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Three Monkeys Online – Three Monkeys Online Italiano https://www.threemonkeysonline.com/it La Rivista Gratuita di Attualità & Cultura Thu, 08 Dec 2016 08:16:06 +0000 en-US hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.0.21 110413507 Dalle Carabine allo Smoothie alla Fragola. L'Irlanda nel XXI secolo: Nord e Sud. https://www.threemonkeysonline.com/it/dalle-carabine-allo-smoothie-alla-fragola-lirlanda-nel-xxi-secolo-nord-e-sud/ https://www.threemonkeysonline.com/it/dalle-carabine-allo-smoothie-alla-fragola-lirlanda-nel-xxi-secolo-nord-e-sud/#respond Mon, 01 Aug 2005 09:00:39 +0000 https://www.threemonkeysonline.com/it/bwp/dalle-carabine-allo-smoothie-alla-fragola-lirlanda-nel-xxi-secolo-nord-e-sud/ “Per più di trent'anni i media di tutto il mondo hanno concentrato la loro attenzione sul 'terrorismo' che imperversava nelle sei province dell'Irlanda del nord est. Dietro una cortina di fumo e di fuoco, dietro gli uomini in passamontagna coi fucili e bombe, esiste un'altra prospettiva, un'Irlanda nascosta.” [Colours: Ireland – From bombs to boom […]

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“Per più di trent'anni i media di tutto il mondo hanno concentrato la loro attenzione sul 'terrorismo' che imperversava nelle sei province dell'Irlanda del nord est. Dietro una cortina di fumo e di fuoco, dietro gli uomini in passamontagna coi fucili e bombe, esiste un'altra prospettiva, un'Irlanda nascosta.” [Colours: Ireland – From bombs to boom – Henry McDonald]

Nel 1966, per festeggiare il 50°anniversario dell'insurrezione di Pasqua del 1916, il governo irlandese mandò in onda documentari sui protagonisti della rivolta e tenne grandi raduni popolari. C'era un'atmosfera caratterizzata da un timore quasi reverenziale e da profonda ammirazione per quegli uomini che diedero vita ad un tentativo di ribellione – violento, destinato a fallire e all'epoca impopolare – contro il dominio inglese in Irlanda. Nei quaranta anni trascorsi da allora, il Paese ha assistito ad un'ondata di violenza politica e faziosa che ha legato l'Ulster ai luoghi più pericolosi della terra. Nella Repubblica povertà ed emigrazione di massa hanno lasciato il posto al boom economico e a un imprevisto fenomeno di immigrazione. Quello che un tempo era la confessione di Stato, il cattolicesimo, è naufragato in mezzo a scandali legati alla pedofilia e crociate liberali per il divorzio e la contraccezione. Questo mese l'intenzione del governo di Dublino di commemorare il 90°anniversario dell'insurrezione di Pasqua con una parata militare è stata accolta da polemiche, cosa che sarebbe stata inconcepibile nel 1966. In breve, il tempo passa e, mentre nell'ultimo secolo nazionalismo, unionismo e repubblicanesimo erano i contesti più facili all'interno dei quali discutere la questione irlandese, oggi si rivelano sempre più datati.

Henry McDonald, direttore dell'edizione irlandese dell'Observer e autore di libri su David Trimble, leader unionista dell'Ulster, e anche sull'Ulster Volunteer Force [N.d.T.: gruppo paramilitare lealista], propone un'immagine alternativa dell'Irlanda in Colours: Ireland – From Bombs to Boom, un libro che è in parte una biografia, in parte un interessante saggio di sociologia. MacDonald è cresciuto nei Markets, quartiere cattolico e repubblicano di Belfast. Un ambiente di fazioni, carcere e 'lotta armata' repubblicana, ma, come il libro dimostra, fatto anche di tifosi di calcio, punk rock e socialismo di respiro internazionale. Il libro illustra anche che, come molti irlandesi, sia uomini che donne, si identificarono nelle tradizionali contrapposizioni “repubblicani contro unionisti” e “cattolici contro protestanti”, ve ne furono altri che cercarono e trovarono un nuovo modo di definire se stessi.

McDonald, acuto osservatore di tutto ciò che riguarda l'Irlanda, ha gentilmente accettato di discutere via e mail di alcuni argomenti con Three Monkeys Online.

In Colours si fa un interessante paragone tra la corruzione politica irlandese e quella italiana. Nell'Italia di Berlusconi (e nei governi prima di lui), i media spesso tacciono, o per paura, o per noncuranza, o per collusione. Come giudica la risposta dei media irlandesi alla corruzione politica? Come giudica gli attacchi nei confronti di Frank Connolly e del Centre for Public Inquiry [N.d.T.: Osservatorio sulla corruzione pubblica]?

I media irlandesi, inclusa la rete televisiva di stato RTE, sono stati abbastanza decisi nel denunciare la corruzione politica che dilaga nel sud del paese. Io penso che ciò che voi definite “attacchi” al Centre for Public Inquiry sono stati parte di quella voglia di denunciare la corruzione pubblica. Perché? Perché Frank Connolly deve ancora spiegare cosa faceva in Colombia con un passaporto falso mentre l'IRA guadagnava milioni di dollari grazie al FARC [esercito rivoluzionario colombiano] e al traffico di droga. Finché il signor Connolly non fornirà spiegazioni soddisfacenti si astenga dall'accusare i politici di corruzione. Chi ha tegoli di vetro, non tiri sassi al vicino, o, in altre parole, è pericoloso criticare gli altri quando si è a propria volta criticabili.

Lei ha parlato del flusso di lavoratori stranieri verso l'Irlanda del nord, citando l'esempio della comunità portoghese di Dungannon. Qual è l'effetto dell'immigrazione sulla società nordirlandese?

Gli effetti dell'immigrazione avranno bisogno di tempo per manifestarsi appieno, ma stanno già avendo un effetto benefico. Nella zona attorno al Tunnell, l'enclave cattolica di Portadown, la popolazione e l'ambiente erano parecchio a rischio. Ma negli ultimi anni si è assistito ad una rinascita, da quando dozzine di famiglie portoghesi, o provenienti da paesi di madre lingua portoghese, vi si sono insediate, soprattutto per lavorare nelle industrie conserviere del luogo.

Naturalmente ci sono stati dei problemi. Proprio la settimana scorsa, a Belfast, alcune famiglie polacche sono state aggredite da alcuni lealisti dell'Ulster locale che li accusavano di comportamento anti sociale. Ma il numero degli immigrati stranieri supera di gran lunga quello dei razzisti isolati e degli xenofobi. In linea di massima l'impatto che l'immigrazione ha avuto è stato positivo e foriero di progresso, il lato buono della globalizzazione. Il pub che frequento solitamente, il Pavillion a sud di Belfast, una volta al mese dedica una serata alla Polonia, dove si esibiscono DJ di Varsavia e vengono offerte tipiche bevande polacche ed è un'inziativa che riscuote un grande successo. Venisse il giorno in cui avremo il nostro primo consigliere polacco, africano o cinese. Magari.

Durante la parata del “Love Ulster” organizzata recentemente dagli unionisti a Dublino si sono verificati dei disordini. Secondo lei la violenza riflette un'avversione generalmente condivisa nei confronti dell'Ulster unionista nella Repubblica o piuttosto una buona opportunità per gli estremisti, sia repubblicani che lealisti, di finire sulle prime pagine dei giornali?

Credo che gli abitanti della Repubblica siano generalmente più rilassati e tolleranti di quelli dell'Irlanda del nord. Ho assistito personalmente ai disordini e queste sono le mie conclusioni. Per prima cosa quasi tutti quelli che hanno provocato gli scontri erano solo teppisti che hanno colto l'occasione. In secondo luogo, il culto del Glasgow Celtic e i suoi riti tribali hanno avuto il loro peso. In terzo luogo, credo che i dissidenti repubblicani abbiano sfruttato la situazione, soprattutto quegli elementi schierati con l'IRA. C'era un livello di organizzazione nei disordini, rivolto non solo contro i dimostranti unionisti (ai quali non si sono mai avvicinati), ma anche allo Stato irlandese.

Una volta Reginald Maulding ha parlato di “livello di violenza accettabile” nell'Irlanda del nord. Leggendo sia i quotidiani che Colours è evidente che l'assenza di una violenza di motivazione politica non ha condotto ad una società pacifica. L'accordo del Good Friday ha cambiato il livello e il contesto per una “violenza accettabile”?

No, ha condotto a una forma di apartheid all'interno della società. Sto scrivendo un articolo per l'Observer su una scuola integrata nata a Mid Down, uno dei luoghi più tolleranti, a livello religioso, del nord dell'Irlanda. Un matrimonio su cinque in questa zona avviene tra appartenenti a credi diversi. Ciononostante la scuola ha incontrato la netta opposizione dei politici unionisti i quali temono che, se in quella zona i figli di cattolici e di protestanti verranno educati insieme, il loro potere subir&agra
ve; un calo. Figuriamoci! Nel 2006 esistono ancora fanatici che si oppongono a scuole che promuovono l'incontro tra bambini, a prescindere dalla loro religione. E questo avviene nella zona più tollerante del nord Irlanda. Riassume un po' l'atteggiamento dominante: pace sì, amore e conoscenza reciproca no.

La Repubblica è stata citata a livello internazionale (inclusa la recente campagna elettorale italiana) come un esempio economico da seguire. I pro e i contro della “Tigre Celtica” sono già stati ampiamente discussi. Ma qual è stato l'impatto nelle comunità del Nord? Nell McCafferty una volta ha detto che, in assenza di discriminazione, sarebbe stata contenta di definirsi cittadina britannica, considerato il fatto che i benefici economici superavano di parecchio quelli offerti dalla Repubblica (salute, istruzione etc..). Il benessere economico renderebbe il colpo di un Irlanda unita meno duro per gli unionisti?

In una parola: no. Gli unionisti non riconoscono l'approccio marxista alla storia, non sono guidati dal determinismo economico. L'unica cosa che li potrebbe spingere a desiderare un'Irlanda unita (e questa è un'opinione che condivido) e la consapevolezza che potrebbero avere un enorme potere politico all'interno del Parlamento irlandese, controllando, attraverso la propria influenza politica, l’attribuzione di incarichi di alta responsabilità. Sono anche consapevoli del fatto che non hanno più molto potere all'interno del governo inglese. Ma il problema è che esiste una diffusa ammirazione per lo stile di vita britannico.

Sembra chiaro che esistono grosse differenze culturali tra gli unionisti del nord Irlanda e gli inglesi. Cos'è secondo lei invece ciò che divide i nazionalisti del nord Irlanda da quelli dell'Irlanda del sud?

Esistono delle differenze tra nazionalisti del nord e quelli del sud. Consideriamo la religione, per cominciare. I cattolici del nord sono considerati più conservatori, ad esempio per quel che riguarda la sessualità, rispetto a quelli del sud. Sono inoltre più portati a confidare nei loro sacerdoti e meno inclini a mettere in discussione la gerarchia ecclesiastica, oltre ad essere più ostili verso gli unionisti. La conoscenza genera scontento! Quando vado allo stadio a vedere la nazionale irlandese sono i tifosi cattolici del nord che cantano gli inni dell'IRA, fischiano i giocatori stranieri che giocavano per i Rangers ecc… Sono come i serbi bosniaci… più serbi dei serbi.

