Per amore del popolo – Intervista allo scrittore James Meek

TMO: Il libro è epico in termini di intreccio e anche di lunghezza. In qualità di giornalista e scrittore di racconti e romanzi premiato e stimato, quanto è stato difficile scrivere e sostenere l'azione di Per amore del popolo ?

James Meek: Difficile. C'è forse uno scrittore che consideri semplice scrivere? È un lavoro difficile. Ti rende stanco e affamato. Devo dire che non considero il libro particolarmente lungo. 400 pagine – non è Alla ricerca del tempo perduto, ma è comunque il libro più lungo che ho scritto, ha una lunga lista di personaggi, e ci sono un moltissime vicende. Questo, unito al fatto che l'ho scritto ad intervalli nell'arco di dieci anni, ha significato che dalla fase di ideazione, del prendere appunti, alla reale stesura del romanzo è trascorso un tempo eccezionalmente lungo per me. Per prendere appunti intendo annotare ciò che pensavo, come i personaggi avrebbero potuto svilupparsi. Ad un certo punto, quando avevo circa una dozzina di personaggi, tutti in grado di interagire gli uni con gli altri in un solo capitolo, scrissi i loro nomi su piccoli pezzi di carta. Piegai i foglietti così che potessero stare in piedi e li sistemai in fila di fronte a me, come un pubblico, per assicurarmi di non dimenticare nessuno di loro. Li tenni lì per settimane.

TMO: Intervenendo al Festival della Letteratura di Edimburgo lei ha detto riguardo ad altri suoi libri precedenti: “Penso di aver evitato le difficoltà della scrittura rendendo tutto surreale, non guardavo i miei personaggi negli occhi”. Ha quindi deciso deliberatamente di cambiare stile con questo libro, o l'intreccio si è prestato in modo autonomo ad una narrazione meno surreale e tradizionale?

James Meek: Molti degli scrittori che ammiro e ho provato ad imitare quando avevo vent'anni – e che ammiro ancora oggi – erano caratterizzati da uno o più di quattro elementi. In primo luogo, un elemento di irrealtà, di surrealismo, di assurdità, che – diversamente dalla magia in un generico romanzo fantastico, per esempio – non può essere usato da nessuno dei personaggi come uno strumento, ma è piuttosto un fenomeno che deve essere sopportato, come il tempo. A volte, l'irrealtà non è metafisica, ma comportamentale. Esempi sarebbero la trasformazione degli umani in rinoceronti nell'opera omonima di Eugene Ionesco, o le disturbanti reazioni dei personaggi di Kafka all'estremo delle loro esperienze. In secondo luogo, uno stile secco, povero di descrizioni topografiche, dove l'aspetto dei personaggi è raramente menzionato, gli avverbi sono volutamente evitati e tutto ciò che assomiglia ad eufemismi, stereotipi o adulazione è sottoposto a una rigida analisi prima di essere inserito nella versione finale del testo. Terzo, evitare riferimenti culturali specifici preferendo sempre una città generica, un uomo o una donna generici, una nazione generica in un generico tempo presente da preferire, ad esempio, a un cattolico irlandese nella Dublino del 1916. Quarto, identificarsi con la classe più bassa, con la gente in difficoltà, con difficoltà economiche o con un disdegno abrasivo per le convenzioni che la rendono outsider dovunque si trovino. Ho imparato molto, mi auguro, leggendo i miei testi preferiti di Kelman, Brecht, Kafka, Beckett, Ionesco, Hamsun, Bukowski and Carter. Devo continuare a leggerli e a imparare da loro. Ci furono però anche altri scrittori, molto diversi, che ho amato e ammirato e che mi hanno dato lezioni diverse. Gli autori dall'eloquenza ricca, prolissi nel senso buono, gli scrittori dello specifico, gli scrittori dello spazio, del tempo e del dettaglio: Nabokov, Bellow, Proust, Dickens, Hardy, Joice, Melville, Balzac, Zola. Per comodità li distinguerei in due categorie, gli scrittori duri e quelli ricchi. Ho capito molto presto quanto fosse difficile subire l'influenza di entrambi. Scrissi il mio primo romanzo, McFarlane Boils The Sea, influenzato da Kelman e Proust, che è un po' come bere un cocktail di Bowmore e Châteauneuf du Pape.

