Caos nelle città. Architettura, Modernismo e Crisi del Petrolio. Intervista a James Kunstler

In parte i problemi dello sviluppo urbano negli Stati Uniti si possono ricondurre alla sacralità della proprietà privata. In The City in Mind Kunstler scrive che il diritto di proprietà statunitense era legato all'individualismo: un locatario poteva venire multato per non avere acqua corrente ma non si poteva entrare nella proprietà per installarla. E neppure i suoi affittuari potevano sporgere denuncia se non era in regola con la legge [35]. Gli ho chiesto delle differenze a livello legale fra America ed Europa in termini di pianificazione. “I paesi europei hanno leggi e tradizioni sulla proprietà terriera molto diverse da quelle americane. Tendono a produrre un genere di proprietà con molti più obblighi e requisiti insiti. In un certo senso, la proprietà terriera in Europa si può vedere proprio come una forma solo più elaborata di affitto a lungo termine. In un regno, in particolare, esiste il tacito accordo che il proprietario finale di tutti i terreni sia la corona, qualunque sia l'effettivo stato delle cose. Le autorità hanno molta più facoltà di dire ai possidenti terrieri europei quel che possono e non possono fare con la propria terra”.

Ho domandato a Kunstler come si fa a disegnare una città in cui sia facile orientarsi, un tema presente in The City in Mind. “Qualcosa come la città medievale ha certamente il suo fascino. Oggi la maggior parte delle città europee conserva almeno dei 'quartieri' gotici. Ci si orienta con strumenti diversi dalla cartina leggibile, razionale, composta di strade e isolati. Con dei punti di riferimento, per esempio. Le torri campanarie sono un metodo per capire dove ci si trovi. Si possono vedere da lontano. Così come le interruzioni nel tessuto urbano conosciute come piazze e slarghi di varie dimensioni. Un altro metodo è la 'vista a termine', un modo di posizionare importanti edifici in fondo alle strade, un metodo che ha, fra gli altri, l'effetto di spezzettare un percorso più lungo in inter
valli minori; si stabilisce una destinazione visibile (un tribunale o un palazzo), lo si raggiunge, e poi si passa alla destinazione visibile seguente (una piazza, una cattedrale) e in questo modo ci si fa strada per la città a tappe. Non è semplice come il sistema di isolati ortogonali e numerati di Manhattan, ma funziona abbastanza bene e ha molto più fascino. Per il visitatore c'è anche il fascino di un puzzle non troppo difficile da risolvere”.

In Europa recentemente sono risuonate voci preoccupate per l'impatto dei giganti commerciali suburbani, raggiungibili comodamente solo in automobile, sul tessuto delle locali comunità e città. A Dublino sono sorte dispute su dei piani controversi di cambiamento della legislazione in modo da permettere ad una catena multinazionale dell'arredamento di costruire un enorme negozio alla periferia nord [N.d.E.: La legge successivamente è stata cambiata, con l'eliminazione del precedente tetto di 6000 mq per i locali di vendita al dettaglio]. Kunstler però non è preoccupato più di tanto dall'impatto di queste mega catene: “ Credo che il format di grandi catene di negozi sia un fenomeno temporaneo, il prodotto di certe condizioni economiche anomale che non si perpetueranno nei decenni a venire. Difendersi contro queste catene multinazionali mangiatutto è difficile, se non impossibile. Ma sono sul punto di declinare e scomparire. Combattere contro gli Ikea e i Wal-Mart di questo mondo è, a questo punto, una perdita di tempo. Scompariranno sorprendentemente presto. Il modello nazionale di commercio a catene di grandi magazzini non sopravviverà al perpetuo affanno energetico mondiale e alle condizioni che ne derivano, in particolare la fine dei trasporti a lunga distanza a basso costo e delle catene di produzione da 20 mila chilometri. In un futuro energetico non a basso costo i loro bassi margini di profitto verranno annullati. Negli anni a venire la vita diventerà estremamente locale, e la scala di ogni attività dovrà ridursi”.

