Deprecated: Array and string offset access syntax with curly braces is deprecated in /home/threemon/public_html/it/bwp/wp-includes/script-loader.php on line 707

Deprecated: Array and string offset access syntax with curly braces is deprecated in /home/threemon/public_html/it/bwp/wp-includes/script-loader.php on line 707

Deprecated: Array and string offset access syntax with curly braces is deprecated in /home/threemon/public_html/it/bwp/wp-includes/script-loader.php on line 708

Deprecated: Array and string offset access syntax with curly braces is deprecated in /home/threemon/public_html/it/bwp/wp-includes/script-loader.php on line 708

Deprecated: Array and string offset access syntax with curly braces is deprecated in /home/threemon/public_html/it/bwp/wp-content/plugins/jetpack/modules/shortcodes.php on line 98

Deprecated: Array and string offset access syntax with curly braces is deprecated in /home/threemon/public_html/it/bwp/wp-content/plugins/jetpack/modules/shortcodes.php on line 130

Deprecated: Unparenthesized `a ? b : c ? d : e` is deprecated. Use either `(a ? b : c) ? d : e` or `a ? b : (c ? d : e)` in /home/threemon/public_html/it/bwp/wp-content/plugins/jetpack/modules/shortcodes/soundcloud.php on line 167

Deprecated: Function get_magic_quotes_gpc() is deprecated in /home/threemon/public_html/it/bwp/wp-includes/load.php on line 656

Notice: automatic_feed_links is deprecated since version 3.0.0! Use add_theme_support( 'automatic-feed-links' ) instead. in /home/threemon/public_html/it/bwp/wp-includes/functions.php on line 3931

Notice: register_sidebar was called incorrectly. No id was set in the arguments array for the "Sidebar 1" sidebar. Defaulting to "sidebar-1". Manually set the id to "sidebar-1" to silence this notice and keep existing sidebar content. Please see Debugging in WordPress for more information. (This message was added in version 4.2.0.) in /home/threemon/public_html/it/bwp/wp-includes/functions.php on line 4239

Warning: Use of undefined constant SINGLE_PATH - assumed 'SINGLE_PATH' (this will throw an Error in a future version of PHP) in /home/threemon/public_html/it/bwp/wp-content/themes/threemonkeys/functions.php on line 90

Deprecated: Function get_magic_quotes_gpc() is deprecated in /home/threemon/public_html/it/bwp/wp-includes/formatting.php on line 4411

Deprecated: Function get_magic_quotes_gpc() is deprecated in /home/threemon/public_html/it/bwp/wp-includes/formatting.php on line 4411

Deprecated: Function get_magic_quotes_gpc() is deprecated in /home/threemon/public_html/it/bwp/wp-includes/formatting.php on line 4411

Deprecated: Function get_magic_quotes_gpc() is deprecated in /home/threemon/public_html/it/bwp/wp-includes/formatting.php on line 4411

Deprecated: Function get_magic_quotes_gpc() is deprecated in /home/threemon/public_html/it/bwp/wp-includes/formatting.php on line 4411

Warning: Cannot modify header information - headers already sent by (output started at /home/threemon/public_html/it/bwp/wp-includes/script-loader.php:707) in /home/threemon/public_html/it/bwp/wp-includes/feed-rss2.php on line 8
Three Monkeys Online Italiano https://www.threemonkeysonline.com/it La Rivista Gratuita di Attualità & Cultura Thu, 08 Dec 2016 08:16:06 +0000 en-US hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.0.21 110413507 Perché tu mi hai sorriso, di Paola Calvetti https://www.threemonkeysonline.com/it/perch-tu-mi-hai-sorriso-di-paola-calvetti/ https://www.threemonkeysonline.com/it/perch-tu-mi-hai-sorriso-di-paola-calvetti/#respond Mon, 01 Aug 2005 09:00:39 +0000 https://www.threemonkeysonline.com/it/bwp/perch-tu-mi-hai-sorriso-di-paola-calvetti/ Nora Cogliati decide di passare l'estate accanto alla madre malata terminale di sclerosi laterale amiotrofica, nella sua casa d'infanzia fuori Milano. La protagonista trascorre in solitudine la maggior parte del suo tempo nella grande casa: ha contatti solo occasionali e sfuggenti col personale di servizio, trascorre parecchio tempo con la madre che tuttavia la malattia […]

The post <i><b>Perché tu mi hai sorriso</b></i>, di Paola Calvetti appeared first on Three Monkeys Online Italiano.

]]>
Nora Cogliati decide di passare l'estate accanto alla madre malata terminale di sclerosi laterale amiotrofica, nella sua casa d'infanzia fuori Milano. La protagonista trascorre in solitudine la maggior parte del suo tempo nella grande casa: ha contatti solo occasionali e sfuggenti col personale di servizio, trascorre parecchio tempo con la madre che tuttavia la malattia ha reso inerte e assente. Le fanno compagnia (o la perseguitano?) i ricordi dell'infanzia e dell'adolescenza. Aggirandosi nelle stanze della villa scopre un certificato di nascita che reca il suo stesso cognome, la sua stessa data di nascita ma un nome diverso. Quale mistero tremendo si nasconde dietro quel documento? Quale rete di tremende bugie o verità nascoste ha accompagnato la sua vita?

In questa condizione (che si è autoimposta) di isolamento fisico e psicologico, Nora cerca ansiosamente le risposte a questi angoscianti interrogativi e contemporaneamente mette progressivamente a fuoco il proprio disagio esistenziale di donna che, giunta nella sua quinta decade di vita, è insieme figlia, moglie e madre.

Gli altri personaggi del romanzo rimangono costantemente nell'ombra, appaiono psicologicamente lontani dal disagio esistenziale di Nora, sfuggenti, e ambigui: la madre forse nasconde un segreto terribile ma, oramai anziana e resa muta dalla malattia, non può confermarlo o smentirlo; il marito, freddo e cinico avvocato, conduce probabilmente da tempo una doppia vita; la figlia, adolescente scontrosa, sta trascorrendo un periodo di studio all'estero e tiene contatti con la madre sostanzialmente solo tramite sms.
L'atmosfera risulta piuttosto 'torbida' e permeata di un pessimismo strisciante: subito nelle prime pagine leggiamo una tra le più fredde e squallide dichiarazioni di matrimonio e una tra le più ciniche definizioni di 'verità legale'. Tutto il romanzo viene inframezzato con ripetuti flash back sul primo amore della protagonista (ovviamente finito male!), alternato con delle brevi digressioni riguardanti tragiche storie d'amore di artisti famosi (Modigliani, Chopin, Cechov, Shelley) che Nora ha il vezzo di collezionare.

Come negli altri romanzi dell'autrice, la musica rappresenta lo scheletro portante del romanzo, tuttavia si tratta di musica più parlata che ascoltata, più 'vissuta' che suonata: i titoli dei capitoli sono titoli di canzoni e il restauro di un vetusto strumento musicale (il fortepiano) a cui Nora si dedica con religiosa dedizione, accompagna la protagonista nel suo viaggio interiore alla riscoperta di se stessa.
Alla resa dei conti ovviamente la realtà risulta molto diversa da come ci era apparsa: tutto il romanzo è scritto in prima persona (è Nora che parla, ed è lei che descrive la sua versione della realtà), tranne l'ultimo capitolo (l'unico senza un esplicito titolo musicale), scritto come un'arringa legale, che svela ciò che è veramente accaduto e sottrae i personaggi all'ombra restituendoceli sotto una luce nuova.

Il romanzo è apprezzabile per l'atmosfera avvolgente che trasporta il lettore all'interno dell'animo di Nora, permettendogli di vivere e soffrire con lei le vicende presenti e passate della sua vita. E' scritto con il consueto stile dell'autrice, ricercato nelle parole ma piano e lineare nella sintassi, particolarmente adatto a mantenere il lettore accanto alla protagonista in questo viaggio dentro se stessa.

Perché tu mi hai sorriso, di Paola Calvetti – Bompiani – pp. 224.

The post <i><b>Perché tu mi hai sorriso</b></i>, di Paola Calvetti appeared first on Three Monkeys Online Italiano.

]]>
https://www.threemonkeysonline.com/it/perch-tu-mi-hai-sorriso-di-paola-calvetti/feed/ 0 1096
‘Non sono solo un romanziere’ – Palazzo Yacoubian e Ala-Al-Aswani, https://www.threemonkeysonline.com/it/non-sono-solo-un-romanziere-palazzo-yacoubian-e-ala-al-aswani/ https://www.threemonkeysonline.com/it/non-sono-solo-un-romanziere-palazzo-yacoubian-e-ala-al-aswani/#respond Mon, 01 Aug 2005 09:00:39 +0000 https://www.threemonkeysonline.com/it/bwp/non-sono-solo-un-romanziere-palazzo-yacoubian-e-ala-al-aswani/ Di questi tempi, Palazzo Yacoubian dovrebbe diventare una lettura obbligatoria nelle scuole, un libro a distribuzione gratuita (o quasi) nelle edicole, un film che raggiunga il grande pubblico (ormai ci siamo, la pellicola è stata girata con un budget stratosferico per i canoni del cinema arabo e presto sarà nelle sale). Insomma tutti, per un […]

The post ‘Non sono solo un romanziere’ – <i>Palazzo Yacoubian</i> e Ala-Al-Aswani, appeared first on Three Monkeys Online Italiano.

]]>
Di questi tempi, Palazzo Yacoubian dovrebbe diventare una lettura obbligatoria nelle scuole, un libro a distribuzione gratuita (o quasi) nelle edicole, un film che raggiunga il grande pubblico (ormai ci siamo, la pellicola è stata girata con un budget stratosferico per i canoni del cinema arabo e presto sarà nelle sale). Insomma tutti, per un verso o per l'altro, dovrebbero conoscere storie e personaggi di questo romanzo, che abbina a un'altissima valenza letteraria un ancor più importante valore sociologico, alla maniera dei tanti film e romanzi neorealisti che, negli anni Cinquanta, raccontarono al mondo l'Italia del dopoguerra.

Palazzo Yacoubian è stato pubblicato in Egitto, tra mille difficoltà, un anno dopo l'11 settembre 2001, e da allora è il libro più venduto nel mondo arabo dopo il Corano. Con i toni ora brillanti ora amari della commedia, il suo autore Ala-Al-Aswani (che per anni nello Yacoubian vero del Cairo ha avuto il suo studio dentistico) racconta le microstorie degli abitanti di questo vivacissimo palazzo, che per ospiti, litigi, urla, pettegolezzi ricorda un qualunque condominio del Sud Italia: c'è la ragazza bella e prosperosa costretta a farsi palpare dal suo datore di lavoro per mantenere il posto di commessa, c'è il suo fidanzato che sogna un futuro in polizia, negatogli in quanto figlio di misero portiere, e che da giovane mite e pacifico finisce per diventare un kamikaze; c'è il vecchio trafficone che compra un posto in politica e il giornalista gay protagonista di una tragica storia d'amore…

Spirito di osservazione da entomologo e abilità nell'intreccio di destini e personaggi hanno assicurato all'autore la definizione (che condividiamo) di “Robert Altman in salsa mediorientale”, ma avendo conosciuto Aswani in occasione di un incontro pubblico, la sensazione è che, più che onori letterari o riconoscimenti di stile, il suo Palazzo Yacoubian voglia attirare un'attenzione politica sul mondo musulmano, che il libro venga letto come un reportage neanche troppo romanzato sulla insostenibile situazione egiziana ed araba in genere. Ecco le dichiarazioni di Aswani a questo proposito, e lo scambio di battute con cui abbiamo cercato di capire meglio un mondo per noi così lontano, ma in definitiva così vicino.

“Ho scritto questo libro anche per trattare il tema della religione. In Egitto sono presenti le tre più grandi religioni monoteiste, l'Islam, il Cristianesimo e l'Ebraismo, ma il problema non è la religione ma l'interpretazione che si dà di essa. Come forse sapete, l'Islam è nato nel deserto ma poi si è sviluppato e ha prosperato nei grandi luoghi dove esisteva la civiltà, in Iran, in Iraq e in Medio Oriente. La realtà dell'Egitto è fondata su due elementi estremamente negativi: la dittatura e, una sua conseguenza, la povertà di milioni di persone. Molti egiziani sono stati costretti ad emigrare in Arabia Saudita per cercare lavoro e una fonte di guadagno; lì sono entrati in contatto con una realtà molto ricca ma anche permeata di wahabismo, che è una delle interpretazioni più intolleranti dell'Islam. Questo ha portato conseguenze negative su tutto l'Egitto.”

