Judge Savage – Tim Parks

Come va con Hellas Verona? Segue ancora le partite? Non ha mai avuto la tentazione di passare al Milan o la Roma, per assaporare la vittoria?

Sono più di dieci anni che ho un abbonamento stagionale. Non mi è mai neppure venuto in mente di cambiare squadra. Ciò che conta per me è poter andare allo stadio, incontrare i miei amici, farsi quattro risate o lamentarsi insieme, magari andare a bere una birra dopo la partita, e sentirmi parte di un qualcosa, anche se è un qualcosa che esiste veramente solo la domenica pomeriggio. È uno degli aspetti belli della vita. Non ci sono altre preoccupazioni che il Verona quando sei allo stadio, né la gente che conosco là ha mai cercato di invadere la mia vita al di fuori dello stadio. A me piace questo.

Da tifoso, qual è la sua opinione sullo stato di salute del calcio italiano?

La gente vuole eccitamento, polemica, sospetto, complotto, la sensazione di essere ingannata, ecc. E col calcio ottiene proprio questo. Precisamente nel caos generale, va tutto bene. Forse a volte passano il limite. Io non riesco a capacitarmi perché non usino la moviola per cose tipo il fuorigioco!

Consigli per un tifoso del Bologna?

Per favore battete il Chievo in classifica.

Lei ha parlato di una possibile versione cinematografica di Cara Massimina, ci sono novità?

La novità è che ogni volta che iniziano a cercare un cast per il film, qualcosa va storto dal punto di vista finanziario o muore qualche personaggio importante. Pare che al libro sia associata una specie di maledizione. Per fortuna mi hanno pagato i diritti d'autore alcuni anni fa!

In Italiani, Un'istruzione italiana, e Questa pazza fede, ha scritto estensivamente sulla cultura e la società italiane. Ha notato qualche cambiamento importante nella cultura/società italiane dalla pubblicazione di Italiani?

La risposta è ovviamente sì e no. L'Italia sembra sempre essere lì lì per tramutarsi in una 'moderna nazione europea', ci sono sempre riforme sul punto di essere varate, ma poi chissà come all'ultimo momento non se ne fa nulla. Devo dire che dopo essermi inizialmente illuso che le cose sarebbero cambiate durante Tangentopoli, adesso mi pare che le cose siano più o meno come sono sempre state, e che questi 'aggiustamenti' siano fisiologici … Ma forse è così perché ho letto parecchio sul 15° secolo e ho scoperto come molti comportamenti risalgano a quei tempi. Comunque, questa non deve essere interpretata come una critica a cuore aperto. Credo che l'Italia abbia un suo caratteristico modo di procedere. Di cui non bisogna farsi beffe.

Lei è autore di fiction, cosa viene prima: lo stile o la storia?

Non c'è una vera distinzione in questo caso. Non inizio a scrivere sino a che non ho la prima frase, e questa già racchiude sia lo stile che la storia. L'uno è governato dall'altra e viceversa. Generalmente, la prima pagina contiene tutto il progetto. È solo una peculiarità del linguaggio che ci costringe a separare stile e storia in due concetti distinti.

Beckett scrisse Aspettando Godot in francese, ha mai la tentazione di scrivere un pezzo letterario in italiano?

Mi è capitato di scrivere pezzi in italiano, ma solo per divertimento. Un libro, scritto in italiano, fu persino accettato da una casa editrice, ma io decisi di ritirarlo prima della pubblicazione, per una serie di ragioni. Mi sembrava troppo ingenuo. Che fosse più il risultato del mio tentativo di fare i conti con la lingua italiana e di divertirmi con essa che niente altro. Beckett d'altra parte aveva un progetto molto particolare, quello di evitare e allo stesso tempo di rivelare l'importanza che la lingua riveste nel determinare cosa si scrive, di dimostrare tutto ci&o
grave; che è istintivo e non personale nel nostro modo di pensare. E lui pensò che l'avrebbe meglio dimostrato se avesse scritto in francese per poi tradurre 'all'indietro', verso l’inglese. Questo non fa parte dei miei progetti. Oltretutto bisogna dire che quando [Beckett] riscrive i pezzi francesi in inglese, particolarmente nella trilogia, questi sono di gran lunga migliori, arricchiti, rispetto agli originali in francese, precisamente perché accetta così tanti spunti dal gaelico idiomatico.

