alcuna tra il proprio viaggio in Ucraina e la storia descritta nel libro, tranne che lo spunto iniziale. Ma allora che cosa lo ha spinto a scrivere questa particolare storia?

“Avrei potuto scrivere qualsiasi tipo di storia, la storia in se stessa non è così importante come il modo di raccontarla. Ho scritto questo perché aveva a che fare con quello che succedeva nella mia vita; avevo 22 anni, alle soglie della maturità e indipendenza. Pensavo molto a chi stavo per diventare, il che sempre, immagino, richiede la domanda: ‘Da dove sono venuto?'”

Il modo in cui Foer ha scelto di raccontare la storia è inusitato e complesso. Il libro è attentamente costruito e di proposito confonde il lettore dall’inizio. Sono rimasta sorpresa di scoprire che quando gli ho domandato qualcosa di più a proposito del contrasto tra contenuto e forma, Safran Foer ha insistito sull’importanza del modo in cui raccontare una storia e sulla scrittura come processo istintivo:”Ho scritto nel modo più semplice che potevo. Il modo in cui il libro è scritto serve a facilitare il racconto. Una delle cose importanti per me nello scrivere è il creare esperienze di vita il più complete possibile. Allo scopo di creare una esperienza completa, volevo voci differenti, voci dal passato, voci dal presente, qualcosa di carino e qualcosa di orribile”.

Nonostante questa apparente ricerca dell’equilibrio, dice di non aver avuto alcuna struttura particolare in mente: “Io non so, in verità, cosa andrò a fare quando inizio. Seguo solo quello che mi pare adatto, cerco di scrivere cosa pare adatto. E’ un processo alquanto intuitivo in realtà.”

E’ difficile riconciliare questa insistenza sulla semplicità e intuizione con la risposta iniziale e con l’uso combinato di realismo magico ed inglese distorto. Perchè scegliere il realismo magico? Lo scrittore Tim Parks descrisse i realisti magici come socialisti delusi che si muovono all'interno di “un mondo dove si celebra il potere della creatività e dell’ immaginazione della gente … e dove la tua trama funziona meglio perchè non obbedisci più alle regole del realismo ed il realismo stesso è presentato come una specie di mostro che impedisce al mondo di essere quel che dovrebbe essere”. Ho presentato la citazione a Foer: pensa che Parks abbia ragione?”Non saprei; penso che forse per la maggior parte degli scrittori l’idea di scrivere sia nata proprio così. Io personalmente non ho coscienza di nulla di simile quando scrivo; il processo di scrittura è proprio intuitivo. E’ stupefacente di quande cose non sono stato cosciente e quandoriguardi indietro ti poni delle domande. In tutta onestà, perseguivo quello che ritenevo giusto fare.”

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Halloween https://www.threemonkeysonline.com/it/halloween/ https://www.threemonkeysonline.com/it/halloween/#respond Sun, 01 Aug 2004 09:00:39 +0000 https://www.threemonkeysonline.com/it/bwp/halloween/ “Quando ero bambino io ad Halloween non c’erano zucche, allora mio padre ricavava una lanterna da una rapa.” Molti irlandesi raccontano ai loro figli la stessa storia, solitamente ad indicare quanto, allora, si fosse più poveri. Ma la ragione è assai diversa. Halloween sarà anche una festività oggi legata alla tradizione americana del “dolcetto o […]

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“Quando ero bambino io ad Halloween non c’erano zucche, allora mio padre ricavava una lanterna da una rapa.” Molti irlandesi raccontano ai loro figli la stessa storia, solitamente ad indicare quanto, allora, si fosse più poveri. Ma la ragione è assai diversa. Halloween sarà anche una festività oggi legata alla tradizione americana del “dolcetto o scherzetto” ma le sue origini sono celtiche e la zucca è solo un’imitazione della lanterna ricavata da una rapa, l’antico simbolo della anime dannate.

La lanterna era la luce votiva per la festa di Samhain, letteralmente il “giorno tra i giorni”, una festa che celebrava la fine di un ciclo e l’inizio di un altro. Era un Capodanno pagano, una celebrazione dei morti e delle speranze per il futuro. La luce e i fuochi erano elementi caratteristici della festa di Samhain e quando, questo novembre, illumineremo le zucche e accenderemo i falò non faremo altro che perpetuare una tradizione vecchia di quasi 2000 anni.

Nel 1601 avanti Cristo papa Gregorio ebbe un’idea brillante che divenne in seguito un principio basilare dell’opera missionaria cristiana. Invece di abolire le credenze e le usanze tradizionali, egli stabilì che i missionari le dovessero adottare. L’albero oggetto di culto divenne l’albero di Dio e le festività cattoliche furono fissate lo stesso giorno di quelle tradizionali. Il solstizio d’inverno divenne così il Natale. Nel IX° secolo la Chiesa tentò di sradicare il paganesimo legato alla festa di Samhain spostando il giorno di Ognissanti dal mese di maggio al primo di novembre (All Hallows = Halloween dove “hallow” significa sacro o santo).

