Confidenze Troppo intime

considerati nella loro intimità e solitudine rivelano interessanti risvolti complessi nonché sorprendenti.

E' su questa scia che viene ad inserirsi, esattamente come i precedenti film Lecontiani, anche Confidenze troppo intime.

Nonostante la profondità del tema trattato, il film trae spunto da un'idea davvero semplice, quasi banale: una distrazione, che porta una giovane donna a suonare alla terza porta a sinistra di un corridoio, invece della terza a destra, trovandosi così dinanzi ad un pignolo fiscalista e non allo psicoanalista ricercato. “Storia di una donna che sbaglia porta”, ma anche “di un arido commercialista che accetta l'errore e coltiva il malinteso, perché affascinato dal poter ascoltare le confidenze della giovane Anne”.

La semplicità dello spunto si scontra subito con la profondità del concetto che tende ad evidenziare: se fossimo nella vita reale, un'efficiente segretaria spiegherebbe immediatamente alla distratta Anne l'errore commesso e le indicherebbe lo studio corretto; ma siamo al cinema, luogo di 'Sogno'per eccellenza e, quindi, Anne entra ed inizia a raccontare particolari profondamente intimi della problematica relazione coniugale allo specialista 'sbagliato', il quale, da parte sua, ne resta affascinato e non chiarisce il malinteso.
Fin dalla seconda seduta Anne scopre la vera identità di chi ha di fronte, ma le sedute continuano, ed è proprio questa volontà e fermezza nel continuare un rapporto “cliente-professionista” apparentemente privo di ragion d'essere, a divenire il nocciolo più significativo della trama: Anne trova in queste lunghe chiacchierate con uno sconosciuto un ottimo metodo di sfogo, rivelando la libertà con cui ci si sente di potersi esprimere e lasciarsi andare nel momento in cui abbiamo uno scambio relazionale con chi non sa nulla di noi, e quindi non può giudicarci, ma che soprattutto, non nutre alcuna aspettativa circa i nostri comportamenti e le nostre scelte. Tema che non può non riportarci a quello pirandelliano delle maschere che spesso ci ritroviamo ad indossare per rispettare i ruoli che ormai ci appartengono, o meglio, che gli altri (conosciuti) ci hanno incollato addosso; ritengo che la volontà di Anne a perdurare nell'errore sia proprio da interpretare come desiderio di uscire dal suo ruolo preconfezionato e di essere sé stessa senza timori di giudizi.William, in qualità di consulente fiscale, si rivela per Anne un tesoro, nella sua straordinaria capacità di 'saper ascoltare', mostrando interesse e non invadenza, concedendo ad Anne un tempo e uno spazio totalmente a disposizione dell'intimità della donna.

E' straordinario assistere al 'benessere' reciproco che si riescono a regalare due sconosciuti, venuti a contatto per puro caso, che altrimenti mai si sarebbero incontrati: da un lato Anne, che non avendo le redini tirate dal dover rispettare un ruolo, acquisisce sempre più consapevolezza di quanto non vada nella sua vita coniugale; dall'altro William, che ha trascorso un'intera vita nello studio ereditato dal padre circondato da una collezione ridicola di giocattoli di latta che ne rivelano l'attaccamento morboso al passato infantile e l' incapacità di tagliare quel cordone ombelicale; nello studio di William regna un ordina maniacale, scrupoloso fino all'eccesso e sarà proprio Anne, con la sua distrazione, con la sua fresca ingenuità, con il suo disordine mentale ed estetico a trascinare fuori da quella gabbia William.
Anne mostrerà a William l'impossibilità di riempire il vuoto esistenziale e di governare l'imprevedibilità della vita, regnando nella sicurezza degli oggetti. E' proprio pensando ad Anne, alla sua freschezza e al suo 'sano casino esistenziale' che William per la prima volta non indosserà la cravatta!
Ed Anne stessa fungerà da principale molla per far prendere a William l'impulsiva decisione di compiere il primo trasloco della sua vita!

In un'epoca in cui è sempre più arduo trovare persone disposte ad ascoltarti ed 'in grado' di farlo, il film di Leconte è un invito a lasciarsi andare all'istinto di abbattere muri e barriere con chi ci si sente a proprio agio, indipendentemente dall'intensità e dalla profondità della conoscenza di colui che si ha dinanzi.
Riuscire a confidarsi è una vittoria; se individui chi è idoneo a tale scoperta reciproca e comune, non lasciartelo fuggire, per nulla al mondo… e se dovesse scapparti, rincorrilo, sin in capo al mondo!