Ha parlato di dittatura senza virgolette.

Il signor Mubarak governa e comanda sull'Egitto da trent'anni con una serie di elezioni fintamente democratiche, e adesso sta cercando di spingere il figlio in una posizione di potere. Non c'è altro modo per descrivere questo regime se non parlare di dittatura.

E allora come mai il suo libro non è stato censurato?

Da 14 anni in Egitto vige una legge che dice più o meno: “Tu puoi dire quello che vuoi, noi facciamo quello che ci pare”. Da un lato può essere in qualche modo positivo, ma in realtà è solo una dichiarazione di facciata per il regime, una libertà di parola passiva. In un paese democratico, la libertà di parola dovrebbe produrre dei risultati politici, ad una denuncia dovrebbe seguire un'inchiesta e, all'inchiesta, le dimissioni di qualcuno. Invece in Egitto non succede mai niente, siamo in una realtà senza un libero parlamento, perché le persone che vi siedono sono state elette attraverso elezioni finte, perché c'è la tortura come scrivo nel libro, ci sono migliaia di persone detenute illegalmente e così via. Il mondo arabo non conosce l'espressione ex-presidente, i presidenti sono tutti defunti, è l'unico modo in cui si cambia.

Dal punto di vista di uno scrittore, la possibilità di una parola politicamente inefficace è una frustrazione o al contrario ne rafforza il ruolo, in quanto può esercitare almeno questo primo grado di libertà?

Nelle intenzioni del regime questa nuova legge non ha sortito l'effetto voluto, perché invece di avere degli intellettuali sempre più frustrati, vediamo la possibilità di intervenire e di creare un movimento democratico secolare, laico. E infatti io non sono solo un romanziere, ma sono anche un attivista politico, scrivo saggi e articoli di giornale.

Qui la parola 'laico' è diventata quasi una parolaccia, come se fosse una forma ideologica e non una premessa di convivenza per tutti. Da quel che dice sembra che lì sia altrettanto difficile.

'Laico' può essere sinonimo di democratico, civile, senza alcuna accezione religiosa. D'altra parte in Egitto si sono nutriti a vicenda due poli, il regime e il fanatismo, che solo apparentemente sono in contraddizione. Ma non è affatto così, anzi si autoalimentano: attraverso l'ingiustizia diffusa e la repressione, il regime utilizza il fanatismo dopo averlo creato.

A scuola di medicina uno degli insegnamenti fondamentali è che il medico deve imparare subito la differenza tra patologia e malattia, e questo discrimine è molto importante: se si cura la malattia, si può guarire realmente, se si cura la complicanza come se fosse una malattia, il paziente muore. Questa è una similitudine per dire che nel mio paese è accaduta la stessa cosa: la malattia è il regime, la complicanza della malattia è il fanatismo. Il regime vuole convincerci in tutti i modi che il fanatismo e l'integralismo siano la malattia da curare, mentre invece sono una conseguenza della malattia. Questo elemento traspare anche nel giovane protagonista del mio libro, che inizialmente è un idealista, ma che poi viene portato alla scelta del terrorismo perché imprigionato ingiustamente, torturato ecc.

Nei paesi arabi, Palazzo Yacoubian è stato accolto in maniera diversa a seconda dei diversi gradi di democraticità di ogni nazione?

Questo libro è stato un best seller nel mondo arabo per quattro anni, pubblicato in Egitto all'inizio con difficoltà (quattro editori lo hanno letto, ne hanno parlato benissimo però non lo hanno pubblicato) e poi con grande successo (la prima ristampa è arrivata dopo due mesi). Ho ricevuto molti feedback da parte di lettori che mi hanno contattato, scritto email, e da tutti ho sentito le stesse parole, e cioè: “stai parlando del mio paese, descrivi la situazione del mio paese”. Questo conferma la mia opinione, e cioè che ci sono 22 paesi arabi con 22 tipologie di regime: c'è la monarchia, ci sono i rivoluzionari, ma non c'è la democrazia. Credo si ritorni sempre al concetto che la mancanza di democrazia è la patologia da curare. Adesso la malattia sembra aggravarsi, in quanto dopo l'11 settembre c'&egrav
e; una mancanza di democrazia anche nei paesi occidentali.

Lei è uno scrittore ma fa anche il lavoro quotidiano di dentista, che è un mestiere che lascia una libertà di gestione del tempo e anche una libertà di scrittura notevoli (se facesse il giornalista potrebbero metterla a tacere immediatamente). Come mai fa ancora il dentista, dopo tutti i soldi che ha guadagnato grazie a questo libro?

Credo fermamente nello scrittore indipendente, che non deve essere vincolato, per questo ho continuato a mantenere il mio ambulatorio di dentista. Sono riuscito a farlo perché è una libera professione, ma meno impegnativa ad esempio della chirurgia, una specialità che richiederebbe una presenza 24 ore su 24 e che non mi permetterebbe di scrivere. Un altro motivo per cui continuo a fare il dentista è che mantengo forti i contatti con le persone, mi occupo di loro, e questo è veramente importante per la mia scrittura.

Questo libro è diventato anche un film: ha mai pensato di scrivere per il cinema, non è anche quello un modo per arrivare più facilmente al popolo?

La letteratura è molto importante per me, ma ho seguito il consiglio di mio padre, che è morto quando avevo 19 anni e mi ha detto che se la letteratura diventa la cosa dominante, devo smettere di scrivere. Mi hanno fatto tantissime offerte di sceneggiatura, soprattutto dopo l'uscita del libro. Offrono anche moltissimi soldi, ma alla fine mi sono reso conto che mi rovinerei la vita. Io ho una vita pacifica, tranquilla, posso scrivere tutti i giorni con calma. Se invece si guadagna in maniera spropositata per un lavoro di tre o quattro mesi, a un certo punto il gioco può diventare davvero pericoloso, può impedirmi di scrivere un altro romanzo. Se guadagni così tanto, come fai a vivere per due, tre anni senza guadagnare mentre scrivi il prossimo libro? Poi immagino i miei personaggi al cinema e non riesco a vederli. Ho molti amici sceneggiatori, non ho niente contro di loro, ma io non mi ci vedo!

Palazzo Yacoubian, di Ala-Al-Aswani – Feltrinelli, pp. 215, euro 16

The post ‘Non sono solo un romanziere’ – <i>Palazzo Yacoubian</i> e Ala-Al-Aswani, appeared first on Three Monkeys Online Italiano.

]]>
https://www.threemonkeysonline.com/it/non-sono-solo-un-romanziere-palazzo-yacoubian-e-ala-al-aswani/feed/ 0 1053
La Tirannia della Tecnica https://www.threemonkeysonline.com/it/la-tirannia-della-tecnica/ https://www.threemonkeysonline.com/it/la-tirannia-della-tecnica/#respond Mon, 01 Aug 2005 09:00:39 +0000 https://www.threemonkeysonline.com/it/bwp/la-tirannia-della-tecnica/ Alla vigilia della 18a edizione dei Campionati del Mondo di calcio, la maggiorparte dei tifosi non riesce ad evitare l'impressione che il gioco, a livello mondiale, sia in piena crisi. Alcuni dei mali del calcio sono stati più volte diagnosticati, ma la validità di tali diagnosi rimane oggetto di discussione. Ad esempio, molti sostengono che […]

The post La Tirannia della Tecnica appeared first on Three Monkeys Online Italiano.

]]>
Alla vigilia della 18a edizione dei Campionati del Mondo di calcio, la maggiorparte dei tifosi non riesce ad evitare l'impressione che il gioco, a livello mondiale, sia in piena crisi. Alcuni dei mali del calcio sono stati più volte diagnosticati, ma la validità di tali diagnosi rimane oggetto di discussione. Ad esempio, molti sostengono che le cifre astronomiche che ruotano intorno all'industria calcistica hanno trasformato la maggiorparte dei campioni in mercenari. Questo può essere vero o meno, ma il ragionamento presenta un punto debole: l'essere mercenario non ha mai impedito a nessuno di fare un buon lavoro. E' vero che tanti degli esponenti più significativi del gioco contemporaneo appaiano palesemente motivati dal denaro. Sebbene sia valida in determinati esempi, la versione tradizionale che i soldi stiano rovinando il calcio sembra troppo semplicistica. Molti affermano anche che il gioco moderno sia diventato troppo difensivo, che il calcio abbia bisogno di più goal. Chi è di questa idea nonha capito niente: nel calcio, ciò che conta è il tentare. E' essenzialmente il gioco del gatto col topo, lo scopo è quello di vincere 1-0. Un 3-0 significa che non c'era competizione. 1-0 è la perfezione. Una volta che si elimina il tentativo, non è più il calcio come lo intendiamo noi. Molti sport richiedono abilità tecniche ed atletiche, ma molto pochi hanno bisogno di questa sorta di capacità decisionale dimostrata dai migliori calciatori. E' questo elemento tattico che fa del gioco la perfetta miscela di forma atletica, tecnica e intelligenza. La propensione nel calcio a testare questi tre attributi è precisamente quello che lo rende il gioco più bello ed intrigante del mondo. Il trito e ritrito controargomento è che le tattiche siano diventate eccessivamente sistematizzate, che di conseguenza il gioco a livello professionistico sia divenuto sterile, e che il calcio sia 'un gioco semplice reso più complicato dagli allenatori'. Che miserabile sciocchezza! Tutti i bravi allenatori per istinto tendono alla semplificazione. La prima cosa che il 99% degli allenatori competenti raccomanderebbero ad un ragazzino è di non complicare le cose. Il probelma è che la maggioranza dei ragazzini di talento raramente ascoltano. Bisogna ammettere che essi hanno ragione: semplificare può renderti un giocatore migliore una volta che hai raggiunto il tuo livello, ma non ti permette di farti notare dai talent-scout. In realtà il calcio è un gioco semplice reso complicato dai giocatori. Possiamo anche non essere d'accordo su quali precisamente siano i problemi più gravi del gioco a livello mondiale, ma concordiamo comunque che il calcio sia in crisi. Lo scopo di questo articolo è quello di evidenziare alcuni dei più recenti sviluppi in questo campo.

La Coppa del Mondo del 2002 ha dipinto un ritratto deprimente dello stato del gioco a livello mondiale. Per molti, la competizione si è salvata solo per la vittoria finale del Brasile; a dispetto di tutte le squadre tecnicamente deboli, del gioco scadente e della negatività, aveva trionfato il 'bel gioco'. Questa è l'analisi di un bambino di otto anni. La verità è che il bel gioco è stato pesantemente aiutato. Per iniziare, un'altro nuovo pallone, ancora più leggero. A cominciare da prima dei Mondiali del 1990, ogni nuovo pallone che si è succeduto ha reso i tiri dalla distanza più facili e i passaggi corti più difficili. I passaggi ravvicinati erano una delle caratteristiche che identificavano le squadre più forti. Adesso ti causano problemi. In realtà, la FIFA ha legiferato contro questo tipo di passaggi. Questo ha rappresentato un chiaro vantaggio per una squadra atleticamente e tecnicamente preparata ma in qualche modo senza cervello come il Brasile. Il nuovo pallone spesso rende il dribbling un'opzione preferibile alla ricerca di compagno di squadra: tanto meglio per un centrocampo pieno di giocatori indulgenti con se stessi che si rifiutano, o non sono capaci, di cercare uno spiraglio. Per quanto riguarda poi i goal, perché affannarsi a cercare di passare la palla quando adesso è possibile segnare, regolarmente, dai 35 metri? Il nuovo pallone ha anche reso una buona difesa meno rilevante: non è più necessario penetrare nell'area di rigore avversaria per fare goal. Improvvisamente, buonsenso e organizzazione difensiva hanno molto meno valore. L'unica cosa che importa ora è avere un vantaggio territoriale e attaccanti. In questo senso, il 'bel gioco' si differenzia ben poco dal suo presunto contrario, il cosiddetto long-ball. Entrambi gli stili consistono essenzialmente nel tentativo di provocare errori al limite dell'area avversaria: dribblare, perdere palla, fare pressione, riconquistare palla, dribblare nuovamente, … Ad ogni fase di possesso di palla, questa continua riduzione del gioco ad una successione di situazioni di tipo uno-contro-uno indebolisce, mentalemtne e fisicamente, i difensori avversari. Nell'ipotesi di una tua superiorità nella marcatura a uomo, queste fasi di possesso di palla dovrebbero spingere l'avversario sempre più profondamente nella loro area. Fino a che un difensore lascia un varco o dirige un colpo di testa verso la zona sbagliata e … oplà!! Goal, quasi senza che ci sia bisogno di passaggi o movimenti di palla. Avete notato la staticità del Brasile all'ultimo Mondiale? Gli unici giocatori che tentavano di farsi spazio prima di ricevere la palla erano Roberto Carlos, Cafu e Ronaldo. Per i terzini tale movimento non era di gran aiuto in quanto i centrocampisti quasi mai passavano il pallone abbastanza velocemente: parevano non sapere come lasciar fare alla palla il suo compito. Tanta tecnica, e assolutamente zero finezza. Una grande proporzione dei goal segnati dal Brasile agli ultimi Mondiali si sono realizzati così. Dieci anni fa, la tattica del calcio lungo adottata dalla Norvegia funzionava lungo la medesima logica di base territoriale. Inutile dire che la squadra era considerata il peggio dei peggio. Ma, naturalmente, i brasiliani rappresentano i 'buoni'.

