Calcio e fascismo – la creazione della Serie A italiana

Il 2 Agosto 2005, i tifosi del Messina hanno bloccato lo strategico stretto, tra la città e la penisola italiana, protestando contro la retrocessione della squadra in serie B. Questo non è altro che un piccolo episodio in una lunga storia di sostegno calcistico appassionato, e di intrighi politici (la squadra è stata riammessa in serie A pur avendo violato le disposizioni finanziarie), in uno dei campionati tra i più emozionanti e famosi, la serie A italiana. Il fatto che la Serie A sia stata istituita dal governo fascista di Mussolini non è menzionato; si discute tra una sciocchezza e l'altra dei migliori cannonieri o della squadra col maggior numero di scudetti.

Infatti, il governo fascista comprese subito la popolarità e il potenziale del gioco del calcio, “ma solo dopo la guerra quello sport conobbe il suo massimo successo”, commenta Simon Martin, storico ed autore di Football and Fascism – The national game under Mussolini [ N.d.T.: Calcio e fascismo – Il gioco nazionale sotto Mussolini]. “È scontato che alcune tra le prime squadre nacquero tra 1880-90, ma il gioco esplose soprattutto dopo la prima guerra mondiale. Ed è una delle ragioni per cui i fascisti vollero assumerne il controllo.”

Qual è però la ragione della popolarità del gioco (che rasenta l'ossessione religiosa)? “Inizialmente ebbe successo per il solo fatto di essere stato introdotto”, afferma Martin, con la sicurezza di uno studioso che è anche tifoso. “C'è un dibattito sulle sue origini, – continua. – I fascisti stessi erano abbastanza convinti nell'asserire che il Calcio Fiorentino fosse all'origine del moderno gioco del calcio. Alcuni dicevano che veniva dal Sud, da Napoli. Ma effettivamente, la maggior parte delle persone sono d'accordo nell'affermare che fu introdotto da mercanti inglesi, soprattutto a Genova, città che vide nascere le squadre di calcio e di cricket tra le prime in assoluto di tutta la nazione. Una volta introdotto, ebbe un successo travolgente, più che altrove. Fu soprattutto dovuto all'avanzare dell'industrializzazione. Non è un caso infatti che il gioco esplose nel Nord, nel triangolo industriale costituito da Genova, Torino e Milano, dove le imprese cominciavano a pubblicizzare lo sport, sia per moventi filantropici, che per ragioni di controllo sociale. Non era in realtà uno sport molto importante nel Sud, a causa della grande estesione delle aree rurali infatti, la mancanza di grandi città non permetteva la presenza della folla di cui si aveva bisogno. L'evoluzione del gioco era strettamente connessa alla crescente industrializzazione, che avvenne abbastanza tardi in Italia.”

La combinazione tra la popolarità dello sport nel 1920, ed il clima di tensione sociale che portò il fascismo al potere, diede al calcio l'attenzione del regime al potere. Si può segnalare una data precisa per l'intervento del fascismo nel calcio italiano. “Il momento specifico è rappresentato dal 1926, con la redazione della Carta di Viareggio”,spiega Martin. “C'è la prova dell'interesse fascista allo sport, un po' prima, ma risulta impossibile dimostrarlo. Prima del 1926, gli interessi sportivi di Mussolini erano proiettati verso sport più 'nobili', quali la scherma, la boxe, la caccia, e sport motoristici.”La Carta di Viareggio è stata redatta dopo diverse partite molto controverse e alcune decisioni arbitralidel 1925, che avevano portato un po' di caos nel calcio, come Martin afferma. “Nel 1925, tra il Bologna ed il Genova si disputò un play-off, che fu ripetuto ben cinque volte. Durante una partita che si giocò a Torino, si verificarono disordini tra la folla. Furono sparati alcuni colpi tra il pubblico, e la ripetizione dell'incontro fu giocata a porte chiuse, dove i soli spettatori erano per puro caso dei fascisti bolognesi guidati da Leandro Arpinati (che finì col diventare il Presidente della FIGC, la Federazione Italiana Giuoco Calcio). Si riporta che stessero ai bordi del campo, con le pistole ben in mostra, e un fare intimidatorio. Arpinati quindi era davvero consapevole del gioco e della sua influenza, soprattutto a Bologna. L'anno clou per il fascismo nel calcio, fu il 1926, quando presentarono [il governo] un gruppo d'esperti per redigere questa Carta di Viareggio.” Il documento riorganizzò il gioco e sua amministrazione, con nomine per i diversi enti che regolavano il calcio che rientravano nel quadro delle responsabilità di Mussolini. “Qui inizia ciò che molte persone definiscono il 'calcio in camicia nera'.”

Il calcio, ad ogni modo, non era necessariamente il mezzo primario per comunicare con le masse. Divenne però tra i più efficaci.”Avevano accarezzato l'idea di un teatro fascista, un teatro per la gente, e fecero la prova con un teatro per 20.000 persone a Firenze. Furono spesi soldi ed energie, ma non ebbe molto successo. Con il calcio capirono subito che, mentre spendevano questi soldi altrove, ogni weekend c'erano forse 200,000 persone intenzionate ad assistere agli incontri, insieme a coloro che non ci andavano ma mostravano un vivo interesse a riguardo.” E così la FIGC sotto il controllo fascista creò una nuova lega nazionale. La prima lega nazionale comparve nell'anno 1928-29, con due divisioni – nord e sud – e il vincitore deciso allo spareggio. La prima unica lega nazionale –la Serie A – scese in campo nel 1930. Tutto ciò fu accompagnato da un progetto estensivo di costruzione di stadi e l'introduzione di programmi di educazione fisica.

“I fascisti furono abbastanza astuti in questo periodo in quanto riconobbero nel calcio la sua vera natura: uno sport amato dalle masse. Era davvero l'unico mezzo di cui disponevano per raggiungere la società di massa. Poco importa se accadeva tramite coloro che guardavano gli incontri, o tramite coloro che leggevano i giornali, o che ascoltavano altri leggere i giornali. Erano entusiasti all'idea di attaccarsi ad uno sport nazionale, ed il calcio aveva questo ruolo. Non ebbe nessuna imposizione nel divenire uno sport fascista. Queste squadre dovevano essere capeggiate da fascisti. In un certo senso accadde automaticamente, con la creazione di una lega nazionale. Con la Serie A, vollero creare un senso d'identità nazionale. Quindi, piuttosto che avere diverse 'leghe', come la Lega Campania, la Lega Lazio, vollero una lega nazionale unica, che dicesse 'questa è un'unica nazione', così il Napoli si sarebbe spostato fino a Torino per incontrare la Juventus. Nel contempo capirono che per avere una lega nazionale non potevano esserci troppe mini squadre. Per esempio a Roma, c'era un vasto numero di squadre, ma si fusero in una sola per formare l'AS Roma, che era guidata dal leader fascista del posto, Italo Foschi. Arpinati era il Presidente della federazione calcio nel mentre, e fu proprio lui a rendersi conto di tutto ciò. Disse alle squadre che se volevano far parte della lega dovevano mettere insieme le proprie forze, così automaticamente molti dei Comuni, governati dai fascisti, incoraggiarono le proprie squadre ad unirsi per formare un’unica squadra che avrebbe rappresentato la città. Non si trattava di una disposizione, ma poiché le città erano sotto il controllo del partito fascista, fu un'azione quasi automatica.”

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