Ogni cosa è illuminata? Intervista a Jonathan Safran Foer

Il linguaggio è un’altra delle invenzioni ispirate del libro. Safran Foer lo usa con superba maestria creativa in modo da mettere in discussione le certezze e ciò che sappiamo essere accaduto nel passato. Le differenze linguistiche mettono in guardia il lettore sulle possibilità che – come Alex – fraintenda. Cosa possiamo dire quindi del linguaggio ed in special modo della voce narrante: perché Safran Foer ha scelto di scrivere in questo modo? quale è stato lo spunto che ha portato alla creazione di una voce narrante come quella di Alex?”Quando iniziai a scrivere fu solo per mero divertimento, scrivere a quel modo mi faceva ridere. Poi, mentre scrivevo capii il modo di esprimersi di Alex, lui non è, in realtà, bravo a comunicare, non così bravo come vorrebbe essere, ma ci prova: è proprio questo il motivo per cui scrivo. La maggior parte delle persone vuole comunicare ma fa fatica a trovare le parole.”

Nonostante le osservazioni di Foer sul desiderio di comunicare, parlare con lui è un po’ come leggere l’inglese distorto di Alex per la prima volta: disorientante. E’ come se volesse far indovinare. L’autore ha detto riguardo il titolo, Ogni cosa è illuminata, che ha a che fare con un mistero rivelato, o no. Safran Foer ha impiegato due anni a redigere il libro e, quando gli si chiede di spiegarne i diversi elementi, dice che la gente fa “l’errore di pensare che i libri debbano significare qualcosa, se si guarda un dipinto, questo può essere solo quello che è, i libri sono per lo più ciò che la gente si aspetta che siano”. E’ un libro che pone molte domande simultaneamente, e penso che l’autore voglia che sia così.

Dato il tale impressionante debutto, mi aspettavo di parlare con un giovane che ha sempre voluto diventare uno scrittore. Ma Safran Foer insiste nell’affermare che nella scrittura ci è capitato per caso.”Uno scrittore era l’ultima cosa che mi aspettavo di essere. Sentivo fortemente che avrei dovuto fare qualcosa là fuori, che stavo sprecando tempo e cercavo qualcosa che veramente esprimesse le mie potenzialità. Quando iniziai a scrivere diminuì questa impressione che avrei dovuto fare qualcos'ltro, qualcosa di più importante. E’ un po’ come chi ama viaggiare, ama visitare città straniere. Costui non vi dirà mai che ama gli aeroplani sebbene passa molto del suo tempo in essi. Così mi sento rispetto la scrittura: è il mio aeroplano, non la mia destinazione.”

Dice di essere enormemente colpito dalla popolarità del suo libro, ma il suo curriculum vitae suggerisce un giovane ben determinato, destinato al successo. Proviene da una famiglia di vincenti, i suoi fratelli sono entrambi giornalisti politici di successo. Mentre studiava filosofia a Princeton, frequentava le lezioni di scrittura creativa perché lo trovava “divertente” e vinse molti premi per i suoi sforzi. La sua relatrice fu Joyces Carol Oates. Sempre durante il college, ha redatto un'antologia ispirata ai lavori di Joseph Cornell intitolata A convergence of birds. Intraprese un viaggio in Ucraina tra il secondo e terzo anno, con l’intenzione di scrivere un libro sulle sue esperienze, sebbene uno totalmente diverso.

Circa le su
e origini familiari dice che scrivere il libro gli ha fatto guardare alla sua identità ebrea in modo diverso e gli ha fatto riconoscere che, sebbene non osservante, esiste una connessione. E’ politicamente attivo “non attraverso i miei scritti ma nella vita, mi sento coinvolto”. Cosa pensa delle azioni del governo israeliano? Sente il bisogno di esaminarle?” Sì, mi sento personalmente responsabile quando fanno qualcosa di male e mi sento allo stesso modo quando qualcosa di male accade ad Israele. Non sono la persona più informata su questo, ci sono molti non-ebrei molto più informati di me, ma esiste una connessione proprio per quello che io sono. E’ una relazione difficile della mia vita. Piaccia o no, ogni ebreo è associato a questa terribile situazione, e penso nessuno, nemmeno Sharon, sia fiero di cosa sta succedendo.”Sembra una risposta sorprendentemente neutrale ed esitante. Veramente non pensa il governo abbia alcuna responsabilità diretta su questa “terribile situazione”? E’ forse difficile per lui criticare qualcosa fatto da Israele? “Per nulla”.

