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Fabio Forin – Three Monkeys Online Italiano https://www.threemonkeysonline.com/it La Rivista Gratuita di Attualità & Cultura Thu, 08 Dec 2016 08:16:06 +0000 en-US hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.0.21 110413507 Il giorno dei giorni, fino a quel giorno voi non svegliateci – Ligabue Campovolo https://www.threemonkeysonline.com/it/il-giorno-dei-giorni-fino-a-quel-giorno-voi-non-svegliateci-ligabue-campovolo/ https://www.threemonkeysonline.com/it/il-giorno-dei-giorni-fino-a-quel-giorno-voi-non-svegliateci-ligabue-campovolo/#respond Fri, 01 Apr 2005 09:00:39 +0000 https://www.threemonkeysonline.com/it/bwp/il-giorno-dei-giorni-fino-a-quel-giorno-voi-non-svegliateci-ligabue-campovolo/ Le macchine sono messe in fila già allo svincolo per Reggio Emilia. I finestrini sono abbassati, il sole è forte e i gomiti fanno capolino dagli sportelli. In quelle macchine ci sono le canzoni di Luciano Ligabue, tanta pazienza e quella sensazione che percorre velocemente i bambini quando vanno a dormire la notte della vigilia […]

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Le macchine sono messe in fila già allo svincolo per Reggio Emilia. I finestrini sono abbassati, il sole è forte e i gomiti fanno capolino dagli sportelli. In quelle macchine ci sono le canzoni di Luciano Ligabue, tanta pazienza e quella sensazione che percorre velocemente i bambini quando vanno a dormire la notte della vigilia di Natale, e sanno che il mattino arriverà di sicuro.

Così si è aperto questo 10 settembre delle loro vite. Tutti lo ricorderanno come il loro personalissimo “giorno dei giorni” e c'è da scommetterci che anche lui lo ricorderà apostrofandolo così: il primo (e unico) concerto di Luciano Ligabue in questo anno solare, il 2005… ma probabilmente, con un concerto così, possiamo dire anche in questa vita.

Le macchine e le canzoni di Luciano sono ferme al casello per lasciarsi alle spalle, finalmente, l'odiata autostrada. Tra di esse si muovono ragazzi che indossano maglie nere e cartellini plastificati con il logo del Campovolo: distribuiscono volantini che riportano mappe, informazioni e consigli utili su quello che è entrato di diritto nel Guinness dei Primati come il concerto europeo, tenuto a pagamento da un singolo artista, che ha registrato il maggior numero di presenze di tutti i tempi. Il record precedente è stato polverizzato: lo detenevano gli U2 con 146mila voci urlanti, e lo conquistarono proprio lì su quello stesso campo nel 1997.

Sono 5 le radio collegate per gli aggiornamenti in tempo reale; 8 i parcheggi a pagamento allestiti intorno al Campovolo, dalla 'A' alla 'H'; 3000 i metri quadrati attrezzati per camping, tende e roulotte; e 150mila la superficie che, dalle 21.30 in poi, verrà battuta e calpestata da più di 360mila suole ipnotizzate da un unico grande ammaliatore. Tutto è immenso, stratosferico, tutto è da Guinness.

Il sole è oramai alto sul Campovolo. E' un continuo ribollire di schiamazzi e risate, di gente che urla al telefono, di altri che agitano le braccia in questa o quella direzione nella speranza che chissà chi li possa vedere. I ragazzi, più o meno giovani e provenienti da ogni città, hanno messo via le loro magliette già da un bel po': indossano soltanto jeans a vita bassa, cappellini appena comprati dagli stand ufficiali, occhiali da sole scurissimi, dei bei sorrisi e c'è anche qualcuno che fuma, o che scorrazza a piedi nudi qua e là facendo attenzione a non calpestare nessuno.

Un elicottero ronza continuamente proprio sopra di loro. In lontananza spicca qualche palla che ballonzola tra la folla. Alcuni fanno le prove con gli striscioni che hanno preparato per il loro idolo. Alle orecchie musica di ogni genere, che è lì per far pesare un po' meno le ore di attesa.

