India: Uomini e Dei del Rajasthan.

Il Rajasthan è prevalentemente una terra arida, dura e spesso inospitale, solo a sud, verso i confini con il Gujarat, si trova una vasta estensione di verde: sono i monti Aravalli. Per chi arriva da nord, dalla piana semidesertica, la visione delle verdi colline è come un miraggio. Sembra impossibile che in un luogo simile ci sia un'oasi come quella degli Aravalli. Questa catena montuosa è una delle più antiche del mondo come anche i suoi abitanti, per lo più nomadi e tribali, spinti in questa regione probabilmente dalle invasioni Arie. Salendo rapidamente, tra campi, villaggi e pascoli il corpo e lo spirito vengono subito risanati. La Natura qui è modellata dall'uomo, ma con rispetto. I sistemi di coltivazione e allevamento sono molto arretrati e la vita è comunque durissima; ci rimanda alla condizione delle nostre campagne un secolo fa. Nonostante ciò, in questa zona, non c'è il degrado e la devastazione che spesso si incontra viaggiando nel resto dell'India. Il punto più alto è il Monte Abu, luogo ricco di storia, miti e fascino. Il massiccio ci appare improvvisamente, avvolto dalle nuvole, di un verde intenso per via della densa foresta che lo ricopre. Mi ricorda il Monte Olimpo.
Qui incontriamo Charles, una giovane guida locale di trekking, pieno di entusiasmo per il suo lavoro e di amore per la sua terra. Ci accompagna in perlustrazione della zona e ci fornisce molte informazioni interessanti. Intorno al Monte Abu non ci sono villaggi, non ci sono insediamenti umani di sorta perché il terreno è troppo inaccessibile ed impervio. Queste caratteristiche naturali del territorio hanno creato un luogo ideale di riparo per la fauna che qui vive indisturbata; è curioso scoprire che fra le specie si trovano il coccodrillo e l'orso. Charles ci spiega anche che nelle cavità naturali, sparse un po' ovunque sul monte, si trovano dei santuari rupestri, delle semplici e spoglie caverne, che nei secoli sono stati abitati da asceti e saggi. La cosa strana e sorprendente è che ovunque nel mondo i luoghi degli eremiti hanno la stessa atmosfera.Ma il monte Abu è forse più famoso per l'antico complesso templare di Dilwara, luogo sacro per i jainisti.Costruito su di una terrazza, ricavata nel pendio della montagna, resta invisibile al visitatore dall'esterno. All'interno i templi sono in marmo riccamente intarsiato. Quello che si prova entrandovi è un senso di stupore che porta quasi alla commozione. L'atmosfera è intrisa di pace, concilia la meditazione. E infatti, nell'ombra, in una cella, di fronte ad un'enorme statua di un Tirthankara [uno dei 24 maestri spirituali della tradizione jainista], vediamo un monaco avvolto nella sua tunica candida, immerso nella meditazione profonda. Ho visto tante volte i monaci meditare nei templi, ma questa è la prima volta che noto un tale senso di distacco e di abbandono del corpo da parte di un essere umano. Quel monaco sembra aver lasciato il corpo, abbandonato e rilassato, ed essere andato altrove. Forse è proprio così.La religione jainista è nata quasi contemporaneamente a quel
la buddista con la quale ha molti aspetti in comune. La non violenza e il rispetto per ogni forma di vita sono i principi fondamentali. Ogni creatura è rispettata e gli uccellini nel tempio, che si dondolano cinguettanti sulle ghirlande di fiori, sembrano saperlo. Questo è un luogo sublime che riappacifica ogni tumulto dell'anima; è un peccato doverlo lasciare.

