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Arianna Borelli – Three Monkeys Online Italiano https://www.threemonkeysonline.com/it La Rivista Gratuita di Attualità & Cultura Thu, 08 Dec 2016 08:16:06 +0000 en-US hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.0.21 110413507 Viva Zapatero – verso una nuova informazione https://www.threemonkeysonline.com/it/viva-zapatero-verso-una-nuova-informazione/ https://www.threemonkeysonline.com/it/viva-zapatero-verso-una-nuova-informazione/#respond Tue, 01 Mar 2005 09:00:39 +0000 https://www.threemonkeysonline.com/it/bwp/viva-zapatero-verso-una-nuova-informazione/ Viva Zapatero! spalanca una porta su una nuova anomalia vergognosa (o vergogna anomala) tipicamente, ed esclusivamente ITALIANA, rispetto alla situazione globale dell'Europa sulla satira.E' sconvolgente, durante l'evoluzione del film, notare e riflettere sulle differenti modalità di organizzazione e svolgimento della satira nei paesi limitrofi al nostro: chi fa satira in Francia, Germania, Olanda, Inghilterra è […]

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Viva Zapatero! spalanca una porta su una nuova anomalia vergognosa (o vergogna anomala) tipicamente, ed esclusivamente ITALIANA, rispetto alla situazione globale dell'Europa sulla satira.E' sconvolgente, durante l'evoluzione del film, notare e riflettere sulle differenti modalità di organizzazione e svolgimento della satira nei paesi limitrofi al nostro: chi fa satira in Francia, Germania, Olanda, Inghilterra è considerato un artista, portatore di un sapere informativo integrante e 'parallelo' rispetto alla diffusione 'classica e standard' delle informazioni ad arte dei mass-media tradizionali (telegiornali, radiogiornali, stampa periodica e quotidiana).

In uno stato in cui il governo è pulito, onesto e tranquillo rispetto al proprio operato, la satira non è temuta, anzi è invocata come sano e ironico, nonché divertente, mezzo di riflessione auspicabile; e della satira sono vittime i più elevati organi di governo, su tutti gli aspetti della loro vita, privata e pubblica, quasi come fosse 'il dazio' da pagare, con cui misurarsi, visto il ruolo rivestito.Credo valga la pena citare il caso francese in cui TUTTE le sere alle ore 20 (orario di massimo audience) va in onda, su un canale di stato, un programma satirico, Les Guignols de l'info, per un'ora intera, che ha come principale, se non esclusivo, oggetto di spirito Chirac… Chirac beffeggiato, ridicoleggiato, trucidato mentre siede tranquillo in poltrona, da due sicari vestiti come John Travolta e Samuel Jackson da Pulp Fiction perché non ha mantenuto le promesse avanzate durante la campagna elettorale. Proviamo solo ad immaginare cosa accadrebbe in Italia a chi osasse inscenare una tale situazione? Vista la fine dei vari Biagi, Santoro, Luttazzi, Guzzanti, Fò, è lecito intravedere per il malcapitato solo il patibolo…

La Guzzanti ha portato il suo Viva Zapatero! a Venezia, dove ha conquistato 12 minuti di applausi, per chiedere che venga fatta giustizia e, soprattutto, perché tutti sappiano i veri motivi per cui RAIOT, il suo ultimo programma satirico, è stato sospeso dalla Rai, aggrappandosi a false motivazioni e appigli puramente formali, soggettivi e inesistenti.
La tattica utilizzata è stata quella di lanciare alla Guzzanti querele milionarie per diffamazione, calunnia, mancanza di buon senso, volgarità da parte, rispettivamente di: Mediaset, Fininvest, Canale 5, … In una mattinata Sabina ha ricevuto querele per 23 milioni di euro condite da accuse, ingiurie e divulgazione di notizie non vere.
La Cassazione, dopo mesi di indagine, scagiona in maniera assoluta Sabina, dichiarando che non sussiste il presupposto né per calunnia, né per offesa, né per volgarità inespresse.Il titolo Viva Zapatero!, oltre ad essere una citazione di un noto film di Marlon Brando Viva Zapata!, vuole rappresentare un omaggio al Premier spagnolo, soprattutto in riferimento all'iniziativa che non permette più che sia il potere politico a gestire e invadere l'informazione pubblica, le tv di stato e la stampa a diffusione nazionale. Perché, anche se molti vogliono farci credere che la libertà è un lusso, non bisognerebbe assuefarsi a questa idea, oppio delle menti vive e attive.

