Ricordi, Lotta E Fantasia Dalla Penna Dell'eroina Della Letteratura Sudamericana- Intervista Con Isabel Allende

Ammette di non aver mai cestinato un manoscritto, ma che questo potrebbe comunque accadere in qualsiasi momento: “Non è detto che ogni idea sia una buona idea e alla mia età non vale la pena spendere troppe energie su di un progetto che non ha presa dall'inizio”.

La Isabel Allende scrittrice si è evoluta dalle prime pubblicazioni. Dopo il successo de La casa degli spiriti sembrava difficile produrre qualcosa di migliore e i critici seguivano ogni mossa dell'allora giovane scrittrice che provava senza risultato a migliorarsi e diventare quel grande rappresentante della letteratura in lingua spagnola che è oggi. “Il successo porta fiducia in se stessi e rassicurazione” ammette. “Sono stata fortunata che i miei libri siano stati pubblicati e letti, e che rimangano nelle librerie per anni”. Umilmente, aggiunge: “Se i miei libri fossero stati dei fallimenti, come avrei potuto continuare a scrivere? A guadagnarmi da vivere? Una ventina di anni fa non sapevo che strada seguire, ma immaginavo
che non sarebbe stato facile”.

Il suo lavoro riflette, in un modo o nell'altro, la gente e la vita intorno a lei, ma i suoi affezionati si chiedono se lei stessa sia ritratta nei suoi libri. “La scrittura è sempre autobiografica” dice. “Perché un autore sceglie un argomento o dei personaggi se non per esplorare quegli aspetti appartenenti alla sua vita o personalità? Certo, io sono nei miei libri, a volte nascosta, altre apertamente”. E' bravissima a trasformare le caratteristiche dei suoi cari in quelle dei suoi personaggi. La sua famiglia è una delle principali fonti di ispirazione.La vita intorno a lei, i suoi interessi, si trasformano nelle sue storie e, a volte come le capitava di fare già da bambina, nelle sue bugie. La giovane Isabel fantasticava sviluppando il suo personale resoconto degli accadimenti. Anche allora, come confessa alla sua cara amica Celia Correas Zapata nell'autobiografia Isabel Allende: Vida y Espiritus, inventava storie per i suoi fratelli.
Seguendo questa tendenza narrativa la Allende ha costruito il personaggio di Gregory Reeves, il protagonista del romanzo Il piano infinito, basato sulla figura di suo marito, William C. Gordon. Il racconto ricostruisce la storia di un gringo e i suoi rapporti con gli ispanici della California, con uno spostamento in Vietnam nella terza parte in cui si racconta della sua partecipazione alla guerra. È in questa sezione che l'autrice parla, si espone attraverso Reeves: “La gente. La guerra è la gente. Vita o morte, tu uccidi o muori. Noi siamo i buoni e loro i cattivi. Una pallottola è una grande esperienza democratica”.

Colpita da parole così potenti, chiedo alla scrittrice di darmi la sua opinione sincera sui conflitti oggi in corso nel mondo. “La politica di Bush non ha aiutato a contrastare il terrorismo,” afferma, “l'ha aumentato. Le cause sono le stesse di prima, quelle che hanno inasprito i movimenti di guerrigla: la povertà, l'ingiustizia, la disperazione. Ora dobbiamo aggiungere l'elemento religioso, che spinge certe persone a immolarsi per la causa. Devono trovarsi in una strada senza uscita per decidere di avvolgersi nell'esplosivo e di farsi saltare in aria. Il fondamentalismo è aumentato, ma non solo quello islamico, anche quello cristiano, ebraico, ecc. È sempre pericoloso. Credo che questo fenomeno non si risolverà con la violenza, ma cercando di migliorare le condizioni di vita degli uomini.

I suoi esordi come giornalista hanno certamente molto a che fare con il suo grande interesse e conoscenza della politica e degli affari internazionali. Nella biografia scritta dalla sua amica Celia confessa anche di essere interessata a tutto di ogni cosa, di voler entrare nella vita degli altri. “Certo, lo faccio, se non lo facessi non avrei niente di cui scrivere” racconta a Celia. Si riferiscono alla famiglia, ma in certa misura mi prendo la libertà di trasportare questo in un contesto più vasto, in un'ovvia preoccupazione per il mondo circostante Penso di cominciare a vedere questa curiosità, questa indignazione frequente per il dolore altrui in una delle sue storie di Eva Luna: Siamo fatti di fango, nella quale ricorda uno dei più grandi scandali giornalistici del mondo ispanico: la morte di Omaira Sánchez, raccontata in presa diretta mentre la ragazza rimaneva imprigionata nel fango dopo un'eruzione vulcanica in Colombia. “I media hanno il diritto di fornire notizie al pubblico”, risponde alla mia domanda sui diritti della stampa e le sue interferenze, spesso oscene, nelle vite dei protagonisti delle cronache. “Il fatto sconcertante nel caso di Omaira Sánchez non fu che la stampa assistette alla sua morte, ma che i giornalisti poterono portare le telecamere sugli elicotteri, ma non le pompe per aspirare il fango e salvare così la ragazza”. Isabel è dell'idea che è meglio dare le informazioni al mondo così che si sedimentino nelle nostre coscienze, “e che certi fatti non accadano più,” afferma. Ciononostante, rimango un po' scettica riguardo al corretto funzionamento delle nostre coscienze, ricordando di aver ascoltato molte volte storie sulle atrocità commesse contro gli ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale, per esempio, o il dolore sofferto dalle molte vittime di dittatori senza coscienza.
Non posso fare a meno di pensare alla famiglia Allende, colpita direttamente dall'intervento dell'esercito nel suo paese. Penso alle innumerevoli persone uccise sotto il governo della giunta dell'infame generale. “Pinochet non pagherà per i suoi crimini contro l'umanità, per la corruzione e le rapine,” mi dice la Allende, “non sarà incarcerato e dubito che sarà processato. Ma passerà alla storia per la persona che è: un essere spregevole che macchiò la storia del Cile con 17 anni terribili e dalle conseguenze altrettanto pesanti. Pinochet e i suoi seguaci fecero tutto il possibile per occultare la verità e convincere il mondo che avevano salvato il Cile dal comunismo”.