Ha scritto senza tanta ammirazione delle tendenze del momento nella letteratura inglese. Chi sono gli autori (se ce ne sono) che le piace leggere?

Sembrerò poco simpatico se dico che non c'è nessuno che in verità vorrei leggere. Ma la verità è che in questi giorni, le mie letture non sono rivolte in quella direzione. In parte a causa dei saggi che sto scrivendo al momento, sto leggendo libri di altri Paesi, di altre epoche, per cui non è che mi interessi molto di scrittori inglesi contemporanei. Il che non significa che non ci siano tanti buoni autori sulla piazza. No, aspetta! Coetzee è uno di quelli che mi piacciono. E in America, Nicholson Baker. E tornando in Inghilterra, Geoff Dyer. La sua produzione è sempre intrigante.

In un'intervista su 3AM Magazine, parlava del legame fra politica di sinistra e realismo magico. C'è una qualche influenza politica nei suoi romanzi?

Penso che come tanti altri scrittori, uno tenda a satirizzare la retorica e il fervore di alcune posizioni politiche, ma quando comincio un libro non penso mai di voler fare un’aperta dichiarazione di tipo politico. Non progetto di cambiare il mondo. Credo che ciò che è maggiormente irritante a proposito dell'odierno connubio fra politica e mezzi di comunicazione, sia il modo in cui certi dibattiti, che non paiono minimamente importanti, siano portati avanti con la massima intensità e copertura mass-mediale (ti viene in mente l'eterno dibattito italiano su quello che sono, dopotutto, questioni minime relative al sistema pensionistico), mentre quelli che sembrano essere argomenti chiave, tipo in che modo riarrangiare la nostra società per affrontare l'effetto-serra, o un emergente terzo mondo, vengano in larga parte ignorati.

Lei possiede un sito web personale, e in Questa pazza fede faceva riferimento ai siti web dei tifosi e alle chat-room. Quanto si interessa di Internet e tecnologie in termini generali? L'avvento di Internet ha cambiato il suo modo di scrivere e lavorare?

Il sito web mi è parso una via intelligente per fornire al pubblico un tipo di informazione non contaminata dal taglio che alcuni giornalisti inevitabilmente danno alle recensioni, e in alcuni casi, alle interviste. Mentre scrivevo il libro sul calcio, sono rimasto veramente affascinato dal modo in cui la comunità dello stadio, e il suo essere una zona franca, un luogo in cui può essere espressa qualsiasi opinione, anche la più inaccettabile, si propaghi poi nelle chat-room in rete. In generale, la rete è grandiosa in quanto fornisce un forum non controllato dai soldi dei mass-media. D'altra parte però non direi che abbia cambiato il mio modo di scrivere in alcuna maniera.Ma quello che ha cambiato il modo in cui si scrive è la facilità offerta dal computer a certi tipi di lavoro di revisione. Lo stile di un libro come Destino è stato indubbiamente facilitato dal computer. Dopo aver buttato giù un dozzina di pagine manoscritte, le caricavo sullo schermo e passavo ore a riflettere su quale effetto si poteva raggiungere introducendo materiale fra una frase e l'altra, spostando, cancellando o aggiungendo un periodo, per dare la sensazione che altri modelli di pensiero irrompessero nella bozza originale. Certamente avrei potuto fare questo anche sul manoscritto, ma la semplicità di farlo sul computer ti induce a scrivere le cose per vedere che effetto fanno. Su un pezzo di carta pieno di correzioni, è difficile rendersi conto se le revisioni funzionino o meno. Joyce, si ricordi, una volta raccontò a Frank Budgen di aver passato un'intera giornata a cercare l'ordine di parole più adatto in una frase contenente non più di una dozzina di termini. Chissà di quanti altri trucchetti sarebbe stato capace avesse avuto l'intero Ulisse sul monitor.


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