E' mezzogiorno spaccato, quando tutto questo si ferma senza alcun preavviso: la prima a fermarsi è la musica, cui nessuno aveva dato grande peso fino a quel momento, poi, di riflesso, si è fermato tutto il resto. Dagli altoparlanti comincia a sprigionarsi il suono delle corde di una chitarra pizzicate dolcemente e poi una voce: “Le bionde trecce, gli occhi azzurri e poi…”. Inconfondibile, basta questo primo verso per far saltare come molle tutti in punta di piedi a volgere lo sguardo verso il palco “Main” davanti a loro, ma lì ci sono solo un paio di tecnici indaffarati con i cavi.
In quel momento Luciano Ligabue non è in nessun posto: è nell'aria che i presenti stanno respirando, è nelle loro narici e fin dentro i polmoni, e lo è ancor di più quando tutto Campovolo si unisce al suo canto, fino alla fine della canzone. A 7 anni dalla sua morte, neanche il grande Lucio Battisti avrebbe potuto immaginare omaggio migliore di questo.

Quando anche la chitarra si ferma – dopo il consueto e fragoroso applauso di rito – ogni cosa riprende come prima: la musica cui nessuno bada, gli schiamazzi, le risate, i piedi nudi nel parco, le palle che saltellano in lontananza, le prove con gli striscioni e l'elicottero che ronza tutt'intorno.

Ecco arrivate le 21.16. Elisa, l'ultima a esibirsi in una interminabile carrellata di gruppi spalla che ha preso il via alle tre del pomeriggio, saluta tutti col suo bel sorriso e se ne va, non prima di augurare al Campovolo di godersi lo spettacolo… Sì, lo spettacolo: che è lì davanti a tutti e che promette molto bene, nonostante del protagonista non vi sia ancora alcuna traccia. La realizzazione del concerto è costata 5 milioni di euro: intorno ai 4 palchi 1000 punti luce – talmente d'effetto da far sembrare il “Main” un'astronave aliena pronta per il decollo – 300 diffusori audio e 9 milioni di watt per rendere tutto questo possibile.

Sono le 21.20. Da dietro il “Main” sbuca il manager (e anche grande amico) Claudio Maioli, che grida, gettando benzina a secchiate sulle 180mila fiamme del Campovolo: “Voi avete battuto un record! Voi siete il record!!!” e, dopo aver fatto le raccomandazioni di rito per l'incolumità di tutti, lascia il palco dicendo: “Lo show inizia fra 5 minuti!”. Palco “Main” di nuovo a soffrire di solitudine.

E' l'autocelebrazione con la A – ma anche con tutto il resto – in maiuscolo. Passano pochi minuti e le 1000 luci del Campovolo si spengono, mentre sugli 8 megaschermi piazzati qua e là tra i vari palchi, un satellite spia il mondo che ruota rapidamente su se stesso come fosse una palla da basket sull'indice di un cestista davvero bravo. Uno zoom centra gradualmente l'Italia, poi l'Emilia, Reggio, il Campovolo e infine la sterminata marea dei 180mila… Sono tanti bambini che aprono gli occhi e si ritrovano nel giorno di Natale: sapevano tutti che, prima o poi, sarebbe comunque arrivato.

Ben presto al fragore della folla, che ha le cinture bene allacciate ed è pronta sulla 'rampa di lancio', si mischia tutto un frinir di grilli notturni: sugli schermi compare la sagoma sfocata di qualcuno che, poco a poco, comincia a mettersi a fuoco, ma a molti (a tutti) quel tale è da subito familiare. Così inizia il video de Il giorno dei giorni, che Luciano regala in anteprima assoluta a chi è venuto lì e ha fatto tanta strada per lui. Camicia nera a maniche corte, jeans scuri, fascetta di cuoio al polso destro, la chitarra imbracciata e le braccia spalancate, come a dire: “Beh, Eccomi qua!”. Così sul palco “Main”, così su ogni megaschermo.