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La Replica di Rocco Buttiglione – Il Labirinto Morale Parte Seconda https://www.threemonkeysonline.com/it/la-replica-di-rocco-buttiglione-il-labirinto-morale-parte-seconda/ https://www.threemonkeysonline.com/it/la-replica-di-rocco-buttiglione-il-labirinto-morale-parte-seconda/#respond Fri, 01 Jul 2005 09:00:39 +0000 https://www.threemonkeysonline.com/it/bwp/la-replica-di-rocco-buttiglione-il-labirinto-morale-parte-seconda/ Il professor Rocco Buttiglione, parlamentare italiano e Ministro dei Beni Culturali nell'uscente governo Berlusconi, è stato su tutti i giornali internazionali nell'ottobre del 2004, quando la sua candidatura a Commissario europeo a giustizia, libertà e sicurezza fu bocciata dal Parlamento Europeo a causa delle sue convinzioni, conservatrici e cattoliche, sull'omosessualità e l'aborto. In un'intervista a […]

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Il professor Rocco Buttiglione, parlamentare italiano e Ministro dei Beni Culturali nell'uscente governo Berlusconi, è stato su tutti i giornali internazionali nell'ottobre del 2004, quando la sua candidatura a Commissario europeo a giustizia, libertà e sicurezza fu bocciata dal Parlamento Europeo a causa delle sue convinzioni, conservatrici e cattoliche, sull'omosessualità e l'aborto.

In un'intervista a Three Monkeys Online sui temi di moralità, etica e politica, l'ex-Arcivescovo di Edimburgo, Richard Holloway, commentò così il 'caso Buttiglione': “non credo che Buttiglione avrebbe mai dovuto candidarsi. Esiste in Europa un'etica laica che opera nel rispetto delle minoranze religiose e sessuali; un politico le cui convinzioni religiose non concordano con questi valori dovrebbe evitare di candidarsi ad una carica pubblica”.

Proseguendo il suo viaggio all'interno del labirinto morale, Three Monkeys Online ha contattato Rocco Buttiglione, proponendogli un'intervista basata su temi simili a quelli affrontati con Richard Holloway. Il ministro Buttiglione ci ha gentilmente invitato ad un incontro in occasione del quale ci ha rilasciato la seguente intervista:

Secondo un ritornello comune di conservatori e leader religiosi, la società permissiva degli anni ’60 e ’70 ha provocato un’erosione dei 'valori morali' che ha a sua volta condotto ad una società più violenta e disunita. Lei pensa che, all’alba del XXI secolo, la nostra società sia meno morale?

Meno morale? Difficile dire. La storia dell'Occidente è sempre la storia dell'evangelizzazione, della reazione contro l'evangelizzazione e della ri-evangelizzazione. Qualcuno ha tentato di descriverla come una storia di progressiva secolarizzazione che dovrebbe finire con la morte del cristianesimo, ma questo non corrisponde alla realtà. Per cui è difficile dire: il passato era più cristiano di noi? Può essere, in certi momenti, in altri invece no.

A che punto di questo ciclo siamo adesso?Non so se ha visto il film Sophie Scholl – La Rosa Bianca? Un bellissimo film su di un gruppo di giovani cattolici tedeschi che facevano parte del gruppo La Rosa Bianca per testimoniare la loro fede davanti al Terzo Reich. Hanno pagato con la testa. Era più cristiana l'Europa o la Germania di quegli anni? Non mi sentirei di dirlo. Oggi i cristiani al massimo pagano rinunciando ad un seggio nella Commissione Europea. Per un politico è doloroso, ma è sempre meglio che perdere la testa. Naturalmente ci sono stati il distacco dal cristianesimo che ha segnato la prima parte del secolo XX, poi, dopo la Seconda Guerra Mondiale una fase di ri-cristianizzazione, che arriva agli anni '60, poi c'è stata una fase di secolarizzazione edonistica che arriva grosso modo agli inizi degli anni '80. Io credo che siamo entrati in una fase di ri-cristianizzazione.

Qui in Europa siamo allo stesso punto, a confronto con l'America?

No, siamo indietro rispetto all'America, di una ventina d'anni, come sempre. Questo fenomeno di ri-evangelizzazione in America forse è iniziato prima che non da noi, perché, vede, quando io avevo vent'anni, nel '68, ed è arrivata la rivoluzione sessuale. Qual era il tema? Non è più necessario incanalare la sessualità verso il matrimonio e la famiglia; la famiglia è un fenomeno storico, che ha segnato alcune fasi della storia dell'umanità, destinato a svanire in un mondo in cui ne ce ne sarà più bisogno. E le funzioni della famiglia? Offrire compagnia, un sostegno nella vita, generare i figli, educarli, assistere gli anziani? Di tutto questo si occuperanno nuove agenzie che emergeranno. Si parlava della 'comune', il luogo che avrebbe dovuto fare tutte queste cose. Purtroppo non ha funzionato. E abbiamo dissacrato gli antichi valori, ma i valori nuovi non sono arrivati. E allora la gente comincia a riconsacrare i vecchi valori, in forme diverse dal passato, ma la tendenza è quella della riconsacrazione degli antichi valori. Una riconsacrazione qualche volta esplicita, qualche volta timida, ma che è un dato ormai da diversi anni. Per l'Europa si aggiunge il crollo del comunismo e il fatto che, nella lotta contro il comunismo, il recupero delle radici cristiane dell' Europa è stata la grande forza. Proprio il comunismo crolla senza guerra; probabilmente sarebbe caduto anche senza Giovanni Paolo II, ma sarebbe caduto in una terribile guerra civile dal Baltico sino all'Adriatico, una Bosnia-Erzegovina moltiplicata per dieci, per cento, per mille, con tante armi atomiche disseminate su quei territori … Invece è caduto senza sangue. Giovanni Paolo II, lui soprattutto, è riuscito a contenere la massa enorme di frustrazione, di odio che la regione aveva accumulato, per una transizione pacifica. Questo sicuramente è un argomento che cambia la storia dell'Europa.

Se invece parla degli Stati Uniti, c'è un punto di svolta. Lei sa dove lo può trovare? In un film che si intitola Pretty Woman. Ha presente Pretty Woman? Il film inizia naturalmente nel segno della liberazione sessuale, quindi la protagonista fa la prostituta, va a letto con [un cliente], ma questa apparizione è un po' il tributo da pagare alle mode dominanti. Il tema vero è l'amore vero: quando lei si innamora, allora non vuole essere trattata come un oggetto sessuale. Vuole essere propriamente corteggiata, come una principessa. E l'uomo, che si innamora, scopre un'altra dimensione della vita. Prima era un pescecane dell'alta finanza: comprava delle società, delle holdings per spezzarle, venderle guadagnandoci, magari licenziando la gente che c'era dentro, per fare solo soldi. Quando si innamora vuole costruire qualcosa, vuole che la società cammini, che i lavoratori siano salvaguardati, e alla fine finiscono col costituire una famiglia.

Se lei guarda al di là delle apparenze, c'è tutto un movimento potente che poi corrisponde anche all'esperienza della vita. Quando io avevo vent'anni era il '68; trent'anni dopo il '68 ho incontrato un mio amico – io ho quattro figli – e lui mi ha detto “adesso capisco come sarebbe bello avere dei figli, però è troppo tardi”. Probabilmente a cinquant'anni tu vorresti avere dei figli grandi, difficilmente te la senti di cominciare allora.

A proposito di etica e legislazione. Come si può definire la relazione tra questi due concetti? Tutte le leggi devono essere morali? Ogni valore morale deve essere legge?

Assolutamente no. Se tutti gli atti amorali fossero puniti per legge, ci sarebbe assai poca gente che cammina libera per strada, saremmo tutti in galera, compreso me probabilmente. No, una cosa è la coscienza morale, un'altra è la legge. Dobbiamo tenere ferma questa differenza. Io posso pensare che lei sbaglia, però devo essere pronto a dare la vita perché lei mantenga il diritto di sbagliare. Io devo avere però il diritto di dire che lei sbaglia. Questo è il principio della società liberale. I parroci devono avere il diritto di dire che il peccato è il peccato. Anche i laici devono avere la libertà di dire che il peccato è il peccato. I peccatori devono avere la libertà di peccare, finché ovviamente questo non produce un danno e qui interviene la legge. La legge non tocca la moralità dei comportament
i di noi tutti, ma tocca la difesa del diritto dell'altro. E' un'antica distizione che va tenuta ferma. C'è oggi la tendenza a negare questa distinzione.
Il mio caso a Bruxelles ne è un esempio: io sono per la non-discriminazione degli omosessuali, però penso, o almeno, ho il diritto di pensare, non dico nemmeno se lo penso o no, ho il diritto di pensare, insieme al catechismo della Chiesa cattolica, che l'omosessualità sia un fatto moralmente sbagliato. Ho il diritto di pensarlo. A Bruxelles, mi hanno interrogato non per sapere quali erano le mie politiche: loro volevano sapere qual era la mia convinzione morale. E mi hanno discriminato per la mia convinzione morale, che per di più non ha nulla a che fare con la politica, se non altro perché in materia di famiglia, l'Unione europea non ha nessuna competenza. E' una competenza degli Stati, ed è bene che rimanga una competenza degli Stati.

Abbiamo parlato adesso dei peccati, che non sono contro la legge necessariamente se non offendono il diritto degli altri. Che ne pensa lei dei PACS? I proponenti dei PACS dicono che non averli sarebbe negare un diritto.

Un diritto? No. Lasciamo perdere i PACS. Il problema è il matrimonio. Io penso che lo Stato non deve ficcare il naso tra le relazioni sessuali di adulti consenzienti. D'altro canto penso invece che la famiglia, quella tradizionale, ha una funzione sociale fondamentale, perché lì nascono i bambini e l'investimento sui figli è il più grande investimento che un Paese faccia. I benefici di questo investimento vanno a tutti: chi non ha avuto figli ha un reddito disponibile molto più elevato di chi ha avuto figli. Con lo stesso reddito, con lo stesso salario, uno da solo è quasi ricco; se ha avuto figli è quasi povero. Non è giusto, perché i figli pagheranno tasse e contributi per pagare anche le pensioni e la sanità di chi non avrà voluto avere figli e sarà stato più ricco tutta la vita. Il problema dell'Europa è di incoraggiare i giovani a sposarsi e avere bambini, perché altrimenti l'Europa muore. La famiglia ha una funzione sociale e quindi ha diritto al riconoscimento di questa funzione sociale e deve essere sostenuta in questa funzione sociale. Altre forme di convivenza sessuale sono un fatto privato: si va dal notaio, se si crede, e si scrivono le regole del patto che lega queste persone.

Però allo stesso tempo io posso sposare qualcuno e non avere figli. Ci sono certi vantaggi ad essere sposati…

Questo è possibile, e infatti la legislazione, la politica deve graduare i vantaggi che dà a chi ha dei figli e dare di meno a chi non ha dei figli. Però sa, se io mi sposo, in linea di proncipio, mi preparo ad avere dei figli. Questo è il senso del matrimonio, anche etimologicamente. Anche questo me l'hanno contestato, ma l'etimologia non l'ho fatta io. Significa 'il contesto che aiuta e sostiene la madre', Matris manus [sic], in latino, e il matrimonio ha questa funzione. Poi in alcuni casi non ci saranno dei figli, certo, e in quei casi la legge non darà dei vantaggi a sostegno dei minori, però c'è quella stabilità pensata per mettere al mondo dei figli. Una volta il problema dell'Europa – lo dice Carlo Marx nel Manifesto del Partito Comunista, ma lo dice anche Leone XIII nell'enciclica De Rerum Novarum – era la classe operaia. Gli operai sono rimasti in pochi e non se la passano neanche tanto male. Poi ci sono le famiglie. Se andate a cercare la povertà, la trovate presso le famiglie. Perché? Perché le famiglie fanno questo grande investimento, loro, di cui beneficiano tutti e nessuno le aiuta. Dobbiamo accendere i riflettori sulle famiglie e fare politiche di sostegno alle famiglie. Io ho l'impressione invece che ci sia una grande accentuazione [sui] PACS, [su] cose del genere, per distogliere i riflettori dal punto su cui devono essere concentrati: le famiglie sono il soggetto.

