Restaurazione e Invenzione: Il ruolo del linguaggio nell'invenzione della nazione irlandese e norvegese

In Norvegia, a differenza dell’Irlanda, il nazionalismo poneva una maggior enfasi sulla lingua nazionale. La determinazione nel creare una propria lingua dimostra quanto profondamente era stato acquisito il concetto secondo cui una lingua costituisce i veri confini di una nazione. W. B. Yeats portò ad esempio la Norvegia quando nel 1900 scrisse: “dobbiamo passare da un mero nazionalismo politico, con la questione della terra che agisce come leva, ad un nazionalismo intellettuale e storico, come quello della Norvegia, dove è la questione della lingua ad agire da leva”8. In Irlanda la mancanza di entusiasmo per la questione della lingua era da imputare alle connotazioni negative associate alla lingua irlandese e al fatto che il nazionalismo aveva già fatto del paese un proprio interesse e aveva adottato il cattolicesimo come principale simbolo della sua identità. Nonostante il fatto che in Norvegia la lingua fosse una questione importante, nonostante la presenza di vari versioni di essa in competizione tra loro, divenne motivo di divisione solo verso al fine del secolo; e lo divenne anche in Irlanda. Questo fenomeno può essere collegato ai cambiamenti della situazione politica e alla presenza del nazionalismo in entrambi i paesi in quella determinata epoca. All’inizio del XIX secolo, il nazionalismo era un’ideologia il cui intento era quello di unire le persone alla patria, che fossero cattolici, protestanti o dissidenti. A metà del secolo il nazionalismo romantico cominciò a promuovere un tipo di nazionalismo più essenziale ma ciononostante, quando si confrontò con il dilemma della questione della lingua, Thomas Davis adottò un approccio bilingue, auspicando “una lingua come mezzo per il commercio e un’altra come veicolo per la storia, le ali di una canzone, la terra del loro genio, e una maschera e un guardiano del loro nazionalismo”9. In Norvegia sia Knudsen che Aasen, nonostante si approcciassero alla questione della lingua da estremi opposti dello spettro dialettale, cercarono, in modo autentico, di dar vita ad una lingua che fosse più omnicomprensiva possibile. Nella seconda metà del secolo coloro che cercavano di sfidare lo status quo politico intuirono il potere emotivo del nazionalismo culturale e la sua utilità nel manipolare l’opinione pubblica. Alla fine del secolo il nazionalismo omnicomprensivo di Wolfe Tone e Davis aveva lasciato il posto ad un nazionalismo più esclusivo che, assieme all’emergere dei partiti politici, vide concetti di nazione in competizione tra loro misurarsi l’uno con l’altro per conquistare il diritto di definire le caratteristiche essenziali della nazione. La lingua passò dall’avere un ruolo di punta nel nazionalismo norvegese ed irlandese all’essere simbolo di un’identità nazionale più pura, in contrapposizione all’establishment che poteva, forse, non essere così fedele al suo concetto più puro di nazione.