Passiamo alla campagna anti-Bush, in cui Foer è attivamente impegnato [N.d.T.: l'intervista è stata raccolta nel settembre 2004]. La notte prima dell’intervista, Foer ha preso parte a una lettura pubblica per portare l’attenzione alle elezioni imminenti. L’evento, intitolato Stato di emergenza: letture non convenzionali vantava protagonisti come Paul Auster, Don DeLillo e Salman Rushdie. E’ stato organizzato dal ramo americano del gruppo di scrittori PEN. Il suo particolare coinvolgimento è stato con un gruppo chiamato in città per la democrazia; professionisti della cultura che discutono per un cambiamento al potere negli Stati Uniti e sostengono i candidati che si battono per la “libertà individuale, giustizia sociale e democrazia partecipativa”. Il loro scopo è la mobilitazione dei votanti, soprattutto negli Stati chiave, per far uscire la gente a votare “per Kerry”.

Safran Foer è “profondamente preoccupato” per ciò che accade alla cultura americana e crede l’attuale amministrazione essere una minaccia per la libertà d’espressione e le libertà civili. “Sanno che libri la gente compera, cosa prende dalle biblioteche. Libri di alcuni paesi non possono essere tradotti. C’è qualcosa di più profondo che accade quaggiù, l’allontanarsi della cultura dai valori della decenza e libertà d’espressione, l’allontanarsi dall’idea che più voci esistono meglio verso i concetto opposto: un unica voce unificatrice […] La gente dovrebbe preoccuparsi. Il governo gestisce troppo potere con troppo poche limitazioni. Hanno un modo completamente differente di pensare la cultura.”

Nonostante cresca la sua apprensione circa la strada intrapresa dal governo degli Stati Uniti, lui crede sia “del tutto reversibile, dobbiamo solo lavorare per renderla reversibile” e se Kerry vince le cose cambieranno. “Sono convinto che se Kerry vince, ritorneremo a qualcosa come quattro anni fa. Non credo ci sia mai stato un livello di antiamericanismo come l’attuale mentre Clinton era al potere.”Sembra tutto ragionevole; questo è un democratico che crede un cambiamento di governo farà una gran differenza. Un ebreo americano che si preoccupa di quanto accade in Israele.Siamo certi che non ci sia nulla di confuso in tutto questo? Tuttavia mi trovo a pensare che è troppo semplicistico se viene dall’uomo che nelle sue opere lavora così duramente per rispecchiare la complessità del mondo. Quel che dice sulla minaccia delle libertà civili e la democrazia è quello che ti aspetteresti da qualcuno che ha scritto un libro come Ogni cosa è illuminata. Ma l’idea che il problema si possa risolvere così facilmente non lo è.

Forse per una risposta più esauriente devo leggere il suo prossimo libro. Foer ha appena finito un altro romanzo che uscirà ad aprile [2005]. E’ riluttante a parlarne, dirà solo “poco poco: tratta di un bambino che vive a New York, suo padre è rimasto ucciso l’undici settembre, ma il libro non verte proprio su questo, bensì sul bimbo, la sua famiglia e le sue avventure a New York”. C’è un Jonathan Safran Foer nel libro? “No, non c'è.”

Questa volta non ha dovuto viaggiare molto per ispirarsi. Un libro sull’ undici settembre (anche se non è proprio questo il tema), circa l’America d’oggi scritto da un romanziere come Safran Foer è una prospettiva affascinante. Forse 'l’indifeso' romanziere può trovare parole che rivelano la vera e complessa risposta umana alla tragedia, migliore delle miopi bandiere ostentate di moda oggi. Sfortunatamente dobbiamo aspettare aprile 2005 per sapere.

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