Inutile anche dire che non sempre funziona. Non ha funzionato nei sedicesimi di finale nel 2002. Durante l'ora iniziale dell'incontro di secondo turno, il Belgio si è rivelato migliore in campo rispetto al Brasile. Con passaggi di palla semplici ed efficaci. Ha giocato il vero calcio. Il goal era inevitabile. Quando c'è stato, allo scadere dei primi sessanta minuti (un colpo di testa da manuale di Marc Wilmots), il guardialinee ha sventolato la bandierina. Ad oggi non è stata fornita una spiegazione accettabile delle motivazioni. Un errore isolato? Può essere, ma i belgi non parevano pensarla così. Si resero conto in quel momento che al Belgio, tradizionalmente etichettato come una squadra di operai qualificati a giornata, semplicemente non è permesso battere il Brasile nella fase di eliminazione di una Coppa del Mondo di calcio. I belgi iniziaroino a quel punto a giocare malissimo e il Brasile carburò e finì per vincere con un 2-0. Molti sapientoni dichiararono che il punteggio finale rifletteva la sua evidente superiorità. Cazzate! La complicità della maggiorparte dei media in questo spettacolo osceno è stata scandalosa. Durante le fasi successive del campionato, l'incompentenza tattica del Brasile poteva non funzionare, se non fosse che a Italia e Spagna, due squadre dotate di una tale presenza atletica a centrocampo da poter contrastare il dribbling brasiliano, sono capitati degli arbitri infernali. Cosa sarebbe capitato se i centrocampisti del Brasile avessero provato a correre senza cervello contro lo spagnolo Ruben Baraj
a o l'italiano Luigi Di Biagio? Sarebbero stati mangiati vivi. Sarebbero stati obbligati a passarsi la palla in fase di avanzamento a centrocampo e avrebbero dimostrato la loro mancanza di intelligenza. Ecco come la FIFA è riuscita a fare della più lampante debolezza del Brasile la loro forza. Non nego che la squadra brasiliana possedesse un talento immenso. Il punto qui è che il talento grezzo, di per sé, non è molto interessante. Qualsiasi competizione in cui le capacità fisiche e tecniche di un team sono talmente superiori a quelle delle altre squadre da non dover neppure pensare durante le partite diventa inevitabilmente noiosa. L'ultima volta, il Brasile era tanto noioso quanto qualunque squadra norvegese io abbia mai visto.

Si può dire lo stesso del Real Madrid in questi ultimi anni. Tra il 2000 e il 2002 ha dominato il mondo del calcio a livello europeo, giocando un tipo di calcio tra i più puerili della storia moderna di questo sport. Bisogna ammettere che la squadra che vinse la Champions' League nel 1998 era costituita da un gruppo di giocatori completamente diverso. L'unico calciatore nella squadra del 2002 che può essere descritto come un 'distributore di palloni' nato era Zinedine Zidane, che normalmente giocava troppo avanzato per esercitare una continua influenza sul tipo di gioco. Il risultato era lo stesso ritmo 'partenza/arresto' del Brasile, caratterizzato dalla stessa logica commerciale. Fino a venti anni fa, la maggiorparte delle società di calcio ricorreva al medesimo progetto commerciale di buon senso: per fare soldi (che era dopotutto la loro raison d'être) si doveva migliorare la qualità del prodotto. Cercavano di aumentare i profitti giocando un calcio migliore. I profitti erano determinati dal calcio. Adesso il calcio è determinato dal profitto: gli allenatori non sono più responsabili delle politiche di trasferimento. Ne risulta generalmente una squadra di eccellenti giocatori che toccano palla ognuno troppe volte per creare spazio per gli altri. Il progetto commerciale non consiste in una squadra di giocatori complementari gli uni agli altri, non hanno bisogno di essere tali. Con i profitti extra derivanti dai diritti TV e dal merchandising, si può compensare la mancanza di fluidità tramite l'acquisto di giocatori sempre migliori. Il problema con questo progetto è che vincola i club ad una spirale economica per cui devono comperare giocatori sempre più dotati e costosi, per compensare il tipo di calcio giocato che diventa sempre più incoerente. I giocatori possono anche lavorare duramente gli uni per gli altri, ma se più di uno di loro dribla ad ogni fase di possesso di palla, questo normalmente rallenta i passaggi fino a quando si perde terreno invece che guadagnarlo. Economicamente poi, qualsiasi club che inizia questa spirale corre continuamente il rischio di fallire l'anno successivo. Il real Madrid è fortunato in questo senso: come tesoro culturale nazionale per la Spagna, non può esser lasciato fallire ed è stato salvato dal governo spagnolo. Il governo spagnolo può spendere i propri soldi come meglio gli pare. Nel campo dei sussidi corporativi, questa storia non è delle piò ingiuste che ho sentito. Quello che mi preme è che la mancanza di meritocrazia economica si trasformi in calcio volgare e noioso.

Le ragioni della FIFA dietro questa interferenza a 360 gradi in ciò che un tempo era il mondo del calcio sono ovvie: in termini di tifoseria, il calcio ha subito lo stesso processo cui abbiamo assistito vent'anni fa in campo musicale. Il pubblico – e gli utenti – di riferimento sono ora ragazzini in età pre-puberale. Reclutali come tifosi, e saranno di tua proprietà per tutta la vita. Una tifoseria di adulti ben informati può disilludersi con la volgarità del bel gioco, ma continuerà a seguire le partite. Oltretutto, siamo onesti, i bambini di otto anni in pratica hanno un maggior potere d'acquisto. Generalizzando, ai giovani piacciono le bevande alcoliche zuccherose, gruppi di musicisti capelloni con potenti assoli di chitarra e un tipo di calcio tecnicamente di grande effetto. Quando crescono i loro gusti si fanno più raffinati. Una ragione in più per spiegare perché il modo di promuovere il calcio praticamente ignora la tifoseria adulta. La prima regola della pubblicità: il consumatore non può essere intelligente, informato o perspicace. Se il consumatore infrange questa regola, egli deve essere condannato all'oblio sui mezzi di comunicazione. Se la pubblicità dice che tu non esisti, beh, tu non esisti.

Un leggendario allenatore del Brasile, Tele Santana, disse in un'occasione che a lui bastava vedere come un giovane giocatore toccava la palla una volta per sapere se il giocatore in questione avesse qualche possibilità a livello professionistico. Secondo lui, la seconda volta non era così importante. In altre parole, Santana ripeteva quella che è una delle grandi massime del calcio: i grandi giocatori sono quelli che riescono a farlo sembrare facile. C'è chi insiste che il calcio sia una forma d'arte e che bisognerebbe enfatizzare i suoi aspetti estetici. Sono completamente d'accordo, ma se il calcio è una forma d'arte, ha bisogno di sottoporsi ad una rivoluzione minimalista come è successo con le arti visive, la letteratura, l'architettura e la musica. In ogni caso, il talento grezzo e la tecnica non sono più considerati le virtù maggiori; tali sono invece il buon senso e il fattore economico. Meno equivale a più. Il Brasile, quest'anno, probabilmente giocherà in maniera più intelligente. Kaka non è male a distribuire palloni e Ronaldinho si è trasformato in qualcosa di più del giocatore sbruffone e senza cervello di quattro anni fa. Non c'è nulla di intrinseco al football brasiliano che obblighi la nazionale a giocare duro – la squadra che vinse nel 1994 giocò un calcio notevolmente economico. Allo stesso tempo, forse non avrebbero trionfato se ci fossero stati gli Yugoslavi. Dragan Stojkovic, Dejan Savicevic, Vladimir Jugovic… Sogno ancora la finale che non si è mai realizzata: il Brasile che costruisce l'azione pazientemente con Dunga come regista, Savicevic l'architetto dei contrattacchi yugoslavi. Un calcio paradisiaco giocato come il gatto con il topo. Il Brasile è allenato dal medesimo coach che lo ha portato alla vittoria nel '94, Carlos Alberto Parreira, un uomo che ben conosce il calcio, ma questo non garantisce nulla: se continuano a giocare nello stile che ci hanno inflitto quattro anni fa, per il bene del gioco stesso, devono fallire. Questa fissazione puerile e aristocratica con il talento grezzo deve finire. Se continua, quanto manca al momento in cui i bambini di otto anni decideranno di preferire il wrestling professionistico? Se non altro quello non finge di essere nulla più di onesto intrattenimento di basso mercato.

Una nota finale sugli arbitri scandalosi: quante volte abbiamo visto eccellenti squadre dell'est europeo essere danneggiate da pessimi arbitraggi in tornei internazionali di prestigio? Più o meno uniformemente, i giocatori rumeni, cechi, serbi, montenegrini e croati sono tecnicamente raffinati. Il loro problema sta nell'essere troppo ben addestrati.Il loro stile di gioco di solito non è abbastanza brillante per i bambini di otto anni. In più, queste squadre rappresentano Paesi piccoli con pubblici televisivi numericamente limitati, privi di un consistente potere d'acquisto. Esempi: Cecoslovacchia – Italia nel 1990; Yugoslavia – Olanda nel 1998; Repubblica Ceca – Olanda agli Europei del 2000; Repubblica Ceca – Grecia agli Europei del 2004 (il pian
o era, presumibilmente, quello eliminare i Greci ad opera del Portogallo alla finale. Alla fine, la Grecia si è meritata il trofeo, in quanto unica squadra ad aderire costantemente ai principi fondamentali del gioco).

Quando parliamo di personaggi famosi, mi capita di chiedere ai miei studenti cechi se c'è qualche celebrità che odiano così tanto da voler torturarlo/a a morte. Di solito rispondono Pierluigi Collina. Nel mio caso, aggiungete Sepp Blatter alla lista.

The post La Tirannia della Tecnica appeared first on Three Monkeys Online Italiano.

]]>
https://www.threemonkeysonline.com/it/la-tirannia-della-tecnica/feed/ 0 1052
Rincorrere il potere – intervista con lo scrittore Ernesto Aloia https://www.threemonkeysonline.com/it/rincorrere-il-potere-intervista-con-lo-scrittore-ernesto-aloia/ https://www.threemonkeysonline.com/it/rincorrere-il-potere-intervista-con-lo-scrittore-ernesto-aloia/#respond Mon, 01 Aug 2005 09:00:39 +0000 https://www.threemonkeysonline.com/it/bwp/rincorrere-il-potere-intervista-con-lo-scrittore-ernesto-aloia/ Ha da poco pubblicato la sua seconda raccolta di racconti per minimum fax. L'ha intitolata Sacra fame dell'oro, guardando alla Commedia di Dante ma ispirandosi anche ai nostri tempi, ai nostri piccoli eroi avidi di soldi e potere. TMO intervista via email Ernesto Aloia, per chiedergli conto dei suoi personaggi antipatici (a dire il vero, […]

The post Rincorrere il potere – intervista con lo scrittore Ernesto Aloia appeared first on Three Monkeys Online Italiano.

]]>
Ha da poco pubblicato la sua seconda raccolta di racconti per minimum fax. L'ha intitolata Sacra fame dell'oro, guardando alla Commedia di Dante ma ispirandosi anche ai nostri tempi, ai nostri piccoli eroi avidi di soldi e potere. TMO intervista via email Ernesto Aloia, per chiedergli conto dei suoi personaggi antipatici (a dire il vero, non più di uno specchio che rilevi impietosamente le nostre imperfezioni) e più in generale della fatica, e delle urgenze, legate alla sua scrittura. Tre dei tuoi quattro racconti sono ambientati nel passato, in anni che hai vissuto da bambino (1969, 1973) o in cui addirittura non eri ancora nato (1954). Come mai la scelta di andare così indietro nel tempo?

