Nonnine Spacciatrici, Mine Anti-uomo e Vegetazione Lussureggiante: Laos – un giornale di viaggio.

Per prima cosa andiamo a fare una sauna aromatica alle erbe, diffusissime in tutto il Laos -generalmente presso i monasteri buddisti- e meravigliose per rinvigorire lo spirito. Il giorno seguente ci rechiamo a visitare una bellissima cascata, e passiamo la giornata a girovagare per la campagna circostante, per poi tornare a farci un'altra sauna, con massaggio, che finisce per piacere anche a me, sebbene in genere odi essere pungolato e manipolato. Persino l'equivoco incidente nella stanza della sauna -un tentativo di avances da parte di un laoziano solitario- non riesce a rovinare la bella atmosfera. Essendo fisicamente almeno il doppio del laoziano medio, riesco a respingere educatamente le avances e ottengo persino delle informazioni di tipo sociologico! A quanto pare, non è un problema essere gay a Luang Prabang, il Governo è tollerante quasi fino al punto di incoraggiarlo, o così almeno sembra.
Gli hotel a Luang Prabang spaziano dal suddetto cinque stelle ad altri di dimensioni medio-piccole, alloggiati in edifici senza alcun carattere. Decidiamo di tentare la fortuna quindi con una filza di incantevoli pensioncine in legno, in stile tradizionale. Purtroppo però, tra le pareti sconnesse restano fessure che lasciano passare un andirivieni di ratti di fiume, endemici da queste parti, diretti verso la cucina, situata esattamente sotto la nostra camera. La mattina seguente, accorgendosi della nostra partenza prematura, il proprietario dell'hotel, un irlandese, bofonchia, “Qualche problema? Vi hanno spaventato i ratti? Io normalmente metto in guardia la gente, – sorride e aggiunge tristemente, – non c'è niente da fare, sono ovunque. Comunque non sono pericolosi …“. Ci scusiamo imbarazzati, e tagliamo la corda.

Luang Prabang, un luogo che fa parte del patrimonio mondiale dell'UNESCO, fu, tra il 1300 e il 1563, la capitale del Regno del Lan Xang, da cui discende il Laos dei giorni nostri. Una città di circa 16’000 abitanti (di cui almeno 500 sono monaci) e con un numero sbalorditivo di templi storici (33): non c'è da meravigliarsi che straripi di storia e religiosità. I pezzi clou sono il Wat Xieng Thong, meravigliosamente costruito in mattoni color rosa, con mura esterne ricoperte di bellissimi mosaici colorati e il Palazzo Reale, in cui è esposta una collezione di souvenir appartenenti al recente passato del Paese che include un modellino un po' kitch dell'allunaggio donato da Richard Nixon alla famiglia reale accompagnato da una lettera che fa venire i brividi, in cui parla di una “alleanza per la pace” (mentre stava radendo al suolo il Paese a suon di bombardamenti senza che il popolo americano avesse dato approvazione o ne fosse stato informato). La nostra ultima fermata è il Wat Mai Sumannaphumaham, con le sue pareti dorate che mostrano varie scene ispirate alla vita del Budda. Una volta all'anno il Prabang (ovvero una statua in oro del Budda) viene portata qui, dal Palazzo Reale, per essere adorata presso il tempio. Il Budda d'Oro dà il nome alla città, ed conservato in Luang Prabang sin dal 1545, a parte il periodo 1779-1867, quando fu sottratto dagli invasori siamesi.
Il Laos è stato invaso tantissime volte – dagli Siamesi, i Birmani, i Francesi. Le invasioni del 21° secolo sembrano più di tipo economico, caratterizzate da un forte influsso di turisti e di 'investimenti' stranieri. Da quando la Tailandia ha posto delle limitazioni alla propria industria di taglio e trasporto di legname, si è sviluppato un interesse crescente da parte di diversi gruppi tailandesi (tra i quali, si è suggerito, anche l'esercito) per il legname da costruzione laoziano. Robert D. Kaplan riferisce di aver sentito, durante un viaggio in Laos nel 1996, ciò che segue da un anonimo ufficiale dell'ONU:

“I confini si stanno dissolvendo: Tailandia-Laos, Laos-China, Laos-Vietnam. Si vedono continuamente questi TIR che trasportano tronchi giganteschi dalle foreste [del Laos] verso la Tailandia o la Cina. Si tratta di fantastici pezzi di legno duro. I tronchi vengono valutati fino a 25’000 dollari [statunitensi] al pezzo” [pag. 339 The Ends of the Earth, a journey to the frontiers of anarchy, Robert D. Kaplan].

Kaplan conclude: “Il Laos sta per diventare praticamente un'estensione della Tailandia, con le proprie foreste (che vantano la più alta percentuale asiatica di legno duro) a rischio di saccheggio da parte degli imprenditori tailandesi” [pag. 400].

