Dove nascono le canzoni? Intervista a Polly Paulusma

I compromessi fatti per raggiungere il successo commerciale non è argomento di cui gli artisti parlano volentieri. Di solito adottano l’atteggiamento secondo il quale il successo commerciale è volgare e viene considerato importante solo dalle etichette discografiche e dai giornalisti. Polly è molto onesta a questo proposito, proprio come ci si aspetterebbe da un’artista che si autoproduce: “Per me la cosa che più conta in questo momento è che devo rispondere solo a me stessa e quindi devo gestirmi il meglio che posso”. Per Polly è difficile scrivere mentre è in tour e non vede l’ora di tornare alla sua cucina, il luogo dove, grazie ad una chitarra acustica, le sue canzoni prendono forma. Il blocco dell’artista la preoccupa? “Credo che ogni artista abbia periodi di attività intensa che ad un certo punto si interrompono per un po’. Allora pensi: 'Mio Dio, non scriverò mai più un’altra canzone!'” Il tornare a casa dopo una lunga tournée ha però placato questa paura: “Quando torno a casa è come se tutto quello che avevo dentro uscisse fuori all’improvviso. Una volta mi preoccupavo ma quest’anno ho imparato a non preoccuparmi di questi periodi di pausa quando sono via, perché è come riempire una dispensa, fare scorta di idee”. L’equilibrio tra l’attività di cantautrice e la promozione dei suoi lavori è molto delicato e Polly ne è consapevole. “Farmi assorbire dalla promozione al punto che la mia creatività ne abbia a soffrire, sarebbe ovviamente negativo. Devo per forza potare [gli eccessi] e tendere alla creatività. È come la rotazione del raccolto, devo mescolare le cose nel modo giusto”.

Polly ha già un certo numero di canzoni pronte per il prossimo album che, come ci fa capire, sarà più tetro di quello di debutto. Benché Scissors in my Hands sia tutt’altro che solare, Polly giustifica così il cambiamento di tenore: “Sai quello che si dice, che l’80% della musica pop parla d’amore? Credo che, crescendo, la mia musica sia diventata più complicata. Non riguarda più le questioni del cuore, ma argomenti più importanti o meglio – si corregge – non tanto più importanti quanto più vasti”.

Candidata al prossimo album è una canzone intitolata Godgrudge [N.d.T.: Rancore Divino], canzone che ha cantato dal vivo, suscitando grandi discussioni sul
forum del sito internet a lei dedicato. C’è una regola a cui Polly non trasgredisce mai durante le interviste, ossia mai parlare dei testi delle canzoni, “Credo che se una canzone, una poesia o un quadro hanno bisogno di una spiegazione sono in qualche modo incompleti. Odio quando in una galleria d’arte si vedono quelli che non fanno altro che leggere le etichette bianche sotto i quadri. I quadri non li guardano neanche, oppure ci danno solo una breve occhiata prima di passare oltre. Una canzone che ha un significato nella vita delle persone deve essere quello che loro credono che sia. Quando ero piccola ci rimanevo male quando scoprivo che nelle intenzioni dell’autore quella canzone diceva in realtà cose diverse da quelle che io avevo immaginato. Ti sembra quasi di essere in torto per averlo pensato. Una canzone non ha senso di esistere se chi l’ascolta non vi attribuisce un significato”. Nel caso di Godgrudge fa una piccola eccezione alla regola, forse perché il titolo non è stato scelto da lei ma da Tony Harrison, famosa traduttrice di tragedie greche. “Ha usato il termine 'godgrudge' per tradurre quello di hubris (l’invidia degli dei) che ricorre costantemente nella tragedia greca ed è un sentimento davvero orribile”. E qual è la relazione con la canzone? Con una certa riluttanza ci parla di cosa l’ha ispirata: “Mi sono decisa a scriverla quando ho notato delle nette similitudini tra gli attacchi dell’11 Settembre e la storia biblica della torre di Babele. Tentare di arrivare a Dio e schiantarsi. C’era un certo legame a livello di metafora e sono andata a leggermi la storia. È molto breve, appena un paragrafo. Mi sono ricordata che quando lo studiai a scuola mi sembrò un’epopea lunghissima, invece non lo è. Sono rimasta scioccata quando l’ho letto!”.

Come pensa che abbia reagito il mondo della musica all’11 Settembre?Considerando la portata dell’evento, la risposta del mondo dell’arte è stata a dir poco debole, a meno che non si vogliano considerare gli entusiasti sostenitori della musica Country & Western. “Un evento del genere, che ha avuto un impatto così profondo e che ha colpito tutti, tra un centinaio di anni verrà visto come una sorta di faglia geografica che attraverserà ogni campo artistico. In termini di esperienza umana ne siamo tutti ancora molto toccati. Ma tra un centinaio di anni, vedrete, ci sarà un vero e proprio segnale di ritorno. Ha avuto un impatto enorme sul mondo occidentale. Rimarrei stupita se una cosa del genere non si ripercuotesse, in una forma o nell’altra, in tutti i campi dell’arte”.

Polly Paulusma ha studiato piano e chitarra ma è apparente che la cosa in cui eccelle, e che la rende più felice, è lavorare sul testo. Dopo la laurea a Cambridge, ha cominciato a scrivere, anche se in ambito differente, ovvero quello del romanzo. Aveva un contratto con una casa editrice e aveva già steso la prima bozza quando decide di abbandonare tutto per la musica. Ridendo critica la sua attività di scrittrice: “Era spazzatura! Era orribile, finto, stupido. Io volevo fare la cantautrice! Io [con enfasi] ero una cantautrice. Scrivevo canzoni da tanto tempo, era tutto lì, bastava che aprissi gli occhi. Pensavo che scrivere romanzi fosse una carriera più accettabile, più 'snob'. Non avevo cominciato a scrivere storie quando avevo 10 anni, avevo cominciato a scrivere canzoni. Scrivere romanzi era incredibilmente inautentico, non veniva da dentro. Era quello che io credevo che gli altri si aspettassero da me”. E la poesia? Qualcuno così sensibile alla musicalità della parola, non è attratto dalla poesia? “Credo che la poesia sarebbe troppo pericolosa – risponde misteriosamente – Trovo che la poesia sia molto potente. E’ come acido solforico chiuso in una scatola, non mi piace l’idea di avvicinarmi troppo. Mi piace leggerla ma il mio linguaggio è la musica”.

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