Non è stata una scelta a priori. Diciamo che un racconto nasce da una scena, un personaggio, un'atmosfera che svolgono un ruolo germinale, e che quando questi elementi mi sono venuti incontro erano già avvolti nella loro dimensione storica. Non mi sono mai chiesto: perché non ambientare Missilistica per dilettanti negli anni Cinquanta? Semplicemente non mi ha neppure sfiorato l'idea di fare diversamente. Antonio, Nives e Nicola erano lì, già nel loro tempo. Tra l'altro viaggiare nel tempo – sia pure con l'immaginazione narrativa – è molto divertente.

Una costante dei tuoi personaggi, anche di quelli presenti nella raccolta precedente, è la loro doppia vita: alcuni hanno la moglie raffinata, bella e ricca, la Triumph rossa e la casa in collina, ma poi si trovano a loro agio solo nelle braccia dell'amante operaia e cellulitica. Altri leggono il manifesto e fanno la spesa nei negozi del commercio equo e solidale, ma poi vivono in una villa hollywoodiana, viaggiano in Volvo e hanno la colf a tempo pieno. Pensi davvero che la coerenza e la coscienza non siano più di questo mondo?

Mi dispiacerebbe molto se qualcuno trovasse piena coerenza nei miei personaggi, perché gli esseri umani sono incoerenti per natura. Sono ambigui, pieni di zone d'ombra, e la loro vita psicologica ignora costantemente il principio di non contraddizione. La coerenza non è mai stata di questo mondo, e mi viene da dire per fortuna.

Sempre a questo proposito, ti chiedo: scrivere per te corrisponde a un'urgenza personale o è invece una sorta di 'dovere civile', un modo per denunciare politica e costumi ormai inaccettabili?

Non credo alla letteratura come denuncia e dovere civile. Con questo non voglio dire che non ci siano buone opere letterarie con un contenuto civile, ma che non fosse quella la spinta primaria dell'autore. Scrivere è un vizio: ti chiede molto, fa male perché assorbe energie importanti, ma può essere esaltante. Può anche essere penoso e umiliante, come gli altri vizi, ma uno scrittore che ha appena finito una scena ben riuscita lo riconosci perché cammina a un metro da terra, su un invisibile cuscinetto di narcisismo.

Locuste è il mio racconto preferito: sembra fantapolitica, è invece è terribilmente reale. Il protagonista cura le relazioni esterne di una banca che ha venduto bond argentini ai suoi clienti, e che adesso lucra sulla loro speranza di rivedere qualche soldo gestendo alcuni siti web di assistenza ai risparmiatori (naturalmente fasulli). In questa doppia truffa, già di per sé squallida, aggiungi un elemento ulteriormente disturbante: il webmaster è un 25enne part-time laureato in filologia germanica e la sua assistente una stagista laureata in Scienze della Comunicazione… Purtroppo la situazione che descrivi è tutt'altro che fantascientifica… Ti chiedo: da scrittore e da lavoratore (mi sembra che il tuo 'vero' lavoro sia l'impiegato) vedi uno spiraglio di luce oltre questo binario unico del Sesso-Soldi-Successo?

Il mio lavoro 'vero' è fare lo scrittore. Il problema del protagonista di Locuste è che ormai stenta a comprendere il mondo, tutto quello che non è denaro o non è direttamente accessibile tramite versamento di una congrua somma di denaro gli sfugge, perde consistenza ed è come se diventasse invisibile ai suoi occhi. Quando il suo amico Alec, un uomo solo reduce da un divorzio penoso, si innamora della giovane Rada, la prima cosa che fa è metterlo in guardia su questioni di portafoglio. D'altra parte, persino lui avverte confusamente che una possibilità di evasione esiste. Arriva la primavera, e questo personaggio sente che c'è una forza al lavoro che potrebbe cambiare la sua vita. A guardarlo bene, è un uomo che vive sull'orlo di un cambiamento ma, d'altra parte, tra le cose di cui non si accorge c'è anche il suo stato di semicecità. Dunque le occasioni esistono, però gli sfuggono. Quanto agli spiragli di luce… di per sé non c'è niente di male nella Tripla S di Sesso-Soldi-Successo, il problema rimane sempre quello di riuscire a stare al mondo da vivi, cioè con gli occhi aperti e senza farsi assorbire dall'inessenziale. Se giorno dopo giorno cammini a capo chino da un'abitudine all'altra e non ti accorgi del mondo, hai perso. Non c'entrano necessariamente i soldi. Certo, il modello della Tripla S produce infelicità, ma se è per quello anche il mito della povertà virtuosa.

Che rapporto hai con i tuoi personaggi? Pochissimi di loro sono 'puri' e positivi, nel senso eroico del termine, siano essi uomini o donne…

Ritorna il tema della coerenza. I miei personaggi non sono puri e positivi, ma neanche negativi al 100%. Non ce n'è uno che sia interamente negativo. Beh, forse un 'cattivo totale' c'è, il Danilo Serra di Locuste. I cattivi mi piacciono molto (sulla pagina, s'intende), direi che mi vengono bene.

Un romanzo che assomiglia parecchio all'atmosfera dolente, direi quasi sconfitta, dei tuoi racconti, è Il ritorno a casa di Enrico Metz appena pubblicato da Claudio Piersanti. L'hai letto? Credi che le somiglianze siano l'inevitabile frutto di questo momento storico?

Veramente no, non l'ho letto. Ma perché le somiglianze dovrebbero essere l'”inevitabile frutto di questo momento storico”? Se andassimo a vedere in quanta letteratura aleggia un'atmosfera dolente e sconfitta, scopriremmo che questo momento storico non finisce mai. Forse è la condizione umana.

Ci sono degli scrittori con cui fai 'squadra', insieme ai quali discuti di quello che scrivi e soprattutto delle urgenze letterarie e non che ne sono all'origine?

No, niente squadra. Conosco degli scrittori, ma raramente parliamo dei nostri libri. Per ovvi motivi gli scrittori preferiscono commentare i libri degli assenti…

È più difficile iniziare un racconto, trovare l'incipit e l'ispirazione giusta, oppure finirlo, individuare il momento giusto per la chiusura?

Questo dipende dal racconto. Generalmente l'inizio non è un problema, perché se non mi viene in mente un incipit evocativo e stimolante non mi metto neanche a scrivere un racconto. Poi, magari, lo modifico strada facendo. Comunque, mai fatto un piano a tavolino, uno schema con la trama, roba così. Bisogna che tutto nasca da un'immagine originaria che può anche non trovarsi all'inizio, ma che genera l'intero racconto. In Locuste, per quanto possa sembrare strano, l'immagine del protagonista che corre da solo, volontariamente murato in un isolamento ipnotico che taglia fuori lavoro, famiglia, amici, è nata prima dell'idea della disinformazione ai danni degli obbligazionisti argentini. La conclusion
e sì, qualche volta può essere un problema. Certe volte mi capita che un racconto rimanga senza finale per mesi. Ma a quel punto, non è più veramente preoccupante: il racconto è già lì, può fare resistenza quanto vuole, al massimo riesce a rallentare i tempi.

Se dovessi bilanciare la 'quota' autobiografica e generazionale e quella di pura invenzione nei personaggi e nelle situazioni che descrivi, che percentuale indicheresti? A cosa è dovuto il prevalere dell'una o dell'altra componente?

È impossibile stabilire delle percentuali. Non mi capita mai di utilizzare materiali autobiografici puri e semplici. D'altra parte, tutto deriva dall'autobiografia. Un personaggio può nascere dallo stato d'animo di un giorno o può rappresentare l'estrapolazione di una tendenza che nell'io dell'autore coesiste con altre cento, magari contraddittorie. È un po' come per gli attori: se devi impersonare, che so, Adolf Hitler, devi cercare dentro di te quelle spinte alla violenza e alla sopraffazione che di solito tieni ben nascoste (però ci sono, ci sono…), isolarle e portarle alla luce.

Libro sul comodino in questi giorni? Libro che tieni sulla scrivania come una Bibbia?

In questi giorni sto leggendo Dies Irae, di Giuseppe Genna. Un libro da cui imparare: l'autore ci si è gettato a corpo morto, senza riserve. Senza timore dell'eccesso, della dismisura. Sul comodino i libri vanno e vengono. Tra quelli che ci tornano più frequentemente ci sono Underworld di De Lillo (ho un comodino molto spazioso), i romanzi di Cormac McCarthy, Il falò delle vanità di Tom Wolfe e la Commedia di Dante, da cui ho tratto il titolo Sacra fame dell'oro.

Rispetto alla raccola precedente, ho notato che hai scelto la via del realismo (mentre Peter Szoke aveva situazioni più surreali e uno stile in alcuni casi iperbolico) e che sei passato da temi privati ad argomenti 'pubblici'. A cosa è dovuto questo cambio di rotta? Ti ha condizionato il dibattito intorno a La qualità dell'aria?

Peter Szoke rappresentava una varietà di strade possibili, in qualche caso divergenti. Sacra fame dell'oro ne sceglie una e va fino in fondo. Il dibattito sull'antologia La qualità dell'aria non mi ha influenzato (c'è stato un dibattito?), anche perché io all'epoca avevo già abbandonato iperboli e situazioni surreali: se vai a rileggere il racconto Pavel in Chi si ricorda di Peter Szoke?, il secondo della raccolta ma l'ultimo in ordine cronologico, vedrai che ha molto in comune con quelli di SFDO [Sacra fame dell'oro], molto più degli altri. Quanto al passaggio dagli argomenti 'pubblici' a quelli 'privati', non credo che le cose stiano così, non c'è stato alcun passaggio. Anzi, io sono per abolire la distinzione. In Chi si ricorda di Peter Szoke, Le notti cieche parlava della grande bolla speculativa borsistica del 1999-2000 e dei bombardamenti notturni della seconda guerra mondiale. Pavel parlava di Chernobyl. In Concentrazione c'è di nuovo la seconda guerra mondiale. Ammiro molto gli scrittori che riescono a creare una corrispondenza simbolica tra le vicende dei loro personaggi e il contesto storico (che tra l'altro così non è più semplice contesto). I narratori americani, con tutte le ovvie differenze, sono bravissimi: Philip Roth, De Lillo, Wolfe. Non esiste contraddizione tra storia pubblica del paese e privata dei personaggi, anzi si potenziano a vicenda.

The post Rincorrere il potere – intervista con lo scrittore Ernesto Aloia appeared first on Three Monkeys Online Italiano.

]]>
https://www.threemonkeysonline.com/it/rincorrere-il-potere-intervista-con-lo-scrittore-ernesto-aloia/feed/ 0 1051
Il ritratto di un&apos;Italia che non ci piace – Sacra fame dell&apos;oro vs. Il ritorno a casa di Enrico Metz https://www.threemonkeysonline.com/it/il-ritratto-di-unitalia-che-non-ci-piace-sacra-fame-delloro-vs-il-ritorno-a-casa-di-enrico-metz/ https://www.threemonkeysonline.com/it/il-ritratto-di-unitalia-che-non-ci-piace-sacra-fame-delloro-vs-il-ritorno-a-casa-di-enrico-metz/#respond Mon, 01 Aug 2005 09:00:39 +0000 https://www.threemonkeysonline.com/it/bwp/il-ritratto-di-unitalia-che-non-ci-piace-sacra-fame-delloro-vs-il-ritorno-a-casa-di-enrico-metz/ “Seppure non eravamo testimoni né partecipi di nessun 25 aprile o 8 settembre, seppure gli ideali per cui combattevano le migliori menti della nostra generazione erano un contratto a tempo indeterminato e la normalità dei cicli circadiani, seppure avremmo fatto volentieri a meno di ricordare i nomi di quei ministri che ogni sera in televisione […]

The post Il ritratto di un&apos;Italia che non ci piace – <i>Sacra fame dell&apos;oro</i> vs. <i>Il ritorno a casa di Enrico Metz</i> appeared first on Three Monkeys Online Italiano.

