Elisabeth Kenny, la prima straniera bagnante della storia della riviera Adriatica

Bella, giovane, bionda, esuberante! Non poteva essere diversa l’antesignana dei milioni di belle figlie del Nord che calano ancor oggi a schiere sulle nostre spiagge per assaporarne bellezze e virtù.

“1790. Rimini, 28 agosto. Oggi è partita di qui la Sig.a Mar. Rondanini di Roma Irlandese stata da 15 giorni per attuffarsi nell’acqua di Mare”: queste le lapidarie parole con cui il riminese Nicola Giangi registra nella sua cronaca lo storico evento.
Protagonista dell’avvenimento, una marchesa Rondanini “di Roma”, del ramo capitolino quindi, dei Rondanini passati alla storia per l’incompiuta Pietà michelangiolesca. Rondanini, o più propriamente Rondinini, una potente famiglia che, trasferitasi da Faenza a Roma alla metà del Cinquecento, si era conquistata un posto di rilievo alla corte pontificia sfornando per due secoli, notabili, cardinali e cavalieri di Malta, mantenendo comunque saldi legami con la terra di Romagna.
A quei tempi, a nessun suddito di Sua Santità, neppure al più colto ed evoluto, sarebbe comunque venuto a mente di “attuffarsi nell’acqua di mare”, considerata tanto nociva e dannosa per la salute del corpo. Solo ad una “Irlandese”, a una donna del nord cresciuta in quella cultura che aveva fatto propri gli insegnamenti di medici come Russel che andavano predicando sui benefici che l’aria e l’acqua di mare procuravano al corpo, poteva venire in mente di andarsi ad immergere tra i flutti dell’Adriatico.

Anche solo raggiungere la spiaggia costituiva un'impresa decisamente avventurosa e temeraria: lunghe camminate o cavalcate fuori dalle mura della città, tra coltivazioni d’avena, acquitrini, dune e sterpaglie, in una terra ancora di nessuno, mal sorvegliata da guardie e finanzieri che solo raramente riuscivano a impedire il contrabbando e le irruzioni piratesche di turchi e schiavoni.
Anche se il Giangi tace il nome della misteriosa e stravagante nobildonna, non poteva trattarsi che della moglie di Giuseppe (1725-1801), unico e ultimo marchese Rondanini ancora in circolazione a quei tempi: Elisabeth Kenneis, o Kenny, impalmata nel 1784 dal sessantenne nobile romano, ultimo della dinastia, per perpetuare la sua stirpe. Una dama bellissima che faceva girare la testa a mezza Roma. Così, di lei, riporta una satira nel Diario di Roma di Geminiani :

L’Aurora con il vecchio Titone suo consorte
Guida superba il cocchio con man maestra e forte
Le Grazie l’accompagnano, precedela l’Amore
Invan Titon sacrifica un’ecatombe all’Ore.
Occhi amorosi e rosse labbra di paradiso
Fisionomia dolcissima ornan d’Aurora il viso.

Aurora, naturalmente, è la nostra bella bagnante irlandese e Titone è l’anziano suo marito, il marchese Giuseppe, non il solo, sembra, a godere di quegli occhi amorosi e di quelle labbra da paradiso.
Il Conte d’Espinchal, uno dei tanti francesi calati a Roma alle prime avvisaglie di Rivoluzione e trasformatisi in collezionisti di pettegolezzi dei salotti mondani della corte papalina, così narra nel suo Journal:
“La Rondanini, irlandese, scarrozza tutto il giorno insieme a suo marito guidando sempre lei il calesse, non il marito. Ma poi la sera si conforma alla moda del paese adattandosi a sopportare (en soffrant, dice lui) le galanterie del Duca Braschi, nepote del Papa”.
La bellezza straordinaria della marchesa ed i suoi amori non passarono inosservati neppure a David Silvagni, il più importante tra gli storici pettegoli di quel periodo:
“era proprio una stella di prima grandezza, corteggiata dall’astro che sorgeva in quel momento, il Duca don Luigi Braschi, che malgrado il suo recentissimo matrimonio faceva la sua corte alla bella Rondanini.”
Anche l’arredo della sua camera da letto, oltre che al comprensivo Giuseppe e, probabilmente, al galante don Luigi Braschi Onesti, era noto a tutti, dato che non v’era itinerario romano ad uso dei viaggiatori che non ne descrivesse le raffinatezze: “fra gli altri quadri, due belle marine di Mr. Vernet; otto marine di Salvator Rosa; sei paesi del Pussino, segue un gabinetto ornato di tutti disegni originali fra quali se ne ammira uno di Michelangelo Buonarroti e uno di Giulio Romano; … il gabinetto di toiletta, è adornato di specchi di varj paesi Fiamminghi e di diversi quadretti del Pussino…”

Quello di Elisabeth fu un “rinfresco d’acque” estemporaneo provocato dal caldo eccessivo di una giornata estiva? No. La performance della bella irlandese fu una vera e propria vacanza balneare ante litteram se è vero che si fermò a Rimini “15 giorni per attuffarsi”. Perché proprio a Rimini? Forse perchè Rimini aveva buona fama di spiaggia ? No, tutto troppo prematuro: fama, spiaggia e bagni erano ancora cose di là da venire. Probabilmente la scelta fu dettata da motivi di comodità: Rimini era a due passi da Cesena, patria e sede degli interessi del corteggiatore, e forse amante, di Elisabeth, l’aitante don Luigi Braschi Onesti che di Rimini era anche cittadino onorario ed a Rimini poteva contare su di una potente zia, donna Olimpia, sorella del Pontefice Pio VI, rinchiusa nel convento delle Celibate.

Ricomponendo i frammenti di questa vacanza balneare della preistoria – dei bagni, naturalmente – appare chiara la trama di un film che si vedrà milioni di volte nella riviera del futuro: un marito anziano, troppo intento alle sue raccolte d’arte; una giovane ed esuberante moglie nordica che non può resistere alle tentazioni di un bel romagnolo, nipote del Papa per di più; la ricerca di un posticino tranquillo, lontano da occhi indiscreti e dai pettegolezzi, e la voglia di un ciclo di bagnature all’inglese come s'usava in patria. Il tutto ben condito di mare e sole.

Rimini terra di libertà e di trasgressione. Terra d’amore.
Due secoli fa, senza saperlo, la costa romagnola si presentava ai nastri di partenza della sua vicenda balneare con buona parte di quegli attributi che ne faranno, negli anni a venire, la più famosa riviera del mondo.

Tratto da Una costa lunga due secoli, Storie e immagini della Riviera di Rimini, Panozzo Editore, Rimini, 2003. Per gentile concessione dell'editore.


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