La Guzzanti è stata accolta da un fiume di applausi anche nella stipata sala bolognese, dove a metà settembre ha presentato il suo documentario. Il pubblico, a stragrande maggioranza giovanissimo, si è mostrato entusiasta, attento, coinvolto, interessato, attivo e partecipe; Sabina ce l'ha fatta, ha trascinato con sé il 'popolo'; c'erano voglia di conoscere, curiosità e interesse in quella sala..

RAIOT era piaciuto e, dopo la sospensione della sua messa in onda sulla tv pubblica, Guzzanti e Co. organizzarono una sorta di sommossa popolare, andando in scena all'Auditorium di Roma in collegamento via satellite (l'aria è ancora libera…APPROFITTIAMONE!!!!): le immagini riportate nel documentario mostrano 15 mila persone all'esterno dello stesso Auditorium per seguire sul megaschermo RAIOT, che in quella occasione raccolse anche centinaia di presenze di personaggi famosi, amici e solidali con Sabina (forse anche perché, come lei, molti erano già state vittime del 'regime mediatico'…)

In Viva Zapatero!, gli incontri e gli scambi di opinioni della Guzzanti con i comici satirici europei svelano come, ancora una volta, la nostra povera Italietta, attualmente devastata sotto tutti gli aspetti, rappresenti una 'mosca bianca' in tutta l'Europa, essendo appunto l'unica nazione in cui la politica imbavagli volutamente i comici satirici. Confrontandosi con un Paese governato da un uomo, Silvio Berlusconi, che è l'incarnazione vivente del conflitto di interessi, tutti i colleghi d'oltralpe di Sabina, qualora intervistati, affermano strabiliati come nei loro Paesi, Berlusconi non potrebbe nemmeno candidarsi per il ruolo che invece in Italia gli è concesso di ricoprire.

Sabina però su questo punto è chiara, e davanti ai giovani bolognesi, al cinema Rialto, tiene a sottolineare: “Viva Zapatero! non è un film contro Berlusconi, è un film contro il sistema italiano, che è un sistema televisivo mass-mediatico marcio e succube di un regime. E in effetti la pellicola non fa sconti soprattutto a chi, almeno in teoria, dovrebbe fare opposizione: non a caso, i momenti più esilaranti, che hanno strappato più applausi anche in sala, sono quelli in cui vediamo gli imbarazzi e le esitazioni di esponenti del centrosinistra, di fronte alla censura. Memorabili sono le rincorse di Sabina, lungo la strada sottostante la sede della Commissione di Vigilanza all'inseguimento dei vari esponenti, senza ottenere MAI una risposta esauriente o almeno pertinente: l’intervista all’attuale presidente Rai, Claudio Petruccioli, all’epoca numero uno della Commissione di Vigilanza si articola in una serie di imbarazzatissimi silenzi, dinanzi alle domande della Guzzanti.

Insomma: non si tratta di propaganda anti-premier e basta. Anche perché, come ricorda Santoro, “la censura c’era già prima di lui, e in parte sempre ci sarà. E' il metodo, il sistema italiano che non funziona, è l'organizzazione in sé che crea le basi per la censura. In Italia è successo qualcosa di più: una malattia profonda, una degenerazione. In questo senso, il film non è contro Berlusconi, ma parla invece del dopo Berlusconi, avanzando una profonda critica accusatoria anche alla 'nostra' parte di politici: ai tutti quei politici dell'opposizione che avrebbero dovuto battersi, interpretando la volontà dei cittadini, e non l’hanno fatto”.