In Irlanda, alla fine del XIX secolo, lo scompiglio politico all’interno del partito parlamentare che seguì alla scomparsa di Parnell, oltre al fallimento nell’imporre l’Home Rule all’opposizione unionista, creò un vuoto politico. Gran parte della popolazione sosteneva ancora il partito parlamentare anche se una minoranza sparuta, ma in crescita, era disillusa dalla “fossilizzazione di Westminster in una elite di Tammany Hall”10. Allo stesso tempo il movimento linguistico subì nel 1893 una s
volta radicale grazie alla fondazione della lega Gaelica. Guidata da Douglas Hyde essa promoveva l’idea di un’identità nazionale basata esclusivamente sull’eredità culturale e linguistica gaelica11. Hyde insisteva sullo status apolitico e non settario della lega, ma il suo messaggio, sempre più di natura politica, di deanglicizzazione, la sua complessa organizzazione e le sue note attività sociali la rendevano un bacino di reclutamento ideale per Sinn Fein e l’IRB (Irish Republic Brotherhood) e divenne “un’organizzazione ombrello per una vasta gamma di cause irlandesi”12. Lo stridente cattolicesimo della campagna “Irlanda irlandese” di D.P. Moran si alienò le simpatie dei protestanti che inizialmente avevano sostenuto la lega. L’inizio del XX secolo vide in primo piano la crociata per deanglicizzare l’Irlanda come obiettivo principe dell’opposizione politica al partito parlamentare irlandese. John Redmond si sentì così minacciato che offrì addirittura a Hyde un seggio in parlamento13. Un altro segno di quanto il movimento linguistico si fosse politicizzato fu il fatto che, tra il 1906 e il 1913, la popolarità della lega gaelica diminuì, contrariamente alle sorti del partito parlamentare irlandese che, nel medesimo periodo, aumentò la propria fama. L’opposizione politica che si cristallizzò attorno alla Lega Gaelica era cattolica, nazionalista, sempre più separatista e decisamente gaelica. La lingua irlandese divenne quindi il centro del credo politico dell’opposizione, ma restava pur sempre l’espressione dell’opinione politica di una minoranza. I separatisti che diedero vita all’insurrezione di Pasqua nel 1916 erano irlandesi d’Irlanda, ma, a quel tempo, né la loro visione né l’insurrezione ottennero grande popolarità. Nel 1916, la maggior parte delle persone erano convinti sostenitori dell’Home Rule e non avevano intenzione di rinunciare a quella lingua che essi associavano al progresso. È stato ben documentato come l’opinione pubblica cambiò dopo l’esecuzione dei capi dell’insurrezione del 1916 e come, di conseguenza, i separatisti cancellarono il nazionalismo costituzionale. È ironico che il grande cambiamento del credo politico del popolo irlandese fece sì che lo stato che nacque nel 1922 fosse fiorgaelach (veramente irlandese), mentre l’accordo previsto dall’Home Rule, che sarebbero stati pronti ad accettare nel 1914, sarebbe stato anglofono. Le persone non erano state conquistate dalla causa dell’Irlanda irlandese, che avevano fatto loro per mancanza di alternative. L’improvviso aumento della sua popolarità spiegherebbe perché, in seguito, nel nuovo stato l’attaccamento alla lingua non fu così saldo come le politiche ufficiali potevano indurre a credere.

Anche la Norvegia sperimentò la questione della politicizzazione della lingua e anche qui essa fu legata ad una sfida nei confronti del potere politico tradizionale. Fino al 1880, il Landsmal, la nuova lingua inventata dal Ivar Aasen, aveva riscosso scarsa popolarità, comunque limitata alle parti più remoti della costa ovest del paese. Ricevette un certo favore da parte di alcuni intellettuali liberali e, tramite essi, legò il proprio destino al Venstre (Sinistra), il partito emergente dell’opposizione liberale. Com’era accaduto in Irlanda, il nazionalismo culturale e il Landsmal in particolare, costituirono un trampolino di lancio per un partito che cercava di ottenere favori per la sua nuova e più pura concezione di nazione. Venstre trasse forza da fonti molto simili a quelle che in Irlanda sarebbero gravitate attorno alla Lega Gaelica e, in seguito, a Sinn Fein. Attrasse molti dissidenti, da contadini e pescatori a intellettuali liberali, e si battè per una maggior autonomia della Norvegia e per la diffusione del suffragio14. Il suffragio universale avrebbe modificato l’equilibrio del potere in Norvegia e incontrò quindi l’opposizione della burocrazia tradizionale e colta la quale parlava Riksmal, ovvero la versione danese del norvegese. Il Venstre si proponeva come il rappresentante del vero popolo norvegese, gli abitanti delle campagne che parlavano il vero norvegese, contrapposti all’elite cittadina influenzata filo danese. Venstre entrò a far parte del governo nel 1884 e fece approvare una legge che concedeva il Landsmal gli stessi diritti del Riksmal. Il Landsmal cominciò ad affermarsi, il Venstre crebbe in popolarità e si impegnò per ottenere la completa indipendenza dalla Svezia. La minaccia del Landsmal nei confronti dell’establishment linguistico fu contrastata da Bjornesterne Bjornson (1832-1910), l’erede letterario di Wergeland, il quale dichiarò che il Landsmal “era artificiale, locale, culturalmente poco sviluppato e adatto solo ai contadini”. Anche Ibsen era contrario al Landsmal e lo ridicolizzò nel Peer Gynt. A loro volta i sostenitori del Landsmal definirono il Riksmal come “straniero e non patriottico”15. La lingua, o meglio le diverse versioni della lingua, divennero così espressione, politica e culturale, di due interpretazioni, in conflitto tra loro, della ‘Norvegesità’. Come era accaduto in Irlanda, il fatto che la questione della lingua fu adottata dall’opposizione politica fu un soffio vitale per la minoranza linguistica e le conferì ufficialmente, sia in Irlanda che in Norvegia, uno status che non altrimenti non sarebbe stato possibile ottenere. A sua volta, la minoranza linguistica aveva promosso e sostenuto il nazionalismo di coloro che avevano sfidato il potere.

