Tre voli di Chiara Zocchi

Tre amori che si metabolizzano in un'anima smerigliata e in corpo che soffre, che vibra, che cerca i raggi di una vita vera: “Mi tocca la luce, mi fa delle carezze da ferma, e con le sue dita, lunghe come questa stanza, vorrebbe bucare il mio buio”.

Chiara Zocchi, alla sua seconda prova narrativa dopo l'esordio fortunato di Olga, conferma la sua radiosa qualità di scrittura con un romanzo a più strati, la “storia di tre tipi d'amore: il finto amore, l'amore ideale e l'amore vero”. Un breviario di “pensieri sparsi nel corpo”, perché il corpo diventa protagonista di questa ricerca di epifania di amore, nella quale la giovane autrice gioca col suo nome, “rischiarando” il gorgo di vita con sollecitazioni poetiche e di sguardi acuti, penetranti, ariosi e insieme crudemente vivi. La letteratura come terapia, come voce di dentro che si fa eco, come segno di un vissuto che si amalgama tra l'interiore e il fuori che sbatte e si fa sentire.
Ecco che il sangue mestruale che si fa fiore profumato, mentre il dolore si fa stanco, le lacrime diventano pioggia, le scale salgono mentre il corpo scende. Immagini di tanta potenza espressiva, che solo il fluire femminile può rendere così autentiche.

L'amore, nelle parole così poeticamente corporee di Chiara Zocchi, riesce a dilatarsi superando tempo e spazio, e il “signore bianco” – l'amore ideale che cerca di farsi largo nel nostro io autentico per diventare reale – è già incapsulato, mentre fuori c'è solo un corpo freddo. “Così stiamo abbracciati tutti e tre: lui che mi abbraccia da fuori, mentre il signore bianco mi abbraccia da dentro e io che sto in mezzo a dividerli (e a unirli) a loro insaputa”.
Se il ruolo della letteratura, come dell'arte, è quello di sublimare il vivere rendendolo “oltre”, fare dei sensi sinestesia costante tra l'uomo e il mondo, alzare lo sguardo oltre l'aria, la Zocchi ne è un esempio concreto. Sguardi che abbracciano più delle braccia, la stanza che respira, l'assenza che “affumica”, la fusione dei corpi che diventa essenza di cotone, l'inanimato “che ci guarda”. Tutto tende a comporre un mosaico di vibrazioni pure, un alfabeto di emozioni che si lascia parlare come un rosario. Un tessuto amniotico che rigenera, diventa amore cantato, volo poetico che sta dietro una parete. “Sono stata anestetizzata e poi rigenerata: quante parole per dire che mi sono innamorata. E come sigillo a questo avvenimento interiore, una poesia mi si scrive (a mano) nella testa, e mi si canta”.

Tre voli di Chiara Zocchi è pubblicato da Garzanti, Milano, 2005, pp.160, €12,50.