Tuttapposto? Sì, appostissimo: gli Aretuska alla conquista del mondo!

Fondati nel 1999 da Roy Paci, giustamente soprannominato Il Padrino, gli Aretuska derivano il loro nome dalla città di Siracusa, l'antica Aretusa. La formazione è a prevalenza sicula, ma oggi, dopo diverse entrate e uscite, comprende anche un pugliese e quattro 'nordici'. Three Monkeys ha avuto modo di apprezzare il rocksteady siciliano e le coinvolgenti atmosfere degli Aretuska lo scorso dicembre al TPO di Bologna. Ma la forza di questa band non si esaurisce in ritmi scatenati, musica d'autore, testi impegnati. Roy e i suoi Aretuska sono impegnati in tante importanti battaglie su temi che spaziano dall'anti-proibizionismo al no-global all'integrazione razziale. Ma ora bando alle ciance e godetevi questa intervista con Roy Paci, realizzata lo scorso maggio via email, per problemi di impegni e di tempo.

Quali sono le origini del rocksteady siciliano??? Io sono Irlandese, e mi sembra fantastico, però anche strano

Non esistono esempi, che io sappia, di rocksteady siciliano prima dell’avvento dei miei Aretuska. Nel 1995 (periodo di militanza nei Persiana Jones e Mau Mau di Torino) ho per primo innestato nelle mie composizioni, di chiara matrice siciliana, il classico up-tempo (levare) di ispirazione giamaicana, attingendo alla indiscutibile sorgente dei padri del genere: gli Skatalities. Adesso devo dire che ci sono delle interessantissime realtà come i Kebana di Siracusa e i Cheech Skaos da Palermo, che tengono alto il livello della nostra terra.

A parte il rocksteady, cosa influenza gli Aretuska?

Un mondo musicale a 360 gradi! Non vorrei essere logorroico ma adoro descrivere tutte le disparate tendenze musicali che entrano in circolo soprattutto nel luogo dove siamo sicuramente tutti insieme: il furgone. Gaetano sfodera i suoi dischi di autori contemporanei come Varese o Stockhausen, Peppe, considerato il Django Reinhardt siciliano, inietta anche molto swing e tropicalismo sudamericano, Massimo è legato alla scena ska-core, ska-punk, venerando i Mad Caddies, Giorgio è il jazzista per antonomasia, Rude e avvolto nei suoi remix basco-beat stedymuffin, adoratore della scena spagnola, Josh è un mamboman grande conoscitore della musica exotica da Yma Sumac a Esquivel, Marco puntualizza sullo finetta del levare di classe e del suo essere salentino e infine Jah Sazzah segna il tempo con tutti i possibili aggiornamenti di nuovi riddim reggae e da dancehall. Io aggiungo un pizzico di musica per cartoni animati. Che ve ne pare?

Quanto pesano le vostre origini siciliane sulla vostra musica?

Tantissimo. Ma più che pesare, ci accompagnano tuttora, per mano, negli infiniti viaggi artistici e nella solarità che accomuna le persone della nostra isola.

Il vostro sito e i vostri concerti sono ispirati ai valori della non-violenza, della tolleranza e dell’ecologia. Quanto si riflette tutto ciò nei vostri testi? In altre parole quanta importanza date alla politica e all’impegno sociale?

Mi sembra personalmente naturale il fatto che l’impegno etico e sociale sia alla base di ogni nostra performance. E’ impossibile pensare di salire sul palco, suonare-cantare senza tenere in considerazione anche la realtà che ci circonda, brutta o bella che sia. Basti pensare lo stato attuale delle cose in Italia e lo scempio politico dell’amministrazione del Cavaliere per contrattaccare spontaneamente dando manforte dal palco alle classi operaie o deboli con le parole e con i fatti, con l’attuazione di concerti che fungono anche da raccolta fondi, vedasi recentemente il caso Melfi. Non mi interessa assolutamente chi degli artisti non lo fa, so solo che non potrei vivere in pace con me stesso se [non] considerassi il palco solo come una effimera costruzione per permettere al pubblico di vedere il concerto. Per molti artisti si trasforma in un podio o in un piedistallo dove poter pavoneggiarsi e sentirsi esseri onnipotenti di fronte al pubbico, per noi rimane un clima da strada e sul palco parlo come se fossi tra amici e tra la gente.

Se Tony Renis vi avesse invitato a San Remo, sareste andati?? E a Mantova?

Ho chiamato Tonuzzo e gli ho lasciato il posto da presentatore volentieri, raccomandandogli di ringraziare tutte le famiglie italo-americane che lo hanno portato al successo….A parte gli scherzi, non disdegno il festival, ma è stato meglio non farlo quest’anno e per quanto riguarda Mantova, non avendo avuto il minimo invito, non conoscevo a fondo la situazione che si era creata. Poi, in un secondo momento, parlandone con un fraterno amico collega che fa di nome Daniele Sepe, mi sono fatto un idea precisa e abbastanza schifata. Mi risulta difficile poter digerire il fatto che dapprima alcune case discografiche hanno negato la presenza ai loro artisti, poi con un giochetto abbastanza strano, sono apparsi tutti in piazza, giustificandosi dietro il nome di una tappa del Tora Tora Festival della Mescal, ma nello stesso giorno della manifestazione mantovana. Non vi sembra tutto così contorto?

[N.d.R.: Sì!]

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