A malincuore lasciamo il monte Abu e proseguiamo il nostro viaggio. L'auto corre tranquilla tra le colline, sulla strada dolce e ondulata, in un paesaggio bucolico. Ogni tanto incontriamo dei contadini, con i loro abiti tradizionali, le donne coloratissime, gli uomini in bianco con enormi turbanti colorati. La gente del Rajasthan è dura e fiera come la terra che li ha forgiati.Improvvisamente, in cima a una collina, ci appare un forte circondato da imponenti mura: è il forte di Kumbhalgarh. La sua cinta muraria, lunga circa 36 chilometri, è la seconda al mondo, con ampio distacco, dopo la grande muraglia cinese. All'interno della vasta area si trova un villaggio rurale ancora abitato da contadini che vivono in perfetta armonia con il luogo. Il forte di Kumbhalgarh è unico nel suo genere, con le caratteristiche di un vero e proprio feudo. Pur essendo in una posizione strategica ha un'atmosfera molto tranquilla e la numerosità dei templi, sia indù che jaina, fa pensare ad un luogo di devozione più che di difesa. Lo scenario di alture fortificate, templi e contadine con i bufali è veramente arcadico.

Riprendendo il viaggio presto raggiungiamo il complesso templare di Ranakpur, tesoro dell'architettura jainista e centro secolare di pellegrinaggio. Come sempre nei templi jaina la semplicità dell'esterno contrasta con la magnificenza dell'interno. Ancora una volta veniamo colti da uno stupore che ci lascia quasi senza fiato. L'edificio, in pietra, è imponente. La cella principale è al centro di una struttura fatta di molteplici colonne riccamente scolpite con figure di dei, semidei e creature mitiche. E' come essere al centro di un mandala tridimensionale [mandala vuole dire 'cerchio' ed è una rappresentazione simbolica dell’universo per i buddisti ma anche per i jainisti e gli indù], si è circondati a trecentosessanta gradi, sopra e sotto, da un mondo di pieni e di vuoti, di luci ed ombre; si percepisce un senso di soprannaturale. Fuori, la cucina del tempio, gestita interamente da volontari, alle cinque in punto, serve un ottimo pasto sano, benedetto e, ovviamente, vegetariano.

La nostra meta successiva è Udaipur, città che prende il nome da Udai Singh, il capostipite della famiglia reale che si autodichiarava diretta discendente del dio Sole e quindi di stirpe divina. Il loro stemma, il Sole, è visibile in molti palazzi e templi da loro costruiti. Arrivati in città ci stupiamo dell'atmosfera vivace e al contempo rilassata che ci circonda. Cerchiamo di raggiungere il palazzo inoltrandoci in un dedalo di vicoli sempre più stretti ed affollati e finalmente, in fondo al bazar, ci appare la reggia. Dalla piazza antistante l'ingresso del palazzo si può ammirare l'intero complesso. L'insieme bizzarro di colori e forme sono il risultato della fusione di elementi rajput [dinastia di sovrani che hanno dominato il Rajasthan dal medioevo al XX secolo] e moghul [dinastia di sovrani musulmani che hanno invaso l’India nel XVI secolo creando un potente impero che è durato per oltre due secoli]. La combinazione asimmetrica di colonnine, loggette e finestre di vario genere ricordano in qualche modo Venezia. L'interno è un'insieme di stanze, torrette e sale sfarzosamente decorate da abili artisti con pitture e specchietti colorati che creano curiosi giochi di luce e un'atmosfera di grande effetto. Il paesaggio esterno si scorge attraverso gli archi delle verande e le finestre, dalle più svariate forme, fanno come da cornici a quadri reali. Da qui la vista esterna, opportunamente studiata, fornisce un ampio panorama delle colline e dei laghi, la principale attrazione turistica di Udaipur. Questi bacini artificiali oltre ad essere stati concepiti come riserve idriche avevano anche uno scopo puramente estetico. Infatti per gli indiani, popolo sentimentale, Udaipur è la città più romantica dell'India. E i sovrani locali, romantici loro stessi, hanno voluto creare atmosfera e magia. In un paese torrido come l'India, l'acqua in sé crea un immediato piacere dei sensi. Se poi si aggiungono allo scenario candidi e regali edifici, che sembrano emergere dalle acque, si può facilmente intuire l'effetto visivo che ne consegue. Peccato che la siccità abbia quasi completamente prosciugato le acque e che al loro posto oggi si trovino verdi praterie. Chissà se prima o poi rivedremo i famosi laghi di Udaipur con l'acqua. Ma anche questo fa parte dell'India, terra antica e indifferente, dove tutto si logora e degrada e si ricopre del fascino della decadenza.


Wild Himalays (inglese)

Intervista di Three Monkeys Online con William Dalrymple.

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