Non è niente, di Ilaria Bernardini

C'è una nuova generazione di scrittrici capaci di creare mondi realistici e lirici attraverso una scrittura fresca e lineare. Autrici giovani e sempre più mature, come la Deborah Gambetta del bellissimo e toccante Il silenzio che viene alla fine, e esordienti come l'Ambrosecchio, ironica e gustosa, la Felberbaum, capace di tratteggiare un amore con sguardi corposi e leggeri insieme, e la Andreoli (che continua il suo itinerario letterario-psicanalitico nel recente Busserò per prendere la notte). Tutte pronte a prendere il volo come la fiabesca e coinvolgente Giovanna Giordano, candidata allo Strega col suo Mistero di Lithian, esempio di scrittrice che riesce a uscire fuori dalle costruzioni cerebrali di una letteratura troppo spesso cruda e senz'anima.

In questo panorama variegato e vivace, si inserisce ampiamente il romanzo d'esordio di Ilaria Bernardini, da anni impegnata nel campo del teatro e della musica, che si immerge in una piacevole storia giovanile. La quotidianità mista a suoni e rumori di fondo di una Milano viva e grigia insieme, si mischiano a immagini letterarie quasi impressioniste, come linee tratteggiate che rimangono sulla pagina con il loro alito seducente, cariche di dubbi, di amplessi sfibranti, di linee di vita che si disegnano come onde. Protagonista è Michela, attrice alla ricerca di se stessa ingarbugliata in ragnatele di pensieri da completare, che cerca di amare Giacomo, regista e sceneggiatore alla deriva, cercando di sfuggire al limbo di scelte da fare e di attese (“il tempo diventava attesa di lui, per poi trasformasi in lui e alla fine ritornare, ancora una volta, a essere distacco da lui”). Con loro c'è Viola, “scollata dal mondo”, vittima delle sue fragilità e di autolesionismi laceranti, con gli occhi che passano “sulle cose senza guardare nulla, accarezzando e facendosi accarezzare solo da lontane suggestioni degli eventi”. Viola e i suoi silenzi scritti carichi di significato che inumidiscono parole che diventano memoria e “il pensiero che restava”. Viola che si ferisce con sentimenti sbagliati, come tante donne che amano troppo e male perché non hanno trovato la spiaggia dove approdare con tutte se stesse. Viola che annusa i silenzi del cuore e della mente, che sa che il dolore “ci separa e ci atterrisce” soprattutto quando non è condiviso e non lo si può spiegare. Nelle parole di Ilaria Bernardini c'è la “deriva schizofrenica” di un vivere sbandato che cerca un significato tra le pieghe del non detto, ci sono le paure di distacchi che lacerano: “Capisci che tutte le persone che conosci un giorno non le vedrai più e che ti sentirai sola e anzi non potrai neppure sentirti sola perché non ci sarai”.

Non è niente è un romanzo a spicchi, frammentato, ricco di riflessioni e dilatazioni, carico di energia, di non detti, di dialoghi spenti, di cazzeggi che diventano specchio di gioventù malata di dubbi e di solitudine, di incertezze che sono le incertezze della società di oggi, di occasioni e di vuoti a perdere. C'è soprattutto la forza delle giovani donne, il desiderio di esprimere il proprio 'genio femminile' oltre i limiti e le barriere interiori e sociali, la capacità di andare sotto la pelle delle cose e delle sensazioni superficiali per scavare dentro ferite e dubbi esistenziali. Romanzi come questi aiutano a capire l'oggi tra la leggerezza e la profondità, e a rivoltarlo attraverso il filtro della sensibilità e dello sguardo di una scrittrice.

Non è niente, di Ilaria Bernardini – Ed. Baldini Castoldi Dalai – pp. 252