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]]> https://www.threemonkeysonline.com/it/il-giorno-dei-giorni-fino-a-quel-giorno-voi-non-svegliateci-ligabue-campovolo/feed/ 0 1010 Depeche Mode, ritorno dall'oblio https://www.threemonkeysonline.com/it/depeche-mode-ritorno-dalloblio/ https://www.threemonkeysonline.com/it/depeche-mode-ritorno-dalloblio/#respond Tue, 01 Feb 2005 09:00:39 +0000 https://www.threemonkeysonline.com/it/bwp/depeche-mode-ritorno-dalloblio/ Deprecated: Function get_magic_quotes_gpc() is deprecated in /home/threemon/public_html/it/bwp/wp-includes/formatting.php on line 4411

Una storia che dura da più di 20 anni la loro, tutti costellati di grandi – a volte grandissimi – successi. Pezzi come Enjoy The Silence, Never Let Me Down Again, Personal Jesus o, tra quelli un po' più recenti, Walking In My Shoes, It's No Good o Dream On, hanno scritto alcune fra le […]

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Una storia che dura da più di 20 anni la loro, tutti costellati di grandi – a volte grandissimi – successi. Pezzi come Enjoy The Silence, Never Let Me Down Again, Personal Jesus o, tra quelli un po' più recenti, Walking In My Shoes, It's No Good o Dream On, hanno scritto alcune fra le pagine più importanti della storia della musica.
Ma come spesso accade, la fama può rivelarsi un'arma a doppio taglio e scavarti, da un momento all'altro, quella fossa buia e terrificante nelle cui profondità ti ritrovi senza neanche rendertene conto e dalla quale non sai proprio come uscire.

I Depeche Mode lo capirono a cavallo degli anni ’90: quelli erano gli anni del loro Devotional Tour, 15 mesi ininterrotti di live che gettarono la band nella crisi più nera a causa dello stress

accumulato tappa dopo tappa, tanto che, quando la giostra si fermò, dovettero ricoverare persino le sue vocalist.

Dopo il Devotional Tour, Alan Wilder decide di andarsene e lasciare tutto a causa della situazione – oramai insostenibile – che si è creata all'interno del gruppo: Dave Gahan, il front-man dei Depeche Mode, il trascinatore delle folle al loro seguito, è ormai schiavo dell'eroina. Martin Gore, il genio creativo del gruppo, il paroliere al servizio di Dave, ogni sera prima di salire sul palco, ha bisogno di una bottiglia di vino da scolarsi per assopire l'ennesima crisi di panico: convinto che solo grazie ai fumi dell'alcool si sarebbe ricordato le interminabili serie di note da suonare.
Andrew Fletcher, il 'manager' della band, il contraltare alle stravaganze dei primi due, è preda di un forte esaurimento nervoso che non lascia scampo. Al termine di ogni show, i quattro Mode viaggiano separatamente per raggiungere la prossima città da stregare per una notte.

A detta degli altri membri, il cantante era diventato intrattabile, ormai ”ringhiava”: soggetto a continui sbalzi d'umore, quando seppe della morte di Kurt Cobain, fu preda di una crisi isterica urlando contro tutti quelli che erano presenti: “Kurt mi ha fregato l'idea!!”
Alla domanda di un giornalista, “Hai mai provato veramente paura?”, Dave raccontò di una volta quando, completamente 'rimbecillito' dall'eroina, si ritrovò sul sofà nel salotto di alcuni amici e gli si avvicinò il loro bambino chiedendogli chi fosse: il cantante si rese conto di non saper proprio rispondere alla domanda del piccolo e fu in quel momento che provò reale paura per se stesso.

Ripetuti tentativi di suicidio, continui ricoveri in cliniche per la disintossicazione senza mai ottenere risultati, fino al punto di non ritorno: nel '96 va in overdose di eroina ed è clinicamente morto per 3 minuti, il suo corpo 'quasi-cadavere' sbattuto sul letto nella lussuosa stanza di un hotel a Hollywood. Da quel momento in poi, la vita di Dave Gahan cambierà per sempre: riuscirà a disintossicarsi definitivamente in una clinica specializzata e sembra che non faccia più uso di droghe anche se, per sua stessa ammissione, preferisce stare alla larga da situazioni che potrebbero indurlo alle “vecchie abitudini”.