Slavoj Žižek ha scritto che “nell'epoca della post-politica, in cui la politica vera e propria viene progressivamente sostituita da un'amministrazione sociale specializzata, le tensioni culturali (religiose) o naturali (etniche) sono l'unica fonte legittima di conflitto rimasta” [Contro i diritti umani, edito da Il Saggiatore]. Che ne pensa lei: oggi si fa politica più sui valori che sui programmi?

Mah, la politica si fa sempre prima di tutto sui valori, perché i programmi discendono dai valori. E quindi la chiarezza sui valori è la prima base della politica. Bisogna sapere qual è la gerarchia dei valori cui ci si ispira e in una società democratica questo è oggetto continuo di dibatto democratico. In questo dibattito, a volte si vince, a volte si perde. E se si perde che si fa? Si aspetta la propria occasione perché questo è il metodo della democrazia. Io vedo invece che c'è un integralismo anti-cristiano che dice 'i cristiani a questo dibattito non devono partecipare', di qualunque cosa si parli 'siccome sei cristiano, non puoi entrare nella libera discussione'. Non è vero! Non è che noi argomentiamo che lo dice la Bibbia, allora deve essere così. Noi argomentiamo portando argomenti razionali, umani, che hanno il diritto di essere presi in considerazione come quelli di tutti gli altri. Poi il popolo, di volta in volta, deciderà.

Il nuovo papa Benedetto XVI è noto per i suo attacchi al relativismo. L'ex-Arcivescovo anglicano Dr. Richard Halloway invece ha parlato di un sistema di “jazz etico”, nel senso che nella nuova società, perché è multiculturale, dobbiamo trovare un nuovo modo di trovare un consenso. Questo è una sorta di jazz, di improvvisazione. La domanda è questa: come si fa a valutare sistemi etici differenti? Per esempio, nella nostra società è molto difficile per una donna indossare l'hijab o il burka, nel senso che da una parte ci sono quelli che dicono che questo è un valore culturale per le donne, che ne hanno il diritto; dall'altra parte ci sono quelli che dicono che questo è un sistema oppressivo per le donne.

Perché non lasciamo decidere le donne?

Lei è contrario per esempio alla legge francese che lo vieta nelle scuole?

Lasciamo che la gente… decida, almeno dove non va contro il diritto degli altri. Chiaro: io sono contro il relativismo culturale, quando questo tocca un nocciolo di valori che potremmo definire 'diritti naturali', valori umani fondamentali. Viene qualcuno e mi dice: 'mia figlia sposa l'uomo che decido io e non quello che decide lei'. No, farà parte della tua cultura, ma finora un diritto umano fondamentale di tua figlia è quello di decidere lei chi sposa. Viene uno che dice 'noi mutiliamo gli organi sessuali secondari [sic] delle bambine'. Eh no, non lo fai, almeno non da noi, perché questo lede un diritto umano fondamentale. Viene una colonia di Aztechi che dicono 'noi sacrifichiamo i nostri bambini, perché è la nostra cultura. Non sacrifichiamo i vostri, però noi abbiamo il diritto di farlo'. No, non avete il diritto di farlo perché va contro un diritto umano fondamentale. Ma mi pare anche un diritto fondamentale per una donna quello d
i vestirsi come diavolo le pare, quindi non vedo perché lo Stato ci debba ficcare il naso. Tranne forse una cosa, ovviamente: tutti gli Stati prevedono che ti puoi vestire come vuoi, ma non ti puoi travestire. Altra cosa è il fazzoletto che le donne islamiche portano in testa e che secondo me hanno tutto il diritto di mettere. A volte le rende anche più belle… Altra cosa è il burka che è un modo per celare l'identità, e questo ha buoni motivi di ordine pubblico per essere proibito. Magari invece di una donna, c'è un uomo e può essere pure un terrorista. Ma, posti dei limiti che non possono avere come base la volontà di impedirti di fare quello che vuoi – devono avere come base la volontà di difendere il diritto di altri, che è quello di non essere oggetto di attentati – perché dobbiamo contenere la libertà? Il relativismo va combattuto laddove si toccano diritti umani fondamentali, perché noi non siamo relativisti se noi crediamo che la persona umana debba essere al centro della società e i diritti di ogni persona umana vanno rispettati. Una volta rispettati questi diritti, ognuno faccia quello che vuole.

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N.A.T.O., Gladio e la strategia della tensione https://www.threemonkeysonline.com/it/n-a-t-o-gladio-e-la-strategia-della-tensione/ https://www.threemonkeysonline.com/it/n-a-t-o-gladio-e-la-strategia-della-tensione/#respond Wed, 01 Jun 2005 09:00:39 +0000 https://www.threemonkeysonline.com/it/bwp/n-a-t-o-gladio-e-la-strategia-della-tensione/ Nell'agosto del 1990, il Primo Ministro italiano, Giulio Andreotti, affermò che in Italia durante la Guerra Fredda, è esistito un esercito segreto chiamato Gladio. Le sue rivelazioni destarono clamore, non solo perché ammetteva ciò che era stato a lungo negato (anche dallo stesso Andreotti quando fu sottoposto ad una inchiesta giudiziaria nel 1974 nelle vesti […]

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Nell'agosto del 1990, il Primo Ministro italiano, Giulio Andreotti, affermò che in Italia durante la Guerra Fredda, è esistito un esercito segreto chiamato Gladio. Le sue rivelazioni destarono clamore, non solo perché ammetteva ciò che era stato a lungo negato (anche dallo stesso Andreotti quando fu sottoposto ad una inchiesta giudiziaria nel 1974 nelle vesti di Ministro italiano della Difesa), ma perchè continuò a sostenere che c'era una rete di eserciti segreti del tipo 'stay behind' [N.d.T.: questo era il vero nome di Gladio] che operava in tutte le nazioni facenti parte della NATO. In breve, questa fu una questione che non coinvolgeva solo l'Italia.

Man mano che i dettagli venivano resi noti, la storia diventava ancor più inverosimile. Sulla scia della Seconda Guerra Mondiale, all'inizio della Guerra Fredda, le agenzie dell'intelligence, guidate essenzialmente da Inghilterra e Stati Uniti, hanno stabilito una rete d'agenti e di eserciti segreti attraverso l'Europa, una rete che sarebbe rimasta segreta ma attiva durante la Guerra Fredda. Una rete militare non regolata, equipaggiata con armi pesanti.

Lo scandalo che ne derivò, e che attraversò l'Europa, fu messo in sordina dallo scoppio della prima Guerra del Golfo (Saddam Hussein invase il Kuwait nell'agosto del 1990) e quindici anni dopo l'affermazione di Andreotti, Gladio e la rete della NATO [di eserciti] stay-behind, restano in larga misura un argomento con un gran numero di domande non risposte. Il lettore occasionale potrebbe chiedersi il perché di tutto questo interesse verso una struttura segreta della Guerra Fredda. In parte perché ci sono troppi dubbi irrisolti. L'esistenza di una rete è un dato di fatto. Ciò è stato confermato, finora, da diversi capi di stato, da tre indagini parlamentari (Italia, Belgio, Svizzera), e non meno importante, da una strana smentita* e successiva conferma dell'esistenza da parte della stessa NATO nel 1990. Ed ancora, lasciando da parte coloro che sono coinvolti nella rete, poche persone sanno in realtà come funzionava tale rete, o come definiva il proprio ruolo. Ci sono prove sufficienti e testimonianze personali per sostenere, al limite, legami fortuiti con i gruppi terroristi di destra, attivi negli anni '70 ed '80, o per di più si potrebbe asserire che questa stessa rete era addirittura responsabile dell'implementazione della cosiddetta 'strategia della tensione': l'uso deliberato di terrorismo per far passare gli elettori di una data nazione, spaventati, verso destra, verso un governo quindi caratterizzato da 'giustizia e ordine'. Le domande non hanno risposta perché, durante le indagini parlamentari, quando si ricerca il soggetto da indagare, prima o poi ci si imbatte in disposizioni di segreti di stato. Sottolineando la natura 'off-limits' del tema, pare che un diplomatico della NATO abbia asserito “Non mi aspetterei una risposta a troppe domande, anche se la Guerra Fredda è finita. Le prove di un presunto legame con il terrorismo, se questo esisteva, sono ben nascoste”.[ Reuters, 15 Novembre 1990].

Tra coloro che cercano risposte in merito, compare il dottor Daniele Ganser, uno storico svizzero e capo del gruppo di ricerca presso il Centro per gli Studi sulla Sicurezza dell'Istituto Federale di Tecnologia (ETH) a Zurigo, autore del libro “NATO's Secret Armies – Operation Gladio and Terrorism in Western Europe” [N.d.T. : Gli eserciti segreti della NATO – Operazione Gladio e terrorismo in Europa Occidentale].

Ciò che Ganser pone subito in rilievo a proposito delle origini della rete, è il bisogno di considerare l'atmosfera dell'immediato dopo-guerra per capire i motivi che ne stanno alla base. “Si deve sottolineare il fatto che alcuni di questi erano uomini davvero rispettabili”. Con ciò si riferisce ad ufficiali dell'intelligence che dal 1945 in poi erano d'accordo su due punti:
a) l'Unione Sovietica era il nuovo nemico;
b) bisognava trarre una lezione dalla Blitzkrieg nazista in Europa [N.d.T.: la teoria nazista della guerra-lampo].
“La preparazione di operazioni clandestine in territorio nemico è estremamente problematica”, continua Ganser. “Si stavano preparando al peggio e quindi decisero di formare degli eserciti segreti.” Le indagini condotte in Belgio negli anni '90 hanno portato alla luce dettagli preziosi sulla struttura delle reti. Nel caso del Belgio e di molti altri paesi della NATO, il primo passo è rappresentato dalla costituzione di una commissione tripartitica tra la nazione ospitante, l'Inghilterra e gli USA. In seguito, fu creato nel 1948 un corpo generale per il coordinamento tra le diverse nazioni dell'Europa Occidentale, conosciuto come Western Union Clandestine Committee [N.d.T.: Commissione clandestina dell'Unione occidentale] . Il WUCC fu annesso alla NATO nel 1951, cambiando la sua nomenclatura in Clandestine Planning Committee. Fu creata anche una seconda commissione, l'Allied Clandestine Committee [N.d.T.: Commissione clandestina degli Alleati]. Dopo l'uscita della Francia dalla NATO, la sede centrale di tali Commissioni fu trasferita a Bruxelles. “In ogni caso queste reti furono create in maniera clandestina,” osserva Ganser, “e in alcuni casi venivano reclutate persone di destra, perché serviva la certezza che fossero ideologicamente impegnate contro il comunismo. Quindi per esempio in Germania, furono assunti alcuni membri della rete nazista”.