]]>
“Seppure non eravamo testimoni né partecipi di nessun 25 aprile o 8 settembre, seppure gli ideali per cui combattevano le migliori menti della nostra generazione erano un contratto a tempo indeterminato e la normalità dei cicli circadiani, seppure avremmo fatto volentieri a meno di ricordare i nomi di quei ministri che ogni sera in televisione sbagliavano la pronuncia dell'inglese, le addizioni a due cifre, le minime cognizioni di geografia e storia recente; ecco, seppure il contesto invitasse al rifiuto assoluto o alla narcolessia, avevamo una responsabilità: raccontare questo tempo”. Dichiarazioni che abbiamo ripescato da un'antologia letteraria pubblicata qualche tempo fa da minimum fax: si intitolava La qualità dell'aria. Storie di questo tempo e raccoglieva gli umori, le visioni, le reazioni di venti scrittori al nostro tempo devastato e vile. Sono passati due lunghissimi anni da quel manifesto, e l'aria che respiriamo è ancora satura di polveri sottili e soffocanti; ma se c'è un elemento nuovo e rassicurante nella situazione, va colto nel fatto che scrittori appartenenti a generazioni, geografie e scuderie editoriali diverse stanno rinunciando a raccontare il proprio ombelico e le storie minimaliste cui sono avvezzi per dare spazio invece a scandali finanziari, avidità di potere, aziende in mano a manager spregiudicati e corrotti, mediocrità trionfante al potere. Insomma il ritratto di un'Italia che non ci piace per niente ma con cui siamo costretti a convivere, e che i libri di Piersanti ed Aloia ci raccontano impietosamente, anche se con stile e approcci differenti.

Nel caso di Piersanti, classe 1954, autore di splendide storie intime come L'amore degli adulti e Luisa e il silenzio, il potere che si stanca di se stesso e si ritira a vita privata (non senza prima essere insidiato da Guardia di Finanza e magistratura) è incarnato dalla figura di Enrico Metz, avvocato cinquantenne che dopo aver passato metà della sua vita a Milano come consulente legale di un ricco industriale, si ritira dal suo ruolo pubblico per far ritorno alla casa paterna in provincia. Il passaggio dal 'grande' al 'piccolo', dalla metropoli alla cittadina, dai santuari della finanza allo studio legale ricavato in una stanza dell'abitazione è tutt'altro che indolore, soprattutto per il carico di rimpianti che porta con sé. Poiché Metz è un eroe da romanzo, il suo esilio non contempla la nostalgia per il potere, i soldi, i benefits aziendali o la visibilità mediatica, ma è invece una sorta di pausa (definitiva) da una forsennata partita a Monopoli, necessaria a fare dolorosi bilanci: soldi e successo sono costati (a lui come a una generazione di manager e politici) non solo paurosi compromessi morali, corruzione e comportamenti spregiudicati, ma anche rinuncia alla propria vita interiore, al proprio ruolo di padre (Metz si accorge di non aver visto crescere i suoi due gemelli ormai adulti, concentrati sulle fidanzate e lontanissimi per lavoro), all'amicizia, e perfino alla vita matrimoniale, ridotta a una convivenza tra estranei. Ripartendo da cose semplici e banali per riconciliarsi con gli anni sprecati (per dirla con gli Afterhours), a cinquant'anni Metz può finalmente concedersi una tregua, andare in giro nella piccola città di provincia senza essere riconosciuto, fermarsi davanti a una vetrina “come un soldato che torni dopo una lunga guerra in terre lontane. E come un soldato non voleva più pensare alle battaglie combattute, alle delusioni, ai successi, alle sconfitte cocenti… Non era più un capo, era finalmente libero”.

Il romanzo si sviluppa raccontando il progressivo re-inserimento dell'avvocato nella sua città natale, tra amici ritrovati, una segretaria fin troppo materna, una giovane fanciulla in fiore che gli fa perdere il sonno e una casa che gli ricorda in definitiva gli anni più belli. Piersanti è bravissimo ad alternare momenti di struggente malinconia (il protagonista invecchia velocemente dentro e fuori, addirittura sollecitando, se possibile, la sua lenta decadenza) ad altri di assoluto cinismo, in cui riaffiora il ruolo pubblico del personaggio e le meschinità ad esso collegate: ad esempio quando, in vista delle elezioni, i papaveri locali vorrebbero trascinarlo in politica sfruttando il suo nome ancora pulito da sospetti e pendenze giudiziarie. Poiché Metz declina l'offerta, la sua ingiuria viene ripagata con l'invio della Finanza in casa, nel segno di una persecuzione umana e fiscale che è il prezzo da pagare per chi non rispetta più le regole del gioco…

Altre ambientazioni, ma stesso sguardo intenso e pietoso sulla nostra realtà, si ritrovano nei quattro racconti che compongono Sacra fame dell'oro di Ernesto Aloia, collocati in anni diversi della nostra storia recente. La situazione è ambientato nella Torino del 1973, ai tempi dei maxi-licenziamenti alla FIAT e dei terroristi che sequestravano i dirigenti per portarli nel carcere del popolo. I due racconti centrali parlano invece di ragazzini che subiscono o esercitano violenza (fisica ma soprattutto psicologica) in due Italie diverse: quella del 1954, ancora molto povera e in Lambretta, e quella del 1969, dove invece tanti hanno la seconda casa a Cortina, Antibes o Portofino e tanti altri si affannano ad ostentare una ricchezza che non hanno. L'ultimo racconto, il più coinvolgente secondo chi scrive, si intitola programmaticamente Locuste, ed è ambientato ai tempi del crac argentino e degli iPod. Come in Enrico Metz, anche qui c'è un protagonista in crisi di coscienza che deve espiare qualcosa, e una moglie benpensante che vive in una specie di luna-park a prezzo di qualche scrupolo passeggero. Angela (pura di nome e nello spirito) legge il manifesto e Le monde diplomatique, odia il liberismo, l'America, Israele e le multinazionali e fa la spesa nei negozi del commercio equo e solidale, ma intanto vive in una villa con due palme e una magnolia nel giardino. Hanno “dieci stanze, una vasca idromassaggio, due Volvo, un home theater e altri due schermi al plasma. Hanno anche una casa a Cortina, un Manet presunto autentico, tre Mac portatili, due impianti stereo, una tonnellata di vestiti, una colf a tempo pieno, due assicurazioni sulla vita, due piani di risparmio e un bel po' di fondi lussemburghesi”. Da dove arrivano tutti questi soldi? Dal lavoro del marito, che 'cura' le relazioni esterne di una banca piegandosi a comportamenti illeciti e frodi doppie e triple ai danni dei risparmiatori, al limite del premio Nobel per l'ingegno.

Il piano della banca per speculare sui clienti rimasti in mutande è diabolicamente plausibile, e Aloia lo descrive con precisione svizzera. Ma ciò che l'autore sottolinea con altrettanta abilità è la sete di soldi, l'egoismo e l'istinto competitivo universale che governano giovani e anziani, ricchi e poveri, uomini e donne senza alcuna distinzione: da Angela, anima candida di cui sopra, ai risparmiatori che hanno creduto di poter guadagnare il 12% annuo da obbligazioni argentine, dalla stagista della banca (che si dedica con entusiasmo al confezionamento della frode) all'amico medico, che nel giro di 48 ore rinuncia alla sua missione con Medici senza Frontiere per stare con la donna che ha appena conosciuto.

Se c'è una via d'uscita da questo tunnel malefico e lastricato di buone intenzioni, ancora non l'abbiamo trovata. Forse non rimane che conviverci, e leggere libri come questi per 'allenare' (almeno ogni tanto) la nostra coscienza stordita da tv, riviste patinate e pubblicità.

Sacra fame dell'oro, di Ernesto Aloia – minimum fa
x, pp. 179.

Il ritorno a casa di Enrico Metz, di Claudio Piersanti – Feltrinelli, pp. 205.

The post Il ritratto di un&apos;Italia che non ci piace – <i>Sacra fame dell&apos;oro</i> vs. <i>Il ritorno a casa di Enrico Metz</i> appeared first on Three Monkeys Online Italiano.

]]>
https://www.threemonkeysonline.com/it/il-ritratto-di-unitalia-che-non-ci-piace-sacra-fame-delloro-vs-il-ritorno-a-casa-di-enrico-metz/feed/ 0 1050
Negrita – Il Rock come attitudine – TMO intervista Pau dei Negrita https://www.threemonkeysonline.com/it/negrita-il-rock-come-attitudine-tmo-intervista-pau-dei-negrita/ https://www.threemonkeysonline.com/it/negrita-il-rock-come-attitudine-tmo-intervista-pau-dei-negrita/#respond Mon, 01 Aug 2005 09:00:39 +0000 https://www.threemonkeysonline.com/it/bwp/negrita-il-rock-come-attitudine-tmo-intervista-pau-dei-negrita/ Fra un mese esatto inizierà il loro tour estivo che li porterà, come sempre, su e giù per la penisola. Ma il 2006 per i Negrita è anche l'anno del debutto all'estero di L'uomo sogna di volare; l'ultimo album, che in Italia ha già venduto sulle centomila copie, è infatti in procinto di uscire in […]

The post Negrita – Il Rock come attitudine – TMO intervista Pau dei Negrita appeared first on Three Monkeys Online Italiano.

]]>
Fra un mese esatto inizierà il loro tour estivo che li porterà, come sempre, su e giù per la penisola. Ma il 2006 per i Negrita è anche l'anno del debutto all'estero di L'uomo sogna di volare; l'ultimo album, che in Italia ha già venduto sulle centomila copie, è infatti in procinto di uscire in Spagna, Francia e Sudamerica. Sono sulla scena dal 1992 e la loro carriera vanta record di presenze live, un'apparizione a San Remo, un paio di colonne sonore e altrettante nominations come miglior artista italiano in competizioni estere, due dischi d'oro e uno di platino, e infine un tour in Sudamerica che ha ispirato la maggiorparte del materiale e della musicalità de L'uomo sogna di volare. TMO ha avuto il piacere di intervistare, via email, Pau, il cantante e front man dei Negrita.In passato i Negrita si potevano considerare una band con un lato alternative-rock ed un lato più pop, quasi commerciale (senza accezioni negative): se sì, come siete riusciti a crearvi questa doppia identità? E come l'avete superata?

Mah… i Negrita hanno sempre avuto un background estremamente vario… Negli ascolti abbiamo sempre spaziato tra la grande musica che smuove le masse e fenomeni musicali più di nicchia… è un fatto fisiologico… è la nostra cultura. Non credo sia una doppia identità, è quel che siamo… e non penso nemmeno sia una cosa da superare…

Quale (se c'è stata) è stata l'influenza della 'non rock music' sul vostro sviluppo come band e sull'ultimo disco in particolare?

Da sempre penso che il rock non si identifichi esclusivamente con chitarre più o meno distorte o con la potenza di suono 'vomitata' dalla casse. Il rock è anche altro, è un'attitudine che si insinua nelle pieghe di un'espressione. Per me sono rock i Clash ma anche Bob Marley, sono rock i Mano Negra ma anche Caetano Veloso…

Negrita e Roy Paci con i suoi Aretuska hanno condiviso lo stesso palco in più di una occasione e con successo: quanto vi siete influenzati a vicenda e che tipo di collaborazione c'è fra voi?

Abbiamo molte zone di contatto, cose che abbiamo scoperto una notte preparando il primo maggio del 2005 davanti ad un tot di birra, parlando di musica. Questo ci ha fatto venire voglia di sperimentare altre cose assieme e di sognare progetti che dovranno ancora arrivare. Ma la 'benzina' fondamentale che ha appianato le differenze è diventata sicuramente l'amicizia.

Avete sempre preso ispirazione dalla scena musicale straniera. Un ragazzo che cresce musicalmente in italia è 'obbligato' a prendere spunti dall'estero? E' questa una sorta di mancanza di fiducia nella cultura musicale italiana? Per esempio, come vi ponete nei confronti del Festival di Sanremo e nei confronti di ciò che questa manifestazione rappresenta per la musica italiana?

La nostra cultura musicale soffre, da sempre, di esterofilia. E' una cosa con la quale dobbiamo fare i conti. Il mondo anglosassone, dagli anni '50-'60, ha fatto della musica un'industria forte che ha prodotto ed esportato 'colonizzando' una bella fetta di mondo, noi compresi.
In Italia la discografia non è così potente per tanti motivi, di conseguenza si fa poco di quel che si dovrebbe per valorizzare le cose. A puro titolo di esempio non esaustivo: le major sono sempre state quasi tutte a Milano, tranne rare eccezioni romane. Va da sé che tutto un patrimonio legato al Mediterraneo e al sud in genere vada a perdere potenzialità di sviluppo per mancanza di contatto vero, di vicinanza, di complicità… Le Indie, le indipendenti, hanno sempre avuto una potenza di fuoco limitata e spesso hanno perso il treno europeo, cosa che non è successa alla Francia, alla Spagna e alle nazioni del Nord… Quante band italiane conosciamo che frequentano abitualmente festival europei? Pochissime! Inoltre lo Stato non tutela di certo, come meriterebbero, le espressioni artistico-musicali dello stivale… e anche questo è un fatto!