A distanza di un anno dall'aver toccato il fondo della fossa con la suola delle proprie scarpe, Dave raggiungerà Martin ed Andrew in studio: i tre rimetteranno insieme i pezzi e daranno vita ad Ultra, uno dei loro album più apprezzati da critica e pubblico, l'album del ritorno dall'oblio, l'album di cui Dave dice: “Grazie a Ultra siamo tornati a respirare…”.
Per fortuna i Depeche Mode sembrano essere usciti dalla fossa cupa e terrificante che si erano scavati con le proprie mani: dopo Ultra è venuto Exciter, un altro album di ottima fattura che ci ha regalato non pochi pezzi meravigliosi della band e che, soprattutto, ci ha restituito i Depeche Mode in tutto il loro splendore e fascino sul palco a cantarli, stregando tutti come i vecchi tempi.
La prova dell'equilibrio ritrovato sta tutta nelle parole di Dave prima di uno show dell'Exiter Tour: “Nelle tenebre, a volte, sono riuscito a trovare uno sprazzo di luce in grado di rischiarare il buio, ma non raccomanderei a nessuno di avventurarsi in quelle profondità alla ricerca di se stessi o di qualunque cosa questo significhi. Non è necessario, ci sono altre strade che si possono prendere.”

Oggi tutti attendiamo impazienti il loro nuovo album Playing The Angel, di cui molti già parlano bene, e di rivedere i Depeche Mode lì dove tutto è cominciato, tutto stava per finire e, ora, tutto sta per ricominciare: il palco ovviamente. Le date del tour sono già state diffuse, il prossimo 18 febbraio a Milano sarà la serata – purtroppo l'unica – dell'Italia con i Depeche Mode.

E' curioso come molte band arrivino al punto di sgretolarsi proprio sul più bello, proprio quando l'ispirazione allo stato puro ribolle nelle loro vene, proprio quando riescono a raggiungere ciò per cui insieme hanno lottato e sperato fin dagli esordi. Così fu per i Depeche Mode e per molti altri e qui il pensiero va ai Nirvana o ai Doors: se ne sono andati via insieme alle loro gemme più preziose e forse mal custodite, Kurt Kobain e Jim Morrison. Il pensiero va un po' anche agli U2: Achtung Baby – sicuramente uno dei capolavori più riusciti dei quattro irlandesi – è stato frutto di un travaglio lungo e doloroso in quel di Berlino.

Probabilmente, quando si imbarcarono per il Devotional Tour, i Depeche Mode erano all'apice del loro successo e fu proprio lì che iniziarono i problemi. Quello che sorprende di più, a posteriori, è vedere come queste band sembrino entrare in un'altra dimensione una volta salite sul palco e come, puntati i riflettori, rifioriscano: vedendo i concerti del Devotional Tour (l'anno scorso è stato pubblicato un DVD molto interessante di questo tour, firmato da Anton Corbijn, il fotografo ufficiale del gruppo e curatore della loro immagine), nulla emerge in maniera evidente di ciò che vi è stato raccontato in questo articolo.
Tutto sembra normale: la musica, le luci soffuse, i sorrisi, le pacche sulle spalle, gli sguardi d'intesa, l'energia di ogni singolo componente del gruppo si mescola nella folle alchimia dello show: tutto sembra scomparire quando si sale sul palco, tutto sembra poter essere dimenticato… La parte più difficile del lavoro di una rockstar sta proprio lì: quando dai la buonanotte e ringrazi la folla delirante alla fine dell'ultimo pezzo che chiude l'interminabile scaletta e risgattaioli nella tua vita, quella reale, mentre la gente continua a urlare eccitata di fronte ad un palco buio e vuoto, nella speranza che tu possa ritornare almeno solo per un altro attimo, a fare un ultimo saluto.

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Va avanti, ti seguirò… fin dove le strade non hanno nome, fin oltre la vertigine – U2 a Roma https://www.threemonkeysonline.com/it/va-avanti-ti-seguir-fin-dove-le-strade-non-hanno-nome-fin-oltre-la-vertigine-u2-a-roma/ https://www.threemonkeysonline.com/it/va-avanti-ti-seguir-fin-dove-le-strade-non-hanno-nome-fin-oltre-la-vertigine-u2-a-roma/#respond Sat, 01 Jan 2005 09:00:39 +0000 https://www.threemonkeysonline.com/it/bwp/va-avanti-ti-seguir-fin-dove-le-strade-non-hanno-nome-fin-oltre-la-vertigine-u2-a-roma/ The post Va avanti, ti seguirò… fin dove le strade non hanno nome, fin oltre la vertigine – U2 a Roma appeared first on Three Monkeys Online Italiano.