Gli eserciti segreti erano parte integrante della Guerra Fredda, ma la presenza di ex-nazisti, fascisti ed estremisti di destra, solleva la domanda problematica: contro chi combattevano questi soldati segreti? Contro un'invasione sovietica, oppure contro la crescita di un comunismo interno, sostenuto democraticamente? Ganser afferma: “Non è un fenomeno ben chiaro. Quando furono scoperti la prima volta, la stampa si domandò se fossa una rete di salvataggio o fonte di terrore” ed è qui che risiede il problema. Una rete di salvataggio è qualcosa di positivo, e qualcosa che tutti vogliono. E' una manovra intelligente, e chiunque ne fosse coinvolto dovrebbe essere elogiato per averla messa in atto. Una fonte di terrorismo è ovviamente qualcosa di molto negativo, che nessuno vorrebbe. Hai lo stesso strumento, rappresentato da pochi uomini addestrati, armi nascoste, esplosivi ed una rete internazionale, da utilizzare come rete di salvataggio, nel caso di un'invasione sovietica, che potrebbe sembrare prudente, o da utilizzare nelle operazioni interne in mancanza di un'invasione. Le nazioni che avevano svolto indagini parlamentari sono arrivate ad un punto in cui hanno scoperto la presenza di legami criminali in vari casi, ma non sono state capaci di andare fino in fondo, a causa della segretezza degli atti ufficiali. Quindi a grandi linee, dobbiamo parlare di Gladio come qualcosa ancora da affrontare in termini legali e di processi criminali. E' qualcosa di troppo grande…”

Ganser è uno dei primi studiosi che affronta il tema da un punto di vista più ampio, europeo. Infatti, sebbene le informazione sulla rete siano state nascoste dai segreti ufficiali, i ricercatori purtroppo, tendevano ad esaminare il fenomeno su base nazionale, piuttosto che cercare di interpretarlo ad un livello più ampio. Ganser, nato in un cantone italiano della Svizzera, afferma: “Ciò che si poteva vedere su una base teoretica a livello internazionale era questo: quando sono stato all'LSE a Londra, c'erano persone che avrebbero considerato gli eventi in Italia come parte di un disordine p
iù vasto, tenuto conto che l'Italia comunque era già di per sé una nazione molto corrotta, con la mafia, la Chiesa cattolica, la Propaganda Due, i Massoni, che altro! Dove qualsiasi crimine potrebbe comunque accadere, Gladio era semplicemente uno scandalo tra i tanti. Andreotti tuttavia, aveva detto chiaramente che si trattava di qualcosa di più vasto. Prendiamo il caso della Germania: vige una concezione completamente diversa. I tedeschi sono un popolo sul quale puoi fare affidamento, se dovessero venderti qualcosa, tipo una Mercedes oppure un trapano Bosch; eppure anche loro avevano un esercito segreto e probabili legami con il terrorismo”.

Molti tra di noi, nonostante la fierezza di essere europei, hanno una ristrettezza di vedute che tende a sottolineare gli eventi drammatici nelle nostre stesse nazioni. L'esplosione avvenuta a Bologna, per esempio, resta un ricordo vivo. È stato un attacco terrorista feroce, che ha ucciso 85 persone. L'indagine sull'attacco fu in larga parte ostacolata e fuorviata dagli agenti dei sevizi segreti italiani – solo uno dei tanti attacchi terroristici in Italia, con legami preoccupanti con l'intelligence militare. Pochi italiani tuttavia ricordano che nello stesso anno, nel 1980, una bomba è esplosa all'Oktoberfest a Monaco, uccidendo 13 persone. L'attacco fu inizialmente collegato a Gundholf Köhler, che morì nell'esplosione, un estremista di destra e membro del Wehrsportgruppe Hoffmann. Però gli esperti hanno sostenuto che la bomba era troppo elaborata per esser stata costruita da un ragazzo di soli 21 anni. Un anno dopo, nel 1981, fu scoperto dalla polizia un deposito pieno d'armi, vicino Uelzen. Secondo la spiegazione ufficiale le armi furono nascoste da terroristi di destra, sotto il comando di un certo Heinz Lembke, ma il volume e il tipo di armi trovate misero in discussione questa comoda spiegazione. Armi automatiche, armi chimiche, 50 armi anticarro, 156 kg d'esplosivi, 230 congegni esplosivi e 258 granate a mano [NATO Secret Armies, pg. 206]. I giornalisti investigativi hanno collegato Lembke all'esercito tedesco stay-behind BND. Le indagini ufficiali negarono qualsiasi connessione tra Lembke ed il massacro di Monaco. Heinz Lembke è stato trovato morto, impiccato, nel 1981, mentre era in custodia della polizia.

Il terrorismo violento di destra non si è verificato sulla prima linea della Guerra Fredda, cosa che Italia e Germania diventarono a tutti gli effetti. Lontano dalla prima linea, in Belgio, avvenne una strana operazione nei pressi di Vielsalm, nella regione delle Ardenne. Una squadra di Marines americani fu paracadutata in Belgio, e accolta da un membro dell'intelligence militare belga. Si nascosero per quindici giorni prima di attaccare la stazione di polizia di Vielsalm, in una cosiddetta esercitazione Oesling, uccidendo un ufficiale belga. Un marine fu ferito durante l'operazione e perse un occhio. Inizialmente l'attacco fu fatto passare per un atto di terrorismo, ma in seguito si dimostrò che era opera dell'esercito americano e belga – come fu poi confermato da indagini del Senato nel 1991. Si verificarono altri attacchi in cui, come successe a Vielsalm, venivano sottratte armi e munizioni, che finivano in seguito in mano ai gruppi estremisti.

Una domanda cruciale nell'indagine del Senato verteva sul coinvolgimento della rete stay-behind nel massacro degli anni '80, meglio conosciuto come il massacro Brabant. Per un periodo di due anni ci fu un gruppo d'attacco che operava in una zona vicino Bruxelles chiamata appunto Brabant. Gioiellerie, ristoranti e in alcuni casi supermarket furono il bersaglio di una banda di uomini spietati e pesantemente armati. In tutti gli attacchi furono rubate piccole somme di denaro, ma nel contempo fu impiegata cruenta brutalità e professionalità [NATO Secret Armies, pg.139]. Per esempio, il 9 Novembre 1985, in un sabato molto affaccendato, tre uomini armati ed incappucciati entrarono in un supermarket e cominciarono a far fuoco. Furono uccise 8 persone, alcune mentre cercavano di scappare. Il denaro preso nell'incursione ammontava ad un paio di migliaia di sterline, e fu trovato gettato in un canale in un sacco chiuso. Una cosa era certa: non avevano attaccato per il bottino. Le indagini del Senato non riuscirono a scoprire legami con la rete Gladio in Belgio, ma notarono che, dopo aver interrogato ufficiali dell'intelligence militare che collaborarono poco, il silenzio mantenuto sull'identità degli agenti della rete non permise ai giudici di effettuare i dovuti controlli per svelare tutta la verità. Una relazione ufficiale sul massacro Brabant, pubblicata nel 1990, prima della scoperta della rete dell'esercito segreto, era giunta alla conclusione che i killer avevano collegamenti ufficiali con la rete. Secondo la relazione, i killer erano membri o ex-membri delle forze dell'ordine – estremisti di destra che godevano di un alto livello di protezione e che stavano preparando un colpo di stato di destra [NATO Secret Armies, pg.145].

Gli attacchi dei terroristi di destra, avvenuti durante gli anni '70 ed '80 in Europa sono un dato di fatto. In molti casi, come il massacro alla stazione di Bologna per esempio, è stato provato che c'era una sorta di legame tra i membri dell'intelligence militare e coloro che avevano compiuto l'attacco. Ciò che non è abbastanza chiaro è l'esistenza o meno di un comando o una struttura di controllo all'interno di Gladio, che autorizzava tali attacchi contro civili. Ci sono diverse teorie, come spiega Ganser: “La teoria numero uno è quella dell'agente disertore, secondo la quale la NATO ed i generali al comando non ne sapevano nulla, ed in seguito hanno dimostrato il loro dispiacere perché alcuni squilibrati avevano perso completamente il controllo della situazione. Potrebbe accadere, ma non penso che le strutture militari funzionino così. Dai miei studi sulle strutture militari, la gerarchia svolge un ruolo dominante in tutte le operazioni militari, e queste erano operazioni militari. Con ciò voglio dire che una strategia della tensione era possibile, ma non posso dimostrarlo; una strategia deliberata, non un errore, ma qualcosa di organizzato e che funzionava sul serio”.

Continuando, spiega: “L'Europa dell'Est aveva il patto di Varsavia, ed ovviamente, se Mosca non voleva che accadesse qualcosa lì, mandavano subito i carri armati. Fine della storia. Era chiaro. Nell'Europa Occidentale, la situazione era più delicata. Eravamo nazioni libere, se vogliamo. Nel contempo avevamo partiti comunisti che erano molto forti in nazioni quali Francia ed Italia; meno forti altrove, ma comunque esistenti. Quindi la NATO temeva di essere indebolita dall'interno. Prendiamo la Francia o l'Italia, oppure la Grecia, o la Turchia, dove un gruppo di parlamentari, ad esempio comunisti, poteva affermare “vogliamo uscire dalla NATO”, oppure dire “se entriamo al governo, dovremmo comunicare con i nostri alleati a Mosca, perché in realtà appoggiamo più loro che Londra e Washington”. Tale situazione, secondo il punto di vista della NATO era davvero pericolosa. Era inaccettabile che il primo Ministro della Grecia, socialista, facesse uscire la sua nazione dalla NATO. Avresti perso una nazione. Non si voleva un leader comunista italiano che diventasse talmente celebre e forte da divenire Ministro della Difesa. Era un incubo per i militari. Gli ufficiali dell'intelligence dell'esercito me ne avevano parlato in questi termini. Quindi, in questo quadro rientra la strategia della tensione per gestire il problema, (che richiede moltissima crudeltà – sottolinea Ganser – perc
hé si uccidono civiliSi mettono bombe in posti pubblici e si uccidono civili. È quanto accaduto in numerose nazioni dell'Europa Occidentale durante la Guerra Fredda, ma non è chiaro chi ci fosse dietro tali atti. Da qui in avanti, possiamo solo fare congetture. Se queste bombe venivano messe come parte della strategia degli eserciti stay-behind, allora erano atti premedidati. Le uccisioni venivano poi attribuite alla sinistra, che ne veniva screditatae perdeva potere. Per di più lo Stato poteva richiedere più potere per i servizi di sicurezza e per il Ministero della Difesa, con tutti i terroristi che si aggiravano [per il Paese]. Così funzionava la strategia della tensione, ed è possibile che sia stata messa in atto. È senza dubbio il tema più delicato della Guerra Fredda in Europa”.

Rappresenta in parte il tema più delicato, perché il sistema esisteva con il tacito consenso dei nostri leader eletti. “È stato provato che i servizi segreti ed i Ministeri della Difesa non hanno agito soli” dichiara Ganser. “Hanno sempre fatto riferimento al più alto rappresentante dell'esecutivo per chiedere la sua approvazione. Qui si ha lo stesso problema. Facciamo finta che lei sia il Primo Ministro, e che io vengo da lei come Ministro della Difesa e le dico che abbiamo questo esercito segreto, in caso di un'invasione sovietica, e deve rimanere un segreto. È qualcosa di positivo? Si tratta di una cospirazione? Nelle vesti di Primo Ministro risponderebbe probabilmente “bene, non mi dia troppi dettagli, potrebbe essere delicato a livello politico”..ecc.. Il problema è che non sappiamo come hanno risposto in realtà i Primi Ministri. Prenda ad esempio la mia ricerca sul P26, l'esercito stay-behind svizzero. Non sappiamo esattamente come si svolsero queste conversazioni. Un capo di stato maggiore, il maggior ufficiale in Svizzera, mi disse che andò al Governo, dai consiglieri federali, come noi li chiamiamo, e gli parlò di questo esercito stay-behind. Lo ascoltarono, e non dissero nulla. Questa è una plausibile difesa di smentita. Non affermi nulla, non firmi alcun documento, ma approvi in silenzio, e la storia continua. Il Ministero della Difesa maschera il finanziamento necessario a sostenere la rete, con uno stanziamento per la costruzione di una nuova pista di atterraggio. Ognuno sarebbe d'accordo silenziosamente. Non c'erano prove esplicite che i più alti funzionari fossero coinvolti. Ma in ogni caso, possiamo ora dimostrare che non si trattava di una pista d'atterraggio, ma si trattava di una struttura di sicurezza in Europa Occidentale. In parte era illegale, perché non era controllata direttamente da un'assemblea legislativa eletta, i parlamentari”.

