La differenza tra una mucca e una pecora – l'impagabile esperienza di intervistare i British Sea Power.

Ci deve essere una strana equazione, senz'altro formulata dal defunto Frank Zappa, che spiega l'inversa proporzionalità che lega la qualità dei testi di un gruppo musicale e la sua disponibilità a parlarne e che fornisce un punteggio da zero a dieci, in cui dieci rappresenta il livello minimo di propensione alla discussione. Per i British Sea Power la formuletta calcolerebbe un bel punteggio pieno (10/10) se non fosse per gli interventi dell'eponimo Noble. Coraggiosamente ci parla delle origini di Be Gone, la canzone il cui ritornello recita “Oh Fiorile, Oh Ghigliottina”. “Fiorile era il nome di uno dei mesi del calendario rivoluzionario introdotto ai tempi della Rivoluzione francese,” spiega. “A me piacciono le vecchie ballate. Vecchie canzoni un po' sciocche tipo quelle blues. Quelle sì che sono le canzoni migliori,” replica Hamilton con un sorriso. “E' bello portare la gente a pensare alle cose che hai letto o alle robe, ai riferimenti e cose del genere, anche se può diventare un po'…”, fà una pausa. E mentre tutti aspettiamo la frase conclusiva, che non arriverà mai, Yan salta su con “Scriverò i miei testi in giapponese. Bisogna semplificare”.

Mi sta venendo il panico, mentre mi rendo conto che qualsiasi parvenza di qualcosa di sostanzioso in questa intervista mi sta scivolando dalle mani. Stupidamente insisto, deciso ad ottenere delle dichiarazioni che in qualche modo definiscano la band. Quando si ascoltano le loro canzoni, uno dei concetti che viene in mente è quello di nostalgia. Ci sono queste sottili allusioni sonore all'eccentrico passato del rock inglese, con accenni di Joy Division, Smith o di meno eccentrici (e non inglesi) U2 prima maniera. Romantici alla ricerca di un passato bucolico, che la nostalgia sia fonte di motivazione e ispirazione per la maggiorparte della loro musica? “Mi piace Cole Porter,” dice Hamilton, mentre Yan si intromette: “Di recente mi appassiona Tiny Tim. Su Internet si possono ascoltare tutti questi vecchi spettacoli e le trasmissioni radiofoniche. C'è un sacco di roba buona. La settimana scorsa ho sentito un documentario su Tiny Tim. Ha fatto Tiptoe through the tulips [N.d.T.: In punta di piedi tra i tulipani], la sua storia era completamente fuori di testa, ma lui è andato avanti. Per questo mi piace [ride]. Aveva i suoi alti e bassi, ma andava avanti, capisci,” il tutto pronunciato in staccato, la frase seguita da una pausa densa di significato, che non ha alcun effetto calmante sui miei nervi. “Cantava con un tono molto alto,” prosegue Yan con aria assente. “Era molto alto. Eccoti subito una sorpresa: sale sul palconescenico, Tiny Tim, tu ti aspetti che sia piccoletto [N.d.T.: tiny significa minuscolo]”. Gli altri due a questo punto intercettano il pallone e vanno in fuga:

Noble: “Dovrebbero esistere più nomi.”
Hamilton: “La gente dovrebbe affibbiarsi dei nomi da supereroe. Tipo quei soprannomi del blues di una volta: Blind Lemon [N.d.T.: limone cieco], ecc.”
Noble: “Ma quello era cieco, no? Seeing-Eye Hamilton [N.d.T.: Hamilton dalla vista perfetta]” E tutti a ridere.

Fare ricorso alle domande classiche non è d'aiuto. Se avessero la possibilità di lavorare con chiunque volessero, vivo o morto, chi sceglierebbero? Senza esitare un attimo, e con una faccia di bronzo, sull'orlo del collasso, Yan risponde: “Mi piacerebbe lavorare con Ken Dodd. Possiede una stupenda voce da opera. Una voce stupenda. Non ci crederesti. E' stupefacente. Sarebbe carino fare la parte vocale mentre lui ti sollettica con la sua bacchetta. E' abbastanza divertente, buffo e triste”.
Diventano leggermente più convenzionali quando salta fuori l'argomento Live 8. I musicisti devono occuparsi di politica? “Perché no? I politici non sono tanto bravi a farlo,” risponde Yan pensierosamente. “Se però dici una stupidaggine, alla persona sbagliata, quella diventa la tua citazione dell'anno, no?”, dice Hamilton. “E' un gioco pericoloso, non è vero?” Ma, insisto io, non è significativo della musica di oggi che, a dispetto di una guerra immensamente impopolare, non ci sia praticamente alcuna musica di protesta? Noble ovviamente non è d'accordo: “Per quanto grossolano [lo sforzo], ci sono i Green Day. Persino i Travis hanno fatto Beautiful Occupation>. Una canzone schifosa, comunque la
gente lo fà. E' che sembra un po' da sfigati. E' come un altro genere di musica da spuntare sulla propria lista, no? Coscienziosa, eccetera”.

“Noi siamo persone molto ciniche,” dice Yan, nel suo tono uniforme, tipico della Cumbria, che non dà indicazione alcuna sul fatto se questa sia una buona cosa o no. “La vegetazione,” continua, “la gente faceva dei commenti sui profumi a qualcuno dei nostri primi spettacoli, perché avevamo sul palco dei rami così fantastici. Non credo che ne avessero idea prima. I cespugli [N.d.T.: bush in inglese] hanno un buon profumo.” “Questa avrà un significato ben diverso una volta che lo metto per iscritto, te ne rendi conto”, azzardo io. “Lo so, però in un certo modo mi piace,” risponde lui, con un leggero tocco di ilarità demoniaca.

E così concludiamo. Le nostre domande esaurite, gli intervistati per nulla scomposti. Abbiamo la tentazione di tornare indietro dopo qualche secondo per vedere se stanno facendo un'altra tacca sul loro tabellone degli intervistatori, ma invece ci avviamo verso lo stadio per una meritatissima pinta di birra. La band si esibisce all'annuale Arezzo Wave Love Festival, un festival magnificamente eclettico, ma è lecito chiedersi come un pubblico italiano interpreterà questi livelli estremi di eccentricità.

Un paio d'ore più tardi, il gruppo sale sul palcoscenico, tutti vestiti nei colori dell'Arezzo F.C., mossa vincente sin dall'inizio. Si avviano a metter su uno show a dir poco incredibile. Sul palco ci sono gli obbligatori rami d'albero, ma sono le personalità dei componenti il gruppo a decorare il set. Mentre a colloquio rivelano poco e niente, sul palco sembrano animati dal desiderio di soddisfare completamente il loro pubblico. Si esibiscono in acrobazie, scorrerie in mezzo alla folla, e pezzi fantastici, uno dopo l'altro. Dopo esser sopravissuti all'esperienza di intervistare i British Sea Power, non ero certo se la band mi piacesse o meno. Dopo averli visti suonare, ne sono convinto. Il mondo ha bisogno di gruppi come i British Sea Power. E a giudicare dalla reazione del pubblico, sembrerebbe che non sono l'unico a pensarla così.

Pages: 1 2