La Natura selvaggia, tra passato e presente.

They took all the trees
Put ’em in a tree museum
And they charged the people
A dollar and a half just to see ’em
Don’t it always seem to go
That you don’t know what you’ve got
Till it’s gone
They paved paradise
And put up a parking lot

[Joni Mitchell, Big Yellow Taxi ]

Presero tutti gli alberi
Li misero in un museo
E fecero pagare alla gente
un dollaro e mezzo per vederli
Non sembra sempre che vada a finire
Che non sapevi che cosa avevi
Finché lo hai perduto
Hanno pavimentato il paradiso
E ci hanno fatto sopra un parcheggio

Il concetto di 'selvaggio' è certamente una costruzione culturale. Se, per esempio, si considera il nord della Groenlandia, per gli Inuit è casa, ma per gli europei occidentali è natura selvaggia. L'idea di selvaggio è basata sul presupposto che l'umanità sia separata dalla Natura. E' un'idea che può esistere soltanto in opposizione a qualcos'altro. L'opposto di ciò che è selvaggio è inteso, almeno per quanto riguarda la società occidentale, come quelle porzioni di territorio occupate e controllate dall'uomo. E' il risultato di un processo iniziato quando Platone separò il naturale dall'estetico.

C'è una curiosa triangolazione che collega il modo di produrre di una società, il suo tipo di religione e il suo atteggiamento rispetto al mondo circostante. I cacciatori-raccoglitori, per esempio, vivono in armonia con l'ambiente e i loro culti animisti riflettono quest'armonia. La società occidentale ha cessato da lungo tempo di vivere in armonia con l'ambiente, ciò è riflesso nella tradizione religiosa giudaico-cristiana. Sin dall'inizio le civiltà hanno adattato le loro credenze religiose per giustificare il loro cambiamento di rapporto con l'ambiente. Da quando la società si è sviluppata attraverso la fase agricola, la religione si è evoluta nel politeismo, riflettendo un equilibrio tra l'intervento umano e il bisogno di un intervento divino. Con l'evoluzione nel monoteismo si formò la credenza che la terra fosse creata da Dio per il beneficio dell'umanità. Quando combinata con la razionalità greca, la separazione tra l'umanità e la Natura divenne completa. Ogni connessione tra Natura e divinità fu dissolta con la svolta verso la modernità, svolta basata sulle idee dell'Illuminismo.

In questo modo l'umanità poté giustificare il suo sfrenato sfruttamento dell'ambiente. La Natura divenne una comodità da essere usata e abusata a piacere. Ciò che non era 'umanizzato' era selvaggio, indomato e minaccioso. Durante l'età del progresso, l'imperativo morale era di migliorare la Natura, intromettersi, reprimere il selvaggio per renderlo produttivo. Quelli furono giorni di sviluppo progressivo; congegnando una tecnologia più avanzata, l'umanità fu in grado di usare le risorse naturali 'gratuite' che portarono alla Rivoluzione Industriale e alla conseguente esplosione demografica. La modernità portò con sé un pronunciato dualismo che esasperò il contrasto tra l'umanità e la Natura, tra l'ordine e il caos. A questo stadio, l'attitudine occidentale verso il selvaggio era quasi esclusivamente negativa. La Natura, nel suo stato rozzo, sarebbe stata poco più che un ostacolo all'espansione della popolazione e il suo unico uso sarebbe stato quello di fonte di materie prime. Dopo aver eliminato le foreste e averlo ripulito da orsi e lupi, il territorio poteva essere trasformato in terreno agricolo.

In risposta alla frenesia della modernizzazione, dell'urbanizzazione e di una pura visione materialistica della natura, emerse un'alternativa rappresentata dal Romanticismo. Lo sfruttamento delle risorse provocò un enorme aumento della popolazione che portò ad un conseguente aumento dell'urbanizzazione, dello squallore, dell'inquinamento e della distruzione dell'ambiente naturale. La gente cominciò a realizzare cosa fosse la mancanza di aria pulita, spazio aperto e silenzio e una visione positiva di selvaggio iniziò ad emergere. In America furono fondati i primi parchi naturali allo scopo di preservare ciò che di selvaggio era rimasto. Il fenomeno dei parchi naturali si diffuse sul globo. Sebbene simboleggiassero una valorizzazione dell'ambiente incontaminato e una speranza di conservazione di almeno una parte di esso, i parchi perpetuavano la contrapposizione umanità – Natura. Il contributo dell'approccio conservazionista alla salvaguardia ambientale fu l'idea di creare poche isole protette in un contesto in cui il resto del globo restava comunque non salvaguardato e poteva essere usato e abusato. Come sottolinea John Vidal nel suo articolo, “Il grande mito del selvaggio”, queste aree di selvaggio gestito sono in realtà controverse. La gente è esclusa e l'ecologia è controllata, divenendo così innaturale. Potrebbero ben essere i “musei degli alberi” a cui fa riferimento Joni Mitchell nella sua canzone.

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