La ragione per alti livelli di sicurezza, la Guerra Fredda, non esiste più da 15 anni, eppure gli archivi restano ancora chiusi. Inoltre, gli archivi degli ex-Stati comunisti sono stati in gran parte svuotati da qualsiasi materiale che potesse far luce su Gladio e la NATO. “Sarebbe estremamente interessante per gli storici entrare negli archivi per apprendere, per esempio, informazioni riguardo agli eserciti stay-behind ecc.. ma ci danno accesso. Gli archivi di MI6, CIA, BND, SISMI, e quant'altro, non sono accessibili. Sarebbe stato eccellente poter entrare negli archivi del nemico, e vedere cosa avesse scritto su di noi; c'è molto da imparare in questo modo. I servizi segreti occidentali erano più svegli tuttavia, e fecero piazza pulita negli archivi della Stasi a Berlino. Le persone che vi lavoravano mi hanno confermato che fondamentalmente i servizi segreti tedeschi, la CIA, ed i servizi segreti inglesi, furono i primi ad entrare e spazzarono via il tutto. Ciò che resta è storia. Possiamo parlare con le persone coinvolte, persone che in molti casi sono vicine alla morte e desiderano parlare della loro vita, come hanno vissuto tutto ciò, cosa hanno fatto e perché hanno agito così. Vedono la vita in modo diverso”. Con la rassegnazione di chi ha fatto diverse richieste secondo l'atto di libertà d'accesso all'informazione, la maggior parte delle quali destinate al fallimento, Ganser continua, “chi sta al potere, non dirà mai nulla. Ci dicono di non pensarci. Ho chiesto ai funzionari della NATO se sapevano qualcosa in merito al Supreme Allied Headquarters Europe [N.d.T.: il quartier generale degli Alleati in Europa], e ne erano a conoscenza; ho poi parlato della struttura, e hanno affermato di non saperne nulla. Negare tutto: questa è la strategia”.

Le implicazioni della ricerca di Ganser sono terrificanti, ma nel contempo molto attuali. Abbiamo davvero avuto un terrorismo sponsorizzato dallo Stato in Europa, allo scopo di discreditare i movimenti democratici di sinistra? C'era davvero una politica talmente cinica da prevedere l'uccisione di civili innocenti per un presunto bene maggiore? Quando gli chiedo se c'è qualche prova che queste rete paramilitari siano state sciolte, Ganser ride, colpito dall'assurdità: “Abbiamo soltanto la parola di chi creato tutto ciò che poi abbiano distrutto il tutto. È l'unica prova che possediamo. E per studiosi e storici, non si tratta nemmeno di una vera prova”. Potrebbe sembrare disgustoso mettere in dubbio l'integrità ed il buon senso dell'intelligence occidentale, dal momento che siamo impegnati nella 'guerra contro il terrorismo', ma fin quando restano dubbi sulla strategia della tensione, e fin quando agli studiosi seri non è permesso l'accesso agli archivi dell'intelligence, essere scettici sullo scopo reale della guerra sembra un atteggiamento assennato. “La lezione che possiamo trarre, se riportiamo la nostra esperienza dalla Guerra Fredda alla situazione attuale, è che una strategia della tensione è tuttora implementata, ma stavolta contro i Musulmani”, ipotizza Ganser. “Tutti sappiamo che l'occidente dipende in larga parte dal petrolio, e si ha bisogno di un pretesto per sviluppare operazioni in Iran, Irak ecc. Non possiamo semplicemente recarci lì, ed invadere i loro territori, quindi abbiamo bisogno di pensare che stanno cercando di ucciderci. Quindi è possibile che una strategia della tensione sia in atto, nella quale i Musulmani stanno svolgendo il ruolo che i comunisti avevano nella Guerra Fredda. Tuttavia è troppo difficile, tutto sta avvenendo in modo velocissimo, e ci sono pochi dati disponibili”.

I dati sono la chiave di tutto, ed il libro di Ganser ne è pieno. Nazione per nazione, Ganser esamina la lotta interna contro il comunismo, documentata dalle tre indagini parlamentari e da dichiarazioni dei pochi coinvolti in Gladio che hanno deciso di rendere pubblico il loro coinvolgimento. Non si tratta del regno di Roswell, fatto di alieni, di teorie inverosimili, di congiure, tanto amate dalla generazione internettiana. Questa è una storia vera, un movimento storicamente provato, che ha operato in Europa. La strategia della tensione resta una teoria plausibile per spiegare gli attacchi feroci che sono avvenuti in Europa. L'onere ai nostri governi eletti di dimostrare il contrario.

Note
* Nel Novembre 1990, in risposta alla dichiarazione di Andreotti che asseriva l'esistenza di un esercito segreto capeggiato dalla NATO, la NATO ha negato categoricamente. Il giorno seguente la NATO ha spiegato che la negazione era falsa, ma ha comunque rifiutato di rispondere ad ulteriori domande.


ETH – Centre for Security Studies

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Nel Labirinto Morale. Una discussione su etica e religione con Richard Holloway https://www.threemonkeysonline.com/it/nel-labirinto-morale-una-discussione-su-etica-e-religione-con-richard-holloway/ https://www.threemonkeysonline.com/it/nel-labirinto-morale-una-discussione-su-etica-e-religione-con-richard-holloway/#respond Wed, 01 Jun 2005 09:00:39 +0000 https://www.threemonkeysonline.com/it/bwp/nel-labirinto-morale-una-discussione-su-etica-e-religione-con-richard-holloway/ A proposito di Richard Holloway, l’ex-Arcivescovo anglicano di Edimburgo, Joan Bakewell ha scritto sul New Statesman che “è sempre stato un radicale che ha vissuto nel mondo reale, disposto ad accettarne le pretese e i limiti”. Moses Tay, l’Arcivescovo anglicano del Sud Est asiatico, ha definito il suo libro del ’99, Una morale senza Dio […]

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A proposito di Richard Holloway, l’ex-Arcivescovo anglicano di Edimburgo, Joan Bakewell ha scritto sul New Statesman che “è sempre stato un radicale che ha vissuto nel mondo reale, disposto ad accettarne le pretese e i limiti”. Moses Tay, l’Arcivescovo anglicano del Sud Est asiatico, ha definito il suo libro del ’99, Una morale senza Dio , “orribile ed eretico”, un’opinione indubbiamente condivisa da altri prelati, scioccati dal fatto che Holloway, tra le altre cose, sostenga i diritti degli omosessuali e la liberalizzazione delle droghe. “Sarebbe difficile esagerare la confusione morale dei giorni nostri e l’urgenza e l’importanza di trovare un base condivisa per la nostra condotta gli uni nei confronti degli altri, dal momento che viviamo tutti su questo pianeta”, scrive Halloway nell’epilogo del libro Una morale senza Dio, solleticando la curiosità di Three Monkeys Online ad avventurarsi nel labirinto morale. Grazie ad una intervista via e-mail, il dottor Holloway ci ha gentilmente fatto da guida.

Secondo un ritornello comune di conservatori e leader religiosi, la società permissiva degli anni ’60 e ’70 ha provocato un’erosione dei ‘valori morali’ che ha a sua volta condotto ad una società più violenta e disunita. Lei pensa che, all’alba del XXI secolo, la nostra società sia meno morale?

Per certi versi sì, per altri no. Lo sviluppo umano, e non mi riferisco al progresso, procede, moralmente parlando, a zig zag, facendo sia progressi che passi indietro. Si è perso per quanto riguarda fede e disciplina, ma si è guadagnato in bontà e riguardo nei confronti del prossimo, inclusi gli altri animali con cui condividiamo questo pianeta. Forse oggi siamo più promiscui sessualmente, o solo più onesti al riguardo, ma non mandiamo più i bambini a lavorare in miniera o su per i camini, non mettiamo più in carcere uomini che amano altri uomini, non bruciamo più le streghe né torturiamo le persone, se non, naturalmente, nei campi di prigionia americani. Potrei proseguire all’infinito. Comunque, bisogna specificare cosa si intende per moralità. Io sono meno interessato alla vita sessuale delle persone, a meno che non danneggi o nuoccia altre persone, di quanto non lo sia alla loro attività politica, alla crudeltà che dimostrano verso gli altri. E un ultima cosa: il movimento più rivoluzionario della storia dei giorni nostri è stato quello della globalizzazione economica, apprezzato da un certa fetta di cattolici conservatori, che ha influenzato profondamente culture e società di tutto il mondo. E’ l’unica partita che si gioca nel mondo ma, indipendentemente dall’opinione che se ne ha, è sempre basata sulla ricchezza, una cosa che Gesù non approvava di certo.

A proposito di etica e legislazione. Come si può definire la relazione tra questi due concetti? Tulle le leggi devono essere morali? Ogni valore morale deve essere legge? In breve, qual è la relazione tra il contesto morale e quello legale?

Occorre distinguere tra crimine e peccato. Il peccato è un concetto religioso, ma se non si appartiene a quella religione, perché subire la punizione che ne consegue? Questa è la distinzione che sta alla base dell’evoluzione dell’atteggiamento nei confronti dell’omosessualità. Per alcuni gruppi religiosi è un peccato, un atto immorale, ma che diritto hanno questi gruppi di imporre le loro usanze, come ad esempio le regole alimentari o di purezza, a chi non ne condivide la fede? Questo è il motivo per cui molti governi non considerano più l’omosessualità un crimine. Naturalmente alcuni ‘peccati’, come lo stupro e l’omicidio, sono anche crimini. Prova ne è il fatto che infliggano un evidente danno agli altri, e la maggior parte delle persone è d’accordo su questo.

Il nuovo papa Benedetto XVI, noto per i suo attacchi al relativismo, ha dichiarato: “Ci stiamo avviando verso una dittatura del relativismo, che non riconosce nulla per certo e il cui scopo più alto è la soddisfazione dell’ego e dei desideri individuali”. In Una morale senza Dio lei ha parlato di “jazz etico”, in cui la vita morale è legata all’improvvisazione. Ha sottolineato l’importanza di trovare un equilibrio tra la diversità degli approcci etici e di rifiutare l’idea che un sistema sia meglio di un altro. Ma come si fa a valutare sistemi etici differenti? Per citare un esempio noto, come giudicare un sistema che impone alle donne di indossare la hijab o il burka? Secondo alcuni pareri progrediti, questo rafforzerebbe il potere delle donne, secondo altri contribuirebbe alla diffusione della misoginia. Come si fa a decidere in merito e, soprattutto, chi decide?

