Un safari canadese in sella ad un cammello nel deserto del Rajastan – un ricordo personale.

Ora, devo specificare che stavo visitando l'India avendo a disposizione un tempo piuttosto limitato, ed ero consapevole che mi ci sarebbe voluta almeno una giornata per confrontare le varie offerte per un safari con cammello e prenotarne uno per l'indomani mattina se tutto andava bene. Erano adesso le 6 di mattina e Nice Khan mi avvisò di avere un safari in partenza nell'arco di due ore. Gli spiegai che poiché viaggiavo solo, avrei sperato di incontrare un po' di persone per partire insieme così da divertirsi di più. “Nessun problema,” mi rispose, “il gruppo in partenza è composto da una coppia canadese, due ragazze britanniche e una francese, e tutti sono in cerca di compagnia”. A questo punto devo necessariamente congratularmi con Nice Khan per essere andato direttamente al sodo ed aver individuato subito cosa poteva essere di interesse per uno scapolo in viaggio solitario in un Paese tanto vasto. Abboccai. Improvvisamente il suo safari con cammello divenne estremamente interessante, non solo per le possibilità che offriva, ma anche perché mi permetteva di risparmiare una giornata intera visto che non avrei dovuto cercare e prenotare il viaggio come previsto. Nice Khan, però, non mi aveva ancora venduto niente e gli chiesi di incontrare il resto del gruppo in partenza per il safari. “Nessun problema, li incontreremo all'albergo”.

Arrivati all'Hotel Hanna, Nice Khan mi presentò alla coppia canadese che allìapparenza era pronta a partire tra due ore. Il resto del gruppo ci avrebbe raggiunto direttamente dove si prelevavano i cammelli. Sotto pressione dovetti prendere una decisione, cedetti e sborsai 1'800 rupie (50 dollari canadesi) per un viaggio di tre giorni e due notti.

Dopo un viaggio di qualche ora in auto, giugnemmo al bordo del deserto per incontrare i cammelli e il resto del gruppo. Faceva già un caldo infernale quando fummo raggiunti dalle nostre guide e salimmo in sella ai cammelli per la prima tappa del nostro viaggio. La restante parte della compagnia ci avrebbe raggiunto per pranzo, ci dissero. Ci innoltrammo nel deserto.

Cavalcare un cammello era divertente. Il divertimento durò circa 30 minuti.

Cominciai presto ad avvertire una senzazione insopportabile all'interno delle coscie, come se qualcuno tentasse di aprirmi in due, tipo osso del desiderio. Avevo montato cavalli in precedenza, ma l'ampiezza della schiena di un cammello era qualcosa cui il mio inguine non era preparato. Come trovare sollievo? Non c'erano staffe per cui non si poteva in alcun modo spostare il peso per allieviare la pressione sulle zone più delicate. Dovevi per forza sederti a gambe completamente spalancate. Passò un'altra ora e notai che uno dei miei compagni di viaggio cercava di allieviare il proprio dolore tenendo le gambe stese sul collo del cammello. Questo risolveva il problema dello stiramento, ma aveva come riultato che tutto il peso poggiava sul posteriore. L'andatura ondeggiante del cammello provocava così un male terribbile dovuto sia alla pressione che alla frizione. Questo fastidio poteva essere eliminato solo tornando a fare questa specie di spaccata tentando di fare spenzolare le gambe verso il basso.

Mentre mi sforzavo di trovare una maniera comoda di stare seduto, la temperatura continuava a salire. Non ero solamente tuttora debilitato e disidratato a causa della mia recente indisposizione, ma mi trovavo a mezzogiorno nel deserto del Rajastan in un periodo dell'anno in cui vi si trovano solo gente del luogo completamente acclimatata e turisti dal poco cervello. In parole povere, non potevo credere al caldo che faceva, io qui totalmente esposto ai raggi implacabili del sole.

Non è vero che nel deserto non si suda. Il fatto è che il sudore semplicemente evapora all'istante, disidratandoti drammaticamente il corpo in un futile tentativo di raffreddarlo. Allungai la mano per prende
re la mia borraccia, bella ghiacciata fino ad un'ora fa. Le guide l'avevano assicurata alla sella, sotto la traiettoria dei raggi del sole. Mi resi conto che quando sono surriscaldato e dolorante e mi viene da vomitare, l'acqua vicina al punto di bollore non è rinfrescante. Neppure la continua flatulenza del cammello in fronte al mio lo era. Cercai di inghiottire un paio di sorsate di acqua ma non di più. Cominciai a vaneggiare immaginando bicchieri di limonata ghiacciata, piscine e tempeste di neve. Guardai il mio orologio. Erano passati solo 90 minuti. Doveva essere un viaggio di tre giorni.

Dopo circa un'ora, intravedevo alberi all'orizzonte. Una delle guide li indicò e annunciò “pranzo!”. Ero così debole che temetti di cadere dal cammello, ma mi ricordai che in Lawrence d'Arabia se cascavi dal cammello, ti avrebbero lasciato lì a morire. Riuscii a rimanere in sella fino all'arrivo all'oasi. Le guide parlavo veramente poco inglese, ma si accorsero che stavo male. Senza indugio, stesero una coperta in terra e mi fecero sdraiare per riposarmi. Provai a bere dell'altra acqua ma non riuscii ad inghiottire che qualche sorso. Prepararono il pranzo, mentre io mi riposavo insieme alla coppia che viaggiava con noi. Le guide ci spiegarono che in questo periodo dell'anno è opportuno attendere le 5 di pomeriggio prima di rimettersi in marcia. Mi ci volle quasi tutto il tempo della nostra attesa per riuscire a tirarmi su e mettermi a sedere. Pensai che la brezza potesse portare sollievo, ma le occasionali folate di vento provenienti da est parevano più un migliaio di asciugacapelli a tutta potenza. Riuscii ad inghiottire qualche boccone di cibo, proprio prima di ripartire per la seconda tappa.

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