Voci Fuori Campo – Ali Smith

Questo strano libro presenta un'anomalia fin dal titolo, che in originale suona The accidental e in italiano Voci fuori campo. Inoltre ha una trama e dei personaggi che ti sembra di aver già incontrato (in Teorema di Pasolini, in American Beauty, in un qualunque libro di Jonathan Coe…), eppure si legge avidamente una pagina dopo l'altra, grazie allo splendido stile (un coro di voci fuori campo, appunto) più che al The accidental della fabula. Quest'ultima è apertamente ispirata a Teorema di Pasolini, film in cui l'angelo Terence Stamp arrivava a scompigliare un'intera famiglia padana e altoborghese degli anni Settanta procurando ad alcuni salvezza, ad altri perdizione e morte. Nella trasposizione inglese, gli anni sono i nostri (torture di Abu Ghraib comprese) e i ruoli familiari piuttosto tipici: c'è Astrid, l'adolescente scontrosa che definisce 'dozzinale' ogni cosa che la circonda, ed è inseparabile da una telecamera con cui registra tutte le prove che le assicurino di essere viva. C'è Magnus, suo fratello maggiore, divorato dai sensi di colpa per aver spinto al suicidio una compagna di scuola (oscenamente presa in giro con un fotomontaggio in .jpeg), e c'è la madre Eve, sciacallo in modo diverso (scrive biografie di successo sulle vittime di crimini orrendi), che ha deciso di portare la famiglia in vacanza sperando di superare in campagna il suo blocco creativo. Infine c'è Michael, patrigno dei due ragazzini e insegnante universitario col vizietto incurabile per i sonetti e le studentesse.

In questa famiglia in fase di stallo irrompe Ambra, concepita nel cinema Alhambra nel 1968, durante la proiezione di Poor Cow (con il divino Terence Stamp, appunto). Si presenta agli Smart con la classica scusa dell'auto in panne e si ferma a dormire nel loro giardino, come una specie di hippy che non si trucca e non si depila, ma capace di affascinare immediatamente tutti e quattro. Gli effetti della sua limitata permanenza nel Norfolk non saranno devastanti ed estremi come in Teorema, ma di sicuro disarmano i quattro personaggi, li sbloccano dal loro lasciarsi vivere e infine deludono la loro smisurata fiducia nell'Ospite.

Sulla trama, di più non si può dire per non rovinare la sorpresa ai lettori. Ma come sostenevo in apertura, l'elemento più attraente e originale del romanzo è sicuramente lo stile, inteso come capacità di scrivere e riscrivere la stessa storia e le stesse giornate non solo dal punto di vista dei vari protagonisti, ma anche col mezzo espressivo che meglio li rappresenta: il sonetto per Michael, l'intervista per Eve, il monologo interiore per Astrid, il linguaggio algebrico per Magnus. Il risultato è tutt'altro che un meccanico esercizio di stile alla maniera di Queneau, è un romanzo dal sapore cinematografico in cui la telecamera passa di mano in mano tra i personaggi, che una volta finito il giro si scambiano i ruoli e ricominciano a interpretare la stessa storia, il solito teorema (un viandante bussa alla porta ecc. ecc.). Così Ali Smith si spinge dal già pericoloso remake del film di Pasolini all'ancor più rischioso remake nel remake. Speriamo davvero che tanta audacia venga premiata dal gradimento dei lettori.

Voci fuori campo, di Ali Smith – Ed. Feltrinelli, pp. 277, euro 16,50