Sanremo è un'altra cosa ancora. La Canzone Italiana, in passato, era fatta da straordinari interpreti spalleggiati da altrettanti straordinari autori che adesso, purtroppo, non esistono più… Avete presente quante fetecchie appaiono in video durante la settimana del festival? Se Sanremo rappresentasse veramente quello che si suona e canta in Italia ci sarebbe da mettersi le mani nei capelli… che non ho! E il nostro fantomatico pop esportato nel mondo? Senza nulla togliere a qualcuno, lo trovo spesso di una qualità… diciamo…. bassa, va'…
Potremmo stare qua a parlare per ore della situazione italiana… ma mi fermo qui.Quindi per tornare alla domanda: un ragazzo italiano non è certamente 'obbligato' a fare riferimento alla musica estera, ma di sicuro è fortemente 'incentivato'!

Riguardo la stesura delle canzoni: che cosa rende una canzone bella? E cosa una brutta? Quando componete una canzone, c'è un momento preciso in cui diventa chiaro che non funzionerà e sarebbe meglio cestinarla?

Si, c'è un momento in cui il cestino diventa la collocazione ideale per un pezzo. Credo invece che un brano diventi bello quando risponde a necessità espressive proprie di ogni singolo artista. Quando in primis stupisce positivamente chi lo ha composto… è già una gran cosa.

Quanto pesa il contenuto, il messaggio di una canzone? Per esempio Sale ha un messaggio molto forte, ma trasmesso in lingue diverse dall'italiano o ancora L'uomo sogna di volare viene lanciato fuori dall'Italia: è ovvio supporre che le persone che ascoltano le vostre canzoni non necessariamente parlano tutti questi linguaggi differenti. Quanto rilevanti devono essere allora i testi?

Io da anni ascolto musica con testi che stento a capire perchè non parlo bene inglese… ma non credo sia un problema insormontabile questo. I Negrita vengono da una cultura dove per fortuna anche il sound ha il suo fantastico ruolo… poi, chi vuole approfondire in genere si dà da fare. La musica ha anche questo stupendo potere… parlare oltre gli idiomi!

C'è un filo conduttore nel disco che lega tutti i pezzi? Se così è, di cosa si tratta? E' voluto o è venuto per caso? Oppure il disco tratta di temi imprescindibili tra loro e in un certo senso 'inevitabili' nel mondo di oggi?

Se esiste un filo conduttore credo sia da ricercare nello spirito con cui tutta l'avventura in Sudamerica e poi in Spagna è stata vissuta.
Le tematiche fanno parte del vissuto… quotidianità, temi internazionali, affetti etc. Scriviamo quello che vediamo. Mi sembra un buon modo per sentirsi autentici.

Rotoliamo verso sud: l'ascolto dell'album L'uomo sogna di volare evoca immagini di viaggi sia in senso fisico che mentale. A livello mentale, che tipo di destinazione è il sud?

Domandona da un milione di euro!
Il Sud è l'alternativa… il Sud è il panorama da osservare per controbilanciare lo strapotere dei vari Nord. Il Sud è sopravvivenza, sfruttamento, abbandono, ingiustizia, culla di cultura, passione, arretratezza e calore. Bada bene… vado oltre il sud italiano. In America il sud è la pattumiera del nord, avete presente cosa è successo in Argentina una manciata di anni fa? Oppure vogliamo parlare di Africa? Il Sud è una parte fondamentale di questa zolla di terra chiamata Mondo… urge un'idea di cerniera… il Sud merita il suo 50%!
Per il bene di tutti!

La distanz
a e lo spazio sono concetti ricorrenti nell'album (a noi pare che ci sia molto più spazio a livello del suono qui che in altre vostre produzioni). C'è un'immagine bellissima in Destinati a perdersi: “Destinati a perdersi in spazi troppo piccoli”. Che è l'opposto della visione tradizionale in cui uno si perde in spazi troppo grandi…

Vero! Ma il 'perdersi' non è solo una questione di spazi purtroppo…

Jim Crace, in un'intervista con TMO, ha detto: “Considera alcuni di quei libri meravigliosi che sono saltati fuori dalla Russia sovietica, un posto in cui ci si doveva rivolgere necessariamente alla letteratura per la verità, perché la Pravda, che significa verità, non la forniva. Considera la letteratura odierna in Inghilterra. Non credo che le democrazie borghesi e liberali tipo la nostra siano un ambiente molto adatto alla produzione di capolavori della letteratura, perché siamo troppo a nostro agio”. Voi avete suonato Sale, una canzone molto forte ed esplicita dal punto di vista politico, nel programma di Celentano, in cui uno dei temi dominanti era la censura televisiva. Secondo voi in Italia esiste la censura, e, se sì, quanto pesa? Nel panorama culturale italiano, stiamo assistendo ad un proliferare di energie e idee, dal punto di vista musicale, artistico e creativo in genere. La censura dell'informazione può essere uno stimolo alla creatività? Quando l'informazione è costretta in confini imposti dall'alto, questo diventa una spinta in più per cantautori, comici, registi, ecc?

Domanda complessa e vastissima…. bastardi!
Si, esiste una censura… ma sicuramente non di stampo fascista per come normalmente viene intesa. E' una censura più molliccia, visciduccia… moderna. Più determinata dalla paura che non dal rischio effettivo.
Non si permette alla base espressiva, agli artisti o ai giornalisti, di manifestare liberamente le proprie idee per non 'dispiacere' troppo ai quadri di potere alti, quelli superiori… la politica, la Chiesa etc. Quando invece qualcosa filtra, scatta un perbenismo classico italiano che sfiora addirittura una ridicola caccia alle streghe. Vedi per l'appunto RockPolitik o quello che sta succedendo in questi giorni per Il Codice da Vinci… tutti aspetti di una democrazia evidentemente molto, ma molto fragile. Celentano come Che Guevara? … o Dan Brown come Martin Lutero? Ah Ah Ah!C'è poi chi, per 'comodità' o per il quieto vivere, si applica un'autocensura… volontaria… cosa altrettanto poco edificante.
L'ormai famoso 'editto bulgaro' di Berlusconi invece, va considerato a parte: aberrazioni di potere da parte di un personaggio incontrollabile persino a se stesso.
La censura dell'informazione può essere stimolo alla creatività? Sì, ma solo per chi non ha paura di affrontarla.

Un momento cruciale per lo sviluppo come band dei Whipping boy, un gruppo irlandese, è stato dopo aver inciso la canzone Buffalo. A colloquio con TMO, ci hanno raccontato che un amico avrebbe detto loro: “ma voi non avete mai visto un bufalo, dovete scrivere di cose che conoscete” e per loro si è aperto un altro mondo: da quel momento hanno iniziato a scrivere di cose reali. Cosa ne pensate? Per voi funziona/funzionerebbe?

Mai mettere freni alla fantasia e all'espressività. Può andare bene tutto, tanto in musica decidono il cuore e lo stomaco, non la testa.

Il vostro sito web è molto ben fatto e dà l'impressione di un gruppo che tiene molto alle nuove tecnologie e alle loro potenzialità. Cosa pensate del web, dei ragazzi che scaricano musica da programmi tipo p2p, dei blog e dell'informazione su Internet in generale?

Non credo di essere il Negrita più adatto a risponderti… me la prendo con le molle la tecnologia… voglio che la mia vita sia distribuita tra cultura 'analogica' e 'digitale' e che nessuna delle due prenda il sopravvento. Sono nato troppi giorni fa, di conseguenza fanno parte di me anche cose che non appartengono a questi anni e alle nuove generazioni. Ed è giusto che sia così. Questo non vuol dire che non segua, che non sia attento… credo di essere uomo del mio tempo e in quanto tale capisco che le potenzialità del presente sono tantissime… ma so anche che non è tutto oro quel che luccica.

L'uomo sogna di volare sta per uscire in Spagna, Francia e Sudamerica. Cosa vi aspettate da questo lancio?

Potrei dirti che mi aspetto tante cose, ma non mi illudo… non dipenderà tutto da noi, le variabili sono tante. Dobbiamo ancora conoscere bene la cultura dei luoghi che andremo ad esplorare, le persone che lavoreranno al progetto fuori dall'Italia e quanto tempo investiranno, … i canali di distribuzione e promozione che conosciamo solo parzialmente… etc. etc. I Negrita e il loro staff si stanno già impegnando di brutto, questo è certo!
Alla fine mi aspetto solamente quello che meritiamo…. niente di più.

In ogni viaggio si raggiunge un bivio e si deve decidere se continuare o tornare a casa. Qual è il prossimo passo nel vostro viaggio musicale: continuare la sperimentazione, anche con il rischio di allontanarvi troppo da casa, o tornare al vecchio ma sempre valido rock?

Di solito mi considero un viaggiatore piuttosto che un turista e quando parto per un viaggio cerco, per quanto mi è possibile, di non decidere le meccaniche del rientro… Qualcuno ha detto che è più importante il viaggio in sé, piuttosto che la meta da raggiungere… la salita con la sua fatica e i suoi particolari da osservare e da capire piuttosto che la vetta…. e questa cosa mi ha sempre affascinato…

The post Negrita – Il Rock come attitudine – TMO intervista Pau dei Negrita appeared first on Three Monkeys Online Italiano.

]]>
https://www.threemonkeysonline.com/it/negrita-il-rock-come-attitudine-tmo-intervista-pau-dei-negrita/feed/ 0 1049
Bloom https://www.threemonkeysonline.com/it/bloom/ https://www.threemonkeysonline.com/it/bloom/#respond Mon, 01 Aug 2005 09:00:39 +0000 https://www.threemonkeysonline.com/it/bwp/bloom/ Per la maggiorparte delle persone, l'idea di leggere l'Ulisse di James Joyce può rappresentare una prospettiva angosciante. Il regista Sean Wlash si è spinto ancora più in là e lo ha addirittura sceneggiato trasformandolo in un film di due ore. Bloom parte dal tomo di Joyce e lo converte in una drammatizzazione di tipo convenzionale, […]

The post Bloom appeared first on Three Monkeys Online Italiano.

]]>
Per la maggiorparte delle persone, l'idea di leggere l'Ulisse di James Joyce può rappresentare una prospettiva angosciante. Il regista Sean Wlash si è spinto ancora più in là e lo ha addirittura sceneggiato trasformandolo in un film di due ore. Bloom parte dal tomo di Joyce e lo converte in una drammatizzazione di tipo convenzionale, concentrandosi sugli aspetti umani dei percorsi di vita dei personaggi principali, catturati in questo ritratto lungo una giornata. Per i profani e per coloro per i quali non vale la pena disturbarsi per l'esperimento stilistico di Joyce, il film di Wlash è un distillato dell'essenza di questo enorme romanzo.

Il processo di semplificazione di un'opera così tremendamente dettagliata può apparire un incubo. Walsh illustra come la stesura della sceneggiatura abbia preso il suo tempo: “Ho lavorato sulla sceneggiatura per circa sei anni e il film è il risultato di tale lavoro. Ciò che feci era leggere e rileggere ogni capitolo, estraendo le parti che mi affascinavano. In termini generali, queste parti erano i momenti più divertenti e gli elementi umani. Il risultato è che la sceneggiatura rispecchia l'umanità di Joyce e il suo senso dell'umorismo.”

L'umanità dell'Ulisse è stata catturata in maniera raffinata da Stephen Rea nel ruolo di Leopold Bloom. Il suo dolore per il figlio (che non superò l'infanzia) e per il padre (che si suicidò) è inciso in ogni cosa che lo riguarda, dalla sua aria sconfitta e depressa alla sua voce stanca ed incerta. Il dolore di Bloom per il figlio si lega in modo impeccabile nel film con l'accettazione della morte della propria madre da parte di Stephen Dedaelus. Commovente è il tentativo di Bloom di raggiungere Stephen dopo la di lui avventura bevereccia con gli studenti di medicina: Stephen sparisce dietro un angolo e per un momento a Bloom pare di vedere suo figlio Rudy che gioca sotto un lampione, come avrebbe fatto se fosse sopravissuto. Dico a Walsh che ciò sembra intenzionale da parte sua in veste di regista. Non è d'accordo: “Molto è stato scritto sul rapporto fra Leopold Bloom e Stephen Dedaelus, su come i loro percorsi si incrocino e si uniscano. Questo mi interessava di meno. Ciò che mi interesava era quello che succede a Leopold Bloom in quanto uomo, a Molly Bloom in quanto donna e a Stephen Dedaelus in quanto ragazzo. Se c'erano connessioni, bene, ma a me interessava di più l'individuo. Se si prende Leopold Bloom, le ha viste tutte: è stato felice, è stato triste. E' un prammatico: sa di non poter cambiare il mondo in cui si vive; si deve andare avanti e lui lo fa. Molly è abbastanza simile; Credo che siano più simili Molly e Bloom che non Bloom e Stephen. Stephen naturalmente, essendo un giovanotto, non le ha passate tutte; è più tormentato in quanto non ha ancora assimilato quel prammatismo”.

