Il numero di vittime in Iraq nel terzo anno di Occupazione è fino ad ora il maggiore registrato.

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Il numero di vittime fra i civili è aumentantato in maniera costante ed inesorabile durante la presenza militare americana in Iraq che è seguita all'invasioen iniziale. Questa è la triste realtà venuta alla luce grazie al continuo monitoraggio, da parte del progetto Iraq Body Count (IBC), dei resoconti riportati dai mezzi di comunicazione.

Le cifre pubblicate oggi [9 Marzo 2006], aggiornate con i dati statistici relativi al 2005 provenienti dal principale obitorio di Baghdad, mostrano che il numero totale di civili uccisi è aumentato di anno in anno dal 1° Maggio 2003 (data in cui il Presidente Bush ha annunciato che “le principali operazioni militari sono concluse”):

  • 6'331 dal 1° Maggio 2003 al primo anniversario dell'invasione, 19 Marzo 2004 (324 giorni: Primo Anno);
  • 11'312 dal 20 Marzo 2004 al 19 Marzo 2005 (365 giorni: Secondo Anno);
  • 12'617 dal 20 Marzo 2005 al 1° Marzo 2006 (346 giorni: Terzo Anno).

In termini di morti violente annuali, queste cifre rappresentano quanto segue:

  • 20 al giorno nel Primo Anno
  • 31 al giorno nel Secondo Anno
  • 36 al giorno nel Terzo Anno

Le cifre dell'IBC per il Terzo Anno non includono le morti verificatesi nel mese di Marzo 2006, il grosso delle vittime conseguenti lo scoppio della bomba, il 22 Febbraio 2006, alla moschea sciita di Samarra e i dati dell'obitorio di Baghdad relativi ai mesi di Gennaio e Febbraio di quest'anno. Escludendo i mesi di Gennaio e Febbraio, in quanto i dati ad essi relativi sono chiaramente incompleti, il tasso giornaliero di morti per il resto del Terzo Anno lievita a 40 (ovvero 11’480 morti su 287 giorni = 40 al giorno). In ogni caso, ancor prima della fine del Terzo Anno e considerando solo dati parziali per i suoi mesi finali, il numero di vittime civili uccise è già superiore rispetto a quello relativo a tutto il Secondo Anno (12'617contro 11’312).

Sebbene ciò che è stata descritta come 'violenza settaria' contribuisca senza ombra di dubbio alla crescita proporzionale delle morti, il totale relativo allo scorso anno comprende 370 civili sicuramente vittime di azioni militari guidate dalle forze statunitensi e 2’231 dovute alle attività anti-occupazione contro bersagli appartenenti alla coalizione o al governo iracheno. L'aumento della criminalità nel periodo post-invasione resta un importante motivo di preoccupazione, ma nei resoconti della maggiorparte dei media non è possibile identificare chiaramente chi sono i colpevoli e quali le loro motivazioni. Gli “agenti sconosciuti” autori della maggiorparte degli attentati potrebbero appartenere ad uan qualunque delle categorie di cui sopra, come pure ad altri generi di 'terroristi'. I resoconti indicano anche un aumento, nel corso dell'anno passato, delle esucuzioni extragiudiziali.

Da Londra è intervenuto il co-fondatore dell'Iraq Body Count, John Sloboda, che ha affermato, “Le cifre odierne sono un atto di accusa nei confronti di tre anni di occupazione che continua a peggiorare il livello di vita degli iracheni comuni, non a migliorarlo. I riferimenti alla guerra civile da parte delle autorità statunitensi ed irachene fanno comodo ai fini di mascherare il vero nocciolo di questo conflitto, che si svolge tra una forza occupante incompetente e brutale da un lato e una insurezzione nazionalistica alimentata da dolore, rabbia e umiliazione dall'altro. Questo conflitto è la prova che la violenza genera altra violenza. Ciò che inizialmente innestato questo ciclo di violenza è l'invasione illegale da parte delle truppe sotto il comando statunitense del Marzo/Aprile 2004, che ebbe come risultato la morte di 7’312 civile e il ferimento di 17’298 in soli 42 giorni. L'insurrezione permarrà con tale livello di violenza fino a quando l'esercito americano resterà in Iraq, e gli iracheni comuni hanno davanti a sé ancora morte e distruzione”.

Un altro dei co-fondatori del progetto Iraq Body Count, Hamit Dardagan, ha aggiunto: “Nel Settembre 2003, dopo il nostro primo esame dell'insicurezza a carico dei civili iracheni sulla base dei dati dell'obitorio di Baghdad, notammo che:

'Gli Stati Uniti possono esser bravissimi a dichiarare guerra ma la discesa della capitale irachena in uno stato di anarchia sotto l'occupazione americana mostra la loro incompetenza in termini di mantenimento dell'ordine pubblico e di condizioni di sicurezza per la popolazione civile. Gli USA hanno rovesciato Saddam e scoperto che non avrebbero trovato alcuna arma di distruzione di massa in Iraq. Allora come mai sono ancora là? E se l'esercito americano non è in grado di garantire la sicurezza ai civili iracheni e anzi costituisce un pericolo per loro, allora qual è il suo ruolo in quel paese?'

Queste domande sono ancora attuali, e gli iracheni continuano ad essere uccisi in numero sempre maggiore. Quanti ancora ne devono morire prima che gli artefici della 'soluzione militare' del problema iracheno si rendano conto che l'unico modo che può assicurare una diminuzione della violenza è smettere di infliggerla?”


www.IraqBodyCount.org