La critica a Berlusconi sarebbe stata troppo scontata, anche perché a questo punto sarebbe forse troppo semplice…una sparatoria contro l'ambulanza! La critica grave e profonda avanzata da Viva Zapatero! è rivolta alla sinistra, a quanto non ha fatto, nel momento in cui poteva risolvere il conflitto di interessi, nel periodo in cui avrebbe potuto sconvolgere e ripristinare un innovativo sistema di elezione del CDA [Consigli Di Amministrazione] della televisione pubblica, in maniera globalmente indipendente da interferenze politiche… E' rendersi conto di queste gravi “nostre” mancanze che lascia l'amaro in bocca alla fine del documentario.

Quello che amareggia è l'ascoltare testimonianze di noti giornalisti della Rai che raccontano di come vengano stralciate intere notizie a pochi minuti dalla messa in onda, eliminati interi servizi, sostituiti con pezzi di cronaca, gossip o dati metereologici, servizi p
roiettati in ordine che nulla ha di giornalistico, ma solo improntati a distogliere l'attenzione degli utenti, incanalandola laddove risulta meno 'pericolosa'; e poi, continuando su questa onda, si presentano dibattiti in cui non esiste il contraddittorio, in cui il giornalista intervistatore mediatore della discussione altro non fa che porgere il microfono, senza indagare e approfondire nei confronti di quanto gli/le viene propinato dal politico di turno.Il giornalista italiano, criticano tutti gli amici di Sabina stranieri, ha il terribile difetto di arrendersi, accontentarsi della prima risposta….errore madornale: il politico con la prima risposta è salvo, è la seconda domanda che può spiazzarlo, e in Italia conviene mai fatta. (Un esempio? “Lei è implicato nel tale processo per corruzione?”
“No, certo che non lo sono!”
“Ok, passiamo ad altro…”)

Il film documentario è talmente pregnante di significati e spunti che andrebbe riportato 'stenograficamente'; tutte le frasi, i gesti., gli eventi sono in grado di sconvolgere lo spettatore e palesargli di quanto quotidianamente si viene tranquillamente presi in giro, abbindolati da trucchi mediatici e televisivi.

Di particolare impatto emotivo e commovente risulta l'intervento di Enzo Biagi, veterano della Rai, licenziato in malo modo con “ricevuta di ritorno”; il viso di Biagi è sconvolto, gli occhi a stento trattengono le lacrime; Enzo è deluso da quella ricevuta di ritorno, che in lui ha significato un “Così non puoi dire che non avevi ricevuto la lettera di licenziamento”… Devastante per chi ha dedicato la vita al giornalismo, quello vero, quello profondo, quello in cui si crede, il giornalismo per la cui conquista si è combattuto.

E poi testimonianze di Luttazzi, Santoro (“Ho fatto di tutto per tornare a lavorare…”), Paolo Rossi, Beppe Grillo, che colleziona querele, senza arrendersi o impaurirsi.

Sabina prima di lasciarci alla visione del documentario aggiunge che al film è connesso un ulteriore obbiettivo concreto: ”far capire ai politici che devono fare quello per cui vengono votati . All’uscita del film è legato infatti un appello al prossimo governo, promosso da diverse personalità del mondo dell’informazione e della cultura, in cui si chiede che l’informazione venga sottratta al controllo politico, che la legge Gasparri venga abolita e che ne venga fatta una seria sul conflitto d’interessi. Sarà possibile firmare l’appello all’uscita di ogni sala.”.
Tale appello è stato stilato grazie alla collaborazione con l'associazione “VIVA ZAPATERO”, sul cui sito si può trovare, leggere e, se si desidera, firmare lo stesso appello.