Questa è una delle questioni più difficili, poiché molte società multiculturali non vogliono rispondere a gruppi religiosi i cui standard morali, come ad esempio l’atteggiamento nei confronti delle donne, sono in disaccordo con il codice morale della cultura che li ospita. Il relativismo ha due significati. Quello cui si riferisce il papa in realtà, ossia quello secondo cui tutti i valori morali sono relativi e nessuno è migliore di un altro, è condiviso da pochi, se non da nessuno. Tutto ciò va contro il senso comune. Nessuno, che fosse sano di mente, sosterrebbe un sistema che permette a chiunque ne abbia voglia di stuprare o uccidere. Nessuna società può esistere su questa base. Ma è anche vero che il nostro modo di considerare la morale è legato al nostro contesto. Ciò spiega l’enorme gamma di differenze esistenti nel campo delle abitudini alimentari e sessuali che caratterizza le società di tutto il mondo. Una delle principali caratteristiche dei sistemi religiosi tradizionali è la svalutazione della donna e di conseguenza l’obbligo di rispettare determinate regole di abbigliamento. Onestamente non posso dire di conoscere il modo migliore per affrontare questo problema nelle società moderne, complesse e multirazziali, dove la libertà di credo religioso è considerata un valore umano. La mia impressione è che dovremmo essere tolleranti verso queste tradizioni, nella speranza che cambino radicalmente la loro natura, come ha fatto il cristianesimo, senza ricorre ad una eccessiva pressione esterna.

Cosa ne pensa dei tentativi di introdurre leggi che incitano ai reati legati all’odio religioso? In Italia le leggi sulla diffamazione religiosa, che prima proteggevano solo la chiesa cattolica, riguardano oggi anche altre religioni riconosciute, fatto che ha portato ad un procedimento giudiziario nei confronti di Oriana Fallaci da parte di un musulmano italiano. I sitemi religiosi devono essere tutelati dalle offese nei loro confronti?

Questo mi preoccupa. Definire cos’è l’odio in questo contesto non è facile. Preferisco sbagliare e sostenere un energico dibattito religioso, specialmente a livello intellettuale, piuttosto che cedere alle sue sensibilità. Il problema in Gran Bretagna è che i musulmani hanno dovuto abituarsi ad una cultura laica che si fa vanto di scherzare su tutto e di criticare ogni cosa. Il cristianesimo ha avuto secoli di tempo per abituarcisi ma per il musulmani questo è un fatto relativamente nuovo perché non ha mai fatto parte della loro cultura o della loro società. Ma esiterei a tutelare la loro sensibilità a questo riguardo. Preferirei invece che, come noi, ci facessero il callo.

In una società liberale molte questioni morali vengono risolte chiedendosi se una certa azione possa nuocere altri esseri umani. Se le mie azioni non danneggiano nessuno, allora c’è una buona possibilità che siano ammesse. Di conseguenza, la questione morale pi&ugra
ve; spinosa rimane quella dell’aborto. A seconda di come si considera il feto, l’aborto può essere considerato omicidio o una scelta accettabile dal punto di vista medico. È, in un certo senso, uno scenario nero e con svariate sfumature di grigio, che non consente compromessi da parte di chi considera l’aborto un omicidio. Come possono società moderne come l’Italia, l’Irlanda o anche gli Stati Uniti, così divise sull’argomento, creare un consenso morale?

È molto difficile. È però possibile prendere una posizione di mediazione che disapprovi l’aborto, ma che ritenga che renderlo illegale creerebbe solo un male diverso, ossia aborti clandestini, donne disperate, morte e infelicità. Non conosco nessuno che creda che l’aborto non ponga problemi di ordine morale ma molti pensano che proibirlo causerebbe ancora più problemi. D’altra parte, suggerire che l’embrione sia un essere umano completo, con i diritti e lo status morale di un essere umano, è qualcosa di cui non sono del tutto convinto. Ma esiste un chiaro continuum morale, quindi gli aborti precoci sono più facili da giustificare. Forse i progressi della medicina risolveranno questo dilemma morale, ad esempio grazie alla pillola del giorno dopo, anche se alcune religioni tradizionali (come la Chiesa cattolica) non ne approvano l’uso.

Vivendo in un mondo globalizzato è necessario allargare gli orizzonti del nostro comportamento morale? Se fino ad ora eravamo preoccupati per la nostra condotta sociale e sessuale, e sulla influenza che le nostre azioni hanno su chi ci sta vicino, oggi, grazie ai progressi della tecnologia e dell’informazione, sappiamo che le nostre azioni e i nostri comportamenti hanno un impatto anche su persone che non conosceremo mai. In tale contesto è morale comprare un fuoristrada che consuma enormi quantità di benzina? La maggior parte delle abitazioni europee e americane non sono attente al consumo energetico e sprecano elettricità e calore. Questo si può definire immorale?

Assolutamente sì. Ed è anche un esempio di come cambiano gli atteggiamenti morali. Sono sempre più preoccupato dalla crudeltà degli esseri umani nei confronti del regno animale e dal nostro disprezzo per i delicati equilibri del pianeta.

Se consideriamo il fatto che la maggior parte dell’Europa è laica (cosa di cui si potrebbe discutere), ci troviamo di fronte al problema di regolare le posizioni di potere nei nostri parlamenti e nelle nostre legislature. Cosa ne pensa del boicottaggio della nomina di Rocco Buttiglione a commissario europeo per la giustizia a causa del suo atteggiamento conservatore nei confronti dell’omosessualità e dell’aborto?

Credo che sia stato giusto così, non credo che Buttiglione avrebbe mai dovuto candidarsi. Esiste in Europa un’etica laica che opera nel rispetto delle minoranze religiose e sessuali, un politico le cui convinzioni religiose non concordano con questi valori dovrebbe evitare di candidarsi ad una carica pubblica.

Nella sua recensione del libro di Jonathan Sacks, The Dignity of Difference [N.d.T.: la dignità della differenza], lei ha sostenuto che “chi è disposto a rischiare in campo morale protegge le istituzioni vaccinandole nei confronti del futuro. C’è bisogno di conservatori, come una macchina ha bisogno dei freni. Ma siamo fatti per muoverci, non per sostare”. Crede che istituzioni religiose come la Chiesa cattolica romana o quella anglicana siano aperte a questa vaccinazione? E le tradizioni religiose come l’Islam, dove non esistono capi istituzionali?

Quando ho detto questo, citavo Nietzsche. In realtà il cambiamento morale viene da chi è al di là delle istituzioni, mai da chi ne è a capo. Lo si è potuto constatare nel processo di emancipazione femminile. Il cambiamento non viene mai dall’alto anche se chi è a capo può rispondere alla pressione proveniente dal basso facendo delle concessioni. Credo che la chiesa anglicana sia più aperta alle novità rispetto a quella di Roma perché è un sistema più aperto, ma Roma è abile a fare cambiamenti repentini, quando occorre. Credo che prova ne sia il fatto che anche l’Islam cambia quando le condizioni sono adeguate. I paesi balcanici musulmani erano molto più aperti dell’Arabia Saudita, per esempio.

Lo scontro culturale tra scienza e religione è oggi più forte che mai. Un argomento sostenuto da molti credenti è che il punto di vista scientifico è il rovescio della medaglia di quello religioso, e non ha alcuna pretesa intrinseca di superiorità. Nel dibattito su intelligenza ed evoluzione George W. Bush sostiene che entrambe “le scuole di pensiero” meritano la stessa attenzione. Mentre recensiva il libro di Richard Dawkins, Il cappellano del diavolo, ha definito Dawkins un “crociato morale” ma sembrava suggerire che la scienza è in effetti intrinsecamente superiore alla religione. I valori morali del XXI secolo si devono dunque ispirare alla scienza?

Non credo che i nostri valori morali vengano dalla scienza ma la scienza può aiutare il cambiamento morale. La forza della scienza sta nella sua capacità di rivedere le proprie opinioni. La debolezza della religione sta nella sua incapacità di rivedere le proprie opinioni. Credo che uno scontro tra scienza e religione non sia necessario, se si riconosce che la religione non è una semi scienza ma è più vicina all’arte e alla poesia.

Richard Holloway è stato l’Arcivescovo anglicano di Edimburgo ed è tuttora professore di teologia a Londra e membro della Royal Society. È autore di numerosi volumi su religione e spiritualità inclusi Una morale senza Dio, Guardare lontano, Dubbi e amori, pubblicati in Italia da Ponte alle Grazie.

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La tutela delle vittime – Intervista a Paolo Bolognesi, Presidente dell'Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 https://www.threemonkeysonline.com/it/la-tutela-delle-vittime-intervista-a-paolo-bolognesi-presidente-dellassociazione-tra-i-familiari-delle-vittime-della-strage-alla-stazione-di-bologna-del-2-agosto-1980/ https://www.threemonkeysonline.com/it/la-tutela-delle-vittime-intervista-a-paolo-bolognesi-presidente-dellassociazione-tra-i-familiari-delle-vittime-della-strage-alla-stazione-di-bologna-del-2-agosto-1980/#respond Sat, 01 Jan 2005 09:00:39 +0000 https://www.threemonkeysonline.com/it/bwp/la-tutela-delle-vittime-intervista-a-paolo-bolognesi-presidente-dellassociazione-tra-i-familiari-delle-vittime-della-strage-alla-stazione-di-bologna-del-2-agosto-1980/ Il 2 agosto ricorre il triste anniversario della strage di Bologna. Venticinque anni fa morivano 85 persone e ne venivano ferite centinaia nello scoppio di una bomba piazzata, a scopi politici, nella stazione centrale di Bologna. I fatti, le indagini, gli strascichi di quella vicenda sono riassunti nell'articolo Una Strage da non dimenticare – la […]

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Il 2 agosto ricorre il triste anniversario della strage di Bologna. Venticinque anni fa morivano 85 persone e ne venivano ferite centinaia nello scoppio di una bomba piazzata, a scopi politici, nella stazione centrale di Bologna. I fatti, le indagini, gli strascichi di quella vicenda sono riassunti nell'articolo Una Strage da non dimenticare – la strage di Bologna, 25 anni dopo pubblicato sulla corrente edizione di Three Monkeys Online.

Paolo Bolognesi è il Presidente dell'Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980. E' succeduto, nel 1996, alla morte di Torquato Secci, al presidente storico dell'Associazione, di cui era stato, insieme a Secci appunto, il co-fondatore. Bolognesi è il padre di Marco, ferito nello scoppio della bomba il 2 agosto quando aveva solo 7 anni e oggi affermato artista con residenza a Londra.

In questi lunghi anni, dalla sua fondazione nel giugno del 1981, l'Associazione ha fatto tantissimo: oltre che offrirsi l'un l'altro appoggio e solidarietà, i suoi membri hanno presentato al Parlamento diverse proposte di legge, tra cui quella sugli indenizzi a feriti e familiari delle vittime delle stragi, la creazione di un Osservatorio sulle vittime delle stragi e quella, fondamentale, sull'abolizione del segreto di Stato. Mentre le prime due iniziative hanno avuto un successo molto più che parziale, quest'ultima resta stagnante in Parlamento da vent'anni. I Governi che si sono succeduti hanno inviato rappresentanti sul palco in Piazzale delle Medaglie d'Oro, che hanno gridato il loro sdegno e le loro condoglianze dentro un microfono, per poi tornarsene a Roma, contenti di essere lontani dai fischi della folla.

Altre iniziative fondamentali dell'Associazione sono l'opera di raccolta del materiale relativo alla strage, egregiamente catalogato sia presso la loro sede bolognese che sul loro sito internet, e la sua divulgazione, in Italia e all'estero, presso le scuole, alle manifestazioni, via libri, raccolte di foto, supporti elettronici, e il documentario Il trentasette – memorie di una città ferita, di Roberto Greco. Collegato all'Associazione è il Centro di Documentazione sulle Stragi (Cedost), una sorta di 'portale della memoria' delle stragi, del terrorismo, e di quegli anni di piombo che paralizzarono l'Italia.