Guardando indietro credo di aver fatto dell'influenza degli scrittori duri una serie di regole troppo rigide e, peggio ancora, un sistema che non solo limitava l'orizzonte della mia scrittura, ma mi impediva di vedere le abilità più profonde che gli scrittori duri e quelli ricchi avevano in comune. Il fatto che gli scrittori duri concentrassero il punto di vista dei loro racconti su un singolo personaggio, o ti negassero l'accesso ai pensieri di qualsiasi personaggio, mentre gli scrittori ricchi si muovessero in un modo apparentemente casuale dando al lettore libero accesso ai pensieri più intimi dei protagonisti, agendo come narratori onniscienti e commentando i comportamenti dei personaggi, mi impediva di capire il punto di congiunzione tra i due: il fatto che entrambi comprendessero l'importanza vitale del loro punto di vista.

A mano a mano che mi addentravo nei libri degli autori duri e di quelli ricchi Dostoyevsky, Calvino, Pynchon, Maupassant, Hrabal, Bulgakov – capivo che un altro punto in comune tra le tue tipologie di scrittori che amavo, indipendentemente dalle apparenti differenze nello stile, era la profonda intimità con cui conoscevano i loro personaggi. Sbagliavo nel considerare giusti o sbagliati degli approcci alla storia che erano semplicemente diversi. Mi resi conto di questo scrivendo dei brani per una serie di racconti pubblicati nel 2000 nella racco
lta The Museum Of Doubt. Trascorsi giorni lavorando su un breve incontro tra due personaggi ad un tavolo, guardandoli nella mia testa. Al contempo, mi chiedevo perché me ne preoccupassi tanto. Poi, quando lessi il racconto di quell'incontro, capii che era perché me ne ero occupato così attentamente che mi piaceva. Che ci credevo.

TMO: Una delle cose che mi ha colpito maggiormente in Per amore del popolo è il fatto che lei ha usato due elementi storici, la pratica della castrazione e il cannibalismo, che avrebbero potuto facilmente sommergere la storia, ma che invece sono rimaste quasi periferiche. Certo sono importanti per la storia, ma non sono la storia. È d'accordo?

James Meek: Speravo che questo accadesse. Sono importanti, ma è sempre difficile confrontarsi con l'orrore in modo totale. Non vuoi essere visto come colui che non parla di cose sgradevoli, né vuoi semplicemente spaventare i lettori, per il puro gusto di far loro attorcigliare le budella. Più un'azione è estrema, più duramente devi lavorare per contenerla in una narrazione più grande, e più facilmente ci riuscirai in modo sottile e indiretto. Così ho voluto descrivere l'atto della castrazione, ma semplicemente, senza troppo sangue, e senza soffermarsi sui dettagli fisiologici di ciò che comporta la castrazione per un uomo a livello di perdita di testosterone. Ho sempre ammirato la scena di Delitto e castigo dove Raskolnikov ammazza la sua padrona di casa. L'assassinio reale, orribile, spaventoso, sanguinario, è descritto con dati di fatto. Subito dopo, con il cadavere sanguinante della donna ai suoi piedi, Raskolnikov vede che la porta dell'appartamento è aperta. È la porta aperta, non la donna che ha appena ucciso, che l'autore descrive come “la cosa più terrificante che lui abbia mai visto”. Geniale.

TMO: Vari critici si sono soffermati sulla lingua usata nel libro. George Walden, nel New Statesman, ha osservato: “Meek ha un buon orecchio per quel tono particolare e intangibile della gente russa, così che grandi concetti si possono esprimere in modo non pretenzioso, con un linguaggio a volte molto concreto. Lesley Chamberlain scrisse, nell'Indipendent, “Bisogna ammirare uno scrittore inglese che può scrivere in modo convincente come un russo. C'erano momenti linguisticamente bizzarri in cui mi sembrava di leggere una traduzione tutt'altro che perfetta”. Quanto importante è stato definire il tono e il linguaggio del libro?

James Meek: E' stato importante. C'è un alto grado di presunzione quando un autore madrelingua inglese scrive un libro in inglese in cui nessuno dei personaggi parla inglese. Ma io parlo e leggo il russo; ho vissuto in quella parte del mondo in cui si parla russo per otto anni, un terzo della mia vita di adulto. Qualche volta, mentre lo scrivevo, sentivo le parole russe nella mia testa, e le traducevo.

TMO: Sembra una scelta coraggiosa e anticonvenzionale ambientare il romanzo durante una lunga guerra dimenticata, in una parte del mondo che raramente è apparso nella letteratura di lingua inglese. Molti dei romanzi selezionati per il Man Booker prize, ad esempio, sono ambientati in mondi di fantasia o in uno scenario che ha qualche connessione diretta con l'autore. Come scrittore, è influenzato dalle mode dominanti, nel senso che cerca di evitarle?

