Add it Up – un'intervista al più anziano statista della gioventù insoddisfatta: signori, ecco a voi i Violent Femmes.

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“Spero ti sia ingrassato”, cantava causticamente Gordon Gano nel 1988, sull’album 3. Diciott’anni dopo, il verso suscita qualche sorriso al notare che il front man dei Femmes non è sfuggito ad un accenno di pancetta di mezza età. Fa parte dell’ironia cui i gruppi più longevi devono abituarsi. Ironia che non sembra infastidire il pubblico dei Femmes, che, con un ritmo impressionante anche per i maggiori esperti di agricoltura, continua a crescere, anno dopo anno, rimpinguandosi regolarmente di successive generazioni di adolescenti insoddisfatti.

Magari senza rendercene conto, tutti conosciamo la musica dei Violent Femmes. Che fosse in una compilation presa in prestito dall’amico indie o un frammento orecchiato in una colonna sonora di qualche produzione hollywoodiana (tipo Grosse Point Blank, The Crow o Super-Size Me, per fare qualche esempio), o ancora alla radio o strimpellata sulla strada da un busker scalcinato, tutti hanno sentito almeno un pezzo dei Violent Femmes. Lasciate che vi rinfreschi la memoria. Che ne dite di quella canzone che inizia con un’introduzione al basso, semplicissima, ma così brillante che non riuscite a togliervela dalla testa? Quella è senz’altro Blister in the Sun. E quell’altra canzone orecchiabilissima dai versi, per dirla educatamente, leggermente scabrosi (“Why can’t I get just one F*%k, Maybe it’s got something to do with luck, but I waited my whole life for just one F*%k”)? Ecco Add it up, dal disco di debutto del gruppo, l’unico album, secondo la rivista Billboard, ad aver venduto oltre un milione di copie senza mai essere entrato nella loro classifica dei top 200.

Tutto ciò per dire che i Violent Femmes sono un gruppo che è sempre stato differente dal resto, che ha seguito le proprie regole. Three Monkeys Online ha avuto la fortuna di porre qualche domanda a Brian Ritchie, bassista e, presumibilmente, leader del gruppo.

Siete senza ombra di dubbio la band più famosa che è uscita da Milwaukee. Quanto credi che un posto influenzi la musica che uno scrive? Potevate diventare i Violent Femmes in un altro ambiente?

All’interno del gruppo, abbiamo opinioni differenti in merito all’impatto della ‘milwaukeesità’. Gordon la reputa insignificante, mentre per me e Victor una parte della nostra identità musicale la dobbiamo proprio a Milwaukee. Il fatto è che quando siamo arrivati noi, non c’era una scena o un sound legati a Milwaukee. Ogni gruppo faceva le sue cose e nessuno prestava alcuna attenzione. Dopo il nostro successo, non ci sono state bands che abbiano seguito il nostro cammino. Probabilmente è una buona cosa quella di venir su in una zona di ristagno musicale, se si possiedono l’energia e l’originalità per creare il proprio sound, perché non ci sono regole cui dover conformarsi. Un’altra cosa è che noi tre non siamo tipi standard a Milwaukee o niente del genere.

Greil Marcus ha scritto che “la battaglia Americana più interessante è quella per liberarsi dei limiti in cui si è nati e per imparare qualcosa sul valore di quei limiti”. A me sembra che questa frase incapsuli qualcosa della vostra traiettoria, dagli inizi in cui suonavate un tipo di musica che nessun altro suonava e cantavate versi che nessu altro si sarebbe azzardato a cantare, fino ad oggi, quando siete considerati una fonte di ispirazione da tante bands emergenti e vi ritrovate canzoni incluse nelle colonne sonore di Hollywood. Come sono cambiati i Violent Femmes nel corso degli anni?