Un tempo la libertà dall'uomo era vissuta e concepita in termini molto più concreti, pratici, rappresentava un valore fisico, di movimento, di conquista del proprio spazio vitale; Viva Zapatero! fa invece riferimento ad un concetto di libertà mentale, spirituale, di espressione all'interno di quello spazio televisivo, mediatico, informativo che deve essere di tutti, spazio dove tutti devono trovare l'opportunità di esprimersi.
Sabina Guzzanti ha voluto dimostrare che nel momento in cui il sistema riesce a farci vedere e ascoltare solo quello che esso dall'alto ci vuole imporre, il suo trasformarsi in “regime” per farci poi fare quello che esso stesso vuole, ne è la diretta inevitabile conseguenza…

George Orwell docet….


www.VivaZapatero.org

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La Bestia nel Cuore https://www.threemonkeysonline.com/it/la-bestia-nel-cuore/ https://www.threemonkeysonline.com/it/la-bestia-nel-cuore/#respond Tue, 01 Feb 2005 09:00:39 +0000 https://www.threemonkeysonline.com/it/bwp/la-bestia-nel-cuore/ Sabina (Giovanna Mezzogiorno) è la dimostrazione del fatto che con “la bestia nel cuore”, anche se latente, anche se sepolta sotto anni di oblio, non si può vivere serenamente; le bestie del cuore vanno dissepolte, affrontate, accettate e 'digerite', altrimenti non ci si libererà mai dagli incubi, non si sarà mai sé stessi, non si […]

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Sabina (Giovanna Mezzogiorno) è la dimostrazione del fatto che con “la bestia nel cuore”, anche se latente, anche se sepolta sotto anni di oblio, non si può vivere serenamente; le bestie del cuore vanno dissepolte, affrontate, accettate e 'digerite', altrimenti non ci si libererà mai dagli incubi, non si sarà mai sé stessi, non si potranno mai abbracciare i propri figli…

La Bestia nel Cuore conquista le sale del cinema italiano in un momento particolarmente importante per la famiglia italiana e il ruolo che da lei è sempre stato ricoperto… periodo di grande rivoluzione e cambiamento all'interno dell'istituzione 'portante' della storia dell'Italia e forse dell'uomo. Istituzione importante, fondamentale, nido di tanti affetti, amori, emozioni e sentimenti, ma forse troppo spesso grottesco teatro e baratro di piccoli, silenti e drammatici episodi quotidiani, che proprio perché consumati nell'ambiente familiare, per definizione positivo e sicuro, restano per lungo tempo ipocritamente e volutamente nascosti, protetti, anch'essi, in nome del “noi siamo uniti, siamo una famiglia, dobbiamo stare uniti e volerci bene”.

La minaccia più forte e grave che il film della Comencini lancia risiede proprio in questa ipocrisia che consente una legittima difesa di veri e propri delitti incestuosi, nascosti dietro un paravento di innocente e ufficiale normalità.Nel film non è solo il gesto dell'abuso sui figli minori a sconvolgere, ma la normalità opaca e ripetitiva con cui tale abuso viene quotidianamente consumato dal padre, osservato passivamente dalla madre e riproposto giorno dopo giorno, senza alcuna espressione di ribellione, in nome della difesa della 'famiglia'. Dinanzi alla richiesta di aiuto da parte dei bambini, la madre giustifica il padre: ”è buono, è malato, è viziato… dobbiamo volergli bene, siamo una famiglia”.

Assume le caratteristiche dell'incredibilità assistere al cambiamento radicale di personalità e atteggiamento in cui viene coinvolto ogni sera il padre, rispetto a come appare e si dimostra durante il giorno: uomo impeccabile, autoritario e rigido insegnante, simbolo di cultura e sapienza che la notte, si appropinqua per anni alla stanza del figliolo, e con voce infantile, debole, quasi impaurita, gli rivolge il solito invito “Daniele, vieni”… Daniele, durante la visita natalizia di Sabina a New York, le chiederà, in preda all'angoscia: “Ma per quale scopo ha studiato e appreso tanto, se poi doveva farci tutto questo male?”