Diretti verso il Nord: Muang Sing e il Triangolo d'Oro

Tempo di muoversi verso Nord. Stanchi di essere sballonzolati nel retro degli autocarri, optiamo per un antico mezzo di trasporto e prendiamo una canoa lungo il Mekong fino a Nong Khiaw (niente da menzionare qui, tranne che il paesaggio lungo il fiume era semplicemente magnifico). Da qua a Udomxai e poi verso Luang Namtha, nuovamente niente di ecclatante, ma vale pena citarli per i nomi in sé! Destinazione finale Muang Sing, un paesino all'estremità settentrionale del Laos, nel cuore del Triangolo d'Oro – la zona compresa fra Birmania, Laos e Cina, in cui si concentra la maggiorparte della produzione mondiale di oppio, e dove il controllo delle autorità è alquanto lasso in tutti e tre i Paesi.
L'arrivo a Muang Sing in pulmino si qualifica come uno degli episodi più surreali del mondo. Il bus viene circondato da un gruppo di signore di una certa età, appartenenti ad una delle tribù locali, tutte vestite con i costumi tradizionali e con i denti anneriti dalla masticazione delle noci di betel, che offrono dai finestrini quelli che a primo acchito sembrano braccialettini, con un gran sorriso e sussurrando le parole “Ganja, Opeeeeeeum”, e senza che quasi te ne accorgi ti rifilano sotto i braccialettini pacchettini incellofanati di una sostanza scura e appiccicosetta che in qualsiasi altro Paese, in Europa o America, ti farebbe finire in galera per un bel pezzo, se trovata in tuo possesso.
I venditori vietnamiti di cartoline illustrate ci erano sembrati insistenti, ma queste nonnine spacciatrici di prima categoria erano a dir poco incorreggibili! Per tutta la città, le guesthouses hanno in bella mostra cartelli con i quali si richiede alla gentile clientela di non fumare oppio o ganja nelle camere, poiché ci sono ronde notturne e ispezioni di polizia e multe salate, fino a 500 dollari, se si viene beccati. Correva voce che le nonnine fossero parte della macchinazione e che dopo averti venduto la merce, ti denunciassero alla polizia, in cambio della restituzione della merce ste
ssa, per poi rivenderla, e così via. Uno scenario un po' torbido, ma non minaccioso o spiacevole – la città rappresenta una meta del cosiddetto 'drug tourism', ma è riuscita a evitare di diventare un luogo di squallore, in parte sicuramente grazie alla sua posizione remota, ed offriva in un certo senso anche uno spettacolo quasi divertente. Con questo non voglio intendere che la dipendenza da oppio non sia un argomento serio. E' un tema complesso, e molti manuali ed esperti mettono in guardia i turisti a proposito del rischio di incoraggiare la tossicodipendenza locale quando si acquista oppio in Laos, con tutte le implicazioni salutari e sociologiche che ne derivano.
Biciclettando in qua e là sulle strade sconnesse che portano verso il confine cinese, ci sorpassa una jeep. A penzoloni dal cassone è seduto un ragazzo che indossa una giubba di tipo militare e un paio di jeans, potrebbe essere un qualsiasi adolescente occidentale, tranne che imbraccia un lancia-granate puntato verso l'esterno del veicolo: certo non un'idea brillante considerato lo stato del fondo stradale, ma ci pare emblematico dell'atmosfera quassù, al di là di ogni limite …

Discendendo il fiume – Video cinesi

L'ultima tappa del nostro viaggio in Laos sembrava semplice e lineare sulla carta: due ore di autocarro da Muang Sing verso il Mekong e lancia fino al confine tailandese. Sì, facile sulla carta. Quando il jeeppone arriva al fiume, scendiamo, in diciotto, e cominciamo a cercare le lance. Gli abitanti del luogo si sono resi conto che siamo appiedati, e ci chiedono (stranamente) una fortuna per caricarci sulle loro speedboats [motoscafi da competizione], che sono mezzi pericolosissimi di per sé su questo tratto roccioso del Mekong e a maggior ragione se si considera che i caschi di protezione sono considerati da queste parti un optional da mocciosette. D'altra parte probabilmente servirebbero solo a prolungare l'agonia, in caso si incidente!
Per complicare ancora di più le cose, salta fuori che, in ogni caso, siamo troppo pesanti con le borse e tutto per usare i motoscafi. Problema. Problema risolto quando ci accorgiamo di una grande nave da carico battente bandiera cinese che sta scaricando la propria merce un po' più a valle rispetto a noi. Cominciano le trattative, portate avanti per la maggior parte da uno strano personaggio di mezza età, stile Action Man americano, diretto verso la Birmania (non ci sembrerà una coincidenza il tentato colpo di stato birmano di tre settimane dopo). Ci decidiamo ad andare con loro, e passiamo la serata a guardare video film cinesi penosamente sottotitolati in inglese, con il capitano e il suo equipaggio. Questi film 'da prima serata' sono i video più scioccanti che ci è mai capitato di vedere. L'equipaggio comprende anche una donna e un bambino, ma lei sembra non farci caso neppure quando le protagoniste (tre prostitute adolescenti) vengono prese a calci e pugni una scena sì e una no… Ai nostri occhi occidentali, questi sono filmetti orrendi e di cattivo gusto; in più sappiamo di dover passare la notte sulla nave, in compagnia di questi marinai cinesi, sorridenti quanto stravaganti; cresce la paranoia… Ma tutto si sistema per il meglio, e dormire nella stiva su materassi di polistirolo, insieme ai topi, non fà che aggiungere un tocco di esoticismo al nostro ultimo tragitto in Laos.

La mattina seguente è un giochetto da ragazzi raggiungere la Tailandia, e il suo mondo fatto di 7/11, McDonalds e comodità, che, dopo tre settimane di Laos, ci sembra, in qualche modo, molto meno attraente di quanto si uno possa pensare.

Approfondimenti:

  • One Foot in Laos di Dervla Murphy, Flamingo Books, 1999.

  • A Dragon Apparent: Travels in Cambodia, Laos, and Vietnam di Norman Lewis, Eland Books, 1951.

  • The Ends of the Earth di Robert D. Kaplan, Vintage Books, 1996.

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