Nel suo libro All Around The Year (University of Illinois, 1995) e in articoli quali “La notte delle anime vaganti” (Natural History Magazine,1983) il professor Jack Santino, docente di antropologia culturale, ha ampiamente trattato le origini della festa di Halloween. A suo parere, quasi tutte le tradizioni odierne affondano le proprie radici in questa antica festività celtica.

Secondo il calendario celtico, l’anno comincia il primo di Novembre, data che segna l’inizio dell’inverno. La stagione del raccolto è finita e il bestiame è chiuso nella stalla, al riparo dalla stagione buia. Era l’inizio e la fine di un ciclo perpetuo. La celebrazione di Simahin, che cadeva in questo periodo, era la più significativa dell’anno celtico. I Celti credevano che in quest’occasione gli spiriti dei defunti si mescolassero coi vivi. La vigilia di Samahin ai morti era concesso di tornare sulla terra per un giorno e le loro anime facevano ritorno al calore del focolare. Durante la festa, ai parenti defunti veniva riservato un posto a tavola. Questo era anche il periodo in cui le anime di chi era morto durante l’anno andavano verso l’Aldilà.

Affinché l’estate potesse tornare, gli spiriti dovevano essere placati. Si facevano falò per onorare i morti, per tenere lontano dai vivi gli spiriti maligni e per propiziare il ritorno del sole. Era una festa di fuoco. Anticamente in Irlanda, quella notte veniva acceso un fuoco nuovo e sacro, dal quale sarebbero nati tutti gli altri fuochi. La gente dimenticava i rancori (??) e portava tizzoni ardenti in cima alla collina per accendere il falò. A loro volta questi falò venivano utilizzati per ravvivare il focolare domestico in un simbolico rinnovamento dell’anno, della casa e degli affetti.

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Uno sguardo dall’esterno – la Norvegia e l’unione Europea https://www.threemonkeysonline.com/it/uno-sguardo-dallesterno-la-norvegia-e-lunione-europea/ https://www.threemonkeysonline.com/it/uno-sguardo-dallesterno-la-norvegia-e-lunione-europea/#respond Thu, 01 Jul 2004 09:00:39 +0000 https://www.threemonkeysonline.com/it/bwp/uno-sguardo-dallesterno-la-norvegia-e-lunione-europea/ In Europa, e nazioni che non fanno parte dell’Unione Europea sono una specie in via di estinzione. In svariati referenda che hanno visto il trionfo della gente comune sull’establishment politico, la Norvegia ha rifiutato due volte l’offerta di entrare a far parte della Comunità Europea, respingendo i consigli di governi e mass media. Dal suo […]

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In Europa, e nazioni che non fanno parte dell’Unione Europea sono una specie in via di estinzione. In svariati referenda che hanno visto il trionfo della gente comune sull’establishment politico, la Norvegia ha rifiutato due volte l’offerta di entrare a far parte della Comunità Europea, respingendo i consigli di governi e mass media. Dal suo ultimo No sono passati ormai 10 anni. Che cosa ha significato questo per il paese? I norvegesi pensano che essere fuori dalla nuova Europa costituisca un vantaggio o uno svantaggio?

L’argomento è controverso e le risposte a questa domanda sono ancora oggi influenzate dal clima dominante nelle fazioni del Sì e del No. Recenti sondaggi di opinione dimostrano che il paese è ancora alquanto diviso riguardo alla questione.

Respinta l’offerta di far parte della Comunità Europea, la Norvegia, assieme all’Islanda e al Liechtenstein, ha optato per una collaborazione economica. In quanto membro della EEA (Area Economica Europea), può partecipare al Singolo Mercato, senza assumersi le piene responsabilità dell’appartenenza. L’accordo da’ ai membri il diritto di essere consultati dalla Commissione riguardo alla formulazione della legislazione comunitaria, ma non quello di esprimere la propria opinione riguardo alle decisioni da prendere. Di tutti i paesi facenti parte dell’Unione, gli stati della EEA sono, tecnicamente parlando, quelli più legati ad essa. (In termini di politica) la loro politica “a distanza” li distingue dai paesi candidati, che non hanno integrato la legislazione comunitaria nelle loro leggi nazionali ma si impegnano a farlo.

Secondo un’opinione largamente condivisa, l’influenza della Comunità Europea si sta intensificando. Vi sono molte ragioni per questo. L’espansione della Comunità significa che molti paesi e molte nazioni europee fanno ora parte di un’unione tutta europea, col risultato che altre forme di cooperazione, come la cooperazione nordica e le organizzazioni di sicurezza europee, vengono relegate in secondo piano.