Il prammatismo del signore e delal signora Bloom si estende alla sfera sessuale, in cui entrambi vengono mostrati cercare e trovare il loro piacere separatamente l'uno dall'altra: Leopold si masturba in spiaggia mentre controlla una giovane e frustrata istitutrice, mentre Molly riceve le attenzioni di un virile (e in qualche modo unidimensionale) promotore musicale, Blazes Boylan. In termini di casting, Molly sembra male abbinarsi al marito per la bellezza fisica. Faccio notare a Sean Walsh che Angelina Ball è semplicemente troppo attraente per questo ruolo. Ancora una volta non è d'accordo: “Non so in che punto dell'Ulisse si dica che Molly Bloom non era di bell'aspetto, perché lo era: era molto attraente. In secondo luogo, non credo che Angelina sia un'attrice-modella di tipo hollywoodiano. Il motivo per cui ha avuto la parte è molto semplice: è fantastica. Ha occhi bellissimi, è bellissima, ma ancora meglio, possiede un ritmo naturale che le permette di sviluppare il monologo di Molly proprio nella maniera in cui deve essere recitato. Ci sono ben poche persone che ne siano capaci. Se la tua critica è rivolta ad Angelina, la confuto totalmente”.

Poiché Bloom dura solo due ore mentre ci vuole un'eternità a leggere il romanzo in sé, sembra inevitabile che molto si perda nel passaggio dal testo allo schermo. Concentrandosi sugli aspetti umani ed umoristici dell'Ulisse, Walsh è riuscito a rendere il proprio compito più gestibile; resta però un punto debole sul quale non riesco a non stuzzicarlo: l'episodio dei Ciclopi. Per molti lettori questo rappresenta uno dei momenti più sublimi del libro, in termini di enfasi sul messaggio centrale di amore alla faccia dell'odio e della bigotteria. In Bloom viene invece ridotto fino quasi all'inconsequenzialità, ad un mero spiacevole contrattempo nella giornata di leopold Bloom. Inoltre, il suo potenziale comico viene perso completamente. Chiedo a Wlash se non abbia avuto la tentazione di farne qualcosa di più. “Sì, e direi lo stesso di molto altro nel film. Direi che dopo cinque anni avevo buttato giù tutta la sceneggiatura; poi mi ci sono voluti tre anni per toglierne dei pezzi, per comprimerlo, cercando di farlo funzionare. Tutto è stato compresso, compreso la scena dei Ciclopi. Ma sono soddisfatto di come è venuto, perché non volevo che questa cosa anti-semita rimanesse ad aleggiare sul film, non volevo fosse un film sull'antiebraismo in Irlanda. Volevo che rappresentasse una parte di ciò che accade nella vita di Bloom. Non volevo dargli un'indicazione precisa; non è come con Schindler's List per cui lo sai di andare a vedere un film sulla Germania nazista”.

L'apice di Bloom è invece l'episodio di Circe, che è stato fedelmente riportato in tutto il suo surrealismo comico. Alla vita mentale di Leopold Bloom è dato un rilievo pieno di vita e colore contro uno sfondo di comparse, e questa lunga scena raggiunge un trionfo drammatico genuino in termini di trasposizione visuale di un capitolo tanto complesso. Per Walsh è Circe a rappresentare il nucleo dell'Ulisse? “L'episodio di Circe in molti modi rappresenta il nocciolo del libro e allo stesso tempo non lo è. Data l'interconnessione fra personaggi e temi, ovviamente essi si intrecciano per tutto l'Ulisse, ma per la maggiorparte questo viene a compimento nell'episodio di Circe. Tutte le cose che hai visto, imparato o letto in precedenza tornano qui sebbene in maniera caleidoscopica, in un modo completamente differente. Inoltre, credo che sia un capitolo eccezionale, non gli si puù fare giustizia in un film. Se fosse stato pubblicato oggi, manderebbe in visibilio il pubblico. A me piace la fantasia, la sua natura bizzarra. La sceneggiatura prende una direzione lineare ma ciò che accade in termini di personaggi, costumi e location è completamente innaturale. Ma rappresenta il nucleo [del libro]? No, credo che il cuore sia [il capitolo] Itaca e il monologo di Molly (ovvero l'episodio di Penelope). E naturalmente, per quanto riguarda Itaca, che rimane il mio capitolo preferito e che era il preferito di Joyce, non ci sono rimaste che due scene!”

A prescindere dagli inevitabili difetti del film e degli indubitabili pregi, quello che non si può negare è la sua accessibilità, una aspetto che deriva dalla motivazione principale di Walsh a realizzare Bloom: “Per anni, l'Ulisse è stato considerato il miglior romanzo del ventesimo secolo, specialmente da noi irlandesi, che riveriamo Joyce come un granse scrittore. Il problema &egrave
; che nessuno di noi ha letto il libro; tutti ne posseggono una copia e nessuno l'ha letto! E' stato questo paradosso a spingermi: come può quest'opera essere considerata un capolavoro se nessuno l'ha letta?”

The post Bloom appeared first on Three Monkeys Online Italiano.

]]>
https://www.threemonkeysonline.com/it/bloom/feed/ 0 1048
Dalle Carabine allo Smoothie alla Fragola. L&apos;Irlanda nel XXI secolo: Nord e Sud. https://www.threemonkeysonline.com/it/dalle-carabine-allo-smoothie-alla-fragola-lirlanda-nel-xxi-secolo-nord-e-sud/ https://www.threemonkeysonline.com/it/dalle-carabine-allo-smoothie-alla-fragola-lirlanda-nel-xxi-secolo-nord-e-sud/#respond Mon, 01 Aug 2005 09:00:39 +0000 https://www.threemonkeysonline.com/it/bwp/dalle-carabine-allo-smoothie-alla-fragola-lirlanda-nel-xxi-secolo-nord-e-sud/ “Per più di trent'anni i media di tutto il mondo hanno concentrato la loro attenzione sul 'terrorismo' che imperversava nelle sei province dell'Irlanda del nord est. Dietro una cortina di fumo e di fuoco, dietro gli uomini in passamontagna coi fucili e bombe, esiste un'altra prospettiva, un'Irlanda nascosta.” [Colours: Ireland – From bombs to boom […]

The post Dalle Carabine allo Smoothie alla Fragola. L&apos;Irlanda nel XXI secolo: Nord e Sud. appeared first on Three Monkeys Online Italiano.

]]>
“Per più di trent'anni i media di tutto il mondo hanno concentrato la loro attenzione sul 'terrorismo' che imperversava nelle sei province dell'Irlanda del nord est. Dietro una cortina di fumo e di fuoco, dietro gli uomini in passamontagna coi fucili e bombe, esiste un'altra prospettiva, un'Irlanda nascosta.” [Colours: Ireland – From bombs to boom – Henry McDonald]

Nel 1966, per festeggiare il 50°anniversario dell'insurrezione di Pasqua del 1916, il governo irlandese mandò in onda documentari sui protagonisti della rivolta e tenne grandi raduni popolari. C'era un'atmosfera caratterizzata da un timore quasi reverenziale e da profonda ammirazione per quegli uomini che diedero vita ad un tentativo di ribellione – violento, destinato a fallire e all'epoca impopolare – contro il dominio inglese in Irlanda. Nei quaranta anni trascorsi da allora, il Paese ha assistito ad un'ondata di violenza politica e faziosa che ha legato l'Ulster ai luoghi più pericolosi della terra. Nella Repubblica povertà ed emigrazione di massa hanno lasciato il posto al boom economico e a un imprevisto fenomeno di immigrazione. Quello che un tempo era la confessione di Stato, il cattolicesimo, è naufragato in mezzo a scandali legati alla pedofilia e crociate liberali per il divorzio e la contraccezione. Questo mese l'intenzione del governo di Dublino di commemorare il 90°anniversario dell'insurrezione di Pasqua con una parata militare è stata accolta da polemiche, cosa che sarebbe stata inconcepibile nel 1966. In breve, il tempo passa e, mentre nell'ultimo secolo nazionalismo, unionismo e repubblicanesimo erano i contesti più facili all'interno dei quali discutere la questione irlandese, oggi si rivelano sempre più datati.

Henry McDonald, direttore dell'edizione irlandese dell'Observer e autore di libri su David Trimble, leader unionista dell'Ulster, e anche sull'Ulster Volunteer Force [N.d.T.: gruppo paramilitare lealista], propone un'immagine alternativa dell'Irlanda in Colours: Ireland – From Bombs to Boom, un libro che è in parte una biografia, in parte un interessante saggio di sociologia. MacDonald è cresciuto nei Markets, quartiere cattolico e repubblicano di Belfast. Un ambiente di fazioni, carcere e 'lotta armata' repubblicana, ma, come il libro dimostra, fatto anche di tifosi di calcio, punk rock e socialismo di respiro internazionale. Il libro illustra anche che, come molti irlandesi, sia uomini che donne, si identificarono nelle tradizionali contrapposizioni “repubblicani contro unionisti” e “cattolici contro protestanti”, ve ne furono altri che cercarono e trovarono un nuovo modo di definire se stessi.

McDonald, acuto osservatore di tutto ciò che riguarda l'Irlanda, ha gentilmente accettato di discutere via e mail di alcuni argomenti con Three Monkeys Online.

In Colours si fa un interessante paragone tra la corruzione politica irlandese e quella italiana. Nell'Italia di Berlusconi (e nei governi prima di lui), i media spesso tacciono, o per paura, o per noncuranza, o per collusione. Come giudica la risposta dei media irlandesi alla corruzione politica? Come giudica gli attacchi nei confronti di Frank Connolly e del Centre for Public Inquiry [N.d.T.: Osservatorio sulla corruzione pubblica]?

I media irlandesi, inclusa la rete televisiva di stato RTE, sono stati abbastanza decisi nel denunciare la corruzione politica che dilaga nel sud del paese. Io penso che ciò che voi definite “attacchi” al Centre for Public Inquiry sono stati parte di quella voglia di denunciare la corruzione pubblica. Perché? Perché Frank Connolly deve ancora spiegare cosa faceva in Colombia con un passaporto falso mentre l'IRA guadagnava milioni di dollari grazie al FARC [esercito rivoluzionario colombiano] e al traffico di droga. Finché il signor Connolly non fornirà spiegazioni soddisfacenti si astenga dall'accusare i politici di corruzione. Chi ha tegoli di vetro, non tiri sassi al vicino, o, in altre parole, è pericoloso criticare gli altri quando si è a propria volta criticabili.

Lei ha parlato del flusso di lavoratori stranieri verso l'Irlanda del nord, citando l'esempio della comunità portoghese di Dungannon. Qual è l'effetto dell'immigrazione sulla società nordirlandese?

Gli effetti dell'immigrazione avranno bisogno di tempo per manifestarsi appieno, ma stanno già avendo un effetto benefico. Nella zona attorno al Tunnell, l'enclave cattolica di Portadown, la popolazione e l'ambiente erano parecchio a rischio. Ma negli ultimi anni si è assistito ad una rinascita, da quando dozzine di famiglie portoghesi, o provenienti da paesi di madre lingua portoghese, vi si sono insediate, soprattutto per lavorare nelle industrie conserviere del luogo.

Naturalmente ci sono stati dei problemi. Proprio la settimana scorsa, a Belfast, alcune famiglie polacche sono state aggredite da alcuni lealisti dell'Ulster locale che li accusavano di comportamento anti sociale. Ma il numero degli immigrati stranieri supera di gran lunga quello dei razzisti isolati e degli xenofobi. In linea di massima l'impatto che l'immigrazione ha avuto è stato positivo e foriero di progresso, il lato buono della globalizzazione. Il pub che frequento solitamente, il Pavillion a sud di Belfast, una volta al mese dedica una serata alla Polonia, dove si esibiscono DJ di Varsavia e vengono offerte tipiche bevande polacche ed è un'inziativa che riscuote un grande successo. Venisse il giorno in cui avremo il nostro primo consigliere polacco, africano o cinese. Magari.

Durante la parata del “Love Ulster” organizzata recentemente dagli unionisti a Dublino si sono verificati dei disordini. Secondo lei la violenza riflette un'avversione generalmente condivisa nei confronti dell'Ulster unionista nella Repubblica o piuttosto una buona opportunità per gli estremisti, sia repubblicani che lealisti, di finire sulle prime pagine dei giornali?

