Diary, di Chuck Palahniuk

Diary è una vera sfida. Probabilmente non così marcatamente per la mente contorta dell'Autore (e lo intendo come un complimento, proseguite la lettura!), in quanto Chuck Palahniuk ci ha abituato a trame complicatissime, per esempio con Fight Club o Ninna Nanna, ma senz'altro lo è per il lettore che inevitabilmente resta coinvolto e intrappolato nella storia intricatissima di Misty Marie Kleinman, moglie, madre, nuora, artista e cameriera di Waytansea Island.

La sfida del lettore consiste nel non farsi ipnotizzare a tal punto dalla prosa accativante di Palahniuk, della sue digressioni intellettuali e da ciò che accade all'eroina del libro da mettere la propria vita da parte, come ho fatto io quando ho iniziato la lettura di questo libro mozzafiato.

Misty Marie si definisce “una povera bambina white trash” [NdT: Termine usato negli Stati Uniti per indicare la popolazione bianca che vive in stato di povertà e/o precarietà], viene da una famiglia problematica e passa la propria infanzia e adolescenza disegnando case e panorami immaginari all'interno di un camper, dove aspetta che la madre, hippie e single finisca i turni da cameriera in un piccolo café della zona. Il suo destino è in qualche modo già segnato da queste sue origini umili e dal suo talento; così il frequentare una non meglio precisata scuola d'arte nulla fà se non dare al Fato un'occasione per avverarsi. Là, la sognatrice Misty Marie incontra l'eccentrico Peter Wilmot, suo futuro marito, e là finisce quella serie di coincidenze che costituiscono la vita di ognuno di noi. Ovvero, da quel momento in poi, la vita di Misty diverrà il frutto di un piano preciso.

Il libro però non è così lineare – oh no – e si arriva a conoscenere e comprendere il passato di Misty Marie tramite flashbacks abilmente mescolati agli sviluppi del presente. Il diario del titolo è tenuto da Misty stessa e inizia poco dopo il tentato (e fallito) tentativo di suicidio del marito. Misty Marie ha superato i quarant'anni e fà la cameriera al Waytansea Hotel; vive sull'isola, nella residenza dei Wilmot, la casa di famiglia di suo marito, con la suocera e la propria figlia Tabbi. Non ha avuto successo come pittrice, ed ha perso ispirazione e abilità poco dopo aver sposato Peter ed esser rimasta incinta di Tabbi; non ha però dimenticato i suoi sogni e il training ricevuto alla scuola d'arte, il che rende il suo lavoro da cameriera sempre più frustrante. La frustrazione subisce un'impennata dopo che Peter tenta di uccidersi: il denaro di famiglie non c'è più, Peter è costretto su un letto d'ospedale, in un coma irreversibile, i di lui clienti (neppure lui è riuscito ad affermarsi come artista e lavorava come restauratore di case di vacanza appartenenti a ricche famiglie, con la peculiare abitudine murare l'accesso ad una delle stanze, dopo averne imbrattato i muri con minaccie e oscenità) stanno intentando causa e lo stipendio di Misty Marie costituisce l'unico e scarso introito.

I Wilmot non sono l'unica famiglia un tempo benestante a faticare per sbarcare il lunario. La grandiosità e il lusso di una volta non esistono più ormai e gli abitanti dell'isola si impiegano ora in lavori stagionali che li obbligano a servire e riverire i nuovi ricchi, i turisti attratti dall'atmosfera di altri tempi di Waytansea Island, “la gente estiva”. E' per scappare a questo destino che ognuno ha un piano, un piano comune, in cui ogni isolano ricopre un ruolo e divide con gli altri la posta in gioco, ognuno tranne Misty Marie, sembrerebbe.

Come si diceva, e si intuisce facilmente dal titolo, il libro ci viene presentato sottoforma di diario, con capitoli di due-tre pagine che costituiscono tante tessere di un mosaico, per aiutarci nella ricostruzione, tramite le sue emozioni e i suoi ricordi, la vita di Misty Marie e I fatti che sisusseguono fino al gran finale del romanzo. Con pazienza certosina e intelligenza macchiavellica, Chuck Palahniuk ci guida attraverso lezioni di anatomia, fisiologia del corpo umano, analisi psicologiche, arti ed artisti filosofia e falegnameria, vita e morte. Senza ma risultare noioso o pedante o 'disconnesso'
Il suo linguaggio è infatti semplice e condito dall'utilizzo di strumenti letterari – tipo il passare dal racconto in prima persona a quello in terza persona o l'uso di espressioni identiche per introdurre concetti diversi – che mantengono viva l'attenzione del lettore e stimolano la sua mente.

Non voglio rivelare troppi particolari sulla trama o lo stile, non essendo lo scopo di una recensione quello di rovinare agli il piacere della lettura di un'opera valida come Diary. Né ho avuto il tempo o la voglia di controllare la veridicità dei fatti raccontatici dall'Autore. Uno dei pregi del leggere questo libro è proprio che “a quello che non capisci puoi fare assumere il significato che vuoi”, che significa, in questo contesto, che in un romanzo intelligente c'è anche spazio per supposizioni ed interpretazioni personali.

L'unica colpa che mi sento di attribuire a Palahniuk dopo aver letto uno dei suoi romanzi è quella di rendere dificilissima la scelta del prossimo libro da leggere, per paura di rimanere delusi!

Diary, di Chuck Palahniuk – Ed. Mondadori – pp. 286