Non siamo cambiati tanto, sono i tempi che ci hanno raggiunto. Eravamo 20-30 anni in anticipo sui tempi, quindi risultiamo più adatti adesso di quando siamo usciti con il primo album. Non sono particolarmente d’accordo con Marcus qui, ma non ho pensato tanto a fondo a cosa significhi essere americano. Non mi importa. Ho vissuto negli Stati Uniti, in Europa e ho in programma di trasferirmi in Australia. Sono stato sposato con un’italiana e una donna dello Sri Lanka. Sono un insegnante qualificato di musica giapponese. Non ho mai pensato di avere delle limitazioni ed è così che vivo la mia vita.

Parliamo di questo effetto ‘Dorian Grey’ sul vostro pubblico. Cosa c’è nelle canzoni che riescono continuamente ad attirare orde di ragazzini ai vostri concerti? Non vi sentite mai a disagio sul palco a cantare pezzi come Add it up o Kiss off, veri e propri inni di una gioventù sconsolata, da uomini di mezza età?

Beh, Gordon è quello che deve cantare quelle canzoni, quindi questa è una croce sua! Mick Jagger canta ancora Satisfaction e e se la cava bene. Lou Reed canta ancora Heroin nonostante sia un geriatrico entusiasta del Tai Chi. E’ arte. Le parti di basso che suono io sono senza tempo, quindi mi fa felice suonarle e vedere quei ragazzini che si divertono. I versi sono sicuramente la porta d’entrata al mondo dei Femmes per un sacco di adolescenti. Alcuni si relazionano alle parole e quelle parole toccano temi adolescenziali universali. Ma sono la musica e la nostra performance quello che ci fa stare a galla da decenni.

Negli anni ’80, c’è una zona d’ombra in cui la band ha sofferto una spaccatura, si è presa una pausa. Qualunque sia stato il motivo, che cos’è che vi ha poi riportato insieme?

La ragazza di Gordon voleva che lui lasciasse i Femmes per formare un gruppo con lei. Quando questo [piano] è fallito, Gordon optò per il ritirno ai Femmes. Io e Victor ci stavamo felicemente occupando di altre cose, ma pensammo che i Femmes erano un progetto incompiuto ed avevano ancora della buona musica da produrre.

Ornette Coleman, secondo il vostro sito web, ha ascoltato tutta la vostra produzione e ha commentato: “La musica è fantastica, ma le parole sono d’intralcio”. Che ne pensi? Poiché i vostri versi sono spesso sorprendentemente originali, hanno in qualche modo eclissato la musica?

Io non credo che i versi eclissino la musica. Ma c’è gente che non sa come relazionarsi alla musica. Si tratta di illetterati. Il problema è loro. I versi e la musica lavorano all’unisono per creare il successo.

Due delle vostre canzoni (Country Death Song e I held her in my arms) sono state usate in uno studio sugli effetti dell’esposizione a canzoni dai testi violenti. Quello degli effetti di musica pop e film sull’ascoltatore o lo spettatore è un dibattito vecchio come il mondo: tu che ne pensi e i Violent Femmes si sono mai preoccupati, come gruppo, dei testi?

Pare che l’autore di un massacro o un suicida avessero Hallowed Ground sul piatto del loro giradischi al momento del crimine. Non sono sicuro dei dettagli. Non ci siamo mai preoccupati, in passato, del testo delle canzoni. E’ sciocco. La musica pop e in particolare il suo pubblico e i media sono indietro di almeno un secolo rispetto ai progressi delle arti visive o della letteratura. Te lo immagini qualcuno che si lamenta del contenuto violento di un libro? No. Quella battaglia è stata combattuta e vinta. Perché dovremmo porci dei limiti in quanto la gente al di fuori dal gruppo non ha il senso dell’immaginazione? Ha comunque avuto un impatto su di noi, perché alla madre di Gordon non sono piaciute alcune delle canzoni, e questo ha messo un freno sulla sua creatività. Recentemente Gordon è venuto da me e Victor con una canzone che mostrava lo stupro e l’assassinio di minorenni in luce favorevole e questo ci ha fatto un po’impressione, in quanto entrambi sia
mo genitori. Speriamo che la canzone esca su un album di Gano da solista.

In particolare in Australia avete un gran seguito. Perché, nella tua opinione?