Passiamo a parlare di petrolio e del picco di Hubbert. M. King Hubbert predisse che la produzione petrolifera mondiale avrebbe raggiunto la punta massima sul finire degli anni '90, dopo di che i costi di estrazione si sarebbero fatti gradualmente sempre più cari per le maggiori difficoltà di estrazione di petrolio meno accessibile, in un momento in cui un'economia mondiale in crescita ne avrebbe richiesto anche di più. Nel 1956 Hubbert predisse correttamente l'anno in cui la produzione petrolifera negli Stati Uniti avrebbe raggiunto il suo picco massimo; le sue previsioni per la produzione mondiale sono state spostate naturalmente solo di qualche anno per la crisi petrolifera degli anni Settanta.

“Il consenso fra coloro che studiano il fenomeno del picco di produzione petrolifera, soprattutto Colin Campbell, Kenneth Deffeyres e colleghi, molti di loro ex geologi per le compagnie petrolifere, è che il 2005 sarà effettivamente l'anno del picco. Dopo di ciò, lo sviluppo suburbano sarà in crisi, se ci sarà. Le nostre città dovranno ridursi. Ci saranno problemi coi rifornimenti alimentari. Come conseguenza bisognerà coinvolgere l'hinterland delle nostre città e cittadine in una produzione alimentare locale molto maggiore. Buona fortuna”. Ho controbattuto con le previsioni dell'Organisation for Economic Cooperation and Development (OECD) secondo le quali il petrolio costerà ancora solamente 35 dollari a barile nel 2030. La replica di Kunstler è brusca: ”Quelli dell' OECD sono fuori di testa”. E neppure ripone ancora molta fiducia nelle fonti di energia o mezzi di trasporto alternativi. “Nessuna combinazione attualmente conosciuta di carburanti o sistemi alternativi ci permetterà di far girare la società americana com'è stata finora, o perfino una sua parte limitata. L' 'economia a idrogeno' è una fantasia pericolosa. Se vogliamo continuare a tenere accese le luci dopo il 2020 probabilmente dovremo costruire più centrali nucleari. Non sto esprimendo necessariamente un desiderio personale, dico solo come stanno le cose”.

“Il Segway è un'invenzione ammirevole, ma finirà logicamente con l'essere una protesi costosa per persone e invalidi benestanti, non un mezzo di trasporto di massa, come nelle intenzioni del suo inventore, Dean Kamen. Le ragioni di ciò sono molteplici: 1) Saremo una società molto meno agiata in un mondo post-energia a buon mercato ed il Segway è proprio il tipo di giocattolino costoso che meno persone potranno permettersi. 2) La rete elettrica si troverà ad essere sotto una grave pressione con l'emergere della crisi dei gas naturali. L'elettricità diventerà molto più cara ed è probabile che attraverseremo un periodo (almeno) di cronici black out o cali di corrente. 3) Per la gente sana camminare è un modo di spostarsi molto più efficiente, naturale, piacevole ed economico. Come molte inutili 'tecnotrovate' (ad es. l''hyper-car' di Amory Lovins), l'idea di un uso di massa del Segway costituisce una distrazione dal ben più importante compito per l'umanità, quello di ritornare a progettare comunità vivibili a piedi”.

Questo futuro tetro sembra rendere ridondante l'appello affinché la gente usi i mezzi di trasporto pubblici: chiedo a Kunstler se si può far perdere l'abitudine all'uso dell'auto privata. “La gente perderà il vizio dell'auto, – mi ha risposto, – solo se le circostanze la obbligheranno a farlo. Non verrà persuasa con la politica a vivere in maniera diversa. Ad ogni modo, la disposizione fisica della vita in America costringe all'auto in maniera così totale che la disposizione di vita stessa sarà a rischio, non solamente i trasporti su strada. Un problema che raramente è stato preso in considerazione è che guidare diventerà sempre più un privilegio, un'attività meno democratica di quanto non sia stata finora. La classe media economicamente sarà distrutta dalla crisi energetica mondiale. Potranno sempre meno permettersi un'auto, con spese per i possessori che in media si attestano sui 6000 dollari l'anno. Cosa accadrà quando il 14 per cento della popolazione non potrà più prendere parte al sistema motoristico obbligatorio? O il 23 per cento? O il 37 per cento? Grosse grane politiche. Ad ogni modo, la presenza delle auto nelle nostre vite si ridurrà nel prossimo decennio o due.”.

