Euro e Eurolandia

Ma torniamo alla domanda originale, in relazione per esempio a Spagna e Irlanda. La Spagna ha una politica estera che fino adesso ha avuto un approccio segnatamente diverso per quanto riguarda la cosí detta “guerra al terrorismo” e l'Iraq, da quello dell’Irlanda che pure è direttamente coinvolta economicamente e, in certo senso, attraverso l’ideale europeo, moralmente. Che ne è della nostra neutralità in quest’ideale europeo?

Credo che questa sia una giusta osservazione. Siamo solo all'inizio del cammino: uno degli altri elementi, a prescindere dall'annullamento dell'importanza di Dio come fattore unificante nella Costituzione europea, è l’idea di neutralità, con una forma di difesa comune che si applichi alla totalità di quello che l'Europa inizia ora a significare per tutti i paesi membri.

Secondo me la neutralità irlandese è stata di utilità alle Nazioni Unite. Abbiamo mantenuto quella neutralità nonostante la nostra relazione con la Gran Bretagna, particolarmente attraverso l’Irlanda del Nord dove c’era, e per certi versi c'è ancora, un residuo problema politico. Sarei più felice di vedere l’Irlanda astenersi dal legittimare in alcun modo la guerra in Iraq – infatti ho una considerazione particolare per il Ministro degli Esteri francese che, penso, ha espresso in maniera molto eloquente una politica estera basata su precise informazioni, come è stato poi dimostrato dai fatti.

Penso che l'Europa abbia bisogno di tre cose. Ha bisogno di una Costituzione. Dal punto finanziario, ha bisogno di un’autorità normativa unica, e sul fronte della difesa, che fà parte del trattato di Maastricht, ha bisogno di una struttura che consenta all’Europa di affrontare a suo modo le tensioni che ci sono sia nei paesi membri che in generale come componente dell’economia globale. Il terrorismo è un problema mondiale ma non si risolverà quel problema privatizzando la Legge Internazionale, sovrapponendosi alle Nazioni Unite, tirando ad indovinare cosa fanno gli esperti. Ciò che si ottiene così è minare la fiducia nel Governo. Il grado di fiducia che un individuo avrebbe adesso negli Stati Uniti, mi rammarico dire, è molto basso, in termini di sovrapposizione a Kofi Annan, e di annullamento delle riserve che si avevano in Europa, e, nei fatti, di privatizzazione della Legge Internazionale.

L'Europa deve prendere delle distanze da quel tipo di tensioni, e sviluppare una propria politica estera coerente, probabilmente con una forza di difesa consistente, che abbracci tutti i Paesi membri, complementare alla N.A.T.O., ma che non imponga tensioni all'interno dell’Europa. Semplicemente perché l'America è una superpotenza con i propri obbiettivi di politica estera non significa che questi devono essere imposti all’Europa. Non penso che si possano comprare dei paesi solo per conseguire i propri obbiettivi di politica estera. Come è stato fatto in Turchia. Non penso che si possa piegare la Legge Internazionale come avviene nella baia di Guantanamo. Non penso che si possa privatizzare la Legge Internazionale senza nessuna considerazione per le istituzioni che dopotutto furono fondate di comune accordo dopo la seconda guerra mondiale, precisamente per evitare questo tipo di situazioni.

Per esprimere un’identità europea e per il successo dell’euro, il contenzioso rimane il Regno Unito: non è (ancora?) entrato a far parte di Eurolandia. Lo farà? e se cosí quando?

( Enfaticamente ) Saranno uno stato membro entro cinque anni.

Ne è certo?

Assolutamente.

Sarebbe giusto dire che non possono permettersi di restare fuori?

Penso che stia diventando sempre più costoso restare fuori. Dipende veramente da come lo gestiscono. Per esempio, un rischio fondamentale in questo scenario sarebbe un referendum. Credo che se ci fosse un referendum domani, in parte a causa della guerra irachena, che ha esacerbato i rapporti fra il Regno Unito e l'Europa, sarebbe rigettato dagli inglesi, probabilmente con una maggioranza del 70%. È molto interessante quando si considerano i vari Paesi: molti dei Paesi europei non hanno avuto un referendum, e in quelli che lo hanno avuto, tipo la Francia, il margine dei risultati è stato minimo. L’Irlanda ha bocciato tramite un referendum alcuni emendamenti, dunque non dovremmo considerare scontato questo concetto di Europa in divenire.