Siamo stati uno dei primi gruppi ad andare in Australia dopo l’avvento del punk e della new wave, e vi abbiamo fatto diverse tournée, per tenere acceso l’interesse. Potrebbe essere semplicemente dovuto al fatto che la nostra musica è divertimento e agli australiani piace divertirsi.

E’ assodato che ad ogni gruppo musicale americano che viene in Europa, di questi tempi venga chiesto che ne pensano di George W. Bush e della politica americana. I Violent Femmes hanno scritto canzoni apertamente politiche come Old Mother Reagan e, più recentemente, George Bush Lies. Non c’è pericolo a mischiare musica e politica? Io sono favorevole quando si tratta dei Violent Femmes contro George Bush, ma c’è anche l’effetto opposto di persone come Britney Spears che usa la sua popolarità a sostegno di Bush.

Scrivi o canti quel che ti va e paghi lo scotto se la gente non è d’accordo. Ezra Pound era un fascista. La maggiorparte delle persone creative sono malate mentalmente, quindi non importa davvero quali siano i loro punti di vista in politica. Uno dei miei cantanti preferiti è Robert Wyatt, che è un devoto maoista o stalinista. Non mi dà fastidio se continua a cantare. Il musicista dovrebbe prendere ispirazione da dove gli pare e piace, ma ciò non significa che l’ascoltatore o lo spettatore devono per forza condividere questa ispirazione per godersela.

Nel saggio Nation of Rebels. Why counterculture became consumer culture [N.d.T.: La nazione di ribelli. Perché la controcultura divenne cultura consumistica], di Joseph Heath e Andrew Potter, gli autori scrivono: “Cobain era un laureato in ciò che lui chiamava la scuola di vita ‘Punk Rock 101′. La maggiorparte della filosofia del punk si basava sul rifiuto di ciò per cui si erano battuti gli hippies. Se quelli ascoltavano i Lovin’ Spoonful, noi punk ascoltavamo i Grievous Bodily Harm. Loro avevano i Rolling Stones, noi i Violent Femmes”. ‘Controcultura’ è un concetto vago ed astratto nella migliore delle ipotesi, e col passare degli anni i Violent Femmes sono diventati per tanti un facile simbolo per illustrare cosa significhi, in termini musicali, controcultura. Come band, è qualcosa di cui siete stati consci?

I Rolling Stones sono uno dei miei gruppi preferiti e li vado a vedere dal vivo ogni volta che ne ho l’opportunità. Avevamo un libro sui Rollling Stones nello studio dove abbiamo registrato il nostro primo album, e ci riferivamo ad esso come ‘la Bibbia’. Per questo motivo in Gone Daddy Gone c’è lo xilofono. E’ l’influenza di Brian Jones. Quindi non ci consideriamo l’esatto contrario dei Rolling Stones. Questo è un esempio di giornalista che fa il passo più lungo della gamba. Kurt apprezzava i Femmes perché i suoi crucci da introverso coincidevano con i nostri, non perché ci considerasse emblematici di un movimento a più largo respiro. Non lo siamo. Non siamo neanche un vero e proprio gruppo rock. Siamo tre singoli individui che operano come un gruppo rock ma che altrimenti non hanno nulla in comune l’uno con l’altro.

Etichette e descrizioni sono, forse, un male necessario per il giornalismo musicale. Da ex-giornalista, come descriveresti la musica dei Violent Femmes?

Io la chiamavo “Cubist Blues”.

E’ il venticiquesimo anniversario del gruppo quest’anno, no? Piani? Nuove registrazioni all’orizzonte?

Siamo in procinto di lanciare Live in Iceland e stiamo girando un magnifico film sull’impatto musicale dei Femmes sul mondo e l’universo. Presto al cinema! Victor ha appena lanciato un nuovo CD con la sua band Ha Ha Potato. Anch’io devo far uscire, tra breve, un nuovo CD di musica da flauto giapponese.

Violent Femmes in Concerto – primo giugno, Estragon, Bologna