In occasione del venticiquesimo anniversario della strage, l'Associazione ha presentato due novità editoriali: Bologna, 2 agosto 1980. Il racconto della strage, a cura di Cinzia Venturoli e Massimiliano Boschi, 2005, edito da Yema e Antologia per una strage. Bologna 2 Agosto 1980, di Gian Pietro Testa, edito da Minerva Edizioni.

Three Monkeys Online ha incontrato Paolo Bolognesi nella sede dell'Associazione, in centro a Bologna.

Venticinque anni dopo la strage, a cosa serve un'associazione: è una cosa solamente per la memoria o c'è ancora una questione con la Giustizia?

Innanzitutto dobbiamo tener presente che l'andamento dei processi per quanto riguarda la strage di Bologna, noi abbiamo avuto la condanan degli esecutori materiali, dei depistatori delle indagini e di coloro che hanno partecipato alla banda armata. Mancano gli ispiratori politici e i mandanti della strage, non solo di questa ma di tutte le stragi italiane. Pertanto già questo è un problema molto serio per la democrazia in Italia, proprio perché mancano all'appello chi ha utilizzato stragi e terrorismo a fini politici. E questo è importante. La nostra associazione non lavora solo sulla memoria, ma anche sul discorso di arrivare ai mandanti. E teniamo anche conto che mantenendo la memoria si può arrivare ai mandanti. Se cancelliamo la memoria, abbiamo cancelalto tutto. Il lavoro che noi stiamo facendo è un lavoro per la memoria, per la conoscenza, nelle scuole, nelle giovani generazioni proprio perché fatti come questi non succedano più e se dovessero mai succedere non abbiano nessuna copertura dallo Stato. In ambito italiano, c'è stata una gran [opera di] copertura da parte dello Stato per coprire appunto gli organi dello Stato, come i servizi segreti eccetera, per coprire i terroristi delle stragi.

Questa è una cosa interessante e importante, perché in venticinque anni si sono succeduti diversi governi, di destra e di sinistra. Secondo lei sono tutti coinvolti in questa copertura?

Nella copertura sono coinvolti soprattutto governi di centro-destra, anche di centro-sinistra per certi aspetti. Ma il problema è che in Italia c'è un meccanismo perverso: nel momento in cui succedono delle stragi o degli attentati ecco che immediatamente scatta un meccanismo per cui la verità non si deve sapere. E allora chi è preposto alla sicurezza comincia a miscelare le notizie e creare dei problemi.

Ma è una cosa istituzionale? Per esempio questa legge sul segreto di Stato…

La legge per abolire il segreto di Stato nei delitti di strage e terrorismo è stata presentata nel 1984 dall'Associazione, assieme ad altre associazioni come l'Unione dei familiari delle vittime per stragi, con centomila firme. E' una legge di iniziativa popolare, per cui doveva esser discussa e ragionata: questa legge non è stata né discussa né approvata. E i governi che si sono succeduti sono di tutti i tipi, pertanto … voglio dire … che metter le mani su questi aspetti non è qualcosa su cui tutti sono d'accordo, anzi direi che tutti sono d'accordo di non metter le mani su questi problemi.

Senza voler strumentalizzare, ma mi pare importante il carattere della strage: era una strage di destra, di sinistra, …

Era una cosa della destra; che la strage fosse fascista, fatta da mani fasciste è una cosa appurata e accertata nell'ambito dei processi. Tutte quelle fantascientifiche operazioni che vengono fuori non hanno niente a che fare con la verità.

Che cosa pensa allora lei quando sente per esempio il Senatore Cossiga che dice che [Bolognesi mi interrompe prima che potessi finire] …

Cossiga è il responsabile politico della strage. La legge 801/77 della Repubblica Italiana prevede che il responsabile della sicurezza in Italia sia il Presidente del Consiglio. In quel momento lui era Presidente del Consiglio. Ha avvallato prima l'operazione che fosse una caldaia, poi le ha provate tutte, perciò è un personaggio inaffidabile, da questo punto di vista.

Su Repubblica hanno scritto in questi giorni “Non c'è due agosto senza polemica”. Perché ogni anno c'è ancora polemica su questa vicenda?

Perché la strage del due agosto è una strage attuale. Dietro la strage del due agosto c'è la loggia massonica P2 che ha coperto, che ha cercato di bloccare le indagini. La loggia massonica P2 aveva un progetto politico che è il Piano di Rinascita Democratica (così si chiamava) e l'ispirazione di questo progetto è contenuta ampiamente nelle leggi che questo governo sta approvando. E una cosa da non dimenticare è che il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è iscritto alla loggia massonica P2.

Nel suo discorso di commemorazione nel 2002, lei ha detto “Una società che non fa i conti fino in fondo col proprio passato è condannata a riviverlo”. Suona quasi profetico nell'atmosfera di questi giorni, dopo gli attentati di Londra e in Egitto, e le reiterate minacce all'Italia. Senza voler strumentalizzare quella e queste stragi, in questo momento storico, c'è qualcosa da im
parare dalle esperienze passate?

Senz'altro. C'è il problema di arrivare fino in fondo a queste stragi. Queste stragi, il terrorismo in Italia è stato usato a fini politici. Non so in Irlanda è per fini indipendentistici, qui è per fini politici, per condizionare la vita politica dello Stato. Questa è una situazione che potrebbe sempre tornar di moda o attuale nel momento in cui i mandanti, gli ispiratori politici, che non sono uno o due, ma tutto il sistema che c'è dietro a questo meccanismo, possono ritenere attuale e possibile produrre delle stragi e degli attentati.

Dopo l'undici di semmbre e questi altri attentati, c'è un collegamento tra l'Associazione ed altre fuori d'Italia?

Ci abbiamo provato, ma sono contatti sporadici, non ci sono contatti molto stretti.

Stavo pensando alle vostre iniziative per la tutela delle vittime.

Sì, oltre che della memoria ci siamo occupati della tutela delle vittime. Noi abbiamo operato molto per la tutela delle vittime in Italia, e sono uscite una serie di leggi che tutelano le vittime del terrorismo. E allora anche per questo potrebbe essere utile avere degli scambi di opinione con altre associazioni per le vittime del terrorismo proprio per ragionare sulla tutela delle vittime a livello europeo per esempio, o a livello internazionale.

Adesso, in termini concreti, cosa vuole l'Associazione?L'Associazione vuole mantenere la memoria, vuole arrivare alla verità completa sulla strage, vuole la tutela delle vittime.

In Irlanda dove pure c'è una storia un po' complessa, per esempio anni dopo la strage di Derry [Bloody Sunday, nel 1972] c'è una inchiesta governativa. Dopo venticinque anni dalla strage di Bologna, c'è bisogno di un'indagine dello Stato?

Secondo me vanno riesaminate le carte, ma con l'obbiettivo di andare ai mandanti, agli ispiratori politici. E vanno fatte quelle leggi che evitano qualsiasi copertura per il terrorismo.

A lei sembra che ci sia un processo di riabilitazione per Fioravanti e Mambro? L'incongruenza italiana è che questi due personaggi rischiano di passare per eroi. Hanno ammazzato 98 persone e rischiano di passare per degli eroi. Sono due killer, due assassini brutali, e non si capisce che cosa debbano insegnare ai giovani e ai cittadini italiani. Anzi questi due hanno questo bellissimo tenore di vita prorpio perché se ne stanno zitti e buoni e non vanno oltre la loro condanna.


Una Strage di non dimenticare – la Strage di Bologna, 25 anni dopo

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Live 8: Un’occasione sprecata? https://www.threemonkeysonline.com/it/live-8-unoccasione-sprecata/ https://www.threemonkeysonline.com/it/live-8-unoccasione-sprecata/#respond Wed, 01 Dec 2004 09:00:39 +0000 https://www.threemonkeysonline.com/it/bwp/live-8-unoccasione-sprecata/ Gli organizzatori dei concerti Live 8 sperano di riuscire a mobilitare più di 5.5 miliardi di persone il 2 luglio, per chiedere ai leader del G8 di implementare un pacchetto di iniziative al fine di, secondo loro, raddoppiare gli aiuti ai paesi bisognosi, cancellare il debito e rendere eque le leggi del mercato. I concerti, […]

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Gli organizzatori dei concerti Live 8 sperano di riuscire a mobilitare più di 5.5 miliardi di persone il 2 luglio, per chiedere ai leader del G8 di implementare un pacchetto di iniziative al fine di, secondo loro, raddoppiare gli aiuti ai paesi bisognosi, cancellare il debito e rendere eque le leggi del mercato. I concerti, che possono contare sul supporto della coalizione Make Poverty History nonché di diversi uomini politici, da Tony Blair a Nelson Mandela, vengono rappresentati come un'opportunità, unica e relativamente semplice, di cambiamento per il mondo in via di sviluppo.

L'iniziativa del Live 8 non è però priva di controversie. Three Monkeys Online ha invitato per discuterne George Monbiot, autore di importanti saggi tipo The Age of Consent: a manifesto for a new world order [ L'era del consenso: manifesto per un nuovo ordine mondiale, Longanesi editore] e Captive State: the corporate takeover of Britain [Uno stato prigioniero: le corporation alla conquista della Gran Bretagna], e apertamente critico nei confronti di Live 8.

Live 8, contrariamente a Live Aid di vent'anni fa, si rivolge alle persone chiedendo loro un tipo di supporto politico ad una determinate iniziativa incvece che uno finanziario. Per fare ciò, mette in agenda argomenti quail il debito dei paesi del terzo mondo, gli aiuti economici e le leggi di mercato. Sicuramente questo deve essere una cosa positiva, no?

Bene, è una cosa positiva nel senso che sta mobilitando un numero enorme di persone ed ha spinto il problema africano, e quelli di povertà, debito, aiuti, commercio in cima alla lista di priorità della politica. Tutto questo è certo positivo, non lo metto in dubbio.

Ciò che non va bene è il modo in cui questa campagna è stata impostata. Sentiamo dire che Bob Geldof ha chiesto agli artisti di non criticare apertamente George Bush dal palcoscenico. Avrei pensato che ciò limita in qualche modo il loro scopo ultimo. Lui e bono sono andati in giro per il mondo adulando e lusingando Blair e Bush e gli altri potenti che sperano di influenzare, che va benissimo, ma quel che hanno ottenuto è la creazione di una specie di mito secondo cui il G8 esiste per aiutare [gli altri, i paesi poveri]. Se solo potessimo persuaderli ad essere leggermente più gentili nei confronti delle nazioni povere, potremmo così risolvere il problema. Quello che non sentiamo è quanto male provoca il G8. L'impressione che si crea è che il G8 sia stato costituito per risolvere la povertà nel mondo, e non per consolidare il potere delle otto nazioni più ricche o ancora più sepcificatamente quello dei capi di queste nazioni. Il loro scopo è agli antipodi di quello della risoluzione della povertà, e se si prendono in considerazione i i veri obbiettivi delle singole nazioni, ci si accorge che questi sono anche le principali ragioni per cui la povertà persiste in Africa e in qualsiasi altro posto.

Il problema è che [le nazioni del G8] vengono presentate come potenzialmente donatrici di aiuti, invece di essere indicate come la causa principale del problema.

L'iniziativa si è concentrata principalmente sui temi della cancellazione del debito e dell'aumento delle donazioni. Sebbene includano anche quello delle riforme commerciali, secondo lei l'enfasi è nel posto sbagliato? Ci si dovrebbe concentrare maggiormente su queste riforme?