Entrerà la Gran Bretagna? Sì penso che la Gran Bretagna entrerà. Ci deve essere qualcosa di concreto in ciò che ha detto Tony Blair a proposito della Gran Bretagna come il cuore dell'Europa. Sebbene ciò sia stato il problema della Gran Bretagna così a lungo. Ha tentato di mantenere il piede in due staffe. Il così detto rapporto speciale con gli Stati Uniti da una parte ed una perenne diffidenza verso l'Europa continentale che è molto duro da comprendere per chi non è un cittadino inglese. Ma c'è ed è profondamente radicato.

Se si avrà una leadership politica, se esiste un dibattito informato, se l’Europa riuscirà ad avere un'unica forza di difesa e una Costituzione, una volta che siano diventati più apparenti i vantaggi finanziari, avrà senso per la Gran Bretagna assumere la moneta unica europea e diventare un membro del mercato unico europeo.

La campagna “No all’Euro” in Inghilterra suggerisce che la disoccupazione in Eurolandia sia quasi il doppio che nel Regno Unito, e che ciò accade precisamente perché i paesi dell'euro hanno perso il controllo delle proprie economie individuali. È un commento giusto?

Rispetto il loro diritto di esprimerlo, ma non lo reputo un corretto punto di vista, per la seguente ragione. Ci sono due elementi: la linea di condotta monetaria e fiscale. Se cambia il tasso di interesse dell'euro o del dollaro, secondo un commento dell'ex Commissario per l'Euro inglese, Leon Britten, è possibile che la Gran Bretagna abbia una mezz’ora extra per aggiustare i suoi tassi di interesse, non tanto di più. Si tratta di un sistema monetario globale e interdipendente. La politica monetaria ed i tassi di interesse vengono trasmessi in tempo reale. Dunque non si può dire che in realtà la Gran Bretagna abbia una politica monetaria indipendente. Non ce l'ha. D’altra parte, se si considera la sua politica fiscale, è anche vero che, sia che si tratti di una federazione o un continente o un paese, se un paese è constantemente in deficit dal punto di vista fiscale, i mercati puniranno quel paese economicamente, e da qui si passa al settore dell'offerta dell’economia. Il tasso di crescita della Gran Bretagna negli ultimi 10-12 anni non suggerisce che essa possegga la formula magica per una bassa inflazione ed un alto tasso di crescita. Anzi, il suo tasso di crescita è rimasto al di sotto di quello di Eurolandia in diverse occasioni. Vale la pena ricordare, e non vorrei essere troppo sciovinista qui, che ad un certo punto, qualche anno fa, l'Irlanda aveva un tasso di inflazione del 3% ed un tasso di crescita reale del 10%.

L’altro argomento a sfavore è che entrando a far parte di Eurolandia, il Regno Unito dovrà farsi carico dei pesi finanziari degli altri Paesi, per esempio in relazione alla riforma pensionistica di cui si sta discutendo in Italia. Quanta verità c'è in questo?

Penso che sia molto vero. Sebbene ci siano dei transfer anche a favore dell
a Gran Bretagna. Ma si devono considerare questi trasferimenti nel contesto di una economia europea molto più dinamica. In termini di costi di transazione molto minori, in termini di vantaggi finanziari al terziario inglese, di partecipazione al mercato finanziario europeo, dunque sì ci sono dei costi ma lei ha toccato una questione fondamentale. La popolazione europea continua ad invecchiare e le persone vivono significativamente più lungo. E nei prossimi 10 – 15 anni, ci sarà una crisi fiscale che colpirà l’economia europea come un treno in corsa, e se le Istituzioni non inizieranno in fretta ad affrontare questi argomenti ad un livello pan-europeo, sarà come una mina inesplosa pronta a scoppiare. Tutti siamo consapevoli che esiste, ma nessuno sta facendo nulla per evitarlo.

E non penso, fra parentesi, che la Gran Bretagna possa esimersi da ciò, perché ci sarà un crollo in termini di crescita europea e mondiale. Tutta la questione della bomba a orologeria demografica. Tutta l'attuale politica di regolazione, il definire benefici e contributi – sono soltanto un palliativo. Abbiamo un problema enorme a livello europeo. E deve essere affrontato a livello europeo. E i Paesi non possono stare unilateralmente dietro il loro piccolo recinto e fingere che non stia accadendo. Avrà un impatto su tutti i Paesi indistintamente.

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