Il film minimizza la portata drammatica dell'incesto mischiando il tormento di Sabina e Daniele con drammi esistenziali di portata decisamente minore: tradimenti, infedeltà, amori saffici, comunque magistralmente interpretati da un cast eccezionale, fra cui va sottolineata la favolosa interpretazione di Stefania Rocca nel ruolo di Emilia, migliore amica, e innamorata, di Sabina, nonché completamente cieca. Drammi familiari decisamente 'minori', ma comunque emblematici della caduta di un'istituzione che per anni ha imperato dall'alto di un fortino di ufficialità e normalità, la famiglia classica, sancita dal matrimonio, che si è potuta proteggere da critiche e ha potuto nascondere, spesso, violenze, abusi e maltrattamenti.

Il film della Comencini acquisisce un valore simbolico particolare in questo periodo in cui il nostro paese sta affrontando il delicato tema del riconoscimento dei diritti civili alle coppie di fatto, coppie simbolo di vere e proprie famiglie, cui manca solo la consacrazione del matrimonio… Forse solo una coincidenza? Ma forse vale la pena pensare se non avverrà nuovamente che, dietro ad una perfetta apparenza, regolare e formale, non vengano celati e tenuti sepolti drammi gravissimi, anche a causa della concentrazione eccessiva deviata verso l'individuazione di punti di debolezza e sacrilegio in queste nuove unioni che, seppur originali e non consacrate, non è detto non siano però più sincere e meno subdole.

Regia di Cristina Comencini.
Con Giovanna Mezzogiorno, Alessio Boni, Stefania Rocca, Angela Finocchiaro, Giuseppe Battiston, Luigi Lo Cascio, Francesca Inaudi.
Genere:Drammatico

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Confidenze Troppo intime https://www.threemonkeysonline.com/it/confidenze-troppo-intime/ https://www.threemonkeysonline.com/it/confidenze-troppo-intime/#respond Wed, 01 Sep 2004 09:00:39 +0000 https://www.threemonkeysonline.com/it/bwp/confidenze-troppo-intime/ considerati nella loro intimità e solitudine rivelano interessanti risvolti complessi nonché sorprendenti. E' su questa scia che viene ad inserirsi, esattamente come i precedenti film Lecontiani, anche Confidenze troppo intime. Nonostante la profondità del tema trattato, il film trae spunto da un'idea davvero semplice, quasi banale: una distrazione, che porta una giovane donna a suonare […]

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considerati nella loro intimità e solitudine rivelano interessanti risvolti complessi nonché sorprendenti.

E' su questa scia che viene ad inserirsi, esattamente come i precedenti film Lecontiani, anche Confidenze troppo intime.

Nonostante la profondità del tema trattato, il film trae spunto da un'idea davvero semplice, quasi banale: una distrazione, che porta una giovane donna a suonare alla terza porta a sinistra di un corridoio, invece della terza a destra, trovandosi così dinanzi ad un pignolo fiscalista e non allo psicoanalista ricercato. “Storia di una donna che sbaglia porta”, ma anche “di un arido commercialista che accetta l'errore e coltiva il malinteso, perché affascinato dal poter ascoltare le confidenze della giovane Anne”.