Sono stati chiamati in causa tutti e tre i temi, debito, commercio e aiuti, e ne sono contento. C'è stata sicuramente però un'enfasi particolare sul tema della cancellazione del debito. Il che non è necessariamente una cosa negativa. Abbiamo bisogno di questa cancellazione. Ciò che mi è dispiaciuto veramente è stata la reazione in particolare di Geldof e Bono al pacchetto di cancellazione del debito annunciato dai ministri delle finanze del G7 un paio di settimane or sono. Ne sono stati entusiasti, considerandolo nel caso di Geldof una vittoria sostanziale dei sostenitori della campagna e in quello di Bono un tassello che farà storia. Eppure ciò che esso conteneva sono queste cose chiamate 'condizionali', ovvero le cose che i paesi poveri devono prendersi come impegno per qualificarsi al fine di ottenere lo sgravio del debito, che sono altrettanto onerose, pesanti quanto il debito stesso. Le condizionali consistono nel dover aprire le proprie economie al commercio, all'entrata dei capitali, nel dover privatizzare i loro servizi pubblici, tutte cose che hanno già creato tanti dei problemi dell'Africa. Devono fare anche più di questo per qualificarsi meritevoli dello sgravio del debito. Mi hanno profondamente deluso quelle affermazioni entusiastiche di sostegno da parte di Geldof e Bono, quando invece avremmo dovuto sentire un richiamo preciso alla cancellazione incondizionata dei debiti. Non ci sono giustificazioni di sorta al porre condizioni sulla cancellazione dei debiti.

Ma è anche vero che le 'condizionali' sono importanti. Possiamo discutere dell'eticità delle condizionali, per esempio l'imposizione di politiche neo-liberiste puù considerarsi non etica, ma la richiesta perentoria di libertà di stampa, di difensori civici, eccetera, possono essere di beneficio e importanti per una sociatà che emerge da una condizione di povertà. Non le pare che certe 'condizionali' possano avere una loro giustificazione?

Riconosco che alcune condizioni possano essere opportune quando si offrono aiuti [economici] e che queste condizioni debbano garantire che il denaro non venga speso in maniera sbagliata, non sia utilizzato per comprare una flotta di aerei privati per il presidente o non finisca in qualche conto privato in una banca svizzera. Lo capisco benissimo, ma quando si parla di cancellazione del debito, porre delle condizioni equivale a dire 'smetteremo di prendervi a schiaffi se ci consegnate i gioielli della corona'. E' un'estorsione. All'unisono si riconosce l'ingiustizia del debito, dei livelli di debito delel nazioni più povere. Il debito è già stato restituito più volte in termini di tassi di interesse altissimi. Il denaro che i poveri devono ai ricchi diventa trascurabile nei confronti di quello che i ricchi dovrebbero restituire ai poveri in termini di risorse devastate, manodopera rubata, danni provocati in tali nazioni a causa per esempio dei cambiamenti climatici. Per cui è chiaro come il sole che dovremmo offirci di cancellare il debito senza condizioni. La giustificazione morale di porre delle condizioni alla cancelalzione del debito è la stessa che sta alla base del racket dell'estorsione: continuiamo a prendervi a calci se non ci consegnate le vostre risorse nazionali.

Che differenza può fare per l'Africa la cancellazione totale del debito?

Dipende tutto da cosa si intende per 100%, se è il 100% di tutto il debito o solo di quello verso il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale. Se fosse 100% del debito totale, assisteremmo ad un enorme balzo in avanti nello sviluppo africano. Con il 100% del debito verso la Banca Mondiale e il FMI ad un significativo balzo in avanti. In entrambi i casi potremmo vedere che miliardi di sterline correntemente usati per ripagare debiti illegittimi possono invece essere spesi per sanità e istruzione. La sola idea di mettere degli ostacoli su questo percorso è assolutamente oltraggiosa.

Però, senza 'condizionali', non è corretto affermare che in alcune nazioni i soldi recuperati tramite la cancellazione del debito non saranno spesi per istruzione e sanità, ma al contrario verranno dirottate all'interno del sistema là dove esiste corruzione?

Certamente il denaro destinato alla ripagamento del debito potrebbe essere utilizzato in altri modi, ma si tratta di Stati sovrani, molti dei quali sono oggigiorno delle democrazie. L'idea che siamo noi a decidere in merito al loro bilancio statale è fuori di testa. Pensi a come si sentirebbe la gente se saltasse fuori il Senegal e dicesse alla Gran Bretagna 'non potete spendere il vostro danaro pubblico in questo modo, dovete falro in quest'altro'. E' una massiccia ingerenza nella sovranità dei governi il pretendere che soldi che dovrebbero essere parte del bilancio interno in ogni caso e che non ci sono dovuti siano spesi in questo o quel modo. Deve solo capovolgere l'equazione e immaginare che siano loro a dire a noi come spendere i nostri soldi per rendersi conto di quanto questo sia profondamente ingiusto e non democratico.

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Il punto di vista da Bologna. Discorsi a vanvera? Quando censura non è poi una parola così brutta. https://www.threemonkeysonline.com/it/il-punto-di-vista-da-bologna-discorsi-a-vanvera-quando-censura-non-poi-una-parola-cos-brutta/ https://www.threemonkeysonline.com/it/il-punto-di-vista-da-bologna-discorsi-a-vanvera-quando-censura-non-poi-una-parola-cos-brutta/#respond Thu, 01 Apr 2004 09:00:39 +0000 https://www.threemonkeysonline.com/it/bwp/il-punto-di-vista-da-bologna-discorsi-a-vanvera-quando-censura-non-poi-una-parola-cos-brutta/ In Italia, il due maggio, è stato invocato un black-out dei mezzi di comunicazione. C'è un argomento di cui non si deve parlare sulla stampa nazionale, in televisione, alla radio. E, in generale, i media stanno rispettando questo divieto. È questa la ragione per cui l'Italia è in 74a posizione nella classifica della libertà di […]

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In Italia, il due maggio, è stato invocato un black-out dei mezzi di comunicazione. C'è un argomento di cui non si deve parlare sulla stampa nazionale, in televisione, alla radio. E, in generale, i media stanno rispettando questo divieto.

È questa la ragione per cui l'Italia è in 74a posizione nella classifica della libertà di informazione? Si tratta della naturale conseguenza dell'impero mediatico di Silvio Berlusconi? O questo è il primo risultato dell'entrata in vigore della legge sulle comunicazioni del ministro Gasparri, precedentemente rifiutata dal Presidente della Repubblica, ma entusiasticamente approvata dal Parlamento italiano?

A dire il vero, nessuna di queste opzioni è quella vera. Si tratta infatti di un atto civile da parte di un Paese che, si spera, ha imparato, con le maniere forti, che non tutto può trovare posto nel dominio pubblico e che intrattenimento e notizie non sono necessariamente la stessa cosa.

Strano punto di vista per una rivista online di stampo liberale. Assolutamente. Ma non dimentichiamo che questi sono tempi strani. Lasciateci mettere tutto ciò in un contesto.

Come tutti sanno, durante il mese di aprile, in Iraq sono stati catturati diversi ostaggi, di varie nazionalità. Tra questi anche quattro italiani.

La sera del 14 aprile, è stata data la notizia che uno degli ostaggi era stato ucciso. Andò in onda, come da programma, una trasmissione televisiva in diretta, a cui partecipavano alcuni parenti degli ostaggi e il ministro degli esteri Franco Frattini. Il ministro rimase lì, nello studio, con i parenti, fatto che provocherà in seguito diverse critiche. Man mano che il programma proseguiva, lo scoop televisivo si fece ovvio: chi era la vittima? Quando sarebbe arrivata la conferma? Alla fine, attraverso al-Jazeera, per bocca del vice-direttore di un quotidiano di sinistra, Libero, Renato Farini, venne data la notizia che Fabrizio Quattrocchi era la vittima. Un buon 25 minuti prima che la famiglia venisse ufficialmente informata.

Il dibattito sulla tempistica di quando il ministro venne ufficialmente informato si fà infuocato. Secondo al-Jazeera, loro trasmisero la notizia non appena la ricevettero, due ore prima del programma, e sempre secondo al-Jazeera il governo italiano, per cui anche Frattini, conosceva con un certo anticipo chi fosse l'ostaggio assassinato. Il ministro Frattini sostiene di esserne venuto a conoscenza durante un'interruzione pubblicitaria del programma (che un ministro sia messo a conoscenza di fatti importanti durante i messaggi promozionali è precisamente la ragione per cui egli non dovrebbe partecipare ad una diretta TV in quel particolare frangente). Ad ogni modo, è certo che l'interaquestione sia stata gestita in maniera oscena. Mi azzarderei ad affermare che in una tale situazione, un ministro, nella maggiorparte dei Paesi europei, consegnerebbe le proprie immediate dimissioni; torna alla mente il caso di Peter Brooke [NdR: Segretario di Stato per l'Irlanda del Nord nel periodo 1989-1992], che si dimise dopo il pandemonio causato quando apparì sulla televisione irlandese e fu persuaso a cantare una canzone, poche ore dopo lo scoppio di una bomba. Al contrario qui, Frattini ha accusato di irresponsabilità la sinistra, che ha avuto l'ardire di criticare il suo comportamento.

L'intricata rete di connessione tra telegiornali/voyerismo e politica non è finita lì però, semplicemente ha cambiato canale. L'ultima settimana di aprile, dopo che un duro e angosciante lavoro di diplomazia del governo italiano sembrava aver prodotto scarsi risultati, i rapitori recapitarono un video ad al-Arabiya, rete televisiva rivale di al-Jazeera, con le immagini dei tre ostaggi superstiti e l'ultimatum che il popolo italiano in massa doveva protestare contro la partecipazione italiana alla missione irachena; la richiesta era corredata da una minaccia spaventosa:

“Vi diamo 5 giorni, dopo di che li uccideremo senza esitazione e senza alcun altro avvertimento”

Un'altra illustre vittima di rapimento, il politico Aldo Moro, anch'egli tenuto in prigionia durante il mese di aprile, ma dalle Brigate rosse nel 1978, si appellò direttamente ai suoi amici, ai colleghi e persino al Papa, perchè si trattasse con i rapitori, per motivi umanitari. I suoi amici e i colleghi in politica sostennero all'unisono che era stato costretto e che la sola cosa giusta da fare era astenersi dallo scendere a patti con queste persone. Moro fu assassinato dalle Brigate Rosse, in quello che fu un evento che tormentò l'Italia, e che in questi orribili giorni è come una presenza inquietante.

Questa brutale minaccia, esercitata in TV dai rapitori, era rivolta direttamente al pubblico, by-passando i politici, motivo per cui il dilemma si è esteso all'Italia intera. Si è tenuta a Roma, la settimana scorsa, una marcia composta, per chiedere la pace, con una evidente mancanza di politici e autorità, su richiesta delle famiglie coinvolte. Le loro azioni sono state finora caratterizzate da uno sforzo silenzioso e decoroso per evitare le polemiche di natura politica che qui così spesso contraddistinguono ogni evento. E sin dall'inizio [queste famiglie] hanno espresso con enfasi la loro solidarietà nei confronti della popolazione che sta soffrendo in Iraq.

Mentre sto scrivendo, gli ostaggi non sono ancora stati rilasciati. Il primo ministro Berlusconi ha chiesto che i media mantengano il silenzio sui tentativi e gli sviluppi che riguardano la crisi degli ostaggi, un silenzio stampa che è in generale rispettato da tutti. Peccato che non ci avesse pensato il ministro Frattini il 14 aprile.

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