Il mondo ripensa all'11 settembre con orrore, ma ha quasi dimenticato l'altro 11 settembre, di cui stiamo parlando qui, quello del 1973, la data in cui la vita di molti cileni, tra cui Isabel, cambiò per sempre: “Persi la mia patria con il golpe militare,” spiega, “quando dovetti lasciare il paese. Per 17 anni ebbi la sensazione che mi avessero rubato qualcosa di fondamentale. Nel 1989, il Cile riconquistò la democrazia e io avrei potuto tornare, ma allora ero sposata con un americano e vivevo con la mia famiglia in California”. Attualmente l'autrice torna in Cile varie volte all'anno. Riscontra grandi differenze tra il suo paese di origine e il paese in cui oggi ha scelto di vivere, ma racconta che i suoi viaggi le dimostrano che siamo tutti uguali. Sono le somiglianze che ci avvicinano gli uni agli altri. Ricorda i poveri immigrati ispanici, in molti casi illegali, che soffrono “come una nazione a parte, senza diritti, con salari da fame, esposti a ogni tipo di sopruso, come una forma di schiavitù”.

Il suo ultimo romanzo è Zorro. Immagino i suoi lettori mentre cercano di capire se si tratta davvero dello Zorro che tutti conosciamo, quello magistralmente interpretato da Antonio Banderas nei due ultimi film americani, o di qualche altro Zorro con caratteristiche nuove e nuove avventure, reinventato dalla scrittrice. Io stessa cercai il libro con entusiasmo, lo lessi avidamente e mi divertii ad ogni parola, episodio, pericolo, ad ogni emozione!

“La proposta di scrivere Zorro mi risultò interessante quando capii che avrei avuto completa libertà per inventare quello che volevo”, spiega Isabel. E, effettivamente, la leggenda è arricchita dalla sua interpretazione letteraria, i personaggi appaiono più reali e, al tempo stesso, si conserva la magia tipica dei suoi racconti. Il lettore si sorprende di trovarsi subito coinvolto nella storia, e riesce a dare una spiegazione logica, per magica che sia, a ogni avvenimento; vedendo crescere il corpo di Diego che si trasforma da bambino meticcio nel grande eroe mascherato; assistendo alla formazione della sua doppia personalità, quella umana e quella magica, sempre guidato dal suo animale spirituale che, come si può facilmente indovinare è…una volpe!

Allende afferma che era affascinata dall'epoca in cui si svolge la storia, l'inizio del diciannovesimo secolo. La ricerca non fu difficile, la trama si sviluppa in due continenti e in vari paesi e l'autrice ci porta da uno all'altro con facilità, ci trasmette anche la scomodità del viaggio e i pericoli che incontrano i
personaggi. Non è solo lei che descrive la sua opera come: “Un romanzo da feuilleton come si scrivevano nel diciannovesimo secolo”. Già vari critici hanno parlato di lei in questi termini. Isabel gioca con il linguaggio e con la sua assenza.
Bernardo, il compagno di Diego, sceglie il silenzio come unico mezzo di espressione. “Ho voluto legittimare il personaggio di Bernardo, che gli sceneggiati televisivi hanno sempre trattato come una specie di pagliaccio, il servo sciocco di Diego de la Vega. Ho voluto dargli dignità, orgoglio, un ruolo importante nella vita di Zorro, ma dovevo comunque mantenere la sua caratteristica del silenzio. Invece di renderlo sordomuto, decisi che non poteva parlare a causa di un trauma. La comunicazione telepatica con il suo fratello-amico, Diego de la Vega, fu un modo di risolvere il problema”.

Creare un personaggio maschile essendo una donna non è facile, ma Isabel spiega che non è stato difficile identificarsi con l'eroe: “forse perchè dentro ciascuno di noi c'è un bambino addormentato, l'adolescente, il giovane che eravamo un tempo. Non ho dimenticato le storie che inventavo da bambina, in cui ero sempre la protagonista: orgogliosa, intrepida, avventurosa”.

Confessa di aver scritto il romanzo con estrema facilità, e il lettore può immaginare la sua contentezza: lo humor domina l'intreccio già dalla prima riga. L'autrice ci dice anche di essere innamorata del personaggio. “O meglio, sono innamorata di Antonio Banderas nei panni di Zorro”.

E chi non lo è? Penso, mentre mi si delinea nella mente l'immagine dell'attraente uomo mascherato. È con questa immagine che la grande scrittrice mi saluta, e ci dice di essere pronta a cominciare un nuovo progetto. Si rifugia nel suo studio, il suo 'bugigattolo', come lo chiama lei, ogni 8 gennaio, il giorno in cui (e non è un segreto) comincia i nuovi lavori all'inizio dell'anno. Ancora una volta il progetto promette di essere “un'opera titanica”, ci rivela. Appena chiudo il suo romanzo, aspetto impaziente notizie su quello successivo. Lascio la scrittrice nel silenzio del suo ufficio, concentrata, ad ascoltare la voce delle sue muse, dei suoi ricordi e degli spiriti che sono sempre al suo fianco, come dice lei “i vivi, i morti, i letterari”.

I romanzi di Isabel Allende in Italia sono pubblicati da Feltrinelli Editore


www.IsabelAllende.com

Pages: 1 2