James Meek: Non credo all'idea di mondi completamente inventati. Non si possono mai separare milieux di fantasia dalle parole che si usano per descriverli, parole che risuoneranno nella testa del lettore con i luoghi reali di cui ha fatto esperienza. Ho letto molta fantascienza quand'ero adolescente e ne riconoscevo tutti i mondi. Non importa quanta geografia aliena ed esotismo si introduce, devi essere capace di descriverlo con termini familiari, altrimenti sarebbe incomprensibile. Ci devono anche essere modelli comportamentali riconoscibili tra i personaggi, altrimenti è debole.

Come per le mode – i libri selezionati e quelli finalisti, per questo motivo, a me sembrano molto diversi. Il mondo della letteratura in lingua inglese, comprendendo l'India e il Nord America, l'Africa e l'Australia, le Isole britanniche, è troppo vasto, e gli scrittori impegnati appartengono a generazioni ed etnie troppo diverse, per non curarsi delle tendenze. Tuttavia, la narrativa sperimentale modernista è fuori moda, ve lo garantisco.

TMO: Come lettore, quali sono gli elementi che la avvicinano a un romanzo? Per dirla con altre parole, quali sono i suoi romanzi preferiti?

James Meek: Amo un autore saggio, che non sia né cinico né idealista, ma che eserciti una vera osservazione del mondo. Non sopporto gli autori che usano i clichès come fossero parole, gli autori a cui non importa della struttura della frase e del ritmo. Le frasi possono essere essenziali o elaborate, non mi interessa, se so che lo scrittore vuole che sia così. Non c'è niente di più dolce di una descrizione che si adatti perfettamente all'oggetto descritto, come una chiave fatta cadere da dieci piedi che gira perfettamente nella serratura. Amo farmi sorprendere più da un buon mix di personaggi che da un bell'intreccio. Non appena lessi nelle primissime pagine del libro Atomised [Le particelle elementari] di Michel Houellebecq la frase “Voci dicevano che il direttore fosse omosessuale, ma in realtà era solo ubriaco”, capii che avrei letto il libro fino in fondo. Tutto quello che conta, quello che i grandi scrittori hanno in comune è la verità e la narrazione. Ciò che ti fa credere e che ti fa girare le pagine. Infine, credo di non avere mai letto un grande libro che non mi abbia fatto ridere, o strappato almeno un risolino, almeno una volta. E questo include lavori malinconici come Se questo è un uomo.

TMO: Il romanziere irlandese Dermot Bolger, parlando del suo ultimo libro The Family On Paradise Pier, disse: “Se davvero vuoi capire il passato, significa che non devi parteggiare per eroi o mascalzoni; devi ricordare la complessità di un decennio e cercare di non fare il saggio dopo l'evento”. C'è una sfida per uno scrittore nell'avere a che fare con il peso della storia, con i suoi personaggi? La letteratura dovrebbe forse non esprimere giudizi? Per amore del popolo non dà dei giudizi? È interessante notare che se Mutz può essere il personaggio più simpatico, è ben lontano dall'essere il più carismatico (Anna, dopo tutto, ama e odia sia Balashov e Samarin, non il razionale ed eroico Mutz).

James Meek: Sì, triste, no? E vero, credo. No, non lo credo, lo so. Non devi essere dentro una guerra perché accada. Quando scrivi del passato si deve evitare la tentazione dell'ironia o l'uso di morali retroattive. Nel mio libro questo significa evitare i “mi sono imbattuto in un bizzarro ometto nelle trincee del fronte occidentale, un caporalmaggiore chiamato Hitler” e il mascherare il razzismo e l'antisemitismo pervasivo del 1919. Ciò che conta è che tu, scrittore, simpatizzi con ogni espressione di ciascun personaggio nel momento in cui la esprime. Un romanzo privo di una cornice morale corre il rischio di essere spento. Ma c'è una differenza tra fare un'osservazione acuta del comportamento dei tuoi personaggi, o della gente in generale, e darne un giudizio. L'osservazione è propria dello scrittore; il giudizio appartiene al lettore. Ma facendo un'osservazione tu stai spingendo perché si esprima un'opinione.

Per amore del popolo
di James Meek è pubblicato in Italia per Longanesi.

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