Per finire, domando a Kunstler se tutto questo parlare di pianificazione urbana e suburbana non sia accademico a fronte dell'esaurimento delle riserve di petrolio. Questo è il tema del suo prossimo libro. “Sì, molti di questi discorsi sulla pianificazione urbana e temi collegati a questo punto sono in qualche modo accademici, a fronte della marea planetaria di cambiamenti sociopolitici che ci sommergerà con la crisi del petrolio. Di questi giorni dico spesso al mio pubblico che nei prossimi decenni il New Urbanism [quartieri compatti ad uso misto a misura di pedoni] costituerà l'unico Urbanism. Sarà una fine improvvisa e scioccante per lo sviluppo dei sobborghi periferici. Il guaio è che saremo una società molto più povera ed il ritorno alle tradizionali disposizioni abitative non sarà una transizione facile. Il fallimento dei sobborghi avrà ripercussioni politiche turbolente. Assisteremo ad una liquidazione di proprietà impoverite con il crollo di valore degli immobili in periferia. Avrà luogo una lotta poli
tica per le briciole e avanzi del ventesimo secolo. Molte persone perderanno il lavoro. Nicchie di lavori artigianali scompariranno. Emergerà una nuova classe sociale economica di perdenti: l'ex classe media. Saranno incazzati per la perdita dei loro 'diritti' al 'Sogno Americano'. Creeranno molto casino politico. Potrebbero pure votare per dei matti che promettono di far scomparire magicamente tutti quei guai. Ci sarà un bisogno estremo di produrre più alimenti localmente, e molti problemi per far sì che accada, dalla ridistribuzione di terreni ai problemi tecnici della produzione alimentare con una forte riduzione delle fonti energetiche di origine organica. Molte persone potrebbero soffrire la fame ed in alcune parti degli Stati Uniti potrebbero scoppiare violenze. Alcuni posti, come Phoenix e Las Vegas, letteralmente si prosciugheranno e salteranno in aria nei prossimi cent'anni. Altrove i sopravvissuti vivranno in ambienti molto più tradizionali, anche se saranno circondati da molte rovine e relitti di un'epoca precedente”.

Bibliografia

Peter Calthorpe, The Next American Metropolis: Ecology, Community and the American Dream, (Princeton Architectural Press) 1993 (New Urbanism)
Kenneth Deffeyes, Hubbert's Peak: The Impending World Oil Shortage, (Princetown University Press) 2001
Andreas Duany, E. Plater-Zyberk & Jeff Speck, Suburban Nation: The Rise of Sprawl and the Decline of the American Dream, (Farrar, Straus, Giroux, NY) 2000
Joel Garreau, Edge City: Life on the New Frontier, (Doubleday, NY) 1991
E. Michael Jones, Living Machines: Bauhaus Architecture as Sexual Ideology, (Ignatius Press) 1995
James Howard Kunstler, The Geography of Nowhere: The Rise and Decline of America's Man-MadeLandscape, (Simon & Schuster, NY) 1993
James Howard Kunstler, The City in Mind: Notes on the Urban Condition, (Free Press) 2001
James Howard Kunstler, The Long Emergency, (Atlantic Monthly Press, forthcoming)
The End of Suburbia: Oil Depletion and the Collapse of the American Dream, (documentary film) director: Gregory Greene


www.Kunstler.com

Smoking Gun: The CIA’s Interest in Peak Oil – an essay by Richard Heiderberg

Association for the study of peak oil and gas

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