I paesi della comunità europea agiscono sempre più come un’unità coordinata in organizzazioni internazionali quali le Nazioni Unite e la NATO. Mentre la Comunità diventa sempre più coordinata la sua influenza aumenta. La Norvegia ne è consapevole tanto quanto gli Stati Uniti. Ora al Comunità ha un’unica valuta; la coordinazione nel sistema legale e nelle forze dell’ordine è in aumento, così come quella relativa a sicurezza e difesa. Queste sono politiche comunitarie che si sono sviluppate nel corso degli ultimi dieci anni ma esulano dal raggio di azione del trattato della EEA. I CFSP (Politica Estera e di Sicurezza Comuni) all’interno della Comunità sono stati rafforzati sia nel trattato di Nizza che in quello di Amsterdam. Il trattato di Nizza (2003) prevede un incremento nelle aree che rientrano in una maggioranza votante qualificata, oltre a un rafforzamento del ruolo del comitato per le politiche e la sicurezza in situazioni di crisi. La Norvegia non ha parte nello sviluppo della politica estera europea, anche se i modi di vedere dei norvegesi sono spesso in linea con quelli degli altri paesi europei, come dimostrato dalla richiesta di partecipare alla missione delle forze dell’ordine dell’Unione Europea in Bosnia.

Recentemente la Norvegia è stata anche colpita da una restrizione delle regole comunitarie e da una crescente tendenza ad usare le sanzioni per farle rispettare. Ciò ha un impatto sugli stati non membri che devono fare uno sforzo maggiore per adeguarsi a queste leggi e a queste direttive. L’industria norvegese del pesca, per fare un esempio, è stata costretta ad adattarsi alle quote di pesca (pesce pescato?)per poter continuare ad esportare nella comunità europea.

Una frequente lamentela da parte della fazione del Sì è che, rifiutando la piena appartenenza, la Norvegia ha un influsso assai scarso su una comunità europea che invece la influenza sempre più. I risultati di svariati studi sembrano confermare che la Norvegia non ha un impatto sostanziale sugli sviluppi delle politiche generali della comunità o sulla forma della sua costituzione. A partire dal 1994 si è assistito ad un continuo sviluppo delle istituzioni comunitarie e di una serie di nuovi trattati culminati nella creazione di una Costituzione comune. La Norvegia continua ad essere una spettatrice passiva e non ha nemmeno considerato l’idea di seguire il dibattito sorto attorno alla nuova Costituzione.

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La Cronista delle Catastrofi – un colloquio con Åsne Seierstad, giornalista ed autrice del libro Il Libraio di Kabul. https://www.threemonkeysonline.com/it/la-cronista-delle-catastrofi-un-colloquio-con-asne-seierstad-giornalista-ed-autrice-del-libro-il-libraio-di-kabul/ https://www.threemonkeysonline.com/it/la-cronista-delle-catastrofi-un-colloquio-con-asne-seierstad-giornalista-ed-autrice-del-libro-il-libraio-di-kabul/#respond Tue, 01 Jun 2004 09:00:39 +0000 https://www.threemonkeysonline.com/it/bwp/la-cronista-delle-catastrofi-un-colloquio-con-asne-seierstad-giornalista-ed-autrice-del-libro-il-libraio-di-kabul/ “Spero davvero che non incendino la scuola. I Talebani sono tornati e negli ultimi mesi hanno dato alle fiamme decine di scuole femminili.” Åsne Seierstad è bene informata. La scuola a cui si riferisce è quella in via di costruzione in Afganistan con i ricavati del suo best seller, Il Libraio di Kabul. Quelle dei […]

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“Spero davvero che non incendino la scuola. I Talebani sono tornati e negli ultimi mesi hanno dato alle fiamme decine di scuole femminili.”

Åsne Seierstad è bene informata. La scuola a cui si riferisce è quella in via di costruzione in Afganistan con i ricavati del suo best seller, Il Libraio di Kabul.

Quelle dei libri bruciati e di scuole date alle fiamme sono immagini che lasciano il segno. Una giornalista che riesce a svelarne le cause ed a comunicarne gli effetti alla gente comune merita di essere conosciuta in maniera più approfondita.

Åsne Seierstad ci permette di ascoltare le voci della gente qualunque rimasta vittima di tragici eventi, aprendo una finestra sulla società in cui essi vivono. Descrive in maniera semplice e diretta le reali conseguenze della guerra e dell'oppressione. Crea un'intimità con l'essere umano che mille fotografie di burka e di missili non riescono ad evocare.

