L’ impossibile volo, di Louis de Bernières

L’impossibile volo di Louis de Bernières (Guanda, 2005) è un libro voluminoso. Tratta temi importanti come la guerra, il genocidio, la tolleranza religiosa e la sua mancanza ed è un romanzo ad ampio respiro come vuole una vecchia tradizione (Tolstoj è uno dei suoi autori preferiti).

Avendo già tentato di conquistare uno dei suoi ultimi romanzi, Don Emmanuel e la guerra delle bacche (Guanda, 2003) per fallire miseramente, l’autore di questo articolo è rimasto favorevolmente colpito di trovarsi così facilmente ed immediatamente immerso nell’immaginario villaggio di Eskibahce di de Bernières durante il tramontare dell’impero Ottomano.

Con un tono sicuro di sé, essenziale per uno scrittore inglese che ha scritto, pressoché esclusivamente, romanzi di ambientazione non anglofona, siamo posti di fronte ad una lunga schiera di personaggi, con soprannomi efficaci e semplici come ‘Lydia la sterile’ o ‘Ali il portatore di ghiaccio’, che vivono in una litigiosa armonia. Cioè litigano e contrastano l’un l’altro come solo gli abitanti di un piccolo villaggio possono fare, ma i loro conflitti nascono da motivi locali e non da argomenti religiosi o etnici, come è efficacemente illustrato dall’episodio dove un mussulmano reso pazzo dal mal di denti attacca un cristiano. Allo stesso tempo abbiamo brevi capitoli dedicati a Mustafa Kemal [N.d.T.: dopo il 1935 assunse il nome di Kemal Atatürk, 'padre dei Turchi'], il futuro creatore di una moderna ‘Turchia laica’ , pieni di dettagli storici (che senza alcun dubbio saranno chiamati in causa dai detrattori di de Bernières), i quali introducono il lettore attraverso la prima metà del libro con tensione e sentimento di cattivo presagio. Per finire, nel capitolo d’apertura, al lettore è reso noto l’assassinio che il libro apertamente si sforza di spiegare. Tutti abili trucchi per attirare il lettore.

Convinto dalla forza dell’incipit, il lettore percorre senza esitazione i 95 capitoli più 6 dell’epilogo ma ad un certo punto (per il recensore diviene evidente dal capitolo 77) il percorso, verosimilmente, assume un compito oneroso. Le sempre più frequenti giustapposizioni di capitoli asciutti e carichi di particolari circa Mustafa Kemal minacciano di ribaltare l’equilibrio del libro. Del problema de Bernières sembra essere consapevole, come ha ammesso in un’intervista : “Ha più sostanza e più ambizione [de ] quello che più mi preoccupa sono le sezioni dedicate a Mustafa Atatürk. Queste rompono leggermente l’equilibrio del racconto. Li ho voluti cosicché la gente possa seguire il corso della storia se lo desidera. Possono in ogni caso essere evitati se non piacciono”.

Ritornano alla mente commenti di Lionel Shriver quando parla di sessismo nel mondo dell’editoria, e dice: “si suppone che gli uomini debbano conquistare grandi premi letterari (questo è il motivo per cui è nato l’Orange) e intraprendere grandi soggetti. Si suppone debbano anche scrivere libri voluminosi. Se io portassi un manoscritto di 1000 pagine, il mio agente diverrebbe paonazzo; fossi David Foster o Jonathan Franzen direbbe: ‘spettacolare, la tua opera magna, faremo un sacco di soldi e tu vincerai il Pulitzer'”. Per uno scrittore sufficientemente disinvolto per avvicinarsi a questioni importanti e culture straniere è un peccato che non estenda questa disinvoltura al tagliare materiale in eccesso.

Il problema è, in parte, di natura ideologica. Questo è, come dichiara orgogliosamente la copertina del libro, un romanzo “epico profondamente umano”. Così abbiamo una trama dove de Bernières non vuole sorvolare su personaggi e dettagli e non vuole finire il romanzo (come dimostrano i 6 capitoli dell’epilogo) finché il messaggio, che i mostruosi eventi storici provengono dall’alto, con il perseguire delle grandi idee, non sia stato recapitato ancora ed ancora. Si potrebbe suggerire che la risposta di un lettore disimpegnato è che la storia e i racconti sono complessi, e si intrecciano e a volte in modo necessariamente prolisso e noioso. Giusto. Si potrebbe rispondere citando Tolstoj: “il Dramma, invece di raccontarci la storia dell’uomo, lo inserisce in una posizione, lo lega a tali nodi, che una volta slegato, l’intero uomo si rende visibile”.

Infatti quando de Bernières ha a che fare con personaggi come Rustam Bey, l’Aga del villaggio, o la sua concubina Leyla Hanim, i paradossi e la tragedie del periodo prendono vita in maniera stupefacente. De Bernières è un ottimo romanziere quando non si accanisce contro le sue stesse inclinazioni.

Vi è molto di notevole in questo libro, almeno 70 capitoli, quelli che potevano essere rimasti, avesse de Bernières od il suo editore operato tagli artistici vitali, dalla descrizione di personaggi vividi e complessi, ad una coraggiosa rivalutazione dell’impero Ottomano e delle stragi che accaddero durante la prima guerra mondiale. Nelle mani di uno scrittore mediocre L’impossibile volo sarebbe stato un disastro. E’ una prova del talento di de Bernières, il quale riesce quasi a mettere a segno una vittoria. Quasi. Speriamo che la prossima volta, tuttavia, questo molto talentuoso scrittore non abbandoni la responsabilità d’autore, imbottendo il suo libro con materiale che può o meno contribuire alla storia.

L’ impossibile volo, di Louis de Bernières – Ed. Guanda – pp. 612 – Euro 18