La semplicità dello spunto si scontra subito con la profondità del concetto che tende ad evidenziare: se fossimo nella vita reale, un'efficiente segretaria spiegherebbe immediatamente alla distratta Anne l'errore commesso e le indicherebbe lo studio corretto; ma siamo al cinema, luogo di 'Sogno'per eccellenza e, quindi, Anne entra ed inizia a raccontare particolari profondamente intimi della problematica relazione coniugale allo specialista 'sbagliato', il quale, da parte sua, ne resta affascinato e non chiarisce il malinteso.
Fin dalla seconda seduta Anne scopre la vera identità di chi ha di fronte, ma le sedute continuano, ed è proprio questa volontà e fermezza nel continuare un rapporto “cliente-professionista” apparentemente privo di ragion d'essere, a divenire il nocciolo più significativo della trama: Anne trova in queste lunghe chiacchierate con uno sconosciuto un ottimo metodo di sfogo, rivelando la libertà con cui ci si sente di potersi esprimere e lasciarsi andare nel momento in cui abbiamo uno scambio relazionale con chi non sa nulla di noi, e quindi non può giudicarci, ma che soprattutto, non nutre alcuna aspettativa circa i nostri comportamenti e le nostre scelte. Tema che non può non riportarci a quello pirandelliano delle maschere che spesso ci ritroviamo ad indossare per rispettare i ruoli che ormai ci appartengono, o meglio, che gli altri (conosciuti) ci hanno incollato addosso; ritengo che la volontà di Anne a perdurare nell'errore sia proprio da interpretare come desiderio di uscire dal suo ruolo preconfezionato e di essere sé stessa senza timori di giudizi.William, in qualità di consulente fiscale, si rivela per Anne un tesoro, nella sua straordinaria capacità di 'saper ascoltare', mostrando interesse e non invadenza, concedendo ad Anne un tempo e uno spazio totalmente a disposizione dell'intimità della donna.

E' straordinario assistere al 'benessere' reciproco che si riescono a regalare due sconosciuti, venuti a contatto per puro caso, che altrimenti mai si sarebbero incontrati: da un lato Anne, che non avendo le redini tirate dal dover rispettare un ruolo, acquisisce sempre più consapevolezza di quanto non vada nella sua vita coniugale; dall'altro William, che ha trascorso un'intera vita nello studio ereditato dal padre circondato da una collezione ridicola di giocattoli di latta che ne rivelano l'attaccamento morboso al passato infantile e l' incapacità di tagliare quel cordone ombelicale; nello studio di William regna un ordina maniacale, scrupoloso fino all'eccesso e sarà proprio Anne, con la sua distrazione, con la sua fresca ingenuità, con il suo disordine mentale ed estetico a trascinare fuori da quella gabbia William.
Anne mostrerà a William l'impossibilità di riempire il vuoto esistenziale e di governare l'imprevedibilità della vita, regnando nella sicurezza degli oggetti. E' proprio pensando ad Anne, alla sua freschezza e al suo 'sano casino esistenziale' che William per la prima volta non indosserà la cravatta!
Ed Anne stessa fungerà da principale molla per far prendere a William l'impulsiva decisione di compiere il primo trasloco della sua vita!

In un'epoca in cui è sempre più arduo trovare persone disposte ad ascoltarti ed 'in grado' di farlo, il film di Leconte è un invito a lasciarsi andare all'istinto di abbattere muri e barriere con chi ci si sente a proprio agio, indipendentemente dall'intensità e dalla profondità della conoscenza di colui che si ha dinanzi.
Riuscire a confidarsi è una vittoria; se individui chi è idoneo a tale scoperta reciproca e comune, non lasciartelo fuggire, per nulla al mondo… e se dovesse scapparti, rincorrilo, sin in capo al mondo!

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Volevo solo Dormirle Addosso https://www.threemonkeysonline.com/it/volevo-solo-dormirle-addosso/ https://www.threemonkeysonline.com/it/volevo-solo-dormirle-addosso/#respond Sun, 01 Aug 2004 09:00:39 +0000 https://www.threemonkeysonline.com/it/bwp/volevo-solo-dormirle-addosso/ E' il sempre più vasto e complesso mondo del 'Mobbing' (termine intraducibile con un unico vocabolo italiano, che potremmo rendere con la perifrasi 'alienazione e pressioni subite sul luogo di lavoro'), quello scelto da Eugenio Cappuccio per ambientare il suo nuovo film.Cappuccio aveva esordito come assistente alla regia di Federico Fellini in Ginger e Fred; […]

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E' il sempre più vasto e complesso mondo del 'Mobbing' (termine intraducibile con un unico vocabolo italiano, che potremmo rendere con la perifrasi 'alienazione e pressioni subite sul luogo di lavoro'), quello scelto da Eugenio Cappuccio per ambientare il suo nuovo film.Cappuccio aveva esordito come assistente alla regia di Federico Fellini in Ginger e Fred; ed è proprio al maestro riminese che dedica, nel 1990, il documentario Verso la Luna con Fellini.
Nel 1997 il lungometraggio Il Caricatore (uscito due anni prima come corto con lo stesso titolo), si aggiudicherà il Ciak d'oro come migliore opera prima.