Credo che gli abitanti della Repubblica siano generalmente più rilassati e tolleranti di quelli dell'Irlanda del nord. Ho assistito personalmente ai disordini e queste sono le mie conclusioni. Per prima cosa quasi tutti quelli che hanno provocato gli scontri erano solo teppisti che hanno colto l'occasione. In secondo luogo, il culto del Glasgow Celtic e i suoi riti tribali hanno avuto il loro peso. In terzo luogo, credo che i dissidenti repubblicani abbiano sfruttato la situazione, soprattutto quegli elementi schierati con l'IRA. C'era un livello di organizzazione nei disordini, rivolto non solo contro i dimostranti unionisti (ai quali non si sono mai avvicinati), ma anche allo Stato irlandese.

Una volta Reginald Maulding ha parlato di “livello di violenza accettabile” nell'Irlanda del nord. Leggendo sia i quotidiani che Colours è evidente che l'assenza di una violenza di motivazione politica non ha condotto ad una società pacifica. L'accordo del Good Friday ha cambiato il livello e il contesto per una “violenza accettabile”?

No, ha condotto a una forma di apartheid all'interno della società. Sto scrivendo un articolo per l'Observer su una scuola integrata nata a Mid Down, uno dei luoghi più tolleranti, a livello religioso, del nord dell'Irlanda. Un matrimonio su cinque in questa zona avviene tra appartenenti a credi diversi. Ciononostante la scuola ha incontrato la netta opposizione dei politici unionisti i quali temono che, se in quella zona i figli di cattolici e di protestanti verranno educati insieme, il loro potere subir&agra
ve; un calo. Figuriamoci! Nel 2006 esistono ancora fanatici che si oppongono a scuole che promuovono l'incontro tra bambini, a prescindere dalla loro religione. E questo avviene nella zona più tollerante del nord Irlanda. Riassume un po' l'atteggiamento dominante: pace sì, amore e conoscenza reciproca no.

La Repubblica è stata citata a livello internazionale (inclusa la recente campagna elettorale italiana) come un esempio economico da seguire. I pro e i contro della “Tigre Celtica” sono già stati ampiamente discussi. Ma qual è stato l'impatto nelle comunità del Nord? Nell McCafferty una volta ha detto che, in assenza di discriminazione, sarebbe stata contenta di definirsi cittadina britannica, considerato il fatto che i benefici economici superavano di parecchio quelli offerti dalla Repubblica (salute, istruzione etc..). Il benessere economico renderebbe il colpo di un Irlanda unita meno duro per gli unionisti?

In una parola: no. Gli unionisti non riconoscono l'approccio marxista alla storia, non sono guidati dal determinismo economico. L'unica cosa che li potrebbe spingere a desiderare un'Irlanda unita (e questa è un'opinione che condivido) e la consapevolezza che potrebbero avere un enorme potere politico all'interno del Parlamento irlandese, controllando, attraverso la propria influenza politica, l’attribuzione di incarichi di alta responsabilità. Sono anche consapevoli del fatto che non hanno più molto potere all'interno del governo inglese. Ma il problema è che esiste una diffusa ammirazione per lo stile di vita britannico.

Sembra chiaro che esistono grosse differenze culturali tra gli unionisti del nord Irlanda e gli inglesi. Cos'è secondo lei invece ciò che divide i nazionalisti del nord Irlanda da quelli dell'Irlanda del sud?

Esistono delle differenze tra nazionalisti del nord e quelli del sud. Consideriamo la religione, per cominciare. I cattolici del nord sono considerati più conservatori, ad esempio per quel che riguarda la sessualità, rispetto a quelli del sud. Sono inoltre più portati a confidare nei loro sacerdoti e meno inclini a mettere in discussione la gerarchia ecclesiastica, oltre ad essere più ostili verso gli unionisti. La conoscenza genera scontento! Quando vado allo stadio a vedere la nazionale irlandese sono i tifosi cattolici del nord che cantano gli inni dell'IRA, fischiano i giocatori stranieri che giocavano per i Rangers ecc… Sono come i serbi bosniaci… più serbi dei serbi.

The post Dalle Carabine allo Smoothie alla Fragola. L&apos;Irlanda nel XXI secolo: Nord e Sud. appeared first on Three Monkeys Online Italiano.

]]>
https://www.threemonkeysonline.com/it/dalle-carabine-allo-smoothie-alla-fragola-lirlanda-nel-xxi-secolo-nord-e-sud/feed/ 0 1047
Profilo di una vittima – di Gabriella Revelli https://www.threemonkeysonline.com/it/profilo-di-una-vittima-di-gabriella-revelli/ https://www.threemonkeysonline.com/it/profilo-di-una-vittima-di-gabriella-revelli/#respond Fri, 01 Jul 2005 09:00:39 +0000 https://www.threemonkeysonline.com/it/bwp/profilo-di-una-vittima-di-gabriella-revelli/ Titolo (improprio) e copertina (fuorviante) non rendono affatto giustizia a un romanzo che, pur senza essere particolarmente originale, rappresenta un esordio interessante per la torinese Gabriella Revelli, e la candida secondo noi a un brillante futuro di sceneggiatrice oltre che di scrittrice. Il suo libro infatti ha il ritmo asciutto di un copione cinematografico, dialoghi […]

The post <i>Profilo di una vittima</i> – di Gabriella Revelli appeared first on Three Monkeys Online Italiano.

]]>
Titolo (improprio) e copertina (fuorviante) non rendono affatto giustizia a un romanzo che, pur senza essere particolarmente originale, rappresenta un esordio interessante per la torinese Gabriella Revelli, e la candida secondo noi a un brillante futuro di sceneggiatrice oltre che di scrittrice. Il suo libro infatti ha il ritmo asciutto di un copione cinematografico, dialoghi abbondanti e mai artefatti e infine una serie di colpi di scena che ne rendono intrigante la lettura.

La storia ruota intorno a uno psichiatra che immaginiamo trentacinquenne, dibattuto tra l�attrazione per una giovane paziente depressa (a causa dell�abbandono subito dal solito uomo narciso) e la deontologia professionale, che invece impone distacco e cautela soprattutto con soggetti cos� intimamente instabili.
In realt�, per�, gi� a pag. 8 le acque si confondono, perch� il medico � tutt�altro che un amatore idealista o un eroe romantico; � invece un uomo qualunque che conduce una vita mediocre, cerca la compagnia occasionale di una donna sexy ma che non ama, ha un paio di amici veri un po� petulanti, e fondamentalmente � appagato dalle proprie abitudini e dalla propria �singletudine�.
Giulia, la paziente che Piero saltuariamente riceve in ambulatorio, scardina poco a poco le sue certezze di uomo e di medico, facendo riaffiorare quasi accidentalmente una persona e un episodio rimossi, una domenica di maggio di quindici anni prima in cui, come nel film L�uomo senza sonno, una tragica fatalit� ha cambiato per sempre i destini di tante persone.

Come si diceva in apertura, il plot non � dei pi� originali e anzi si risolve solo nelle ultime pagine, con rarissime anticipazioni nei capitoli centrali del libro: sembra quasi che l�autrice abbia iniziato a scrivere con questa idea, l�abbia poi accantonata nel corso del romanzo per dare spazio alle vicende e agli incontri (peraltro molto godibili) che coinvolgono e sconvolgono i vari personaggi, e l�abbia ripresa solo nel finale per concludere univocamente la storia. Al di l� per� di questo �sbilanciamento� tra intenti (supponiamo) programmati e risultati concreti, questo lungo racconto si legge come un gustoso spaccato di vita borghese, come sempre avvezza al compromesso tra apparenza e sostanza, tra ideali giovanili e meschinit� adulte (e adulterine), tra progressismo sbandierato a parole e pistole da sceriffo tenute in tasca – anche se solo per autodifesa.

The post <i>Profilo di una vittima</i> – di Gabriella Revelli appeared first on Three Monkeys Online Italiano.

]]>
https://www.threemonkeysonline.com/it/profilo-di-una-vittima-di-gabriella-revelli/feed/ 0 1097
Caos Calmo di Sandro Veronesi https://www.threemonkeysonline.com/it/caos-calmo-di-sandro-veronesi/ https://www.threemonkeysonline.com/it/caos-calmo-di-sandro-veronesi/#respond Fri, 01 Jul 2005 09:00:39 +0000 https://www.threemonkeysonline.com/it/bwp/caos-calmo-di-sandro-veronesi/ Quarant'anni vedovo. Seppur ricalcato in parte su un film recente (e sicuramente dimenticabile), forse questo sarebbe stato un titolo più adatto del criptico Caos calmo per questo strabordante romanzo. Un romanzo che potrebbe spaventare, appunto, per titolo, mole e argomento impegnativi (il lutto di un uomo che perde la moglie giovane e rimane solo con […]

The post <b><i>Caos Calmo</i> di Sandro Veronesi</b> appeared first on Three Monkeys Online Italiano.

]]>
Quarant'anni vedovo. Seppur ricalcato in parte su un film recente (e sicuramente dimenticabile), forse questo sarebbe stato un titolo più adatto del criptico Caos calmo per questo strabordante romanzo. Un romanzo che potrebbe spaventare, appunto, per titolo, mole e argomento impegnativi (il lutto di un uomo che perde la moglie giovane e rimane solo con la figlia decenne e molti sensi di colpa…), ma che invece si legge tutto d'un fiato grazie alla brillante scrittura di Veronesi, e alla sua capacità di giocare con una carrellata di personaggi unici e uno spirito toscano che rende umoristiche anche le situazioni più drammatiche. Basta leggere le prime pagine del libro per restare intrappolati nella sua trama, e andare avanti a capofitto per scoprire come Pietro Paladini sopravvivrà nell'ordine a: un salvataggio rocambolesco di una culona in alto mare, accompagnato da un'erezione memorabile; la morte improvvisa della moglie, o meglio della donna che avrebbe dovuto sposare di lì a cinque giorni, mentre lui era in mare a salvare la culona e non rispondeva al telefonino che gli chiedeva di tornare a casa; la responsabilità di reagire a questo lutto insieme alla figlia Claudia; la forza di resistere alla tentazione di una cognata bellissima, con un fisico da velina e una predisposizione naturale per gli uomini sbagliati (e infatti punita con tre figli avuti da tre uomini diversi, e inopportunamente chiamati Aldo, Giovanni e Giacomo…).

Se in privato Pietro attraversa una fase decisamente delicata, aspettando di vivere e di scontare una sensazione di lutto, di angoscia e di disperazione che non arriva mai, dal lato professionale vive un periodo altrettanto movimentato, poiché la sua azienda sta per fondersi con una grande multinazionale televisiva, al costo di riduzioni del personale e nuovi equilibri al vertice (giochi di potere da cui non rimane escluso, a patto di attaccarsi al carro del vincitore). Con innaturale indifferenza, Pietro trascorre tutte le giornate di un'intera stagione (da settembre a Natale) nell'abitacolo della sua auto, parcheggiata di fronte alla scuola della figlia, e da questa specie di acquario osserva la vita che scorre fuori da lì, in un angolo verde di Milano che neppure sembra metropolitano, e all'occorrenza riceve i suoi colleghi e superiori come in un confessionale, seguendo senza partecipazione le fasi di questa titanica fusione.

Così abilmente congegnata, la struttura del romanzo potrebbe dilatarsi all'infinito, dal momento che l'Audi di Paladini diventa la meta del pellegrinaggio di curiosi e disperati, di attaccabottoni e perfino di conoscenti in vena di sfogo. Per fortuna Veronesi si ferma un attimo prima che le storie diventino troppe o troppo lunghe, e stupisce con un finale in qualche modo 'profondo' che non avremmo mai attribuito a un personaggio come Pietro. Che rimane un personaggio indimenticabile per humour, umanità e schiettezza (i suoi dettagliati racconti di erezioni e pompini sono 'sinceri' tanto quanto l'ammissione di non riuscire a disperarsi per la morte di Lara), e infatti siamo pronti a scommettere che Caos calmo diventerà presto un film, ma che forse un po' delude per l'insistenza sulla descrizione di un certo ambiente alto-borghese, con casa al mare – nonno con badante in Svizzera – navigatore satellitare, a discapito di un tempo e di una società in realtà molto più tristi e magri.

CAOS CALMO, di Sandro Veronesi – Bompiani, pp. 451, euro 17,50

The post <b><i>Caos Calmo</i> di Sandro Veronesi</b> appeared first on Three Monkeys Online Italiano.

]]>
https://www.threemonkeysonline.com/it/caos-calmo-di-sandro-veronesi/feed/ 0 1095