Quando la si interroga sulle ragioni della sua scelta professionale – è divenuta corrispondente di guerra a 26 anni – risponde semplicemente: “ Provo questo irresistible stimolo di scoprire esattamente ciò che succede alla gente. Penso sia importante calarsi nel particolare di ogni individuo”.

In Norvegia, la sua terra d'origine, Åsne Seierstad gode di grande ammirazione. A partire dalla Cecenia dove si è recata 1995, per la sua gente è stata l'interprete di maggior spicco di ogni grande conflitto – Serbia, Afganistan, Iraq. L'unica giornalista scandinava rimasta a Bagdad durante l'ingresso dei carri armati. Alta, bionda ed apparentemente impavida, la sua straordinaria persona colpisce tanto quanto il suo stile di cronista. Descrive i particolari e la monotonia delle vite individuali. Porta alla ribalta la ragazzina che non può più andare a scuola a causa dell'anarchia che regna sulle strade, e il tecnico dell'audio che rischia la vita per fornirle l'elettricità necessaria a trasmettere i suoi reportage.

Ed ora, grazie al successo del suo libro Il Libraio di Kabul, la fama della Seierstad è destinata ad allargarsi oltre i confini della Scandinavia.

Dopo i fatti dell'11 Settembre, Seierstad è partita per l'Afganistan come corrispondente di guerra a seguito dell'Alleanza del Nord. A Kabul, ha conosciuto il libraio Sultan Khan. Questi, dopo aver subito il carcere ad opera dei comunisti, si è visto bruciare i propri libri dai Talebani. [La Seierstad] andava a trovarlo spesso in libreria intrattenendosi in piacevoli conversazioni con quest'uomo erudito. Lui a sua volta l'ha invitata a casa per conoscere la sua famiglia, ed è durante questa visita che è nata l'idea di scrivere un libro. Un libro che si occuperà di una insolita famiglia Afgana. “Non ho scelto questa famiglia in quanto volevo che rappresentasse tutte le altre, ma perchè mi ha ispirata”, afferma la Seierstad nell'introduzione alla sua opera.

A sorpresa, Khan acconsente alla proposta dell'autrice e lei si trasferisce a casa del libraio. Per quattro mesi dorme sul pavimento di una stanza condivisa con altri sei tra donne e bambini. Viaggia illegalmente in Pakistan insieme al libraio, accompagna il primogenito di questi in pellegrinaggio, visita il commissariato e la prigione, ma sono le restrizioni di cui sono vittima le donne che scruta con maggiore attenzione – spesso dall'interno del suo stesso burka.

Ne esce fuori un libro in cui è la famiglia Khan a raccontare le proprie storie. Interrogata sulle ragioni per cui ritiene che il libro abbia colpito nel segno risponde:

“Per me è stata una grande sopresa. Forse malgrado la valanga di notizie di cui disponiamo, manca ancora quel genere di informazioni che parlano direttamente alla gente. Ho voluto scrivere una storia che consentisse ai miei amici di comprendere le problematiche di questa famiglia e dell'Afganistan, ed ho scelto una forma letteraria che ritengo più consona a facilitare questo processo di comprensione”.

Seierstad ha voluto scrivere una cronaca dei fatti in forma testuale. Ha eliminato per intero la sua presenza dal libro facendovi riferimento solo nell'introduzione e nel post-scriptum, questo non ostante sia stata testimone sia in forma oculare che indiretta di ogni incidente riportato nel contesto. Il libro è suddiviso in capitoli ed in ognuno di essi si racconta la storia di un diverso componente della famiglia. Tutte le storie si accentrano sulle minuzie della vita di ogni giorno, talvolta si intrecciano con la storia degli eventi politici del paese. Trattano di polvere e di noia, di proposte e matrimoni, di amore e di odio.

“Credo che per comprendere un conflitto si necessario capire le persone che ne rimangono colpite. Occorre essere consapevoli di come è strutturata la società. Trovo che molti giornalisti scrivono libri su grandi argomenti ed ignorano gli individui di cui la società è costituita. Per me, il fatto di riuscire a comprendere come sia difficile e persino impossibile, per una ragazza afgana il poter affermare “sono innamorata”, mi dice moltissimo sulla società di cui essa fa parte.”

Il vero filo conduttore del libro è il senso di angoscia e disperazione che pervade il tutto. Seierstad non ne sarà protagonista diretta, tuttavia la rabbia che prova per le ingiustizie che descrive è palpabile nell'intero contesto.

“ Non sono una relativista culturale. Mi si accusa di condannare ciò che non capisco; affermano che questa è la loro cultura e che non abbiamo alcun diritto di criticare. Per me tutti hanno diritto ad usufruire dei più fondamentali diritti umani. Questa gente soffre. Vive nella società più ingiusta di cui mi sia mai occupata.”

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