Il film trae lo spunto iniziale dall'omonimo romanzo di Massimo Lolli, scritto dopo parecchi anni di esperienza come Manager alla Direzione del Personale della Marzotto, ed esattamente come l'opera di Lolli, procede narrando gli eventi in maniera asciutta e, apparentemente, distanziata dalla realtà esaminata che è quella sempre più opprimente ed alienante dell''Azienda', dove pare dominare indisturbato il mobbing .

Neologismo di recente importazione, ignoto forse ancora a molti, ma a cui dovremo abituarci, su cui dovremo sempre più indagare e concentrarci, poiché, a quanto pare, proprio tali nuovi modi di atteggiarsi rappresenteranno i nostri futuri nemici e carnefici di fronte ai quali ci troveremo a lottare durante una 'tipica' giornata lavorativa.
Vere e proprie armi a doppio taglio, che spesso si rivoltano in maniera devastante proprio su chi è costretto a utilizzarle….

Questo è in sintesi quanto accade a Marco Pressi (uno straordinario Giorgio Pasotti ) che veste i panni di un rampante Formatore delle Risorse Umane presso la sede italiana di una multinazionale, il cui motto aziendale è paradossalmente “People First”…

Marco ci viene presentato come un abilissimo (e adoratissimo!) consulente aziendale in materia di formazione nel settore Human Resources: impegnato, ambizioso, soddisfatto della propria carriera, inizialmente non in conflitto con la vita professionale dei colleghi, ma anzi, da questi ammiratissimo.
Ciò vale fino a quando la Direzione del Personale non viene assorbita dal delegato francese, che assieme ad una 'feroce' collaboratrice orientale, promette a Marco un notevole balzo in avanti (economico e di ruolo) se, e solo se, riuscirà nell'arco di 3 mesi appena, a licenziare 25 persone (1/3 del personale)….”25” persone: stipendio astronomico, direzione del Personale in pugno; “24” e il compenso sarà, invece, costituito da un inutile deprimente gadget metallico firmato dalla società stessa.
Marco, da collega adorato, ammirato e ascoltato diviene un temuto 'tagliatore di teste'; la sua funzione da formare e motivare le risorse, diviene quella di 'segarle', convincerle a firmare lettere di dimissioni volontarie, per raggiungere il budget dei “25”…
Marco si rivelerà la principale vittima della squallida mansione che gli è stata affidata: concentrato solo ed esclusivamente nel raggiungimento del budget entro i termini previsti, dimentica amici, problemi famigliari, esigenze personali ed ogni fondamento etico, umano e sociale che dovrebbe dominare le politiche di gestione del personale.

“Ti stimo molto” motto short cut diviene presto simbolo e motto della vita di Marco e del film stesso…frase secca corta e tagliente di ogni tipologia di dialogo e confronto….esattamente come Marco procede nella decisiva ed irrefrenabile operazione di segare l'insieme dei colleghi…

Capovolgimento di una vita sentimentale e professionale, delineato da una totale metamorfosi del lavoro…da attività stimolante, soddisfacente e fonte di conferme e realizzazione a pratica inumana e meccanica di azioni volte al raggiungimento di obiettivi esclusivamente numerici…

Non è davvero detto che le vittime che ne escono maggiormente devastati a livello psicologico siano quelle destinate ad essere segati…

Film profondo che, se 'integrato' dalla visione di “Mobbing, mi piace lavorare” di Cristina Comencini, si rivela in grado di mostrarci in maniera sconcertante cosa il mobbing rappresenti e i drammi sociali e umani che esso risulti in grado di determinare.

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