Perché tu mi hai sorriso, di Paola Calvetti

Nora Cogliati decide di passare l'estate accanto alla madre malata terminale di sclerosi laterale amiotrofica, nella sua casa d'infanzia fuori Milano. La protagonista trascorre in solitudine la maggior parte del suo tempo nella grande casa: ha contatti solo occasionali e sfuggenti col personale di servizio, trascorre parecchio tempo con la madre che tuttavia la malattia ha reso inerte e assente. Le fanno compagnia (o la perseguitano?) i ricordi dell'infanzia e dell'adolescenza. Aggirandosi nelle stanze della villa scopre un certificato di nascita che reca il suo stesso cognome, la sua stessa data di nascita ma un nome diverso. Quale mistero tremendo si nasconde dietro quel documento? Quale rete di tremende bugie o verità nascoste ha accompagnato la sua vita?

In questa condizione (che si è autoimposta) di isolamento fisico e psicologico, Nora cerca ansiosamente le risposte a questi angoscianti interrogativi e contemporaneamente mette progressivamente a fuoco il proprio disagio esistenziale di donna che, giunta nella sua quinta decade di vita, è insieme figlia, moglie e madre.

Gli altri personaggi del romanzo rimangono costantemente nell'ombra, appaiono psicologicamente lontani dal disagio esistenziale di Nora, sfuggenti, e ambigui: la madre forse nasconde un segreto terribile ma, oramai anziana e resa muta dalla malattia, non può confermarlo o smentirlo; il marito, freddo e cinico avvocato, conduce probabilmente da tempo una doppia vita; la figlia, adolescente scontrosa, sta trascorrendo un periodo di studio all'estero e tiene contatti con la madre sostanzialmente solo tramite sms.
L'atmosfera risulta piuttosto 'torbida' e permeata di un pessimismo strisciante: subito nelle prime pagine leggiamo una tra le più fredde e squallide dichiarazioni di matrimonio e una tra le più ciniche definizioni di 'verità legale'. Tutto il romanzo viene inframezzato con ripetuti flash back sul primo amore della protagonista (ovviamente finito male!), alternato con delle brevi digressioni riguardanti tragiche storie d'amore di artisti famosi (Modigliani, Chopin, Cechov, Shelley) che Nora ha il vezzo di collezionare.

Come negli altri romanzi dell'autrice, la musica rappresenta lo scheletro portante del romanzo, tuttavia si tratta di musica più parlata che ascoltata, più 'vissuta' che suonata: i titoli dei capitoli sono titoli di canzoni e il restauro di un vetusto strumento musicale (il fortepiano) a cui Nora si dedica con religiosa dedizione, accompagna la protagonista nel suo viaggio interiore alla riscoperta di se stessa.
Alla resa dei conti ovviamente la realtà risulta molto diversa da come ci era apparsa: tutto il romanzo è scritto in prima persona (è Nora che parla, ed è lei che descrive la sua versione della realtà), tranne l'ultimo capitolo (l'unico senza un esplicito titolo musicale), scritto come un'arringa legale, che svela ciò che è veramente accaduto e sottrae i personaggi all'ombra restituendoceli sotto una luce nuova.

Il romanzo è apprezzabile per l'atmosfera avvolgente che trasporta il lettore all'interno dell'animo di Nora, permettendogli di vivere e soffrire con lei le vicende presenti e passate della sua vita. E' scritto con il consueto stile dell'autrice, ricercato nelle parole ma piano e lineare nella sintassi, particolarmente adatto a mantenere il lettore accanto alla protagonista in questo viaggio dentro se stessa.

Perché tu mi hai sorriso, di Paola Calvetti – Bompiani – pp. 224.