La Norvegia ottenne la completa indipendenza dalla Svezia nel 1905 e la Sprak strid (la guerra della lingua) proseguì fino al XX secolo. Il Riksmal fu ulteriormente norvegesizzato grazie alla riforma linguistica del 1907 e ancora nel 1917 mentre il Landsmal, a sua volta, guadagnava terreno. Il caos linguistico che ne seguì fu simbolizzato da una vignetta umoristica apparsa su un quotidiano nel 1919: un russo chiede a un compagno norvegese: “Allora come sta andando la rivoluzione qui in Norvegia?” e l’altro risponde “Per il momento stiamo ancora litigando su come pronunciare la parola”16. Il Landsmal non si affermò mai oltre il 30% e la sua popolarità raggiunse l’apice negli anni ’4017. Negli anni ’30, il governo laburista, neutro dal punto di vista linguistico, tentò di risolvere la questione della lingua mediante un compromesso che soddisfacesse entrambe le parti. L’iniziativa fu battezzata Samnorsk (norvegese comune), ma fallì, aggiungendo così un altro ingrediente al calderone linguistico. Negli anni che seguirono l’indipendenza, la questione della lingua approfondì la crisi sociale e culturale in cui il paese versava. Le zone costiere e le valli più remote sono lontane da Oslo e non solo dal punto di vista linguistico; la natura delle montagne che li dividono dal resto del paese spiega come si siano potute sviluppare due culture così diverse tra loro. Quella dell’ovest è più legata a valori tradizionali, all’etica del lavoro, con una tendenza al fondamentalismo religioso e al proibizionismo, quella dell’est è invece considerata più moderna, laica e aperta. E’ stata questa contrapposizione tra città e campagna, centro e periferia che è stata alla base della guerra linguistica che perdura tutt’ora. Purtroppo la ricerca di una lingua che voleva distinguere i no
rvegesi dai danesi finì per dividere gli stessi norvegesi. Il dibattito, spesso acceso, ha finito per concentrarsi su banali discussioni su ciò che costituisce il ‘vero’ norvegese, ma, mentre la diatriba prosegue, l’aver sprecato tempo ed energie per una questione improduttiva e apparentemente interminabile ha procurato una certa frustrazione. L’uso del Landsmal è caduto al 17%18, ma, in un paese che si ritiene una democrazia e che sostiene i diritti della minoranze, il suo status ufficiale rimarrà probabilmente saldo nel futuro e, di conseguenza, nel 25% dei francobolli il nome della nazione continuerà a essere Noreg, mentre nel restante 75% sarà ancora Norge.

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