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23 luglio, stadio Olimpico, Roma: questo è stato l’ultimo appuntamento dell’Italia con gli U2, almeno per un po’. Qui Bono & co hanno incantato e salutato tutti per l’ultima volta, il Vertigo Tour è già in viaggio verso altri lidi.
All’appuntamento si sono presentati in 70mila, qualcuno accampato con canadesi o camper già dalla sera prima, qualcun altro che il biglietto lo ha trovato all’ultimo momento, strappandolo a un buon prezzo proprio fuori dallo stadio. Tutti uniti in un unico immenso pellegrinaggio, e questa volta la loro Mecca era l’Olimpico.

Nell’attesa che il lungo e torrido pomeriggio dell’estate romana si facesse notte stellata, i 70mila fedeli hanno riempito poco a poco tutto lo stadio, mentre i tecnici brulicavano freneticamente intorno a quel palco immenso, largo 90 metri, a tinte rosse e nere, che occupava tutta la curva sud e che, ovviamente, non era oggetto delle sole attenzioni dello staff, ma di tutto l’Olimpico.
Su quel palco hanno suonato Feeder ed Ash, i gruppi spalla che hanno seguito la band per parte del tour in Europa, ma si trattava di un modo come un altro per lasciar passare le ore: lo sapevano i 70mila che nel frattempo si abbandonavano ad una serie interminabile di ola, lo sapevano i giovani musicisti che erano lì a suonare per la prima volta davanti ad un pubblico così vasto e lo sapeva anche Bono, che probabilmente in quel momento scaldava la voce nel suo camerino o magari scherzava con The Edge e il resto del gruppo.

Tutto questo fino all’ora x, le 20:50 in punto, quando il pubblico viene avvolto dal buio, gli schermi e le luci del palco si illuminano e, accompagnati dal boato della folla in estasi, sgattaiolano fuori da un tunnel accanto al palco quei 4 lì, che l’Olimpico e la luna sopra di lui stavano aspettando già da un bel po’: Paul Hewson, in arte Bono Vox; Dave Howell Evans, al secolo The Edge; Adam Clayton e Larry Mullen jr.Ora che gli ospiti più attesi sono arrivati, lo show può incominciare. Bono è in grande spolvero: gli immancabili occhiali scuri, maglietta e pantaloni neri con sopra un giubbetto che porta i colori dell’ultimo album e dell’annesso tour, il rosso e il nero.

Saluta tutti e da il via all'ormai celeberrimo e, per l'occasione, tutto italiano “Uno! Due!! Tre!!! Catorse!!!!”, con The Edge che al quel punto scarica sulla folla in delirio tutta l'irruenza e i megawatt della sua chitarra fino a far vibrare le fondamenta del povero Olimpico. Le note di Vertigo… il cerchio è aperto.La prima parte del concerto è di matrice puramente rock e riassume in se un po' tutta l'ultraventennale carriera degli U2, il pubblico viene stordito e sballottato qua e là pezzo dopo pezzo: dopo Vertigo, un tuffo nel passato, di ben 25 anni, fino all'album d'esordio Boy con I Will Follow e ancora più indietro con Electric Co, scritta quando Bono e gli altri erano poco più che ragazzini, all'età di 18 anni. Poi ancora rock pompato direttamente nelle vene con Elevation, che non ha neanche il tempo di finire, che i 4 irlandesi già attaccano con New Year's Day, per arrivare poi al momento topico di Beautiful Day.“Grazie per essere qui, per aver comprato il biglietto ed aver fatto la fila per entrare. E grazie per aver reso meravigliose le nostre vite”, così dice Bono ai suoi fedeli e attacca con I Still haven't Found What I'm Looking For, il cui intro è considerato uno dei più belli dell'intera storia del rock e dove il coro dei 70mila sostituisce le originarie voci gospel.

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